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giustizia eterna nella città eterna

LUCIO GHIA

La relazione del primo presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, svolta all’inaugurazione dell’Anno giudiziario 2015, incisiva e preoccupante, ha dato il via a quelle dei presidenti della Corte d’Appello, tra le quali si distingue quella del presidente della Corte d’Appello di Roma Luciano Panzani che, nominato solo qualche mese fa, si era distinto come presidente del Tribunale di Torino per l’efficienza e i tempi giudiziari molto ristretti; egli ha tracciato un quadro ben rappresentativo della situazione di crisi che affligge la Corte d’Appello di Roma: mancanza di strutture, uomini e mezzi in tutti gli Uffici giudiziari della Corte ed in tutti i Tribunali del distretto che presenta il maggior numero di cause rispetto agli altri distretti di Corti d’Appello e l’arretrato più pesante. Le carenze di risorse materiali, in particolare relative all’edilizia giudiziaria appaiono effettivamente penalizzanti. Malgrado la creazione negli anni 60 della città giudiziaria di Piazzale Clodio a Roma che avrebbe dovuto soddisfare le esigenze giudiziarie dei successivi venti anni, questo risultato non è stato raggiunto ed oggi la sede manifesta la sua sostanziale inefficienza, prevalentemente per la carenza di aule che si accompagna a spazi enormi dedicati ad inutili aree di sosta o a vasti corridoi, che architettonicamente avrebbero dovuto rappresentare il collegamento aperto e democratico tra il popolo e la giustizia ma in realtà ostacolano l’efficienza.
La mancanza di adeguate soluzioni edilizie e urbanistiche affonda le radici in tempi lontani: durante il 1500 quando a Roma governava un Papa significativo, Giulio II, il «papa urbanista», il progetto della concentrazione degli affari giudiziari in un palazzo costruito ad hoc fu affidato ad un architetto come Bramante, come ha ricordato nel 2014 il presidente reggente della Corte d’Appello, Catello Pandolfi, ora presidente del Tribunale di Latina. Quel progetto non andò in porto, gli uffici giudiziari si avvalsero di costruzioni reperite esistenti e modificate per quanto possibile, anche il bel palazzo di Montecitorio per volontà di Papa Innocenzo XII, chiamato Curia Innocenziana, opera del Bernini, già residenza della famiglia Ludovisi, non rispondeva ad esigenze forensi, ma ospitò per un periodo non breve i Tribunali.
Il «Palazzaccio» poi inaugurato nel 1911 ospitò per molti anni il Tribunale, la Corte d’Appello e la Cassazione, divenene il Palazzo di Giustizia ma gli spazi divennero presto insufficienti. Negli anni 70 compii i miei primi passi professionali, in quelle aule imponenti ed affollate, con maestri magistrati ed avvocati dai quali ho imparato il reciproco rispetto, l’attenzione alle regole, lo studio permanente delle norme e della giurisprudenza, l’orgoglio del proprio lavoro e la fiducia nella propria funzione.
Oggi gli uffici della Corte d’Appello sono dislocati in varie sedi, anche lontane le une dalle altre: si va dal Tribunale dei minorenni sul Lungotevere all’altezza della Sinagoga, al Tribunale civile in Viale Giulio Cesare, Via delle Milizie; la Procura generale è in Piazza Adriana, ed il Tribunale penale è a Piazzale Clodio.
La diversa dislocazione, date le esistenti difficoltà di viabilità e di parcheggio incrementa le difficoltà quotidiane. I locali poi, come ha messo in risalto il presidente Panzani, manifestano gravi carenze. Lunghe file davanti ad alcuni sportelli, carenza di scrivanie e postazioni telematiche, aule utilizzabili anche per il lavoro di redazione dei provvedimenti e delle sentenze costringono i giudici a lavorare a casa.
Esiste la possibilità per la Corte d’Appello di giovarsi di 40 nuovi giudici in arrivo; in quali spazi, su quali scrivanie e con quali supporti telematici lavoreranno? La complessità delle funzioni non  consente in breve un ampliamento dell’uso e di apertura al pubblico in orari pomeridiani e serali degli uffici giudiziari; anche se per il numero delle loro decisioni i nostri giudici in Europa non temono confronti, resta pesante l’arretrato di cause in attesa di sentenze. Anche se i 6 milioni di cause in attesa non sono stati raggiunta ed è stato registrato un leggero miglioramento, la situazione è grave. Per le Corti d’Appello italiane il totale dei procedimenti civili pendenti è di 412.699, mentre il numero dei giudizi pendenti innanzi alla Corte d’Appello di Roma è di 89.497. Nell’ultimo anno questo numero è diminuito del 12,8 per cento scendendo a 78.077.
La relazione del presidente Panzani è estremamente precisa nel disegnare l’andamento del contenzioso e la sua composizione. 35.120 sono i giudizi che attengono all’area «affari civili» pari al 45 per cento del totale; mentre 16.600, pari al 21,3 per cento del totale, sono i giudizi che riguardano la «equa riparazione» ovvero il risarcimento dei danni derivati alle parti dall’eccessiva durata dei processi. Le cause di lavoro e di previdenza sono il 32 per cento del totale pari al 25.011 giudizi. I provvedimenti non contenziosi completano le attività giudiziarie. Emergono due aree che catalizzano più del 53 per cento del volume globale: considerata la completezza e il fine dell’analisi, tali dati serviranno per aumentare l’efficienza.
Quanto allo smaltimento dei processi, la Corte d’Appello di Roma presenta un ricambio di 25.578 procedimenti definiti negli ultimi quattro anni, con un incremento del 5,4 per cento. Nell’area lavoro e previdenza l’incremento delle decisioni negli ultimi due anni è stato del 14,6 per cento (nel 2013-2014 sono stati definiti 13.089 giudizi). Per i procedimenti civili contenziosi i dati riflettono la complessità di questi giudizi e delle relative sentenze, infatti, il loro numero è più ridotto. Nell’anno 2010-2011 sono state definite 8.157 cause, nel 2011-2012, 9.074, nel 2012-2013, 9.790, e nel 2013-2014, 10.489 con un aumento del 7,1 per cento; un dato positivo, ma lontano dalle esigenze di chi attende la decisione.
Per quanto attiene alla durata dei procedimenti sopravvenuti, nel 2011 si sono aggiunti 5.528 procedimenti non definiti, e nel 2012 5.916, nel 2013 6.831 e nel 2014 4.906. Questi dati evidenziano che l’arretrato purtroppo è destinato ad aumentare. Il numero presso la Corte d’Appello di Roma delle cause in attesa di decisione è collegato al numero delle cause pendenti innanzi ai Tribunali del Distretto: 328.731.   

Tags: Marzo 2015 Lucio Ghia Giorgio Santacroce

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