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Cronache giudiziarie - Europa: maglia nera all’Italia per la lunghezza dei processi civili. E non riusciamo più a rimontare

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Il nostro Paese resta la lumaca dell’Unione

(...) Segue dal numero di Specchio Economico di luglio/agosto 2017

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha inviato ai vertici dell’Organizzazione giudiziaria le linee di intervento con le quali intende favorire l’inserimento delle nuove risorse, reclutate attraverso bandi di mobilità volontaria, mobilità obbligatoria e riqualificazione e che significano un’importante immissione di nuove risorse dopo anni di sostanziale stagnazione.
La cronica carenza di personale degli uffici giudiziari è fenomeno nazionale, che però assume proporzioni allarmanti a Roma. Se la scopertura media è del 20 per cento, tra Piazzale Clodio e Viale Giulio Cesare si registrano picchi del 34 per cento. Con conseguenze immaginabili per la durata dei procedimenti. Come si è visto, al Palazzo di Giustizia di Milano è esploso il caso dei barellieri diventati cancellieri.
La protesta è un atto in altri uffici giudiziari. Infatti, in molti casi i 350 dipendenti di cui è stato disposto il trasferimento in procure e tribunali non ha il livello di istruzione richiesto dal concorso con cui sono stati assunti i «veterani». Il rischio, insomma, è che la pressione di un lavoro svolto da personale numericamente insufficiente, venga alimentato dall’affiancamento con persone prive di qualunque formazione. Gli avvocati tentano (ma invano) di aiutare con risorse economiche proprie la giustizia. L’Ordine degli avvocati di Bari acquista computer e paga spese del personale.
Consultando i dati del Consiglio dell’Ordine viene fuori che per il 2015 sono stati trasferiti 42.777 euro per l’amministrazione della giustizia: non sarà un’enormità rispetto alle esigenze che spuntano quotidianamente in un apparato che andrebbe ristrutturato, ma è già qualcosa. Nello specifico le risorse impiegate consentono di coprire le spese dei collaboratori che svolgono un compito tutt’altro che secondario negli uffici travolti da un fiume di carte.
Con i soldi erogati vengono anche acquistati computer e altri strumenti utili per smaltire gli enormi carichi di lavoro. Le risorse forniscono la copertura assicurativa per i volontari, vale a dire di quanti prestano effettivamente servizio nei corridoi del palazzo di giustizia senza ricevere un euro e per legge necessitano di assicurazione.
Il flusso di risorse proveniente dagli avvocati è rimasto costante negli ultimi quattro anni. Fatti i conti circa 160 mila euro (o poco più) sono stati utilizzati per l’amministrazione della giustizia. Le disfunzioni non finiscono qui. Gli avvocati di Forlì-Cesena hanno proclamato uno sciopero per protestare contro una riorganizzazione interna alla Procura della Repubblica che impedisce di svolgere il loro ruolo di difesa in modo tempestivo. Da tempo, infatti, in procura è in funzione una porta che si apre solo dopo aver citofonato ed essersi palesati. Questo permette maggiore sicurezza dei magistrati, ma anche dei fascicoli della procura, che sono generalmente coperti da segreto istruttorio. Tuttavia a questa porta hanno di fatto libero accesso (citofonando come tutti e presentandosi) gli avvocati, che in questo modo potevano raggiungere l’ufficio «Dibattimento» per fare le copie dei fascicoli ormai chiusi nelle indagini che riguardano i loro clienti.
Tuttavia da agosto è cambiata l’organizzazione, anche per carenza di organico. L’avvocato, ora, deve inviare una e-mail il giorno prima e il fascicolo da fotocopiare viene reso disponibile in portineria, pronto per la copia, sotto sorveglianza del personale amministrativo. Anche la giustizia tributaria è intasata. Otto anni e mezzo per vedere chi ha ragione nelle liti tra contribuenti e fisco. Poco meno di 2 anni e 5 mesi in primo grado, altri 2 anni e un mese in appello, e poi 4 anni davanti alla Corte di cassazione, diventata suo malgrado sempre più un collo di bottiglia alla luce di un flusso di ricorsi senza eguali tra le Supreme Corti mondiali, con 11 mila gravami fiscali in arrivo ogni anno.
Nel giudizio di primo grado, a livello provinciale, 80 commissioni su 103 fanno meglio della media (pari a 857 giorni). La Ctp più veloce lo scorso anno si è rivelata quella di Teramo, dove tra il deposito del ricorso e la notifica del dispositivo della sentenza alle parti sono trascorsi 189 giorni, vale a dire poco più di sei mesi. A seguire Brescia (192 giorni), L’Aquila (198) e Verbania (200). Sono 23, invece, le Ctp che impiegano più della media per emettere il verdetto di primo grado. Tra queste, in fondo alla graduatoria si conferma la Ctp di Cosenza, con 2.541 giorni necessari al deposito della sentenza, cioè quasi 7 anni. Va segnalato tuttavia che nei 2013 l’attesa era pressoché doppia (4.981 giorni). Miglioramenti si registrano anche alla Ctp di Palermo dove nel 2015 sono serviti 1.670 giorni contro i 2.241 del 2013, mentre rallentano Sassari (1.695 giorni), Messina (1.763), Catania (1.779), Crotone (1.959), Biella (1.990) e Siracusa (2.392).
Riguardo al secondo grado di giudizio, se i giudici di prime cure fanno segnare un miglioramento del tempo medio del processo di mesi rispetto al 2013 e di 3 mesi rispetto al 2014, ha visto in appello un aumento del tempo medio di 20 giorni rispetto agli anni 2013 e 2014. La durata standard è stata di 751 giorni, vale a dire circa 2 anni e un mese. Le Ctr che hanno fatto registrare gli intervalli più brevi, con tempi di decisione inferiori a un anno dalla ricezione dell’appello, sono Valle d’Aosta (300 giorni), Friuli Venezia Giulia (326), Lombardia (339) e Veneto (343). I tempi medi più lunghi si registrano invece in Calabria (2.760 giorni), Molise (1.692), Sardegna (1.492), Marche (1.382) e Sicilia (1.373).
Le criticità maggiori rimangono comunque in sede di legittimità. Sui 30 mila ricorsi civili spediti nel 2015 a piazza Cavour, oltre un terzo riguarda la materia tributaria. E nonostante 26 mila sentenze civili depositate, l’arretrato cresce ancora: le 105 mila cause pendenti alla data del 31 dicembre 2015 rappresentano una giacenza mai toccata prima. L’incremento delle giacenze rispetto alla fine del 2014 sfiora il 4 per cento, ma presso la sezione tributaria il balzo è del 17 per cento. Una circostanza che allunga ulteriormente i tempi medi dei giudizi, ormai arrivati per le cause fiscali a 4 anni (contro i 3 anni e 8 mesi delle altre materie civili e gli 8 mesi del penale).
Il tutto nonostante la produttività del giudice di legittimità rimanga la più elevata a livello internazionale. Si ricorda che le Supreme Corti di Francia e Germania ricevono ogni anno rispettivamente 28 mila e 10 mila ricorsi tra civile e penale, contro gli 83 mila italiani, mentre nel Regno Unito la Corte Suprema affronta meno di 10 cause tributarie all’anno (contro le oltre 10 mila della Cassazione).                 

Tags: Maurizio de Tilla Settembre 2017 Ministero della Giustizia giustizia

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