IL CLASSICO SI FA POP AL MUSEO NAZIONALE ROMANO
Quella dell’atelier di Giovanni Trevisan (1735-1803), detto il Volpato, è una storia che nasce da una scoperta nel rione Monti a Roma, e che racconta gusti, forme e mode dell’antico. Parte dall’età classica e arriva ai giorni nostri, passando per la stagione del Grand Tour, quando nasce il gusto per il souvenir. È questa la trama della mostra “Il classico si fa pop. Di scavi, copie e altri pasticci”, allestita fino al 7 aprile 2019 a Roma in due delle sedi del Museo Nazionale Romano: Crypta Balbi e Palazzo Massimo.
Promossa dal Museo Nazionale Romano con Electa e ideata da Mirella Serlorenzi che l'ha curata con Marcello Barbanera e Antonio Pinelli, la rassegna è stata pensata per il grande pubblico, con un allestimento ad effetto che ricorre a proiezioni e magici giochi di luci e ombre per moltiplicare e scandire forme e trasformazioni, a partire dalla narrazione di Volpato e della sua fabbrica di ceramiche. Noto artista e incisore, amico di Antonio Canova e di Angelica Kaufmann, egli contava tra i suoi clienti il re Gustavo III di Svezia e l’imperatrice Caterina II di Russia. Realizzava prodotti raffinati, tra cui maestosi centrotavola, per il pubblico colto del Grand Tour, utilizzando il biscuit, materiale dall’aspetto simile al marmo. Insieme ai suoi lavori sono esposte altre produzioni dell’epoca del Grand Tour, tra cui oggetti e arredi in micromosaico con vedute di monumenti romani. Non a caso la Crypta Balbi, museo sorto in Via delle Botteghe Oscure 31 intorno a uno scavo urbano, ospita questa sezione della mostra.
A Palazzo Massimo, in Largo di Villa Peretti 2, viene invece messo in particolare evidenza il tema della serialità artistica in tutta la sua complessa varietà. Gli stessi Discoboli, qui conservati, dimostrano anche per l’età classica l’esistenza della riproduzione di opere d’arte da originali greci. Sono circa una ventina gli esemplari antichi arrivati fino a noi e cinque di essi sono in mostra per mettere in evidenza il concetto di moltiplicazione. Ancora oggi il Discobolo resta un’immagine potente nella cultura contemporanea, come si evince dallo scultoreo torso fotografato da Mapplethorpe. Così come all’Ermafrodito dormiente, copia di epoca romana di una figura di età ellenistica, s’ispirano tanto Canova quanto Francesco Vezzoli. Modello antico, versione neoclassica e contemporanea si fronteggiano, con significati distanti tra loro.
(sotto, immagine dell'allestimento in una delle sale di Palazzo Massimo. Photo credits Cristina Vatielli, NONE collective)
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