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Il terrorismo non è un prodotto degli insegnamenti dell’Islam o dei suoi testi, o di alcun’altra religione

S.E. Rayed Krimly ambasciatore del regno dell’arabia saudita in italia e malta

Permettetemi di iniziare con l’affermare che il terrorismo rappresenta una primaria minaccia per noi tutti. Il nostro obiettivo, quando prendiamo in analisi il terrorismo, non è quello di trovare delle giustificazioni ai suoi barbarici crimini. Piuttosto, l’obiettivo è quello di aiutarci a comprendere meglio come possiamo combattere efficacemente questo nemico comune e pericoloso. Il terrorismo cui oggi ci troviamo di fronte è un prodotto di moderne ideologie politiche e gruppi che mirano al potere. Non è un prodotto degli insegnamenti dell’Islam o dei suoi testi, o di alcun’altra religione. La stragrande maggioranza dei terroristi, che pretendono di agire in nome dell’Islam, non sono né pii, né fedeli alla tradizione, né conservatori. Al contrario, sono degli estremisti radicali che desiderano deliberatamente distruggere ogni ordine stabilito, norma e persino tabù. Non v’è nulla di sacro per costoro, e nessuna vita è al sicuro. Attaccano le moschee, ivi inclusa la Grande Moschea de La Mecca, il luogo più sacro dell’Islam. Costoro si fanno vanto di aver ucciso i loro parenti più stretti. Costoro considerano gli altri musulmani come infedeli, e solo perché la maggior parte dei musulmani non condivide la loro ideologia politica estremista. La stragrande maggioranza delle loro vittime è composta da musulmani come loro.
Il modello cui si ispirano oggi i terroristi non è quello del Profeta o dell’Imam, ma quello di un totalitarismo monopartitico o di una dittatura militare. Per loro, ideologicamente, la religione è uno strumento per conseguire il potere, e il potere è il loro vero Dio. La maggior parte dei membri e dei leader dei gruppi terroristici non ha ricevuto alcuna istruzione in studi islamici, e molti non erano neanche musulmani praticanti. Questo primato della politica sulla sfera spirituale è di per sé un fenomeno moderno, piuttosto che espressione della tradizione islamica. Per quattordici secoli, nessuna entità politica musulmana, in tutto il mondo, è stata governata da membri della classe degli Ulema, o dal clero. L’unica eccezione, a tutt’oggi, è l’Iran rivoluzionario (e per breve tempo l’Afghanistan sotto i Talebani). La differenza che vi è tra l’Islam tradizionale e l’ideologia del terrorismo è meglio illustrata da una famosa fatwa del Gran Mufti dell’Arabia Saudita. Nell’aprile del 2001, il Gran Mufti dell’Arabia Saudita ha pubblicamente dichiarato che gli attacchi suicidi non hanno nulla di islamico, poiché il suicidio è proibito dall’Islam. È, questo, un importante esempio per tre ragioni. La prima è che questa fatwa salafita saudita è giunta persino prima dei fatti dell’11/09. La seconda è che, immediatamente prima di questa fatwa, gli unici attacchi suicidi furono condotti da palestinesi contro israeliani. La terza è che questa tipica fatwa salafita saudita è stata, immediatamente e pubblicamente, ripudiata da al-Qardawi, figura di spicco dei Fratelli Musulmani. Per il Mufti saudita, la dottrina religiosa non dovrebbe essere sacrificata a scopi politici. Persino una questione così importante come il conflitto arabo-israeliano non può giustificare l’andare oltre quel che è permesso dalla dottrina islamica.
Permettetemi ora di spendere qualche parola a proposito della dottrina salafita wahhabita. I Sunniti rappresentano la stragrande maggioranza dei musulmani, tra l’85 e il 90 per cento. Per secoli, e molto tempo prima che esistesse lo Stato saudita, la dottrina salafita è stata una componente importante, se non preminente, dell’Islam sunnita. Ad esempio, tra il X e il XIII secolo, due successive dinastie del Marocco, gli Almoravidi e gli Almohadi, hanno rivendicato la natura salafita del loro stato. In Siria, durante il XIII secolo, imam salafiti, quali Ibn Qudama e Ibn Taymiyya, hanno esercitato un’influenza dominante tra quei musulmani che si sono opposti all’invasione mongola di Hulagu. Il Wahhabismo quale movimento salafita ha fatto la sua comparsa nell’Arabia centrale solo nel secolo XVIII, dando vita al primo Stato saudita.
