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CHI NON VUOLE CHE IL CENTRO DI ROMA DIVENTI UNA VERA CITY, CON AFFARI, GIUSTIZIA, CULTURA, ALTA ECONOMIA?

Un tratto di Via del Tritone a Roma. In fondo  è visibile un lato del Palazzo Chigi, sede della Presidenza  del Consiglio dei Ministri. In fondo, in alto, è visibile il Torrino  del Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati

Si tratta di una piazza, o meglio di una piazzetta, perché occupa una superficie non immensa, ma è raggiungibilissima e collegata al resto della città da una specie di raggiera costituita da una decina di strade, alcune di notevole portata come Via del Tritone e Via Vittorio Veneto, altre ideali per il transito dei mezzi minori, più numerosi e frequenti. Quest’ area cittadina costituisce proprio il centro per antonomasia della città, e non è lontana dal Tevere, soprattutto dalla riva del fiume ove la leggenda o la storia racconta che furono rinvenuti abbandonati i due gemelli Romolo e Remo ossia i fondatori del primo nucleo storico abitato della città. Lontana è oggi l’immagine di qualche prosperosa Lupa o Rea Silvia, fiumarola o vignarola che avrebbe ritrovato i due gemelli sulle rive erbose. Lontane sono le immagini di fronzuti pioppi o platani centenari, niente più bucoliche vallette popolate da qualche burino con il gregge di pecore, capre, vitelli o porci. Oggi la zona è fittamente costruita, vi sorgono infatti edifici eretti appunto a raggiera, per cui alcuni hanno un lato tondo, costruiti per lo più a cavallo dei secoli 1800 e 1900, dopo la presa di Roma da parte dei piemontesi. I quali, impossessatisi del Quirinale per darlo in residenza al Re, lo circondarono di palazzi e palazzetti, per alloggiare nei primi gli alti funzionari ministeriali e negli altri il personale più modesto, di servizio.
Visto oggi, il Largo Tritone, così chiamato perché prossimo alla fontana che il cavalier Gian Lorenzo Bernini eresse in Piazza Barberini, sovrastata dalla statua rappresentante Tritone, il dio del mare, che soffia nella buccina facendole lanciare verso il cielo rigogliosi sbuffi di acqua. Il luogo fu via via popolato dopo il 1870, cioè dopo il trasferimento a Roma da Firenze delle funzioni di capitale del Regno. La ristrutturazione di quell’area cittadina continuò per buona parte del 1900, nonostante la prima grande guerra mondiale.
In tale ultimo secolo vi sono state costruite la Via del Tritone e la Via Leonida Bissolati, dedicata quest’ultima al politico, giornalista e direttore dell’Avanti! scomparso nel maggio 1920 a Roma. Oggi questa zona centralissima è a ridosso delle altre due non meno celebri e pregiate, gravitanti su altrettante e stupende fontane, «la Barcaccia» di Piazza di Spagna e la Fontana di Trevi così chiamata perché dominante un antico «Trivio».
Ma gli attuali governanti e amministratori, si chiedono i romani più anziani soprattutto i vecchi cosiddetti romani de Roma, quale immagine dell’attuale gestione della Roma politica e amministrativa lasceranno ai giovani? Nei secoli il potere politico a Roma si è sempre individuato nello stile urbanistico ed architettonico realizzatovi. Abitanti, immigrati, pellegrini e turisti conoscono Roma e l’Italia grazie a monumenti, opere d’arte, libri di storia. E solitamente si pensa che l’aspetto e l’assetto urbanistico-architettonico, anche quello più vincolato, sia difeso, immobile, fermo, cristallizzato; che le antichità restino sempre uguali; che gli edifici più antichi siano, oltreché intoccabili, anche immutabili e soprattutto rispettati. L’ho scritto e lo ripeto: non è vero assolutamente, non bisogna fidarsi neppure dei più severi cosiddetti difensori, tutori, custodi, guardiani, garanti di tali beni. Spesso si scopre che i primi a violare le leggi in materia sono proprio coloro sui quali grava la responsabilità di difenderli e, in primis, i dirigenti e funzionari del Ministero dei Beni culturali.
