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Petizione dell’Unc: stop al «teleselling» selvaggio

Massimiliano Dona, segretario generale dell’unione nazionale consumatori

Ricevere una telefonata mentre stiamo cenando è già una seccatura. Ma se a chiamarci è qualcuno che, insistentemente, vuole venderci qualcosa, diventa una molestia, specie se c’eravamo appositamente iscritti al Registro delle Opposizioni proprio per evitare questi fastidi. Le chiamate, almeno al telefono fisso, avvengono più frequentemente negli orari più inopportuni, quando è più probabile trovare chi è tornato a casa dal lavoro. Sui cellulari, invece, ogni ora è buona per disturbare. Sono sempre più numerosi gli italiani vittime di proposte commerciali invasive. Sarà per questo che la petizione lanciata dall’Unione Nazionale Consumatori contro il teleselling selvaggio sta riscuotendo particolare successo: migliaia di sottoscrizioni alla campagna sui social attraverso l’hashtag #nondisturbarmi.
Fino al 2011 esisteva la regola del consenso espresso: si poteva chiamare solo chi aveva dato esplicito consenso a ricevere chiamate promozionali. Poi il sistema è peggiorato, invertendo l’onere a danno del consumatore e a vantaggio di chi chiama. Ora le aziende possono telefonare senza alcun limite, salvo che non ci si sia iscritti al Registro delle Opposizioni. Peccato che il Registro «funzioni», si fa per dire, solo per gli utenti che hanno il loro numero sugli elenchi telefonici. Chi non è sull’elenco (a cominciare quindi dai cellulari) è escluso e di fatto senza tutela. Secondo i dati resi noti dal Segretario Generale del Garante della Privacy Giuseppe Busia, su 115 milioni di linee telefoniche, tra fisse e mobili, solo 13 milioni, l’11,3 per cento, sono negli elenchi, e solo poco più di 1 milione e mezzo, circa l’1,3 per cento, è iscritto al Registro. Per Busia, «è evidente che la normativa è lacunosa». Se a questo aggiungiamo che le aziende chiamano anche chi è iscritto al Registro, il quadro è completo.
Mancano regole efficaci che mettano un freno all’aggressività di alcuni operatori che chiamano a tutte le ore e servono sanzioni che costituiscano un deterrente per chi abusa. Urge una seria riforma: da qui la nostra petizione «Stop chiamate indesiderate», con alcune proposte per un teleselling rispettoso della privacy, soluzioni proposte anche dallo stesso Garante Privacy, ma rimaste finora inascoltate dal legislatore. Attualmente il sistema è concepito in modo da disincentivare le buone pratiche. Per accedere al Registro, gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, gli operatori devono pagare e più numeri controllano, più pagano. Ma in questo modo si disincentivano le imprese a cancellare i numeri. È più conveniente rischiare di pagare blande sanzioni. Sarebbe, quindi, preferibile se gli operatori pagassero una quota fissa, magari definita sulla base del fatturato, e poi potessero liberamente scremare le liste.
Occorre, poi, introdurre un meccanismo di responsabilità solidale tra l’azienda che commissiona la campagna di telemarketing ed il gestore del call center che fa materialmente le telefonate, per evitare rimpalli di responsabilità e consentire ai trasgressori di nascondersi dietro call center localizzati all’estero. Ma, soprattutto, l’Unione Nazionale Consumatori propone di potenziare il Registro delle Opposizioni, prevedendo la possibilità di iscrivere tutte le numerazioni telefoniche, anche quelle che non sono sugli elenchi, compresi i cellulari. E poi è indispensabile che l’iscrizione consenta la cancellazione di ogni eventuale consenso pregresso, per consentire al cittadino di riprendere il pieno controllo dei propri dati.
Negli anni, infatti, i consumatori hanno autorizzato troppo facilmente il proprio consenso al trattamento dei dati, magari per sottoscrivere carte fedeltà o partecipare a concorsi (i più disattenti hanno firmato non solo per la parte obbligatoria per usufruire del servizio, ma anche per quella facoltativa non strettamente collegata, per fini commerciali o, peggio ancora, per la cessione dei propri dati a terzi). Così il telefono continuerà a squillare in eterno. Certo è un diritto sapere dove è stato reperito il nostro numero e revocare il consenso, ma pochi lo esercitano e non è così semplice.
Si tratta di un problema sottovalutato dal legislatore, che nel disegno di legge «Concorrenza» in discussione in Parlamento ha previsto solo inutili modifiche. Rispondere al telefono ed accettare contratti che sembrano apparentemente convenienti ha rilevanti conseguenze economiche, come sa chi è passato al mercato libero dell’energia, finendo mediamente per pagare di più rispetto a quanto pagava nel mercato di maggior tutela: +16,7 per cento nel settore dell’energia elettrica (+42,5 euro annui per il consumo di una famiglia media) e +7,9 per cento nel settore del gas (+68,2 euro annui), per una maggior spesa complessiva di 121 euro annui. Un fatto preoccupante in previsione dell’eliminazione del mercato tutelato, prevista, sempre nel Ddl concorrenza, per il 1° gennaio 2018. Per non parlare di chi si è ritrovato addebiti per servizi telefonici non richiesti, cambi di gestori non voluti e così via.   

Tags: Giugno 2016

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