Terrorismo, analisi dei servizi sulla minaccia eversiva interna
Nell’ultima relazione dei Servizi al Parlamento sulla politica dell’informazione per la sicurezza, nella parte dedicata alla minaccia eversiva interna si pone in evidenza il crescente attivismo degli anarco-insurrezionalisti all’interno del movimento No TAV. L’opposizione al progetto Alta Velocità rimane infatti centrale per le componenti anarco-insurrezionaliste movimentiste che, propense ad integrarsi nelle lotte territoriali e sociali per radicalizzare la protesta, hanno intensificato l’impegno propagandistico a sostegno degli attivisti No TAV, nel segno della mobilitazione permanente contro la repressione dello Stato.
A tale area, all’interno della quale sono emersi segnali di insofferenza e posizioni polemiche nei confronti di una condotta giudicata troppo «appiattita» su quella del movimento No TAV, è altresì riconducibile una serie di azioni compiute in solidarietà con gli attivisti inquisiti in varie regioni, a dimostrazione della diffusione raggiunta dalla protesta contro la repressione.
In particolare, all’area anarco-insurrezionalista sono attribuibili gli atti di sabotaggio ai danni delle linee dell’Alta Velocità di Milano-Torino, Milano-Firenze e Milano-Bologna, compiuti nei giorni successivi all’emissione della sentenza della Corte di Assise di Torino che, nello scorso dicembre, ha scagionato quattro militanti dall’accusa di associazione con finalità di terrorismo, condannandoli per i soli reati specifici di porto d’armi, danneggiamento seguito da incendio e violenza a pubblico ufficiale, compiuti in occasione di un assalto al cantiere TAV di Chiomonte nel maggio del 2013.
Si è trattato di azioni incendiarie realizzate con manufatti artigianali posizionati in punti nevralgici del traffico ferroviario, che hanno provocato rallentamenti e disagi alla circolazione evidenziando l’elevata esposizione delle vie di comunicazione a tecniche di attacco anche non particolarmente sofisticate.
Nel contempo si è intensificato il dibattito volto a rilanciare le progettualità d’area attraverso la ricerca di piani condivisi di lotta tra le varie componenti della FAI/FRI (Federazione anarchica informale - Fronte internazionale rivoluzionario), la cui nascita risale, come è noto, al 21 dicembre 2003 con la rivendicazione dell’esplosione avvenuta nei pressi della casa bolognese dell’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi.
Si tratta di un’organizzazione a struttura «orizzontale» a differenza di quella «verticistica» delle B.R., priva di meccanismi autoritari, associativi e burocratizzati, composta di vari gruppi di matrice anarchica, uniti in un patto federativo di mutuo appoggio, diretti a garantire l’anonimato e l’indipendenza dei gruppi e dei singoli che la compongono.
Il web rappresenta il punto di forza del marchio Fai/Fri, divenuto ormai un brand di riferimento a livello globale. Proprio grazie ad internet la Fai ha fatto conoscere le proprie idee e contemporaneamente è venuta a conoscenza delle attività di gruppi non italiani, con i quali si è trovata in sintonia sia per mezzi che per gli obiettivi preposti. Nel corso del 2014 sono stati diffusi in rete almeno 40 comunicati di rivendicazione di azioni compiute in 14 Paesi per lo più in Europa e in America Latina.
Al riguardo, nella relazione si segnalano i rapporti privilegiati tra gli informali italiani e gli omologhi greci della «Cospirazione delle Cellule di Fuoco», da ritenersi attualmente l’espressione Fai/Fri più «evoluta» dal punto di vista militare, e di particolare spessore sotto il profilo dell’elaborazione teorica. La diffusione dei comunicati di rivendicazione sul web, soprattutto dei greci della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, ha così aperto la strada alla costituzione di un Fronte rivoluzionario internazionale.
In questo contesto si colloca il nuovo progetto «Croce Nera Anarchica», diffuso sul web, ideato e avviato da anarchici detenuti, tra cui gli autori dell’attentato del 7 maggio 2012 a Genova contro Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare di Genova, Alfredo Cospito e Nicola Gai.
L’obiettivo è quello di ricompattare l’area intorno alla solidarietà rivoluzionaria nei confronti dei militanti detenuti in carcere, prefigurando una sorta di progetto offensivo aperto e flessibile che prevede libertà d’azione nella scelta degli obiettivi, nel modus operandi e nella stessa determinazione a rivendicare o meno l’azione medesima. Lo sviluppo del dibattito ha fatto però emergere la persistenza di divergenze destinate ad incidere sulla realizzazione di un fronte anarco-insurrezionalista unitario.
Tanto i sostenitori della Fai/Fri quanto i seguaci del filone ortodosso, pur accomunati dal rifiuto della cosiddetta linea movimentista, accusata di confondere e sfumare l’identità anarchica in un generico antagonismo, restano sostanzialmente ancorati ai rispettivi distinguo di principio e di metodo. In particolare, per gli informali resta centrale il valore della rivendicazione ai fini della riproducibilità dell’azione, mentre per gli ortodossi l’apertura alle multiformi pratiche d’azione, compresi gli attentati non rivendicati, si accompagna alla necessità che ogni azione sia preceduta da un’approfondita analisi del contesto in cui si svolge, al fine di individuare e colpire un obiettivo realmente rivoluzionario.
E tuttavia l’esistenza di tali divergenze non attutisce il rischio di una possibile ripresa delle azioni violente nel territorio nazionale da parte sia di quelli determinati a rilanciare il logo Fai/Fri, sia di quanti preferiscono l’anonimato, nella pratica di opposizione radicale al sistema, attraverso l’azione diretta nella sua accezione distruttiva. Gli obiettivi privilegiati restano gli appartenenti al comparto repressivo (Forze dell’ordine, magistratura, «carcerario»), al dominio tecnologico e alle nocività, ai poteri economico finanziari, ai media di regime. La solidarietà rivoluzionaria ai militanti in carcere continua a rappresentare un ideale connettore a livello internazionale. In questo contesto, possono essere presi di mira anche bersagli rappresentativi di Stati stranieri, specie quelli considerati particolarmente attivi nella repressione degli anarchici, di istituzioni internazionali nel territorio italiano, nonché obiettivi del nostro Paese all’estero.
Con riguardo al terrorismo brigatista, nella relazione si pone l’accento sui perduranti legami con gli «irriducibili» del circuito carcerario, tradizionali depositari dell’ortodossia ideologica, sottolineando che alcuni di essi, convinti delle favorevoli opportunità offerte dalla congiuntura economica, hanno elaborato documenti teorico-propagandistici che mirano a riproporre una lettura di classe delle più significative manifestazioni di protesta sociale in atto, incentrata sulla storica contrapposizione tra lavoro e capitale.
L’intento è quello di attualizzare la proposta rivoluzionaria, favorendo il passaggio delle lotte dal piano rivendicativo a quello di radicale sovvertimento dell’ordine costituito. In questo contesto desta una certa preoccupazione l’incessante attività di pubblicazione e divulgazione di interventi a favore della lotta armata, anche attraverso circuiti internazionali, da parte dei brigatisti «irriducibili» in carcere.
Quanto al frammentato ed eterogeneo panorama della destra radicale, esso non appare, secondo la nostra Intelligence, in grado di alimentare dinamiche che possano rappresentare una vera e propria minaccia eversiva o terroristica.