Soprattutto politici e dirigenti pubblici dovrebbero brillare per attivismo, iniziative e sensibilità; dovrebbero innanzitutto rileggersi l’articolo del codice dei beni culturali entrato in vigore nel 2004; articolo che prevede il rilascio del «silenzio-assenso» o semplicemente «assenso» sulle domande di nulla osta per realizzare costruzioni ed opere su beni e in zone vincolate. Stabilisce l’articolo che le domande di cittadini e operatori vanno presentate ai comuni che le affidano, per il parere, a qualche sprovveduto pseudo-architetto di paese delegato ad emanare giudizi tanto delicati ed impegnativi.
Una volta emesso da un architetto squattrinato, un parere su un progetto di costruzione o su un’opera vincolata, il Comune lo invia alla competente Sovrintendenza che ha pochi dipendenti e soprattutto pochi giorni di tempo per esaminarlo, approvarlo, confermarlo o per annullarlo. Se l’Ufficio non risponde affatto, come spesso avviene, il parere positivo viene automaticamente confermato. E vengono così autorizzati scempi di territorio, di ambiente, di beni culturali, di prospetti e panorami, non di rado con vantaggi materiali diretti per chi fa parte della filiera, che è costituita da amministratori locali, funzionari delle Sovrintendenze, architetti di oscurissimi uffici tecnici comunali, imprenditori del mattone e del cemento: tutta gente che «tiene famiglia». Figuriamoci quante famiglie ha l’eliminazione di vincoli magari imposti proprio per creare tante opportunità future di lavoro e di crescita delle famiglie per chi riuscirà in tal modo ad estirpare tanti inutili, anzi utilissimi vincoli.
Recentemente, assunta la carica di ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini ha avviato subito una riforma del settore contenente iniziative positive ed attese dal mondo della cultura. Ma la famigerata norma - l’articolo 176 numero 42 del codice dei beni culturali - è tuttora immutata, ad uso di tutte le scorribande di gruppi imprenditoriali grandi e piccoli, irrispettosi delle norme, insensibili verso le bellezze e i pregi culturali e ambientali del Paese. Nonostante la crisi economica, politici e tecnici cercano di far credere alla gente che la ripresa si sia avviata, e che quindi sia possibile investire, anche in zone e su opere vincolate. Tutte «rose e fiori», ma in realtà finora non si è mosso nulla, è avvenuta solo la mobilitazione di trombettieri a servizio di politici e burocrati.
All’inizio della scorsa primavera, nel cuore di Roma, dove comincia l’attività politica e amministrativa ai massimi livelli, dove si diparte la trionfale parata degli edifici umbertini del primo 900, nella Via del Tritone che comincia dall’attuale Palazzo Chigi, sede del Governo, è apparso qualcosa che ha fatto stupire e credere al miracolo i pochi abitanti rimasti nella zona, espropriata quasi interamente da politici e burocrati; inspiegabilmente si assisteva, forse casualmente o miracolosamente ad ingiustificate trasmissioni televisive su miracoli veri. Sembrava proprio tornata l’Italia del dopoguerra, con il prodigio delle Tre Fontane, località prossima al quartiere Eur a Roma; o con le «Madonnine piangenti» di Civitavecchia, cittadina dove pure si sarebbero verificati dei miracoli; e, sempre in tv, la vicenda di Santa Maria Goretti.
Oggi si è in attesa dell’apertura della nuova Rinascente e della restituzione ai romani della Galleria Due Macelli, che collegava Via del Tritone con Via Due Macelli attraverso il grande edificio dell’Ina. Gli abitanti auspicano che tutta la zona sia sottratta al buio e alla tristezza in cui era caduto tutto il centro storico a causa della crescita della nuova Roma politica, amministrativa e impiegatizia formatasi dagli anni 60 in poi; e per di più per il degrado dovuto a rifiuti urbani, assenza di manutenzione stradale, scomparsa di decoro cittadino, abusi edilizi ed urbanistici impunemente compiuti, ma conosciuti e tollerati dalle autorità incaricate di sovrintendere a questi compiti. A causa della scomparsa delle grandi pareti vetrate dell’edificio della vecchia sede della «Rinascente», e in attesa della nuova struttura sostitutiva, la minore illuminazione aggiungeva una nota di squallore e di tristezza a tutta Via del Tritone e agli omonimi e adiacenti Largo Chigi e Palazzo Chigi, sede del Governo. Cioè alla parte più nevralgica di Roma buro-politica.
