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DIRIGENTI CAPACI E PREPARATI PER GLI UFFICI GIUDIZIARI

di COSIMO MARIA FERRI
segretario di Magistratura Indipendente

Condivido le autorevoli riflessioni espresse dal prof. Carlo Malinconico, già segretario generale alla presidenza del Consiglio e poi presidente della Federazione Italiana Editori Giornali, pubblicate alcuni giorni fa dal Corriere della Sera, sulla necessità di selezionare la nuova dirigenza degli apparati dello Stato secondo criteri meritocratici e trasparenti. Ritengo, d’accordo con Stefano Schirò, presidente dell’associazione Magistratura Indipendente di cui sono segretario generale, che anche il mondo della giustizia non può sottrarsi a questa logica e deve partecipare a questa nuova fase. L’organo di autogoverno, ossia il Consiglio Superiore della Magistratura, deve saper scegliere e puntare su dirigenti degli uffici giudiziari capaci e preparati, deve sapersi liberare del tutto dall’influenza correntizia e valutare gli aspiranti secondo criteri predefiniti e finalizzati a scegliere davvero i più meritevoli.
I dirigenti devono essere confermati solo se raggiungono effettivamente i risultati e gli obiettivi indicati. Per far ciò lo Stato deve garantire mezzi e risorse, prevedere anche forme di autofinanziamento, consentire di utilizzare in loco le entrate derivanti dal contributo unificato, dalle pene pecuniarie, dalle somme confiscate. I dirigenti devono saper fare squadra con i colleghi magistrati del proprio ufficio giudiziario e con il personale amministrativo, assumere il ruolo di «primus inter pares» e aprirsi alla società civile. Un ruolo fondamentale dovrà essere assunto, nella formazione e nella selezione dei dirigenti, anche dalla scuola della magistratura, che sarà avviata tra poco e che riuscirà nello scopo solo se saprà cogliere questo spirito nuovo di meritocrazia e professionalità.
Lo scontro di questi ultimi anni tra magistratura e politica richiede, inoltre, una risposta chiara e comprensibile per i cittadini. L’unico modo è prevedere una norma che non consenta, a chi lascia la toga per entrare in politica, di farvi ritorno e di candidarsi a svolgere ruoli politici e amministrativi nei territori in cui si esercitano le funzioni giudiziarie. Si può arrivare a ciò solo con una modifica legislativa che spetta alla politica. In un momento in cui la fiducia nella magistratura da parte dei cittadini sta calando, occorrono risposte forti e nuove che sappiano evidenziare una chiara volontà di cambiare marcia. La partecipazione dei magistrati ai congressi politici e di partito non è un segnale positivo, anzi fa apparire di parte la magistratura e crea confusione tra i cittadini.
La stragrande maggioranza dei magistrati, per fortuna, è lontana da queste forme di esposizione irrituali e passa il proprio tempo nelle aule giudiziarie a celebrare processi e a scrivere sentenze. È questa parte della magistratura, concentrata nel dare risposta di giustizia a tutti i cittadini, che può e deve farsi sentire oggi per dare il là a un nuovo modello di giustizia che recuperi in pieno i valori del merito e dell’efficienza, e che sia al passo con i tempi tanto difficili ma tanto stimolanti che stiamo vivendo, e che ci proietteranno verso il futuro.
Tra i vari temi che richiamano oggi l’attenzione della categoria figura l’avvenuta approvazione della legge di stabilità con la quale è divenuta definitiva la previsione secondo cui i magistrati che abbiano presentato domanda per la nomina a giudici tributari, e siano risultati idonei nel concorso bandito il 3 agosto 2011, saranno nominati con assegnazione, anche in sovrannumero, alla prima delle sedi richieste, salva loro diversa domanda per sedi che individuino libere. Il compenso, in misura fissa e variabile per componenti in sovrannumero sarà riconosciuto soltanto con riferimento agli affari trattati successivamente alla data in cui gli stessi, anche per effetto di trasferimento, entreranno a comporre l’organico di una sede di Commissione tributaria e saranno immessi nelle funzioni.
La norma riguarda circa 1.300 magistrati ordinari e alcune centinaia di magistrati amministrativi e contabili. Si tratta di un momento di crescita rilevante per la giurisdizione tributaria e di una grande opportunità professionale ed economica per i molti magistrati ordinari il cui status, in questi ultimi anni, per un verso è stato colpito da norme sul trattamento retributivo manifestamente incostituzionali, e per altro verso è stato limitato da previsioni consiliari, come quelle che ostacolano gravemente gli incarichi di insegnamento.
Accogliamo con dispiacere e disappunto le posizioni di coloro che vedono in questa riforma una via di fuga del magistrato dai propri impegni quotidiani. Tali affermazioni sono da respingere tanto nei contenuti quanto nel merito. Con questo intervento il legislatore garantisce un migliore funzionamento della giustizia tributaria e ricorre alla professionalità dei magistrati. È legittimo e necessario garantire un impegno maggiore della magistratura ordinaria nella giustizia tributaria, e deve essere sempre garantita la libertà dei magistrati di svolgere attività compatibili con il proprio lavoro, e che costituiscono un arricchimento professionale.
Del resto la capacità, la diligenza, l’impegno e la laboriosità del magistrato sono parametri che devono essere valutati dall’organo di autogoverno della categoria, e vengono rispettati da tanti colleghi che svolgono anche incarichi extragiudiziari di insegnamento o altre attività autorizzate. Non dimentichiamo che anche l’attuale circolare prevede che non sia soggetto ad autorizzazione l’esercizio di funzioni giudiziarie presso gli organi di giustizia tributaria. Magistratura Indipendente auspica che il Consiglio Superiore della Magistratura riveda la propria circolare in tema di incarichi extragiudiziari, e che consenta a tutti i magistrati in regola con i parametri richiesti per la valutazione di professionalità, di svolgere senza alcuna autorizzazione anche gli incarichi di insegnamento.
I carichi di lavoro non sostenibili, i tagli stipendiali, le carenze di organico anche del personale amministrativo, le disfunzioni, non possono gravare sulla magistratura come se ne fosse causa, quando la produttività dei magistrati italiani è la più alta d’Europa. «La fatica dei giusti», di Michele Vietti, conferma e testimonia il sacrificio dei magistrati, alla quale non si può certamente aggiungere la limitazione dei loro diritti e delle loro libertà.

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