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Report Istat 2015: in Italia ci sono 4,6 milioni di poveri

Massimiliano Dona, segretario generale dell’unione nazionale consumatori

La lotta alla povertà è una battaglia che il nostro Paese non può permettersi di perdere. Il recente report dell’Istat attesta che nel 2015 le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta sono pari ad 1 milione e 582 mila, il 6,1 per cento, il 7,6 per cento della popolazione residente, il numero più alto dal 2005 ad oggi. Un record negativo che ha sollevato l’indignazione generale. Significa che 4,6 milioni di italiani non riescono a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile, non possono acquistare, cioè, beni e servizi che vengono considerati essenziali.
Questo peggioramento si deve principalmente all’aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti. Insomma, ancora una volta sono le famiglie con figli ad essere più danneggiate ed in difficoltà. Il peggior incremento al Nord, dove l’incidenza della povertà sale dal 4,2 per cento del 2014 al 5 per cento del 2015 per le famiglie e dal 5,7 al 6,7 per cento per le persone. A livello territoriale è il Mezzogiorno, comunque, a registrare i valori più elevati di povertà assoluta (9,1 per cento di famiglie, 10 per cento di persone) mentre il Centro quelli più bassi (4,2 per cento di famiglie, 5,6 per cento di persone).
Da notare che la presenza di un anziano garantisce ancora un valido sostegno. La povertà assoluta, infatti, diminuisce con l’aumentare dell’età del capofamiglia: il valore minimo, intorno al 4 per cento, si registra per gli over 64, il massimo, pari al 10,2 per cento, se la persona di riferimento ha tra 18 e 34 anni.
Un quadro decisamente sconfortante che giunge proprio nel momento in cui il Parlamento sta discutendo il disegno di legge con le misure per il contrasto alla povertà ed il riordino delle prestazioni sociali ed in cui il ministero del Lavoro ha lanciato il Sostegno per l’inclusione attiva (Sia), una misura destinata alle famiglie in difficoltà. Una versione aggiornata della «social card» che, secondo il Governo, a partire da settembre, assicurerà in media 320 euro al mese a nucleo, coprendone 180-220 mila, per un totale di beneficiari compreso tra 800 mila ed 1 milione.
Una misura certo apprezzabile (dimostra come il tema non sia scomparso dall’agenda politica), ma insufficiente dato che, nella migliore delle ipotesi, sarebbero esclusi 3,6 milioni di poveri assoluti sui 4,6 certificati dall’Istat, ossia il 78 per cento. Tra le voci critiche anche quella del presidente dell’Inps, Tito Boeri, che ha considerato le iniziative prese sulla povertà ancora limitate. Anche perché dobbiamo considerare che, oltre ai poveri assoluti, ci sono i poveri relativi, ancora più numerosi. Sono quelle famiglie che hanno una spesa inferiore ad una certa soglia convenzionale individuata dall’Istat, che nel 2015 è di 1.050,95 euro mensili per una famiglia di due persone (1.397,76 euro per 3 persone, 1.713,05 per 4 persone). Ebbene, si tratta di 8 milioni e 307 mila persone, il 13,7 per cento dell’intera popolazione: 4 milioni 134 mila sono donne (13,3 per cento), 2 milioni e 110 mila sono minori (20,2 per cento) e 1 milione 146 mila anziani (8,6 per cento).
Oltre 2 milioni di bambini poveri sono un dato a dir poco vergognoso, da Terzo Mondo. Anche la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose: avere tanti figli, quindi, è un lusso che gli italiani non si possono più permettere? È evidente che, con un debito pubblico che ogni mese tocca un nuovo record assoluto, non ci sono le risorse per aiutare tutti. Eppure questi 8 milioni di poveri ne avrebbero un gran bisogno. Certo se non si fosse eliminata la Tasi e l’Imu sulla prima casa indiscriminatamente, qualcosa in più si sarebbe potuto fare. Ma il punto vero è che manca una visione organica sul Fisco.
Viviamo di iniziative estemporanee: c’è un problema relativo alla nascite? Ecco il bonus bebè! Ci sono i poveri? Ecco il ddl povertà! Provvedimenti utili per poter dire davanti alle telecamere di aver affrontato il problema, ma che difficilmente possono risolverlo. Oggi sono previsti alcuni sconti o esenzioni per chi è in difficoltà, dal canone Rai al bonus per l’energia elettrica ed il gas, ma sono una goccia nel mare e le soglie di reddito previste sono troppo basse e predeterminate sulla base delle risorse disponibili. Per la «nuova social card», ad esempio, si deve avere un Isee non superiore a 3 mila euro ed in famiglia deve essere presente un minorenne o un figlio disabile, oppure una donna in stato di gravidanza.
Solo con una seria riforma del Fisco, che ridisegni complessivamente il nostro sistema tributario nel segno dell’equità e del criterio della capacità contributiva, sarà possibile affrontare questi temi. Una battaglia che abbiamo il dovere di vincere.  

Tags: Settembre 2016

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