economia e restauri artistici, l’esempio di pescocostanzo
Pescocostanzo è un paese straordinario. Già nell’antichità crocevia di importanti scambi commerciali, sulla via degli Abruzzi che congiungeva Roma con Napoli, deve la propria fortuna alla particolare concentrazione di nobili famiglie che, specialmente durante il Regno delle due Sicilie, trovavano in esso un approdo salutare e accogliente. In particolare, durante il periodo delle «baronie», insieme al titolo i nuovi ricchi dell’epoca sottolineavano la propria importanza commissionando la costruzione del proprio palazzo ad architetti famosi. I quali, a loro volta, chiamavano ad impreziosire l’opera abili artigiani dell’epoca, in specie i «lombardi», che si distinguevano nello scolpire la pietra e nel forgiare eleganti balaustre, cancelli, inferriate, in ferro battuto.
Ancora oggi queste antiche vestigia di potere, cultura e ricchezza regalano emozioni particolari, proprie di un paese unico, arroccato al centro della «regione degli altipiani maggiori» d’Abruzzo, ad oltre 1.400 metri di altezza, incastonato come un prezioso diamante che continua a svelare al visitatore la propria affascinante bellezza. Qui lo scorso agosto si è celebrato un significativo incontro tra arte ed economia; infatti tre opere pittoriche del XVII secolo, una dovuta al maestro del primo ‘600 Massimo Stanzione e le altre due alla mano di Giovanbattista Gamba, sono state restituite alla locale chiesa dei Francescani, al termine di un restauro durato circa un anno e mezzo.
Le condizioni di precarietà dei quadri e il degrado erano tali da renderli irriconoscibili. Sia le sembianze dell’Immacolata Concezione che i colori del primo dipinto erano indecifrabili sia per la patina nera che li ricopriva, sia per le pesanti tracce di umidità e i numerosi distacchi di colore che nei secoli avevano provocato seri danni. Anche le tele di Giovanbattista Gamba, che raffiguravano sant’Anna e il perdono di san Francesco, non si presentavano in condizioni migliori.
Nel corso della cerimonia di «riconsegna» dei dipinti, nel ringraziare l’Associazione Verderame di Roma che ha promosso e realizzato il restauro, il rappresentante della proprietà, padre Carlo Serri dell’ordine francescano, ha sottolineato come il racconto pittorico di episodi della tradizione religiosa, specie in un’epoca priva (1600) dei mezzi di comunicazione e di rappresentazione di oggi, consentiva a tutti di avere, attraverso il racconto affidato alla forza delle immagini, una percezione materiale di miracoli, di fatti particolari della vita dei Santi e degli stessi dogmi religiosi.
Le chiese in particolare in quell’epoca ed oggi i musei sono uniti dall’offerta al pubblico delle opere d’arte, in una prospettiva universale. Lo storico Francesco Sabbatini nel proprio intervento ha ricordato come senza i mecenati, oggi gli sponsor, le opere d’arte, all’epoca (1600) per lo più religiose, non sarebbero state realizzate. Era il nobile di turno, spesso chi aveva acquistato la cosiddetta «baronia», che intendeva testimoniare l’importanza anche sociale della propria presenza, del proprio governo sul territorio.
Per realizzare un tale risultato occorrevano grandi pittori in grado di impressionare le folle con quadri luminosi, colori brillanti, figure e storie attraenti, capaci di catturare lo sguardo del visitatore. Quindi, al costo del pittore già elevato, spesso si sommava quello di particolari materiali preziosi come l’oro, l’argento e, nella specie, il lapislazzulo che illumina ancora oggi di uno spettacolare blu/azzurro il manto dell’Immacolata Concezione. Proprio al lapislazzulo e agli avvocati che evidentemente assistettero, nel contratto di committenza dell’opera, il mecenate e il pittore Massimo Stanzione, si deve la conferma della paternità dell’opera.
Infatti, oltre all’acronimo dell’autore che il sapiente restauro ha «rivelato», dall’archivio del Banco di Napoli è emerso un documento, siamo circa nel 1650, di pagamento relativo al quadro dell’Immacolata Concezione, con riferimento all’impiego del lapislazzulo e al pittore Massimo Stanzione. La professoressa Lucia Arbace, sovrintendente delle Belle Arti dell’Abruzzo, nel proprio intervento ha sottolineato l’alta qualità del restauro e le difficoltà superate dall’équipe di tecnici che l’Associazione Verderame riunisce, con la costante collaborazione di esperti quali le professoresse Floriana Conte, cultrice dell’opera di Massimo Stanzione, e Anna Colangelo, profonda conoscitrice dell’opera di Giovanbattista Gamba.
Conclusa la cronaca della cerimonia di riconsegna delle opere restaurate, ci si può soffermare sui profili economici dell’iniziativa della Verderame, del ruolo particolare svolto da questa associazione e delle prospettive aperte da questa esperienza, poiché la stessa si è occupata anche del reperimento dei fondi necessari per realizzare il restauro.