Tutti questi Ulema salafiti, in tutti questi secoli, e in tutti questi Paesi, non hanno prodotto alcun terrorismo. La dottrina salafita wahhabita consta di due pilastri principali. Il primo è un movimento puritano contro la corruzione della religione. Il secondo è un movimento razionalista, contrario a interpretazioni mistiche e magiche della religione. Molti sociologi hanno osservato che in tutto il mondo islamico le città erano dominate da Ulema salafiti, mentre le campagne erano dominate da sufi e mistici. Grazie all’istruzione di massa e allo sviluppo dell’urbanizzazione, la dottrina salafita ha guadagnato una più vasta influenza tra i Sunniti, dall’Indonesia all’India, all’Africa occidentale.
Il terrorismo di oggi non trova spiegazione né nelle dottrine sunnite, né in quelle sciite. A livello mondiale, gli Sciiti sono il 10-15 per cento dei musulmani e sono ben pochi i Paesi, nel mondo islamico, a non avere entrambe le confessioni tra i loro cittadini.
Ciò è vero sia per l’Arabia Saudita, sia per l’Iran. Anche in questo caso, se noi prendiamo in esame la dottrina religiosa tradizionale dello Sciismo, vediamo che mai ha prodotto terrorismo, né ha enfatizzato la sfera politica a discapito di quella spirituale.
Tuttavia, la rivoluzione iraniana del 1979 ha prodotto significativi cambiamenti. In primo luogo, l’Iran è divenuto l’unico Paese musulmano nella cui costituzione viene specificata un’identità settaria piuttosto che una identità islamica in generale. In secondo luogo, l’Iran è divenuto l’unico Paese islamico ad essere governato dal clero. Ed ancora, il principio della Wilayat al-Faqih, su cui regge il potere di Khomeyni e di Khamene’i, fu rigettato dalla maggioranza dei leader del clero sciita, persino in Iran. I più eminenti chierici sciiti, definiti Fonti di Imitazione, come il Grande Ayatollah Sharitmadari, il Grande Ayatollah al-Khoei e il Grande Ayatollah al-Sistani si sono opposti pubblicamente a questa nuova interpretazione politicizzata della dottrina sciita.
Negli ultimi anni milizie settarie hanno cominciato ad apparire in Afghanistan, Iraq, Siria, Libano e Yemen. Queste milizie settarie hanno introdotto nuove pratiche di attacchi suicidi e attentati suicidi. In seguito, altri gruppi estremisti, specialmente al-Qaeda e l’Isis, hanno imitato queste pratiche.
Se il terrorismo non può trovare spiegazione, in maniera principale, nelle dottrine tradizionali dell’Islam di entrambe le confessioni, perché allora ci sono oggi molti terroristi che innalzano vessilli islamici? Ancora una volta vorrei sottolineare l’importanza dei fattori politici. In meno di quattro decadi siamo stati testimoni di uno tsunami di guerre e invasioni da parte di superpotenze. Cinque grandi conflitti, in particolare, hanno prodotto risultati di eccezionale potenza distruttiva e di orrore.
Il primo, l’occupazione sovietica dell’Afghanistan, durata nove anni (1979-1989), ha ucciso un milione di afghani, pari al 9 per cento dell’allora popolazione dell’Afghanistan. Il secondo, la guerra Iran-Iraq, durata otto anni (1980-1988), ha mietuto un milione e duecentocinquantamila vittime su ambedue i fronti. Il terzo, la guerra americana in Afghanistan, durata dodici anni, ha provocato la fuga di un terzo della popolazione. Il quarto, ovvero l’embargo guidato dall’America e la successiva occupazione dell’Iraq, sono stati causa di un milione di vittime. In ultimo, il conflitto siriano, che è ancora oggi in corso, ha prodotto mezzo milione di morti e 11,4 milioni di sfollati. Possiamo aggiungere a quest’orribile elenco le varie guerre civili libanese, somala, yemenita, sudanese.
