difficile ormai distinguere il ruolo del produttore da quello del consumatore, per questo si parla di «prosumer»
Uno dei temi principali della discussione nell’VIII edizione del Premio Dona 2014 è un fenomeno che cresce come un albero, fatto di sharing, social, rating, to peer, start up, new health e altro...
Ci siamo lasciati alle spalle l’VIII edizione del Premio Vincenzo Dona, promossa dall’Unione Nazionale Consumatori per ricordare il fondatore del consumerismo in Italia. Negli anni questo appuntamento ha stimolato la riflessione sui temi di volta in volta più attuali per i consumatori ed ecco perché abbiamo dedicato questa edizione al «nuovo». Il nuovo e non l’innovazione, termine che mi sembra già vecchio per essere richiamato stancamente in ogni contesto nel quale ci si appelli al suo potere salvifico; il nuovo è per noi oggi discutere di trend di consumo, sharing economy, nuovi paradigmi nella relazione tra imprese e consumatori. Parola d’ordine è «nuove imprese per nuovi consumatori», esattamente come scritto sul biglietto di invito che ci ha accompagnato nei giorni precedenti all’evento e sulla bella scenografia che ha reso il Teatro Argentina di Roma, dove si è svolto l’evento, ancora più magico; mai come in questa stagione «cresce la cultura del nuovo», vero e proprio punto focale della discussione di quest’anno: è un dato di fatto, un’affermazione ineludibile, non un auspicio né tanto meno una preoccupazione.
Pensiamo il nuovo come un fatto naturale, un fenomeno che cresce intorno a noi come fa un virgulto che si sviluppa, diventa albero, senza chiederci ragioni e senza avvertirci se domani vorrà portare frutti. I frutti del nostro immaginario «albero del nuovo» sono le parole chiave che hanno contrassegnato la discussione: da prosumer a legalità; da sharing a social e poi rating, peer to peer, start up e new health, solo per citarne qualcuna.
Vorrei riproporre uno dei temi centrali della discussione Premio Dona 2014 parlando di pro-sumer: è un modo per spiegare il nuovo ruolo cui siamo chiamati come consumatori all’interno di dinamiche di acquisto che si stanno evolvendo rapidamente. Cambia il mercato, che non possiamo più vedere suddiviso nettamente tra chi produce e vende da un lato e chi acquista e consuma dall’altro,
Oggi questi due ambiti - produttori e consumatori - si presentano sempre meno distanti, anzi, in qualche caso ci appaiono così interconnessi che è difficile distinguere il ruolo del produttore da quello del consumatore. Per questo sempre più spesso sentiamo parlare di pro-sumer, un po’ producer, un po’ consumer. Mi riferisco a tutti quei fenomeni nei quali siamo chiamati ad agire con i meccanismi dell’impresa e il consumatore moderno risulta quasi innestato nel processo industriale.
Per spiegarmi più concretamente potrei dire che in principio fu Ikea a convincerci abilmente che fosse divertente montare un mobile presso la nostra abitazione e proprio così si cominciò ad assegnare al consumatore un ruolo - l’assemblaggio finale di un pezzo d’arredamento - che fino ad allora era tipicamente opera del produttore. In questo modo l’impresa riduce i costi, ma c’è di più: nel coinvolgere il consumatore si riesce a fidelizzarlo, a raccogliere un feedback utile a realizzare nuovi prodotti, a trasformare l’atto di acquisto in una conversazione. Da parte sua il consumatore ne trae un risparmio, impara a conoscere meglio prodotti e servizi, può aspirare a farsi ascoltare riuscendo forse anche a reperire nel mercato beni più fedeli alle sue esigenze, quasi su misura.
Oggi il fenomeno ha assunto molteplici declinazioni: dall’appariscente car-sharing che sta invadendo le grandi città alle nuove dinamiche alberghiere. Insomma, il mantra di questa nuova economia sembra essere: «Non possedere niente, ma usare tutto». Non so se arriveremo - come teorizzato da Jeremy Rifkin, uno dei premiati di questa edizione insieme al Procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Reggio Calabria Nicola Gratteri - all’eclissi del capitalismo a favore del consumo collaborativo, sta di fatto che ci troviamo davanti ad un nuovo paradigma che, nella società iper-connessa, coinvolge i consumatori, promette nuovi scenari ad imprese e società.
Ci sarà bisogno di tempo perché i consumatori si approprino definitivamente di questo ruolo, ma a vederlo così questo scenario, pur non volendo esagerare, mi sembra un modello di capitalismo che potrebbe funzionare un po’ meglio del precedente. Non ci resta che prendere consapevolezza del fatto che i protagonisti abilitanti di questo nuovo modello siamo tutti noi. Consumatori da un lato, imprese dall’altro: dobbiamo chiederci se i manager saranno all’altezza, ma anche se i rappresentanti dei consumatori sapranno comprendere questi fenomeni.
Da parte nostra vediamo cambiare il consumatore giorno dopo giorno: il nostro stakeholder da acquirente si fa più spesso utilizzatore, talvolta la sua controparte non è più l’impresa tradizionale ma un altro privato. Giuridicamente si aprono scenari nuovi e forse qualche vulnus negli apparati di protezione che oggi conosciamo.
Ma il messaggio è chiaro: neppure le associazioni dei consumatori potranno restare uguali a se stesse, ferme a logiche e strumenti usati fin qui. Noi dell’Unione Nazionale Consumatori accettiamo la sfida perché intravediamo nei fenomeni collaborativi una nuova fase di sviluppo e progresso. Questo dunque è il mio messaggio conclusivo: come possiamo non credere al nuovo?
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