Verderame raggruppa illustri professionalità tra storici dell’arte, per lo più diplomati presso l’Istituto Centrale di Restauro. Durante la presentazione della procedura tecnico-economica di questi restauri si è appreso che esperti internazionali hanno garantito il miglior risultato possibile usando sistemi di ultima generazione. Uno strumento per tutti, che compendia l’alto livello delle tecnologie impiegate, è la cosiddetta Camera Umida, per salvaguardare al massimo la materia pittorica, i valori cromatici e le condizioni delle tele gravemente compromesse dalle condizioni espositive e dall’inesorabile ingiuria del tempo.
Il restauro ha comportato spese per circa 85 mila euro, somma non grande ma significativa. Le singole voci di costo pubblicate nel sito della Verderame danno conto della difficoltà e complessità del restauro, durante un iter davvero complicato: le cautele per il prelievo, l’imballaggio, le assicurazioni, il trasporto dei quadri; la loro custodia, le complesse analisi compiute, i diversi interventi di alta tecnica operati dai singoli professionisti della Verderame mostrano, con la realtà delle cifre, un metodo complesso, costoso e lungo, scandito dalle molte autorizzazioni e controlli delle diverse autorità preposte, portato felicemente a termine.
Dopo aver descritto l’opera svolta, i materiali e le cautele d’intervento che hanno restituito alle immagini e ai drappeggi la consistenza pittorica e l’affascinante cromatismo originari, la presidente dell’associazione Giulia Silvia Ghia Lanzone ha illustrato soprattutto un modo nuovo di proteggere e usare opere d’arte che altrimenti sarebbero destinate all’estinzione.
Infatti la Verderame non ha ricevuto né usato finanziamenti pubblici, ha ricercato e messo insieme sponsor privati riuscendo via web a raggiungere anche alcune comunità dalle radici abruzzesi sparse nel mondo, perfino in Australia, che hanno fornito le somme necessarie per restituire tre opere d’arte alla storia e alla cultura di Pescocostanzo, ai suoi abitanti e ai suoi visitatori.
Come ha sottolineato il sindaco Pasquale Del Cimuto nel proprio intervento di chiusura, questa brillante operazione è stata resa possibile per la collaborazione tra Sovrintendenza delle Belle Arti dell’Abruzzo ed enti pubblici quali il comune di Pescocostanzo ma, soprattutto, per la fiducia di cui gode, non solo sotto il profilo tecnico, l’Associazione Verderame, e che si è manifestata nella capacità di raccogliere adesioni al progetto, di attrarre sponsor e finanziamenti e di raccordare le varie esperienze tecniche necessarie per ottenere le autorizzazioni e assicurare il successo dell’iniziativa.
Questo «modesto» restauro induce quindi ad alcune riflessioni: la capacità di conservazione del patrimonio artistico non può prescindere dalla sua effettiva fruizione. Tale condizione non può esaurirsi a livello locale. L’esibizione di opere d’arte, come hanno dimostrato numerose esperienze anche estere, possono costituire un poderoso volano economico. Esiste, infatti, un collegamento molto stretto tra l’esposizione all’estero di opere d’arte italiane e gli effetti commerciali in altri settori produttivi nei quali l’Italia si distingue.
Pertanto per massimizzare tali effetti economici il rapporto tra il pubblico e l’opera d’arte va però reso il più possibile internazionale. Ad esempio una mostra realizzata di recente sul futurismo italiano nel Guggenheim Museum di New York ha prodotto un immediato incremento delle vendite, da parte della catena di Eataly, di cibi, vini e prodotti italiani, ed anche di abbigliamento, oggetti di arredamento e altro di produzione italiana.
Testimoni di questa constatazione sono i negozi in Fifth Avenue, la Quinta Strada, che battono bandiera italiana. Oggi il mercato mondiale offre alla circolazione dei beni, non solo prettamente commerciali, ma anche culturali e artistici una straordinaria opportunità di essere presenti ovunque.
Il patrimonio artistico italiano costituisce una realtà strutturale di grande rilevanza per il Paese, rappresentando più del 70 per cento dell’intero patrimonio mondiale. Pertanto il vero impegno da promuovere consiste nel rendere internazionale, in una prospettiva globale, la conoscenza e la fruizione di questo patrimonio. Che le opere d’arte vengano custodite, restaurate in Italia da tecnici con tutte le cautele, i controlli e le tecnologie avanzate da disposizione è un obiettivo da preservare, ma la nuova via da intraprendere con decisione è la libera circolazione nel mondo di tali beni, che possano essere esposti temporaneamente e a rotazione non solo nei musei indiani, cinesi, giapponesi, canadesi, americani, ma anche nelle sedi di istituzioni pubbliche, banche, multinazionali, ospedali, case di cura, grandi studi legali, ecc., ovunque nel mondo vi siano spazi pubblici, o aperti al pubblico.
Se la circolazione degli uomini deve essere libera, deve esserlo ancora di più la circolazione della cultura e dell’arte, attraverso la fruizione controllata ma resa possibile in tutto il mondo del patrimonio storico/artistico. Il risultato economico in termini più commerciali sarà senz’altro positivo. Dalla cultura, dalla bellezza, dalla storia che i nostri quadri ed opere d’arte sanno esprimere si sprigionerà un effetto, una «vis attractiva» che dall’estero spingerà verso prodotti, tradizioni, paesaggi, città, storia e cultura italiane.
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