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Un giro «panglossista» per l’Italia che Voltaire non ha mai visitato

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«Panglossismo»: termine derivante dal «Candido» di Voltaire, in cui il personaggio del Dottor Pangloss, tutore di Candido, presenta un punto di vista sul mondo fondato sull’attitudine a credere di vivere nel miglior mondo possibile


Mi chiamo Pangloss, di professione metafisico, allievo preferito di Gottfried Wilhelm von Leibniz. Con l’amico e discepolo Candido mi sono da qualche tempo trasferito a Roma, luogo magnifico, ordinato, pulito e vivibile, che conferma quanto questo sia il migliore dei mondi possibili. E tutto ciò che vedo e sperimento me lo conferma.
Nella Città Eterna, la noia non esiste. Nella metro A, ma anche in quella B (la C non la nomino, essendo segretata) si viaggia benissimo e non manca mai l’occasione di far conversazioni intriganti e stimolanti.
Oggi, Candido mi ha indicato tre ragazzine di etnia rom che nella stazione Barberini inseguivano un gruppo di giapponesi.
«Quale sarà mai il motivo di quel meticoloso pedinamento­–mi chiede Candido–, forse intendono prestare soccorso, far da guide, illustrare le meraviglie della città, addestrarli ad evitare i piramidali mucchi di mondezza capitolina, indicar loro come evitare incontri con sorci e pantecane?».
Certo, dico, debbono essere studentesse, interessate ai costumi orientali, al sashimi, all’origami, al sacro Sumo... ma, infine, l’occhio mi suggerisce una risposta meno pedagogica. Son, forse, studiose provette, sicuramente, ma nella disciplina del borseggio magistrale: ed ecco, infatti, la capoclasse sfilare abilmente il portafogli alla signora più anziana e fuggire di gran lena verso di noi. Candido, stupito e deluso, avendo egli creduto altruistica l’azione invero egoista, le blocca e mi chiede di rieducarle all’istante. Ed io - è il mio mestiere - comincio la lezione: «Figliuole, sarebbe meglio per voi l’impegno lavorativo: il lavoro allontana tre mali, la noia, il vizio e il bisogno. Perché mai l’uomo fu spedito nel giardino dell’Eden? Chiedetevelo. Ebbene, ut operaretur eum, cioè perché lavorasse».
Le ragazze scippatrici reagiscono a tono: «Vede professore, noi, dopo un duro e rigoroso apprendistato, impartito anche a legnate dai docenti di famiglia, siamo ammesse ad esercitare. Per giunta, da autentiche abilitate, lavoriamo con tanto di licenza comunale e nulla osta statale».
Candido, preso da scetticismo, incalza: «Licenza, nulla osta? Non è da credere...».
«Si sbaglia egregio incredulo: noi esercitiamo legittimamente e la legge ci dà ragione. Ogni tanto, qualche poliziotto poco informato di codici si comporta da sbirro e ci ferma, ma dopo un’ora o due, interviene la suprema autorità, che, in nome della legge e del popolo italiano, ci rimette, con le scuse, in libertà... La voglia di lavorare non ci manca e, infatti, torniamo subito nei nostri ‘uffici’ delle metropolitane A e B. Siccome non si vive di solo scippo, una volta rientrate in sede, ci leviamo anche lo sfizio di sfottere gli sbirri».
Davanti ad una dissertazione così suadente, io, cosmologo Pangloss, dà ragione alla capoclasse, spiegando al mio scolaro Candido:
«La filosofia c’insegna che le monadi divisibili in infinito si dispongono con una intelligenza meravigliosa per comporre i differenti corpi che osserviamo nella natura. I corpi celesti son quello che devono essere: essi descrivono i cerchi che devono descrivere; l’uomo inclina a quel che doveva inclinare: egli è quel che doveva essere, e fa quel ch’ei doveva fare. Voi vi lamentate, o Candido, perché la monade dell’anima vostra non si adegua; ma l’incomprensione è una modificazione dell’anima, e non impedisce che tutto sia per il meglio, tanto per voi che per gli altri».
