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Perché «spin in»: con le imprese per un’accademia 5.0 contro la fuga dei cervelli

GIUSEPPE NOVELLI rettore dell’università degli studi di roma «tor vergata»

Si chiama «spin in»: non è una ricetta, ma è certamente una strada da percorrere per rispondere, con un nuovo modo di fare ricerca, alle necessità del sistema produttivo e per dare opportunità a chi ha talento e idee. Perché «spin in»? Da tempo si discute intorno a quali siano le migliori soluzioni di policy che possano aiutare il sistema Italia a crescere e a garantire la diffusione di una cultura imprenditoriale e dell’innovazione. Ciò che emerge in base a quanto è avvenuto negli ultimi decenni, nonostante gli sforzi compiuti a favore dell’industria, è che le azioni poste in essere non sono riuscite a ottenere risultati idonei ad assicurare uno sviluppo durevole.
Oggi, con un Pil che è tornato positivo e per consolidare l’inversione di tendenza, occorre ragionare su come rinnovare la politica industriale, prima di tutto rafforzando la collaborazione tra pubblico e privato e valorizzando il ruolo di alcuni attori che potrebbero - per loro stessa missione - far incontrare società e mercato, dialogare con le altre istituzioni, creare relazioni stabili e osmotiche medianti le quali attivare circuiti virtuosi per la crescita e lo sviluppo socio-economico dell’intero Paese.
Questo il ruolo delle Università: attraverso la Terza missione, ad esse è dato il compito di creare un set coordinato e organico di azioni volte a rafforzare il rapporto tra ricerca, industria e innovazione, con una attenzione più marcata nei confronti dei reali bisogni e delle caratteristiche (di settore, struttura, dimensione) delle aziende che operano in un dato territorio. «Spin in» allora diventa il meccanismo cruciale per far sì che ciò avvenga.
«Spin in» si basa su una «mutua contaminazione»: l’idea (l’innovazione) nasce dal dialogo tra due mondi (quello della ricerca, da un lato, e quello dell’esperienza sul campo e del fare produttivo, dall’altro). Si tratta in sostanza di un modello finalizzato sia all’individuazione di innovazione (di prodotto e processo) che possa condurre alla gemmazione di nuove unità produttive in partnership con le aziende (indipendentemente dalla dimensione), sia alla creazione di servizi avanzati a favore dell’impresa per allargarne il potenziale di sviluppo sul mercato.
Con la formula «spin in», l’Accademia può rendere dunque possibile il passaggio dal sapere (della ricerca) al saper fare (e bene) dell’impresa. Per esempio, le Università possono aiutare le Pmi a innovare i loro prodotti, senza inventarne di nuovi (spin-off), dato che si tratta di un processo che nella maggior parte dei casi richiede in Italia tempi estremamente lunghi. Con la formula «spin in», l’Università italiana può andare oltre i processi di valorizzazione della ricerca scientifica realizzati attraverso le formule di spin off. Grazie al meccanismo di interazione strutturata che è alla base dello «spin in», l’Università può fare network, mettere in campo le proprie competenze, incontrare la tecnologia, sviluppare partnership con le aziende, curare il trasferimento della conoscenza, rafforzare le abilità per il «saper fare», dare forma ai progetti, aiutare l’innovazione.
Basti un esempio a chiarire la formula: il caso della collaborazione dell’Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» con la Ovs spa, società operante in Italia nel mercato dell’abbigliamento. L’Ovs ha negli ultimi anni avviato un processo di riprogettazione delle operazioni aziendali, diretto a perfezionare i processi di gestione delle merci attraverso l’introduzione di nuovi algoritmi matematici. Lo sviluppo di alcune collaborazioni con le Università ha consentito ad Ovs di accelerare il cambiamento e il raggiungimento degli obiettivi.
Ma c’è di più: la partnership tra Ovs e il dipartimento di Ingegneria industriale, diretto da Paolo Mancuso, professore dell’Università «Tor Vergata», ha portato non solo al finanziamento di un posto da ricercatore a tempo determinato della durata di tre anni (un cervello che resta in Italia), ma anche a creare occasioni per studenti e laureati per tesi sperimentali e opportunità di lavoro, nonché al deposito di brevetti industriali e copyright su elementi che caratterizzano i nuovi processi di pianificazione, acquisto e distribuzione che l’azienda sta progressivamente adottando e che stanno contribuendo a generare risultati fortemente positivi.
«Spin in» implica quindi una nuova Università, fuori dal perimetro di una Pubblica Amministrazione vecchio stampo, una «Accademia 5.0». Esso infatti prevede un’Università che, facendo bene ricerca e formando giovani talenti, scende dalla cattedra per costruire una relazione attiva e strutturata con l’impresa e il territorio, in un network coordinato di istituzioni (Atenei e enti di ricerca). Una «Accademia 5.0» promuove la creazione di uno spazio di collaborazione diffuso tra gli Atenei e punta alla realizzazione di una piattaforma integrata di servizi avanzati alle imprese che rende possibile agli Atenei in rete e alle imprese costruire un sistema di interazione organizzato in cluster omogenei, strutturato per aree di competenza, basato su procedure di cooperazione e laboratori condivisi.
Tra i risultati attesi dalla messa in opera del modello «spin in» vi è certamente l’efficientamento delle azioni di Terza missione messe in campo dagli Atenei e dagli altri centri di ricerca del network, grazie all’integrazione dei servizi offerti dal sistema della ricerca e alla creazione di un’interfaccia unica per l’ente esterno (impresa) che desidera fruire di tali servizi. Dal lato dell’impresa, «spin in» può portare - come ci racconta il caso Ovs - ad aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo, grazie allo stimolo continuo determinato dall’interazione costante con l’Università e i centri di ricerca. Altro output prevedibile per le imprese è l’incremento della competitività, come effetto sia dell’innovazione di prodotto e di processo, sia dell’abbattimento dei costi di accesso a servizi di consulenza avanzata.
È questa una giusta direzione di marcia: per il futuro della ricerca e dell’alta formazione in Italia, per il nostro sistema produttivo e per i nostri giovani. È questa la direzione che l’Ateneo di «Tor Vergata» sta perseguendo con determinazione per realizzare fattivamente una «nuova primavera», come recentemente indicato dalla Conferenza dei Rettori delle Università italiane.  

 

Di Giuseppe Novelli, rettore università Roma II Tor Vergata

Tags: Aprile 2016 pubblica amministrazione P.A. università Giuseppe Novelli

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