Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

ITALIA TELEMATICA: IN UNA RETE BUCATA, UN RITARDO ULTRALARGO

Franco Bassanini e Matteo Renzi

Corre sulla fibra ottica l’attività del domani, ma ancor più la polemica dell’oggi. Metroweb o banda larga, pubblico o privato? La morale per ora è: l’Italia resta in drammatico ritardo rispetto all’Europa, agli obiettivi condivisi a Bruxelles e soprattutto aumenta il gap con i Paesi più avanzati sulla rete telematica, quella sulla quale si giocano il futuro e la crescita industriale e dei servizi del nostro Paese. L’iniziativa ambiziosa del Governo, stabilita con il Piano di Crescita Digitale e la Banda Ultralarga, si presenta innovativa e di grande respiro, purtroppo la realizzazione pratica invece è problematica e irta di ostacoli.
Il documento «Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020» inserisce riforme consistenti (prima fra tutte l’iniziativa Italia Login) all’interno di un ampio quadro di interventi, soprattutto nell’ambito della Pubblica Amministrazione, e lo fa con un linguaggio, per quanto possibile, vicino anche ai non addetti ai lavori. Si tratta della più grande strategia mai pensata per spingere, finalmente, l’Italia verso una rete telematica di nuova generazione. I fondi della programmazione 2014-2020, tra nazionali ed europei, si attestano ad un valore pari a circa 6 miliardi di euro, per incentivare gli operatori ad investire su internet super veloce. Questi fondi permetteranno, entro il 2020, a un italiano su due di essere raggiunto dalla fibra ottica negli uffici, in fabbrica come nelle case, ad una velocità di 100 megabit, mentre tutti gli altri avranno almeno 30 megabit, adottando diverse tecnologie innovative.
I 6 miliardi di euro di fondi pubblici, quindi, serviranno ad incentivare gli operatori, ad investirne altri nelle aree che non avrebbero mai coperto con le proprie sole forze. Nelle aree più sensibili e produttive del Paese invece gli operatori potranno usufruire solo di agevolazioni e di nessun contributo economico. Incentivi fiscali, semplificazioni burocratiche e sostegni vari per chi investe, sono gli ingredienti per raggiungere la connettività ultraveloce. La previsione avanzata dal Governo è di ulteriori 4/6 miliardi di euro d’investimenti da parte dei grandi operatori del settore. Il successo della strategia sulla banda larga si scontra con una serie di problemi inerenti da una parte la partnership che sarebbe necessaria tra le aziende del settore per portare avanti un progetto così importante in un periodo di tempo relativamente breve, dall’altra dalla gestione della domanda di connettività che nel nostro Paese sconta i limiti dei costi dei servizi e il bassissimo livello di competenze digitali della P.A., dei cittadini e delle imprese.
L’Italia sconta un ritardo tecnologico e di connettività dovuto sicuramente alle molte difficoltà intrinseche nella gestione del sistema di telecomunicazioni, nelle norme giuridiche, negli interessi delle società telefoniche, nonché il fatto che Telecom, la società ex monopolista, unico caso al mondo, detiene anche il controllo della rete attuale in rame. Si unisce a tutto ciò la mancanza di lungimiranza degli investitori, ma anche l’arretratezza in tema di inclusione digitale della P.A. e le insufficienti competenze diffuse, strettamente connesse all’analfabetismo funzionale.
La prima sfida da affrontare diviene quindi quella socio-culturale: coinvolgere i cittadini e non solo gli «addetti ai lavori», facendo emergere il digitale dalla nicchia in cui è ancora confinato nel nostro Paese. Un problema da non trascurare, che spinge a dare priorità alle competenze digitali. Una ragione utile per rivedere le scelte per lo sviluppo della cultura digitale. Dobbiamo, in termini chiari, investire sull’alfabetizzazione telematica.
Le infrastrutture devono servire al futuro tecnologico dell’Italia, affinché questa sia competitiva in ambito internazionale. Ciò vuol dire che, se oggi vi è una domanda debole in alcune aree geografiche per anzianità della popolazione o marginalità produttiva, non significa che quelle zone non debbano essere ugualmente raggiunte da un sistema di comunicazione moderno e veloce come le altre a più forte vocazione economica. Non bisogna ripetere il tragico errore fatto per i trasporti, con la conseguenza di avere un’Italia meridionale ancor più penalizzata a livello di traffici, di attrazione culturale e turistica, di competitività di sistema.
Come si muovono gli operatori del settore? Telecom richiede di aggiornare il piano, dopo l’approvazione dello stesso al Governo, in quanto ha previsto di cablare in fibra 40 città. Il suo amministratore delegato, Marco Patuano, e il presidente Giuseppe Recchi, si sono recati dal premier Matteo Renzi, nel febbraio scorso, per spiegare il quadro degli investimenti sulla fibra ottica che l’operatore ha inserito a budget per il biennio 2015-2017. Sul piatto ci sono tre miliardi di euro, con un incremento di 1,1 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, e 500 milioni saranno dedicati alla tecnologia Fiber to the Home (Ftth). L’obiettivo è coprire le prime 40 città italiane, già a partire da quest’anno. Ed è su questo punto che è scoppiata la polemica «anti Telecom» mossa da Franco Bassanini, presidente di Metroweb e della Cassa Depositi e Prestiti, sulla questione degli incentivi pubblici per il piano nazionale della banda ultra larga.    

Tags: Maggio 2015

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa