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Processo telematico: ecco il cartaceo «di cortesia»

maurizio de tilla presidente dell’associazione nazionale avvocati italiani

Ormai la quasi totalità dei giudici chiede ai difensori una copia cartacea imposta ipocritamente come di cortesia in quanto il processo è frequentemente «bifronte» e sempre più ambiguo. Il digitale doveva costituire una semplificazione delle attività processuali e si è invece rivelato una complicazione. L’Anai ha più volte denunciato che, sul piano strutturale, si è fatta una scelta costosa e di corto respiro. Le reti e i sistemi si sono rivelati piuttosto lenti; si riscontrano, inoltre, continue interruzioni dei servizi. E tutto avviene senza la dovuta informazione e senza l’attivazione di procedure di urgenza. Si è chiesta perentoriamente la previsione di sistemi di ridondanza e lo sviluppo di sistemi di «disaster recovery» che purtroppo mancano del tutto. Mancano un po’ dappertutto «sale server».
Le infrastrutture sono diffuse a macchia di leopardo sul territorio e la normativa vigente è spesso disapplicata, determinando così disuguaglianze nell’accesso alla giustizia. Il Tribunale di Velletri ha dichiarato inammissibili gli atti introduttivi inviati via telematica senza il decreto Dgsia (Direzione generale per i Sistemi informativi automatizzati). Altri Tribunali hanno avuto il decreto autorizzativo, ma non ne hanno dato puntuale informazione.
Nelle Corti di Appello, dove non c’è ancora il processo telematico e si decidono cause che hanno avuto in primo grado atti telematici, la situazione è disastrosa. Ed infatti l’entrata in vigore della cosiddette obbligatorietà del processo civile telematico in primo grado e, quindi, la progressiva creazione del fascicolo telematico pone, per il processo di appello, il problema relativo alla trasmissione alla Corte di merito dei fascicoli telematici.
Da un sondaggio effettuato dal Consiglio Superiore della Magistratura è risultato che su 116 uffici di primo grado, per più di 50 uffici la trasmissione non viene in alcun modo garantita, altri 39 trasmettono in forma cartacea, solo 32 uffici assolvono alle proprie funzioni. Ci si chiede, laddove il sistema non funziona, come i giudici di appello possono esaminare gli atti processuali e se - anche in questo caso - gli avvocati devono produrre gli atti in forma cartacea, magari fotocopiando (con le ricevute) gli atti inviati in primo grado in via telematica.
Il fantasma del cartaceo è diventato paradossalmente uno dei problemi fondamentali del processo telematico. In quasi tutti gli uffici si pretende la consegna informale di una copia cartacea di cortesia che avviene senza alcuna registrazione e talvolta in busta chiusa. Gli atti cartacei potrebbero, per altro, essere difformi dagli originali telematici. Ed i giudici, almeno quelli che non hanno dimestichezza con i computer e le consolle, si affidano molto alle copie cosiddette «di cortesia». Così si avvicendano decisioni particolari che andrebbero segnalate nel «Guinness dei primati» della giustizia.
Il Tribunale di Monza ha stabilito che il giudice potrà sempre richiedere agli avvocati, ove ne ravvisi la necessità, copia cartacea di cortesia e di documenti già depositati telematicamente. Di tale richiesta non dovrà essere fatta menzione a verbale. Il che equivale ad affermare che il deposito deve essere fatto «di nascosto» e senza alcuna garanzia formale.
Seguendo la linea opposta il Tribunale di Salerno ha invitato i difensori a depositare copia telematica (di cortesia), in formato Pdf nativo, del ricorso e della comparsa di costituzione.
Gli avvocati si devono, quindi, far carico di un duplice processo (telematico e cartaceo) anche in uffici giudiziari lontani dal proprio studio. Mentre i giudici lamentano motivazioni per rifiutare il processo telematico.
Tra le difficoltà riscontrate e strettamente connesse alla forte domanda di preservare la qualità del lavoro da parte dei magistrati, c’è la questione delle difficoltà di operare esclusivamente mediante lettura video alla consultazione di complessi atti e documenti, quando a ciò si deve provvedere con apparecchiature inefficienti ed obsolete (in più occasioni e contesti segnalati dai magistrati utenti del Processo civile telematico, o Pct). A ciò consegue che non è solo necessario garantire un’adeguata fornitura di beni e servizi ma occorre anche che essi siano costantemente efficienti ed adeguati al mutare delle esigenze tecnologiche.