Ci siamo poi recati alla stazione Tiburtina, dove un’orda di africani ubriachi picchia con destrezza il barista, mentre una richiedente asilo, trovata senza biglietto ferroviario, con precisione chirurgica addenta e taglia l’orecchio dell’esoso controllore. Insomma, a Roma lo spettacolo non manca mai ed è gratuito.
Tornati a Termini, dopo aver fatto trekking tra le buche di Via Nazionale, fosse, invero, progettate da provetti ed acribici architetti, attraversando a fatica la piazza con la fontana di Trevi, affollata da aspiranti borseggiati, ci dirigiamo verso la city della politica, Palazzo Chigi e Monte Citorio.
Candido, ancora poco addentro nei filosofemi del grande Leibniz, se ne esce con una battutaccia:
 «In Italia non si scrive se non quel che non si pensa. Coloro che abitano la patria di Cesare e degli Antonini non osano aver un’idea, senza la permissione di un prete, di un banchiere, di un magistrato, magari di un guitto evasore fiscale o di un congiuntivoclasta.  Il giornalismo è professione in ginocchio e il servilismo contagia non solo i professionisti della disinformazione. Io sarei contento della libertà politica, se la passione e lo spirito di partito non corrompesse totalmente ciò che la preziosa libertà ha di stimabile. Mi pare che cotesti signori abbiano dimenticato che la politica è il mezzo, giammai il fine. E, invece, si parlano addosso e fingono realtà inesistenti, come se il loro orticello fosse l’universo mondo».
Sono costretto a correggere siffatto pessimismo pirroniano:
«Sei un discente, ergo devi imparare: i giornalisti debbono pur vivere, ergo debbono risultare conformi. La politica non deve curarsi dei problemi dei cittadini, che sono, per lo più e tali rimangono, quisque de populo, insomma delle irrilevanti nullità. Il dovere di cotali nullità è di astenersi, oppure di intrupparsi in folla plaudente e beona, dove i singoli, abbandonando ogni facoltà critica, si ideologizzano e credono che l’oratore che promette mari e monti realizzi davvero la panacea. E l’una folla ideologizzata odia l’altra, per l’ottima ragione che credere deve far rima con combattere. E, intanto, in Parlamento e al Governo, per distrarre le folle decerebratesi, s’inventano dibattiti e leggi per distrarre ed appassionare e far dimenticar le dure battaglie della quotidianità».
«Tipo le discussioni o la legge ad personam per punire quello scemo di bagnino di Chioggia?», chiede l’allievo. 
«Vedi che l’Italia è il migliore territorio possibile? Pensa al capolavoro del tardo antifascismo viscerale in una Repubblica nata da fascisti e fascistissimi tempestivamente rivelatisi grandi, valorosi, stoici martiri dell’antifascismo. Rifletti sulla genialità degli intellettuali allineati, coperti e coccolati da Bottai, trasferitisi in massa nelle fila del Pci. Dai combattenti della Rsi come Dario Fo sino a Guttuso, Argan, Pratolini. E da Cinecittà attori e registi fascistissimi, tutti a ricamare, da Rossellini in poi, la cinematografia antifascista. Per la tua perfetta formazione culturale, aggiungo il capolavoro di Togliatti che, una volta nominato Guardasigilli, volle fortemente al suo fianco Gaetano Azzariti, già presidente della Tribunale della Razza. Ergo, non solo emerito fascistone, ma anche sicuro giurista antisemita. Leggi e studia i libri di Ruggero Zangrandi e coglierai la perfezione dell’italo trasformismo».
Candido, testardo come un ciuco, reagisce stizzito: «Non mi pare che questo sistema realizzi il migliore dei mondi politici possibili. Penso ai correntisti di Banca Etruria che hanno perso tutti i risparmi di una vita di lavoro e di sacrifici, mentre i manager responsabili dei dissesti bancari si beccano liquidazioni di milioni e trovano subito un'altra possibilità per ennesime dorate RFT. Vince, dunque, il demerito sul merito?».
Non posso lasciar passare tanta demagogia: «Ragazzo mio, il demerito è sacro e venerato. Ed è bene che così sia: se non si hanno titoli e magari si mente per coprire la scolarizzazione mancata, si può diventare ministri e governare quegli stolti che, avendo studiato e conseguito competenze sul campo, lauree, master ed attestati, non si guadagnano altro che disoccupazione, sottoccupazione, frustrazione, esilio... Il merito è niente, il demerito è tutto».
