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#cose da non credere: la lotta dell’unc contro la pubblicità ingannevole passa per twitter

di MASSIMILIANO DONA

Si parla spesso (e tanto più in un periodo di vivace campagna elettorale come l’attuale) di consumi, concorrenza e liberalizzazioni come interventi che dovrebbero semplificare la vita dei consumatori, salvaguardarne i diritti e contenere i costi per l’acquisto di beni e servizi. Tuttavia non tutti ricordano che, affinché questi obiettivi possano realizzarsi concretamente, è necessario che il consumatore sia messo nelle condizioni di approfittare delle opportunità del mercato, operando scelte consapevoli. E non è una partita da poco se riflettiamo sul fatto che non può esserci sviluppo senza cultura nei consumatori. Mi spiego: in tempo di crisi siamo purtroppo testimoni di una crescente aggressività del marketing che tende a conquistare i consumatori a suon di spot ingannevoli, ma anche semplicemente opachi, nei quali si omettono informazioni rilevanti o le si inseriscono con caratteri microscopici, mettendo in evidenza solo gli aspetti più accattivanti. Da parte nostra abbiamo intensificato le segnalazioni all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ma le condanne - che pure confermano, se ce ne fosse bisogno, l’ingannevolezza di messaggi diffusi da operatori anche molto conosciuti dal pubblico - giungono con alcuni mesi di ritardo, quando le campagne hanno già sortito il proprio effetto perverso, convincendo i clienti a scelte che, altrimenti, non avrebbero compiuto. È eclatante il caso dello spot Fiat «1 euro al litro» che lo scorso luglio denunciammo all’Antitrust: cinque mesi dopo la fine della campagna l’Autorità ha multato l’azienda del Lingotto per 200 mila euro. Se la sanzione fosse arrivata prima, probabilmente molti consumatori avrebbero capito per tempo che la promozione non proponeva, come si diceva nello spot, il blocco del prezzo della benzina per tre anni, ma solo una manciata di litri presso i distributori convenzionati. Per contrastare questa situazione, già da dicembre, abbiamo lanciato uno speciale servizio di contro-informazione per spiegare ai consumatori cosa c’è di vero dietro la pubblicità. La campagna, diffusa tramite Twitter e Youtube, si chiama «#cosedanoncredere». Questo è l’hashtag che identifica su Twitter la discussione. Il «cancelletto» è usato per indicare, tra gli utenti del social network Twitter, un dibattito, e si sviluppa attraverso alcuni brevi video che spiegano gli inganni degli spot. «Cose da non credere» sono, infatti, tutte quelle raccontate da alcune réclame che ingannano i consumatori, informando in modo incompleto o descrivendo opportunità che esistono solo sulla carta: agiscono come un’esca per i potenziali clienti che si accorgono delle reali condizioni dell’offerta soltanto una volta scelto il prodotto o il servizio, nella convinzione di fare un affare. Solo per fare alcuni esempi, oltre la già citata campagna Fiat di cui abbiamo raccontato l’esito, abbiamo segnalato una promozione compiuta attraverso cartelloni pubblicitari nei quali si chiedeva ironicamente se davvero erano sufficienti 95 euro al mese per acquistare una city car. Vedremo cosa deciderà l’Antitrust, ma intanto, proprio grazie a #cose da non credere, un eccellente risultato lo abbiamo già ottenuto: alcune aziende interessate ci hanno già comunicato di aver interrotto o modificato gli spot. Certo sarebbe auspicabile che, nel programma del nuovo Governo fosse inclusa qualche iniziativa volta a dissuadere il reiterarsi di certe scorrettezze: abbiamo proposto di rendere più severe le sanzioni, di includere tra i poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato anche quello di condannare l’impresa che ha diffuso lo spot ingannevole a fare pubblica ammenda. Ed ancora: dovrebbe essere rilanciata l’azione giudiziaria di classe per consentire a tutti quelli che hanno creduto ad uno spot giudicato ingannevole di richiedere il risarcimento del danno subìto, come è avvenuto negli Stati Uniti per due case automobilistiche che sono state condannate a risarcire i consumatori che avevano creduto alla loro fallace pubblicità sui consumi di carburante. Se così avvenisse, in un prossimo futuro, anche in Italia, molte big company ci penserebbero su prima di incaricare un testimonial di raccontare «cose da non credere». 

Tags: Febbraio 2013 consumatori Massimiliano Dona UNC Unione nazionale consumatori

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