Il governo completa il cammino del Jobs Act in tempi rapidi di regolazione
Il Governo ha appena completato il percorso del Jobs Act in tempi alquanto rapidi per la tradizione italiana, ma non solo. Ricordo che le riforme tedesche del mercato del lavoro (Hartz) si sono completate in oltre due anni. Per ora l’esecutivo ha invece rinviato la decisione di legiferare in tema di contrattazione collettiva e di relazioni industriali, sollecitando le parti sociali a darsi autonomamente le regole necessarie a migliorare i propri rapporti.
Il che è opportuno, perché la via della autoregolazione è di solito preferibile alla legge in queste materie. Ma il Governo ha anche avvertito che un intervento legislativo potrebbe essere necessario se le parti non fossero in grado di darsi buone regole e di farle funzionare. Cosi è stato finora, perché l’accordo inter-confederale del gennaio 2014 riguarda solo il settore industriale e non è ancora operativo. Tuttavia qualche intervento legislativo, sia pure indiretto, sul tema c’è già stato.
L’art. 51 del decreto 81 del 2015 attuativo del Jobs Act ha stabilito che le deleghe conferite dal legislatore ai contratti collettivi di regolare certe materie si intendono riferite, salvo indicazioni contrarie, ai contratti collettivi, sia nazionali sia decentrati. Il che significa che il legislatore riconosce ai contratti decentrati pari dignità ed efficacia di quelli nazionali. Si tratta di una novità significativa, perché valorizza il ruolo della contrattazione decentrata più di quanto sia stato fatto in passato. Un intervento diverso, ma che va nella stessa direzione di valorizzare la contrattazione decentrata e in generale di migliorare la qualità delle relazioni di lavoro nelle imprese, è contenuto nel disegno di legge di stabilità ora in discussione alle Camere.
Una prima disposizione di questo disegno di legge ripristina gli incentivi fiscali ai premi di produttività che erano stati interrotti per l’anno 2015 e che negli anni precedenti erano stati previsti in misura diversa con oscillazioni poco utili a un utilizzo programmato di questi premi. Inoltre, la legge di stabilità introduce due importanti novità che favoriscono un uso virtuoso della contrattazione aziendale. Anzitutto estende gli incentivi alle somme erogate in forma di partecipazione agli utili. È una forma poco usata in Italia ma diffusa in altri Paesi, perché è apprezzata sia per la semplicità e chiarezza dei parametri di riferimento, sia perché il legame delle erogazioni con gli utili aziendali riconosce concretamente la partecipazione dei lavoratori ai successi dell’impresa.
Anche i premi di produttività dovrebbero basarsi su parametri oggettivi e significativi del contributo dei lavoratori al buon andamento dell’azienda; ma non è stato così nella gran parte dei casi. La norma della legge finanziaria rinvia a un decreto interministeriale la fissazione dei criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità e innovazione utili per la fissazione dei premi. Sarebbe importante che le parti la prendessero sul serio nelle loro future contrattazioni. Il legame della partecipazione agli utili con le vicende aziendali è ulteriormente sottolineato dal fatto che la norma rafforza il vantaggio fiscale, entro il limite di importo complessivo di 2.500 euro, nel caso in cui le aziende coinvolgano i lavoratori nell’organizzazione del lavoro secondo le modalità che saranno specificate con lo stesso decreto interministeriale. Il riferimento non è casuale poiché questa forma partecipativa, in quanto lega parte della retribuzione dei dipendenti alle fortune aziendali, richiede un maggior coinvolgimento degli stessi dipendenti nelle vicende dell’impresa.
Questa è una scelta partecipativa che alcune aziende stanno compiendo anche in Italia, talora per decisione autonoma, altre volte d’intesa con i sindacati rappresentativi. La formula usata è per lo più la previsione di comitati paritetici fra azienda e rappresentanti sindacali abilitati a valutare insieme i problemi più rilevanti della vita aziendale. Il riferimento del disegno di legge di stabilità è all’organizzazione del lavoro, ma il termine è sufficientemente ampio per comprendere gran parte delle questioni di interesse per la produttività e per la qualità del lavoro in azienda, nonché per la vita quotidiana dei lavoratori.
Si tratta di una sorta di via italiana alla partecipazione dei lavoratori in azienda, non stabilita per legge, come ad esempio in Germania, ma definita consensualmente e sostenuta dallo Stato con incentivi fiscali. Alcuni accordi partecipativi di questo tipo sono stati conclusi di recente, con la firma di tutti i sindacati, in aziende emiliane e del Nord Est (Ducati, Lamborghini, Luxottica), alcune partecipate da capitale straniero, in particolare tedesco.
La seconda novità della legge di stabilità riguarda la valorizzazione del welfare aziendale. La norma ne rende più agevole e sicura la diffusione, superando le incertezze derivanti da interpretazioni alquanto restrittive della Agenzia delle Entrate, circa il diritto alle agevolazioni fiscali. Anzitutto la nuova disposizione rende possibile e fiscalmente conveniente la erogazione delle varie forme di welfare fatte in esecuzione di accordi aziendali e territoriali. Finora le agevolazioni fiscali per alcune di tali forme erano condizionate alla loro volontarietà: una condizione tanto incongrua e vetusta, quanto passibile di elusione.
In secondo luogo la norma prevede che le agevolazioni fiscali siano ammesse anche quando, per scelta del lavoratore, i benefit del welfare aziendale siano attribuiti in sostituzione dei premi di produttività e della partecipazione agli utili. Questo amplia le possibilità di scelta per il lavoratore, che può preferire di ricevere servizi di welfare piuttosto che compensi in denaro, perché i primi possono avere per sé e per la sua famiglia un maggiore valore di uso dei secondi, che oltretutto sono anche fiscalmente meno convenienti.
La norma facilita l’adozione e la diffusione del welfare, che oggi è ancora limitato ad alcune grandi aziende. Essa permette di modulare il tipo di erogazione a seconda delle condizioni oggettive della azienda, che può indirizzare sul welfare in tutto o in parte risorse altrimenti impiegate nei premi, oppure può impegnare nel welfare risorse nuove. Questa modulazione può venire incontro anche ai bisogni dei lavoratori, che possono preferire soluzioni miste di denaro e welfare. In definitiva, queste norme del disegno di legge di stabilità hanno un significato comune: ampliano le opportunità per le parti sociali di fare buoni accordi in azienda, accordi che non si limitino, come talora accade in questi periodi di crisi, a ridurre i danni e i sacrifici dei contraenti, ma che siano utili a entrambi, al benessere dei lavoratori e alla competitività aziendale.
Gli istituti incentivati dalla legge di stabilità, premi di produttività, partecipazione agli utili, servizi di welfare, costituiscono altrettanti contenuti innovativi per il futuro delle relazioni contrattuali in azienda. Inoltre la diffusione di questi accordi servirebbe a migliorare in senso partecipativo il clima delle nostre relazioni di lavoro.
Un orientamento più partecipativo e meno conflittuale è oggi più che mai necessario per cogliere gli incipienti segnali di ripresa. Spetta alle parti, anche in vista dei prossimi rinnovi contrattuali, utilizzare nel modo migliore tutte le opportunità offerte dalla legge di stabilità, sia ora commentate, sia i rinnovati incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato.
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