Occorrono, quindi, non solo pc, scanner e video di dimensioni sufficienti ma anche stampanti veloci individuali, materiali di consumo ed apparecchiature necessari a meglio gestire l’udienza e le esigenze di lettura (come doppi monitor e tastiere aggiuntive). Da parte dei magistrati si segnala ancora la difficoltà nell’approvvigionamento e sostituzione delle smart card necessarie per accedere ai software per i magistrati ed alle funzionalità del Pct. Tra le richieste compiute il CSM ha rilevato la necessità di garantire un’adeguata ed immediata diffusione di tutti i software di maggiore impiego, la fornitura di personal computer già preinstallati ed in grado di essere immediatamente operativi.
Inoltre: a) l’interfaccia realizzata per compiere le estrazioni statistiche (e disponibile dalla consolle del magistrato - cd e cruscotto del magistrato) non appare di facile ed intuitivo uso né risulta sufficientemente testato, diffuso ed evoluto l’impiego; b) la gestione e il ricorso a documenti telematici richiede una capillare diffusione di software aggiuntivi come, ad esempio Dragon, Pdf, Wiewer ecc. che possono agevolare il complesso lavoro del giudicare sollevando il magistrato da incombenze meramente pratiche ed esecutive; c) l’attuale sistema non consente al magistrato la consultazione di provvedimenti risalenti nel tempo né è agevole la loro consultazione dagli applicativi di cancelleria (cosiddetto problema della «storicizzazione» di consolle); d) la banca dati di giurisprudenza distrettuale presente nel software del magistrato non è coerentemente e sufficientemente sviluppata ed evoluta e presenta numerosi malfunzionamenti.
Il CSM ha, altresì, chiesto (perché in gran parte mancanti) la fornitura di stampanti veloci individuali a tutti i magistrati, un’adeguata fornitura di materiali di consumo, la dotazione di scanner veloci, un piano di rinnovo costante del pacco attrezzature, il rinnovo automatico delle «smart card», l’allestimento di aule di udienze con dotazioni informatiche idonee allo svolgimento di udienze telematiche, quanto meno ai magistrati che ne facciano richiesta, la fornitura di doppi monitor (di adeguate dimensioni), di più tastiere di webcam e microfoni (eventualmente anche in dotazione domestica). Sono, inoltre, carenti i servizi di help desk telefoniche, manca del tutto una piattaforma che consenta un adeguato monitoraggio delle richieste formulate e del loro esito.
Ma quanto costa tutto ciò? E ci sono i soldi?
Le gravi lacune del processo telematico che si allontana sempre di più dalle ottimistiche aspettative del Ministero della Giustizia, non finiscono qui. La ricerca telematica dei beni da pignorare non è ancora possibile. Il Tribunale di Vicenza si è allineato alle numerose decisioni che avevano dichiarato l’impossibilità di applicare la nuova normativa in tema di pignoramento, poiché non sono stati ancora individuati i casi, i limiti e le modalità di esercizi della facoltà di accesso alle banche dei dati contenenti i beni del debitore utilmente pignorabili. Il Tribunale di Venezia ha giustificato in sede di prova testimoniale il cattivo funzionamento della Pec.
Il processo telematico è certamente in fase primitiva e sperimentale, ma l’arcaicità è ancora più forte delle previsioni. In realtà un compiuto e funzionante processo telematico non c’è ancora. E dubitiamo che possa esserci se si considera l’attuale situazione di decozione della giustizia. Infine, il caos telematico, è assoluto laddove manca del tutto un collegamento normativo tra norme tecniche, che impongono determinati formati per gli atti processuali inviati dagli avvocati, e norme processuali di atti non inviati nel formato prescritto o di atti introduttivi o di diverso tipo inviati telematicamente in uffici non autorizzati o di atti depositati in modo cartaceo se obbligatori.
I giudici sono molto disorientati, ma quel che è ben più grave è che alcuni giudici sono orientati a stabilire inammissibilità, improcedibilità e nullità degli atti sanzionando così l’incolpevole comportamento dei difensori. Vi è la palese violazione dei diritti di difesa, sanciti dagli articoli 24 e 111 della Costituzione.

Tags: Giugno 2015 Maurizio de Tilla avvocatura amministrazione giudiziaria

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