«Maestro­­­–obbietta il fanciullo–ma poi il ministro infingardo a zero titoli, finisce per occupare la poltrona che fu di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile. Questa sarebbe la perfezione?».
 Stavolta lo bacchetto: «Pensa, somarello che non sei altro: un tal Dollarumma, pardon, Donnarumma, diciottenne, rifiuta 5 milioni netti all’anno, non per varare il vaccino universale anticancro, ma per fare il portiere di calcio e prendere, di tanto in tanto, pure delle squisite papere. E il procuratore che lo consiglia grida al mondo in lingua italiota che 5 milioni configurano mobbing ai danni del proprio assistito. E, a furia di demeriti, ecco che il giovinotto, giustamente assente agli esami di maturità, malmenato a colpi di 5 milioni, ne strappa 6, più il contratto al fratello, in attesa che i padroni del football gli assumano l’intera famiglia. I tuoi supertitolati ed i competenti, invece, con  i loro inutili meriti, non trovano neppure un portierato al Quarto Miglio».
Candido, imperterrito, freme: «Maestro metafisico-teologo-cosmologo, non le sembra che l’Italia subisca fatalisticamente l’invasione islamica ed africana, senza rendersi conto che si tratta di mercato di carne umana e di sciagura nazionale prossima ventura? Ha fatto caso che si tratta in maggioranza giovani maschi, mentre le donne son quelle che affogano più di frequente? Ed ora, la politica tutta concentrata sul proprio orticello prepara anche la cittadinanza a tutti, anche al 90 per cento di codesti migranti che non hanno diritto neppure all’asilo. Le pare razionale, le sembra bene regalare il passaporto a quanti picchiano col bastone mogli e figlie?».
Gli assesto il colpo di grazia: «Non è bene, è ottimo, visto che il tortore, come dicono gli Imam, non lascia grandi lividi, perché avvolto in tessuto rituale, di talché le donne bastonate sono grate e felici. Questi profughi, intanto, arricchiscono gli umanitari ed una persona esperta di aiuti, tal Buzzi, l’ha pur detto: l’assistenza ai poveracci rende più denaro dello spaccio di droghe pesanti. Inoltre, lo afferma Laura Boldrini, mica una nullità affogata nella folla, questi morti di fame, in cerca di assistenza,  pagheranno agli italiani ricche pensioni. Di rincalzo, Tito Boeri lancia l’allarme, spiegando che la loro espulsione ci costerebbe 38 miliardi».
E l’allievo replica: «Intanto, non sono morti di fame, visto che pagano dai 5 ai 10 mila dollari agli scafisti. La presunta perdita di 38 miliardi, forse, riguarda chi lucra sui salvataggi telefonati in mare e sull’accoglienza. Possibile che il presidente dell’Inps difenda le tasche di chi fa tratta di neri? E come la mettiamo con gli stupri, come quelli di Colonia? Questa è gente che non sa nemmeno cosa siano i diritti delle donne, considerate come oggetti, se non peggio. Io stesso, ho sentito un magrebino di seconda generazione affermare in tv: le donne occidentali che vestono come vestono  a noi  ci fanno pensare che vogliano essere solo stuprate… E che dire degli omosessuali lanciati dal quinto piano e dati alle fiamme? E gli islamisti promettono: conquisteremo la vostra Roma, faremo a pezzi le vostre croci, ridurremo in schiavitù le vostre donne. Intanto, si ammazzano le adolescenti pakistane fidanzate con un cristiano».
Allora, gli annuncio la bocciatura:
«Intanto, devi sapere che gli assassini della fanciulla, padre e zio, ebbero la premura affettuosissima di stendere delicatamente il cadavere con la testa rivolta verso la Mecca. Gli stupri? Basta, ignorantello, studia e scoprirai che i popoli settentrionali non hanno il sangue troppo bollente, né il furor per le donne nel grado ch’è ordinario nell’Africa. Par che gli europei abbiano latte nelle vene, laddove è vetriolo e fuoco quel che scorre nelle vene agli abitanti del monte Atlante e dei paesi vicini. Le cose non posson essere altrimenti; perché il tutto essendo fatto per un fine, tutto è necessariamente per l’ottimo fine. Il naso è fatto per portar gli occhiali, e così si portan gli occhiali; le gambe son fatte visibilmente per esser calzate, e noi abbiamo delle calze, le pietre son state formate per tagliarle e farne dei castelli, i maiali essendo fatti per mangiarli, si mangia del porco tutto l’anno. Per conseguenza, se noi abbiamo latte nelle vene e loro il fuoco, la ragione c’è».