Un altro fattore politico concerne i fallimenti socio-economici di dittature militari o monopartitiche. Come risultato, arabi e musulmani sono scesi in strada a milioni reclamando maggiori opportunità e una migliore governance. Nemmeno una volta hanno considerato i terroristi di oggi come loro leader. E persino nel bel mezzo di questi sconvolgimenti, la maggior parte dei musulmani è rimasta moderata e ha rifiutato l’estremismo.
Per sconfiggere il terrorismo dobbiamo conquistare i cuori e le menti delle persone. Qui, i leader religiosi, così come quelli politici e civili, hanno un ruolo strategico da svolgere. In alcuni Paesi europei e latino-americani, non molto tempo fa, abbiamo avuto un terrorismo politicamente ed ideologicamente motivato, sia di estrema destra che di estrema sinistra. La soluzione non è stata quella di vedere un gruppo estremista trionfare su un altro gruppo estremista. Piuttosto, la soluzione è stata il riunirsi delle forze centriste più moderate.
La situazione nei Paesi arabi e islamici di oggi non è molto diversa. Le legittime aspirazioni degli arabi e dei musulmani non possono essere soddisfatte da milizie settarie, o da gruppi terroristici. Saranno soddisfatte solo dai moderati capaci di costituire sistemi politici inclusivi. Tuttavia, se noi vogliamo aiutare i terroristi a vincere, allora possiamo fare una di queste tre cose. Possiamo scavare un fossato tra i musulmani e il resto dell’umanità, garantendo così che i terroristi siano percepiti come i legittimi difensori dell’Islam. Possiamo chiudere un occhio e lasciare che un brutale dittatore come Bashar al-Asad prosegua nei suoi massacri e proceda a far pulizia del suo stesso popolo in Siria. Possiamo far affidamento su un tipo di terroristi, come le milizie settarie, per combattere un altro tipo di terroristi, come l’Isis, facendo della maggioranza delle comunità sunnite arene di reclutamento per i terroristi. Alcuni media fuorviati e alcune campagne politiche suggeriscono che dovremmo unirle tutti e tre. Francamente, i terroristi avranno allora la garanzia di vincere.
Gli arabi e i musulmani non possono, e non dovrebbero, aspettare che gli altri facciano la cosa giusta. Essi sono le principali vittime del terrorismo, e loro è la battaglia. Ecco l’esatta motivazione per la quale l’Arabia Saudita è andata stabilendo l’Alleanza islamica contro il terrorismo. L’Alleanza si concentra su quattro fronti: capacità militari, condivisione di intelligence, campagne pubbliche di sensibilizzazione, contrasto al finanziamento del terrorismo. Essa prende di mira tutti i gruppi terroristi, senza guardare alla loro identità settaria. I musulmani hanno anche chiaramente bisogno di venire a patti con la modernità. Essi non sono le sole, od uniche, vittime della storia mondiale. Essi dovrebbero confidare a sufficienza nella loro fede per accogliere, piuttosto che ripudiare, l’innovazione e i progressi moderni.
Nei Paesi occidentali, i musulmani soffrono di pregiudizi da entrambi i lati. Da un lato, sono considerati infedeli da parte dei terroristi. Dall’altro, sono visti come potenziali terroristi da parte di alcuni europei ed americani. Eppure, i musulmani in occidente, inclusa l’Italia, dovrebbero elevarsi ben al di sopra di questa mentalità dell’assedio. Non dovrebbero portare i conflitti, in atto altrove, nel Paese che li ospita. Anzi, essi si trovano in una posizione unica: diventare i pionieri che possano raccordare musulmani e modernità». Queste sono state le parole di S.E. Rayed Krimly durante la conferenza tenutasi lo scorso maggio al Centro Islamico Culturale d’Italia dal titolo «Religione e terrorismo: varie prospettive».  


Tags: Giugno 2016 ambasciate in Italia terrorismo Arabia Saudita Islam

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