Per cui il giorno della scorsa primavera, quando alcune maxi-vetrine di grandi negozi esistenti lungo queste strade si illuminarono abbagliando i passanti, la zona sembrava tornare all’immediato dopoguerra, al boom delle luci al neon; insomma a quando, alla fine del XX secolo, sullo sfarzo e sull’eleganza delle vetrine casalinghe dell’epoca prevalse la febbre degli ultimi manovali i quali, arricchitisi e assunta la patente di grandi imprenditori, circolavano nelle stradine del Centro sprofondati nei cuscinoni di auto americane nelle quali lentamente circolavano enormi, bombate Cadillac, Buick, Chevrolet, Corsair, Dodge. Che con le loro ingiustificate escrescenze intasavano le nostre viuzze centrali e periferiche ma intransitabili trasformando in vespai umani gli ultimi «orticelli di guerra» e in immaginarie stelle comete i principali percorsi cittadini.
Roma, infatti, già non era più la stessa a causa del grande capitale bassamente commerciale che stava da anni erodendo la parte migliore del Centro Storico, cambiando le destinazioni di uso dei più grandi e pregiati edifici, coprendo terrazzi, solai e tetti con i pesanti, giganteschi macchinari entrati nell’uso e nella moda e sempre più frequentemente usati per la produzione di freddo e di aria condizionata, indicata poi con altri nomi per nasconderne la nocività per la salute umana. Dopo l’«aria condizionata» arrivavano la «climatizzazione ambientale», il «raffrescamento», fattori non tanto diversi nel causare l’insorgenza e la cronicizzazione di malattie reumatiche e di affezioni dell’apparato respiratorio. Questo è avvenuto senza che gli addetti del Ministero della Salute, delle Asl e degli altri organismi competenti intervenissero, pur essendo al corrente delle gravi conseguenze prodotte da queste trasformazioni sulla salute umana e sui conti delle Regioni.
Anzi poteva accadere che, invece di essere inquisiti per abusi ed omissioni, i responsabili dei settori pubblici che consentivano la realizzazione di questi tecno-suk su terrazzi e lastrici solari vincolati, venissero premiati. Questo è avvenuto, ad esempio, proprio nel caso di uno dei più centrali e artistici edifici di Via del Tritone, che avrebbe potuto costituire la base per adibire quest’area a «city», cioè a centro delle attività finanziarie, bancarie e commerciali di Roma. Invece, con l’acquiescenza degli organi del Ministero dei Beni culturali, il palazzo ha dovuto ospitare, appena ristrutturato e restaurato, uffici e laboratori di una famosa «maison» commerciale, del più ricco artigianato romano anzi italiano, specializzato nella produzione del lusso e nel glamour. Ciò è avvenuto proprio in seguito alle trasformazioni di tali edifici di Via del Tritone e dintorni, e all’apposizione sui terrazzi di mastodontici impianti di raffreddamento, che hanno coperto il panorama di Trinità dei Monti ad altri adiacenti edifici situati in via Rasella, Via del Boccaccio, Via degli Avignonesi ecc.
Gli abitanti di queste strade fecero ricorso al Tribunale di Roma che nominò il proprio consulente tecnico di ufficio nella persona addirittura della presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Roma, Alma Cappiello. La quale riconobbe, concordando con il CTP cioè con il consulente tecnico di parte dei ricorrenti, l’esimio prof. arch. Mario Docci, che nell’edificio erano stati compiuti vari abusi edilizi che avrebbero dovuto essere eliminati. Ma, quando il giudice si accinse ad emanare una sentenza prevedibilmente in tal senso, fu trasferito e il suo sostituto, una donna, accolse le tesi dei legali dei Bulgari e dei Pirelli e respinse la richiesta dei ricorrenti.
