Rapporto sull’attuazione della convenzione ONU
Il 6 ottobre scorso è stato presentato a Roma, nel Centro convegni della Banca d’Italia, il Rapporto sullo stato di attuazione da parte dell’Italia della Convenzione Onu contro la corruzione. Si tratta della convenzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003, aperta alla firma a Merida in Messico dal 9 all’11 dicembre dello stesso anno, ed entrata in vigore in campo internazionale il 14 dicembre 2005. Ci son voluti sei anni prima che intervenisse la ratifica da parte del Parlamento italiano avvenuta con la legge 116 del 2009.
Il Rapporto, frutto di una procedura messa a punto durante la terza sessione della Conferenza degli Stati, parte denominata «Meccanismo per la revisione dell’adeguamento della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione». Si tratta di un particolare meccanismo di controllo circa l’adattamento degli ordinamenti nazionali degli obblighi previsti dalla Convenzione, fondato sulla revisione reciproca o valutazione paritaria tra Stati, meglio nota con il termine inglese di «peer rewiew».
Nel caso dell’Italia, il compito di controllare il livello di attuazione della Convenzione è stato affidato al Kazakhstan e al Liechtenstein: esso si è sostanziato in un lungo e articolato processo di verifica della nostra legislazione e del complessivo funzionamento degli strumenti sanzionatori, nonché dei meccanismi di cooperazione giudiziaria internazionale adottati dal nostro Paese, vigenti fino al 2013. Il risultato finale è stato pubblicato nella primavera scorsa dal Segretariato di Unodc (Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e al crimine), organo del Segretariato delle Nazioni Unite, al quale è stato affidato il compito di assistere i Governi nell’azione di contrasto del traffico illecito di sostanze stupefacenti, del crimine e, in particolare, del terrorismo e della corruzione.
Nel suo indirizzo di saluto, il Governatore Ignazio Visco ha rilevato che il tema della corruzione e in generale della criminalità economica e finanziaria vede la Banca d’Italia attenta e attivamente impegnata, nella consapevolezza degli effetti negativi che dalla sua diffusione discendono per le possibilità di sviluppo economico, il benessere collettivo, la stessa stabilità finanziaria. Egli ha sottolineato come il meccanismo delle peer reviews sia assai più efficace della costruzione di graduatorie, spesso proposte anche dalle organizzazioni internazionali per la valutazione dei risultati conseguiti. Tale meccanismo consente, infatti, confronti qualitativi approfonditi, la contestualizzazione delle risposte istituzionali rispetto alle caratteristiche dei diversi Paesi, l’individuazione dei percorsi di adeguamento più efficaci.
Secondo Visco, per l’Italia l’adesione al Greco (il Gruppo di Stati contro la Corruzione), alla Convenzione Ocse contro la corruzione dei pubblici ufficiali stranieri e al Working Group on Bribery che ne valuta l’attuazione, e la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite, sono stati passaggi fondamentali nel sollecitare negli ultimi anni l’adeguamento del nostro ordinamento e del complessivo contesto istituzionale alle migliori prassi internazionali.
Il Rapporto, ha sottolineato il Governatore, offre un quadro nel complesso positivo rispetto al percorso realizzato dal nostro Paese negli ultimi anni, esprimendo valutazioni favorevoli anche sul ruolo svolto dalla Banca d’Italia e dalla Uif (Unità di Informazione Finanziaria) sul piano del contrasto al riciclaggio. E tuttavia l’Italia continua a soffrire di una percezione assai negativa in materia di corruzione. Gli indicatori appena rilasciati dalla Banca Mondiale sulla governance dei Paesi (World Governance Indicators), relativi al 2014, mostrano ancora, con riferimento alla componente «controllo della corruzione», un arretramento, ancorché lieve. Anche se è presumibile che non tengano ancora conto dei più recenti interventi legislativi, questi indicatori, ha precisato Visco, segnalano come la valutazione del nostro sistema da parte di alcuni osservatori «privilegiati» resti tuttora negativa. Secondo lui è necessario che ai progressi effettivi realizzati in questi anni nella lotta alla corruzione e agli ulteriori interventi pure sollecitati nel Rapporto si associno, da un lato, uno sforzo di elaborazione di indicatori il più possibile ancorati ad evidenze oggettive piuttosto che unicamente legati alle percezioni, dall’altro, che migliori la capacità di comunicare e valorizzare i progressi ottenuti, anche sul piano internazionale oltre che su quello interno.
