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Regole per il gioco chiare e urgenti. Diceva Descartes: meno leggi ci sono nello stato, meno si favoriscono i vizi

FRANCESCO TOLOTTI presidente della  Fondazione Unigioco

È un momento assai delicato quello vissuto dal settore del gioco pubblico in Italia; «Grande è la confusione sotto il cielo», verrebbe da dire secondo la celebre massima di Mao Tse Tung. Ma la situazione non è affatto eccellente. In materia di legislazione e di organizzazione della filiera il settore dei giochi non sembra ancora uscire da un lungo stand-by che dura ormai da anni. Sul versante dell’autorità di regolazione si sono registrati avvicendamenti alla direzione dei Monopoli di Stato, ma non si è realizzata la riforma organizzativa che avrebbe dovuto portare alla nascita di una vera e propria Agenzia dei Giochi.
Quanto agli operatori del settore, la filiera continua ad essere attraversata da contrasti tra i diversi attori - concessionari, gestori-noleggiatori, esercenti - e si ha la sensazione che tra i concessionari, se si escludono i grandi players, ce ne siano alcuni che hanno grandi difficoltà finanziarie e di politica industriale. Come c’era da aspettarsi, l’aumento non di rado sregolato dell’offerta di gioco non ha assicurato l’auspicata crescita continua degli introiti erariali, ed ha anzi contribuito ad attirare sul settore l’attenzione preoccupata di tutti coloro che hanno a cuore il delicato tema del rischio sociale connesso agli eccessi nei comportamenti di gioco.
Nel quadro di grave crisi economica che ancora attanaglia il nostro Paese, la mobilitazione sociale promossa da un vasto fronte di associazionismo cattolico e laico contro la cosiddetta «tassa dell’azzardo» e contro il gioco che consente vincite in denaro, considerato come una vera e propria piaga sociale, ha trovato favorevole accoglienza in molti amministratori locali, che con sempre maggiore frequenza hanno emanato disposizioni restrittive in materia di orari e di ubicazione delle sale-gioco che ospitano i cosiddetti apparecchi da intrattenimento, cioè newslot e videolotteries.
Se per molti versi si tratta di una risposta comprensibile in quanto gli amministratori locali - i sindaci specialmente - sono quotidianamente a contatto con il disagio sociale provocato da situazioni di gioco patologico, non si può però dimenticare che le cosiddette «macchinette», contro cui è rivolta la gran parte delle disposizioni sopra ricordate, sono soltanto una parte dell’offerta di gioco che prevede anche scommesse, lotterie istantanee, «gratta e vinci» e molteplici altre possibilità legate al canale on line.
Se dunque il contrasto alle ludopatie e al gioco patologico è una indiscutibile priorità, un’azione efficace potrà essere condotta soltanto a partire dalla consapevolezza della complessità del problema e sulla base di una conoscenza scientificamente fondata della sua estensione e incidenza; troppo spesso in questi anni ci si è mobilitati sull’onda dell’emozione e si sono evocati dati privi di base scientifica, come ha ricordato in una recente intervista a Il Velino Giuseppe Roma, consulente e già direttore generale del Censis: «Penso che sul gioco patologico circolino dati poco credibili. Se fossero veri in Italia sarebbero tutti malati. Ci sono molte ricerche e tanti studi ma basta fare un parallelo: ci sono gli alcolisti ma ci sono milioni di persone che bevono un bicchiere di vino a tavola. Vale la stessa regola per il gioco. C’è chi gioca e chi ‘dipende’».
Naturalmente sarebbe da irresponsabili sottovalutare la ludopatia e i problemi ad essa connessi, ma proprio perché si tratta di una questione molto seria occorre procedere con razionalità ed equilibrio: la demonizzazione di un’attività economica che è oggetto di concessione da parte dello Stato produrrebbe non solo un grave danno a operatori che hanno sottoscritto convenzioni con lo Stato medesimo, ma finirebbe per ricacciare nella clandestinità - che è sempre contigua alla illegalità - una domanda di gioco che nessuna politica proibizionista ha mai potuto cancellare; è ancora Giuseppe Roma, nell’intervista già citata, a parlare di «una domanda latente che si esprimerebbe in ogni caso».
A parere di chi scrive le priorità sono le seguenti: dare finalmente attuazione alla delega fiscale, che contiene norme in materia di regolazione dell’attività di gioco su rete fisica, oltre che di limitazione dell’offerta complessiva di gioco. Ciò dovrebbe contribuire a superare l’attuale situazione di continuo contenzioso presso i Tar determinata dal contrasto tra la normativa nazionale e le sempre più frequenti deroghe previste a livello locale; implementare concretamente il decreto Balduzzi, che contiene importanti misure in materia limitazione della pubblicità del gioco e di prevenzione e contrasto della ludopatia, prevedendo anche le risorse necessarie; concentrare l’attenzione sulla diffusione del gioco on line, per studiare forme di intervento che garantiscano in primo luogo la protezione di quell’utenza giovanile che, avendo maggiore dimestichezza con Internet e i social networks, si trova perciò più facilmente esposta ad un’offerta di gioco sempre più pervasiva ed aggressiva.
E «last but not least», non è più rinviabile un intervento legislativo che consenta l’emanazione di una legge quadro in materia di giochi, per rendere coerente la normativa; per troppo tempo infatti si è legiferato in maniera rapsodica e spesso dettata dall’emergenza del momento. L’efficacia legislativa si nutre di semplificazione e trasparenza: come ricordava Descartes, «meno leggi ci sono nello Stato, meno si favoriscono i vizi».  

Tags: Giugno 2015 dipendenze giochi e scommesse Francesco Tolotti

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