Vari spostamenti intanto vennero compiuti in tutta la filiera buro-processuale, cioè sostituzioni, promozioni, spostamenti dei protagonisti di questa vicenda. E strane motivazioni e spiegazioni furono fornite dai Vigili Urbani alle parti lese; sparirono dagli uffici competenti alcuni verbali; la sovrintendente ai Beni architettonici della zona per l’area di Piazza Barberini, Via Veneto, Via Sistina, Via del Tritone, fu promossa direttore regionale; proprio lei, pochi mesi prima, aveva emanato una circolare per vietare l’installazione di gigantesche attrezzature sui terrazzi e sulle facciate del Centro Storico. Ma di chi è questo edificio, «campione» negli abusi nella centralissima zona?
Al momento degli illeciti la proprietà era della Pirelli Estate, società Immobiliare del Gruppo Pirelli che dapprima costituì il Fondo Tecla, ribattezzato in seguito come Fondo Prelios-Società di Gestione del Risparmio spa, di cui erano azionisti lo stesso Gruppo Pirelli e il gioielliere romano Gianni Bulgari attraverso il proprio Gruppo Bulgari Parfum salvo altri. In questi ultimi anni l’edificio è stato adibito ad uffici della società Bulgari Parfum, mentre tutti i negozi a piano terra su Via del Tritone sono stati adibiti ad uffici non accessibili al pubblico. Solo alla fine della scorsa estate sono stati svuotati presumibilmente per ridedicarli a negozi o a qualche misterioso uso, mentre gli uffici sono stati riportati sul Lungotevere, nella precedente sede della Bulgari Parfum. Tutto però avveniva nel massimo silenzio.
Comunque non sono stati eliminati i mostruosi apparecchi che deturpano il panorama del Centro storico e costituiscono gli abusi riconosciuti dalla CTU ing. Cappiello. Insomma sulla terrazza di copertura dell’edificio ex Pirelli Re fino al 2006 non era presente alcun tipo di impianto tecnico; sulla terrazza di copertura ora sono stati installati numerosi e consistenti impianti tecnologici i quali, tra l’altro, non erano stati neppure graficizzati nei progetti Dia. Lo stesso CTU ha constatato che le opere impiantistiche sono state eseguite alterando lo status «quo ante» dell’edificio. Ne deriva che tutte le opere realizzate sul terrazzo di copertura sarebbero nuove, abusive e prive di regolare autorizzazione. Inoltre è risultato che «sulla terrazza di copertura è stata installata una piattaforma in elementi grigliati metallici componibili sostenuti da piedini alti circa 20 cm. che consentono il camminamento, in condizioni di sicurezza, al personale addetto alle operazioni di manutenzione».
Alcuni abusi eseguiti e rilevati dallo stesso CTU: relativamente alla sopraelevazione dell’unico originario volume tecnico che ancora insiste sul piano copertura, quest’ultimo è coperto con falda spiovente verso la Via del Tritone (fronte Via degli Avignonesi); lo stesso volume emerge dal filo superiore della soglia del parapetto della terrazza per un’altezza di circa 1,50 metri lineari. In sede di sopralluogo è stato accertato che, partendo dall’estremo destro del fronte su Via degli Avignonesi, sulla terrazza di copertura sono state installate le seguenti componenti di impianto termico e di condizionamento a servizio del fabbricato ristrutturato: 2 caldaie alte ben 2,24 metri dal pavimento della terrazza; un gruppo frigorifero alto ben 2,42 metri dal pavimento della terrazza; una unità termica autonoma alta metri 2,30; un ventilatore alto 1,94 metri e 2 gruppi frigoriferi alti 2,60 metri dalla terrazza dal pavimento della terrazza. Misure fuori qualunque regola.