Dei progressi conseguiti nella lotta contro la corruzione ha parlato anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, fornendo un quadro aggiornato delle novità introdotte nella legislazione dopo il 2013. Il ministro, dopo aver ricordato che la lotta alla corruzione non costituisce soltanto un dovere ineludibile per rispetto di quei principi di legalità e di giustizia che sono a fondamento della Costituzione, ma anche un interesse obiettivo da promuovere in considerazione dei benefici che lo svolgimento delle attività economiche e sociali nell’ordinato rispetto della legge arreca alla collettività, ha rilevato con soddisfazione come dal Rapporto emerga che l’Italia, sia sotto il profilo legislativo, giudiziario e amministrativo, sia sul versante della cooperazione internazionale, ha dimostrato di dare piena attuazione alle disposizioni della convenzione.
A parte i progressi conseguiti con la legge 190 del 2012 (la cosiddetta legge Severino), recante «disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione», a cui il Rapporto dà un particolare risalto, il ministro ha ricordato quelli successivi ottenuti con la legge 62 del 2014, che ha riformulato il delitto di scambio elettorale politico-mafioso previsto dall’art. 416 ter del Codice penale, spiegando come la nuova configurazione di tale reato renda più efficace la lotta alla corruzione in quanto prevede la punibilità anche in quei casi, di gran lunga più frequenti, in cui in cambio dell’appoggio elettorale da parte dell’organizzazione criminale, il politico promette o elargisce utilità diverse dal denaro, per esempio intercessioni finalizzate all’aggiudicazione di appalti o concessioni pubbliche in capo ad imprese legate all’associazione mafiosa.
Altra novità di rilievo è il delitto di autoriciclaggio, previsto dall’articolo 648-ter-1 del Codice penale, introdotto con la legge 186 del 2014, entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno. Orlando ha ricordato anche la recente approvazione della legge 69 del 2015, che ha elevato le pene per alcuni importanti delitti contro la Pubblica Amministrazione, quali il peculato, la corruzione propria e impropria, la corruzione in atti giudiziari, l’induzione indebita a dare o promettere utilità. «Con questa legge–ha spiegato–lo Stato punta a contrastare la corruzione non solo tramite la sanzione penale, ma anche adottando misure restitutorie ed espellendo il corrotto dalla Pubblica Amministrazione, sia mediante il divieto di contrarre con essa, sia mediante l’estinzione del rapporto di pubblico impiego».
La legge mutua peraltro la strategia che ha già dimostrato la sua efficacia nella lotta alla mafia, introducendo con il nuovo comma 2 dell’articolo 323 bis Codice penale, speciali attenuanti per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità. Essa, infine, rivitalizza il reato di falso in bilancio e nelle comunicazioni sociali, comunemente considerati tipici reati-spia, la cui scoperta è funzionale al disvelamento delle risorse nascoste dall’impresa per destinarle ad attività di corruzione o di riciclaggio dei profitti illeciti di ogni genere.
Un’altra tappa importante nel rafforzamento del contrasto alla corruzione, ricordata dal Ministro nel suo intervento, è rappresentata dall’introduzione nel codice penale di un nuovo titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente avvenuta con la legge 68 del 2015. Si tratta di una legge che nel definire i nuovi delitti di inquinamento e disastro ambientale, considera il ruolo decisivo che, nella realizzazione di questi crimini giocano le collusioni prezzolate tra imprenditori spregiudicati e pubblici agenti preposti a compiti di controllo e protezione ambientale.