Infine, Candido si arrende: «Essendo giovine apprendista metafisico, molto ignorante delle cose di questo mondo perfetto,  non mi capacito che la testa serva solo a portare il cappello e, inoltre, mi sorprendo di uno Stato che spende miliardi per assistere centinaia di migliaia di profughi senza diritto - e infatti nessun altro Paese europeo è disposto a farsene carico - e si denota, di contro, assai sparagnino e disaccogliente con i terremotati, che, dopo quasi un anno, si ritrovano senza casa, con le strade bloccate e le macerie ancora intonse, come i libri di certi ministri. Mi scuso, ma tali asimmetrie mi turbano e mi spingono a pensare che l’ottimismo sia il sotterfugio per far passare il male per il bene. Il proverbio dice: che differenza c’è tra un ottimista e un pessimista? Nessuna, solo che il pessimista è l’ottimista ben informato».
Da docente comprensivo lo consolo e lo istruisco: «Son di parere che generalmente coloro che si mescolano negli affari pubblici, qualche volta miseramente periscono, e non senza lor colpa; ma non m’informo mai riguardo al sesso degli angeli che si dibatte a Bisanzio o a Monte Citorio. Mi contento di mandare a vendere al mercato di via Andrea Doria le frutta del giardino che coltivo. Venendo alla natura che sembra matrigna eppur non lo è, i terremotati italiani hanno il torto di non capire che il crollo è naturale e va preso dalla parte positiva. Il terremoto di Casamicciola (1883) portò bene a Benedetto Croce, adottato, spesato, acculturato a Roma dallo zio filosofo Silvio Spaventa. Dopo il sisma (1755) che distrusse tre quarti di Lisbona, i dotti del paese non trovarono mezzo più efficace per impedire la rovina, che di dare al popolo credulone un bell’auto-da-fé. Fu deciso dall’Università di Coimbra che lo spettacolo di qualche persona bruciata a fuoco lento in gran cerimonia rappresentasse il segreto infallibile per impedire altri sismi e dimenticare il vecchio. Invece, gli odierni incontentabili terremotati italiani, in luogo di benedire Palazzo Chigi e l’intellighenzia accoglionista, per la grazia di non venir sottoposti all’auto-da-fé, non fanno altro che lamentarsi. Vivere all’addiaccio è salutare e seleziona i migliori, ma loro lo negano».
Il ragazzo annuisce: «Maestro Pangloss, lei mi ha sempre detto che gli uomini son tutti eguali, fuorché i gesuiti, essendo gente che fan la guerra in Sudamerica ai re di Spagna e Portogallo, mentre in Europa fanno i confessori dei regnanti di Spagna e Portogallo. Da una parte ammazzano caterve di spagnoli e portoghesi, dall’altra, a Lisbona e a Madrid, in qualità di confessori decidono di aprire le porte del paradiso ai reali. La doppiezza e la conclamata inaffidabilità, forse, spiegano perché gli antropofagi dell’America del Sud prediligano la flaccida carne del gesuita, specie la lingua biforcuta, comunque cucinata, talora resa vera leccornia nei concorsi master chef indigeni».
Bene, il mio Candido finalmente mostra di capire meglio questa meraviglia perfetta che è l’Italia, dove ora, portento dei portenti, un gesuita, scampato agli indios buongustai ed alle pacche terrificanti degli Antonino Cannavacciuolo precolombiani, riabilita Lutero, giustifica gli eccidi di Charlie Hebdo, amoreggia con gli atei, glissa sul terrorismo islamista, se ne frega della condizione della donna islamica, eppure occupa nientemeno che il soglio di Pietro.
Meglio di così si muore.   

Tags: Settembre 2017 Giancarlo Lehner

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