Secondo il CTU, «sulla terrazza a livello del VI piano è installata una scala a chiocciola che conduce al locale torrino posto alla sommità del vano scala. Da tale locale, salendo due gradini si accede quindi alla terrazza di copertura del fabbricato». Questa descrizione va rettificata perché gli abusi commessi sono ancor più gravi dal momento che la scala a chiocciola in foto del 1991 chiaramente non era presente; la scala a chiocciola è di nuova realizzazione, sul torrino del vano scale è stata aperta la porta che consente dal pianerottolo di entrare nel vano scale e alla terrazza. Inoltre il CTU non descrive gli impianti presenti su uno dei terrazzi del 6 piano e non precisa che il ripristino dello stato dei luoghi deve riguardare anche la terrazza di copertura com’ era prima degli interventi dell’ex Pirelli Re; pertanto, occorre rimuovere tutti gli impianti tecnici e le canalizzazioni poste sul terrazzo di copertura e del quinto piano, tutti i serbatoi posti sugli altri e le pannellature e i grigliati aggiunti durante i lavori. Le immagini allegate agli atti ed in particolare quella pubblicata sull’Atlante di Roma dalla Marsilio Editori per conto del Comune di Roma, mostrano senza equivoci che in quegli anni vi erano solo tre volumi, che occupavano in termini di visuale, rispetto all’intero fronte dell’edificio, una lunghezza che non superava il 40 per cento del totale.
Circostanze che «tra il 2006 e il 2009 l’immobile di Via del Tritone n. 142 è stato oggetto di un’articolata serie di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e di risanamento conservativo, finalizzati al recupero della sua piena funzionalità, alla risistemazione delle facciate e, più in generale, all’adeguamento dell’immobile stesso alle esigenze del soggetto locatario (Bulgari). Gli interventi lamentati sul piano di copertura sono stati tutti realizzati, a partire dal 12 febbraio 2009, nello stabile in oggetto». Oltreché locatario dell’intero edificio di Via del Tritone 142, il gioielliere Paolo Bulgari è stato azionista della Pirelli Re, poi della Tecla ed infine delle Prelios.
Divenuto affittuario dell’intero edificio, l’ha adibito ad una delle proprie attività ma la proprietà, continuando con i metodi praticati dal Gruppo Pirelli Re, ha trasformato la destinazione di uso di tutti i negozi dalle grandi vetrine esistenti lungo un lato di Via del Tritone in uffici per i propri dipendenti, presentando a passanti e turisti un lungo tratto di strada inanimato ed anonimo. A fine 2014 ha liberato, facendoli trasferire in altro locale, i gestori di due locali destinati a bar da vari anni ed ha condotto una lunga battaglia giudiziaria per sfrattare uno degli ultimi negozi romani d’epoca, la famosa «Camiceria Bazzocchi», sorta nel 1911, fedelissima esecutrice di camicie dal collo basso eseguite su misura e fornitrice dell’attore americano Burt Lancaster, che le ordinava nei suoi frequenti soggiorni romani.
Dopo la ristrutturazione dell’edificio e i lavori sul terrazzo, il Gruppo Bulgari Italia spa hanno trasferito in questi anni in esso un ramo delle loro attività, esattamente il Gruppo Bulgari Parfums. In definitiva sono stati proprio i rappresentanti della ex Pirelli Re, trasformata però in Prelios Società di Gestione del Risparmio Spa ad affermare che ai due volumi tecnici preesistenti ne sono stati aggiunti altri tre: «Nello specifico, la sostituzione di due volumi tecnici preesistenti e l’aggiunta di tre ulteriori macchinari. E sul carattere illegittimo ed abusivo delle opere oggetto di causa è ancora essa a confermare la mancanza di validi titoli autorizzativi riferendo che le opere sono state realizzate sulla scorta di semplici Dia e che quest’ ultime sono state contestate dal Comune di Roma, stante il carattere abusivo degli interventi. In particolare nella stessa Dia del 2009 richiamata dal CTU, la società convenuta riferisce della demolizione di due dei tre volumi esistenti; il che conferma che sulla terrazza oggetto della suddetta causa non esistevano 4 volumi».