Un’ulteriore tappa è rappresentata dal decreto, varato di recente, che fissa un tetto ai compensi per gli amministratori giudiziari di beni sequestrati. L’obiettivo non è solo il contenimento dei compensi liquidati, ma una maggiore trasparenza nell’affidamento degli incarichi di amministratore giudiziario. Trasparenza e rotazione degli incarichi, ha assicurato il ministro, saranno previsti nell’ambito della più complessiva riforma dell’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Nella stessa direzione va anche la delega al Governo per la compilazione di un unico testo normativo che sostituisca il Codice degli appalti pubblici e coordini e semplifichi tutte le altre norme in materia di appalti pubblici, in conformità alle direttive europee in materia.
Concludendo il ministro ha ricordato l’iniziativa italiana di assumere la presidenza della Conferenza ministeriale Ocse per il contrasto alla corruzione, in programma a Parigi il 16 marzo 2016, che costituisce un segno della sensibilità riservata dal nostro Paese alle politiche di integrità. Non è mancato, in chiusura, il ringraziamento agli autori del Rapporto per aver messo a disposizione del Parlamento e dell’opinione pubblica uno strumento utile per misurare e valutare i progressi compiuti in una sfera in cui l’attenzione non è mai abbastanza alta.
Un giudizio positivo sul Rapporto è venuto anche dal presidente dell’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), Raffaele Cantone, il quale ha parlato di «conclusioni favorevoli per il nostro Paese», sottolineando come sul piano della disciplina legislativa, nonché del funzionamento complessivo degli apparati giudiziari e amministrativi coinvolti nel contrasto alla corruzione, l’Italia venga considerata nel Rapporto largamente in linea con le disposizioni della Convenzione. In particolare, il Rapporto esprime un giudizio positivo a proposito della scelta del Parlamento italiano, in linea con l’articolo 6 della Convenzione, di istituire un organismo dotato di tutte le caratteristiche di autorità indipendente come l’Anac, che dall’aprile 2014 è accreditata nella Directory dell’Unodc.
Così non meraviglia affatto che essa sia stata consultata nel corso dell’esercizio di verifica, offrendo il proprio contributo alla valutazione del sistema italiano avente per oggetto alcuni specifici temi che sono stati riassunti sinteticamente durante l’intervento del suo presidente, come ad esempio la disciplina sulle misure interdittive nei confronti del pubblico ufficiale condannato per reati di corruzione, misure che si concretizzano in sanzioni disciplinari nei confronti del pubblico ufficiale anche attraverso le regole poste dal Codice di comportamento. Sul punto l’Anac - ha svelato Cantone - ha efficacemente illustrato il legame stabilito dal Piano nazionale Anticorruzione tra sanzioni disciplinari e reati di corruzione.
Altro esempio è rappresentato dalla disciplina, contenuta nella legge 190 del 2012 surrichiamata, che tutela il dipendente pubblico che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro. In Italia c’è chi li chiama «delatori» o «gola profonda» e guarda con sospetto alle loro denunce. Ma negli Usa è grazie ai «whistleblowers», persone che segnalano in modo riservato alle autorità illeciti di cui sono testimoni, che il Governo recupera ogni anno l’85 per cento delle somme oggetto di frodi, con una media di sei miliardi di dollari all’anno.
Al di là degli aspetti positivi, il Rapporto evidenzia tuttavia anche lacune normative ed organizzative, come la mancanza di dati statistici relativamente alle sospensioni e alle interdizioni disciplinari inflitte dalle Amministrazioni Pubbliche in seguito a casi di corruzione, ovvero la mancanza di dati e di informazioni statistiche sulle richieste di assistenza giudiziaria e le estradizioni attive e passive per tali reati veicolate dal Ministero della Giustizia, quale Autorità centrale ai sensi della Convenzione.
Significativa nel Rapporto è anche la raccomandazione di rafforzare il coordinamento investigativo tra le Forze di polizia e tra i diversi uffici del Pubblico Ministero al fine di evitare rischi di sovrapposizioni investigative nelle indagini in materia di corruzione.
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