Le foto e le note depositate in giudizio dal Consulente di parte prof. arch. Docci «non lasciano invece dubbi sulle opere mastodontiche, appariscenti e di enorme impatto visivo poste in essere da essa Prelios. Né vale a giustificare tale illegittimo ed arbitrario intervento l’interesse economico del locatario ovvero di essa società Bulgari Parfums Italia spa. Né vale ancora richiamare che l’immobile oggetto di causa, così come gli immobili ubicati in zona, non sarebbero oggetto di vincoli storico-paesaggistici: ci si dimentica del fatto che si discute di immobili situati nel pieno Centro Storico di Roma a due passi da monumenti di inestimabile valore quali: Fontana di Trevi, Palazzo e Galleria Colonna, Palazzo e Galleria Barberini, Fontana del Tritone, Palazzo della Consulta, il Quirinale, le Scuderie del Quirinale ecc.
Ma la stessa Via Rasella, ove sono ubicati gli immobili in proprietà dei ricorrenti, ha una propria storia con opere di scultori risalenti alla scuola del Bernini quale il Palazzo Grimani, conosciuto anche come Palazzo Tittoni dal nome del ministro che vi aveva abitato durante l’ultimo governo fascista, ma vi aveva abitato anche lo stesso capo del governo Benito Mussolini prima di trasferirsi a Villa Torlonia sulla Via Nomentana. Il Duce pranzava spesso nel ristorante «Dal Matriciano» al numero civico 137 di Via Rasella. In suo omaggio il gestore di quel ristorante fece riprodurre la sua maschia immagine su tutte le stoviglie.
Il Duce mangiava spesso in quella trattoria che era specializzata nei bucatini alla amatriciana; un giorno il gestore in suo omaggio gli fece trovare tutte le stoviglie con la riproduzione della sua immagine. Stoviglie oggi preziose ma introvabili, perché il 25 luglio 1943, giorno della caduta del Fascismo, finirono nella cantina del civico 139. Ma dopo qualche anno i successivi ristoratori, i fratelli Carosi, tutti specializzati nei bucatini all’amatriciana in quanto anche loro oriundi di Amatrice, li fecero sparire, forse gettare nel Tevere o nascondere meglio nell’edificio.
Dopo la Liberazione, Via Rasella fornì alloggi ad attori, ballerine e cantanti dei vicini Teatri Sistina di Via Sistina; di un altro teatro di rivista e caffè chantant poi soppiantato da una banca all’inizio di Via Francesco Crispi, del Teatro degli Indipendenti di Via degli Avignonesi, gestito da Anton Giulio Bragaglia e nel quale subito dopo la Liberazione il regista Roberto Rossellini girò il film «Roma città aperta» interpretato da Anna Magnani, Maria Michi, Aldo Fabrizi, Marcello Pagliero. Ma paradossalmente trovarono sede in quella strada ormai consacrata alla memoria delle vittime dello storico attentato del 23 marzo 1944, anche due partiti politici di estrema destra, in particolare il Partito monarchico italiano e il Movimento sociale italiano, o loro filiazioni. Ma ormai i bucatini alla amatriciana avevano «inghiottonito» o meglio ingolosito non solo il ministro del Tesoro Emilio Colombo e altro personaggi politici del dopoguerra; soprattutto se cucinati personalmente da una sorella dei ristoratori. La famiglia era di Amatrice, ovviamente.
A tutto ciò si aggiunga la triste pagina legata all’attentato compiuto contro i soldati tedeschi in Via Rasella il 23 marzo 1944 e l’eccidio per rappresaglia alle Fosse Ardeatine il giorno successivo, eventi che, con le circa 360 complessive, hanno contribuito a dare un proprio volto anche alla geografia e alla storia dei luoghi. Dall’inizio di questa vicenda gli ultimi interventi di Gruppi finanziari hanno ulteriormente danneggiato il decoro del centro storico di Roma. Il Gruppo Bulgari Parfums Italia spa non solo ha trasformato anche gli spazi commerciali lungo il piano stradale in uffici dalle serrande perennemente abbassate, diffondendo languore se non squallore in tutta la maestosa strada e nell’attigua Piazza Barberini. Al centro della quale la statua del dio Tritone, eseguita dallo scultore Gian Lorenzo Bernini, nel suo bianco travertino continua a sbuffare lanciando nugoli di acqua verso il cielo.

Tags: Ottobre 2015 Dario Franceschini Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Roma mussolini

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