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LE RAGIONI DI UN NUOVO MOVIMENTO

di MAURIZIO DE TILLA presidente dell’associazione le professioni per l’italia
L'elettorato moderato non è più politicamente rappresentato, il ceto medio, che costituisce la parte più rilevante della popolazione, ha perduto la propria importanza e il proprio ruolo nella società moderna, la classe politica e partitica non ha dato risposta ai bisogni della gente e non ha lasciato prospettive alle nuove generazioni. Per affrontare il necessario cambiamento è giunto il momento di riorganizzare la classe intermedia in un movimento che coinvolga professionisti, imprenditori, intellettuali ed altre espressioni della società. Da queste considerazioni la scorsa estate è nata l’iniziativa di un gruppo di amici, tra i quali l’editore Anna Maria Ciuffa, di contrastare l’egemonia della politica che, alimentata dai giornali e dalla televisione, «preferisce intrattenere relazioni con il grande capitale e con le grandi banche». È sorta così «Le professioni per l’Italia», associazione che in breve ha raccolto l’adesione di migliaia di iscritti i quali hanno aderito ai suoi obiettivi e al suo programma illustrati in un documento sulle ragioni della nascita del movimento, sui suoi principi etici, sui valori sociali, politici ed esistenziali, sui principi operativi e sui piani per la rinascita e lo sviluppo del Paese. Figurano, tra le ragioni, l’aumento delle disparità e ingiustizie sociali che hanno impoverito molti cittadini e in primo luogo il ceto medio; l’incapacità di riformare le strutture dello Stato e della Pubblica Amministrazione; l’assenza di un progetto politico e sociale che faccia recuperare credibilità al Paese. Ed ancora: il declino dei valori centrali della comunità, ossia lavoro, impresa, famiglia, solidarietà e cultura; la necessità di rilanciare l’economia, l’esigenza di diffondere nuovi modelli di consumo e di compatibilità ambientale. Quindi rispetto della dignità della persona, dei generi e della famiglia nel lavoro, nella casa, nella salute; libero esercizio del pensiero e dei diritti; giustizia sociale ossia salvaguardia delle differenze in un quadro di equità e solidarietà; lotta alla corruzione, alle mafie e alla presenza di faccendieri nella Pubblica Amministrazione; trasparenza. Questi sono i principi etici cui seguono i valori sociali, politici ed esistenziali, precisamente: diritto al lavoro e alla sussistenza; ripristino del pensiero come motore della rinascita; sviluppo nel rispetto dell’ambiente e ripristino delle condizioni vitali della natura; partecipazione dei singoli e delle comunità in tutte le sedi sociali e politiche; certezze per le nuove generazioni; solidarietà intesa come cultura della prossimità sociale e reti di sostegno per la sofferenza, soprattutto verso le fasce più deboli della società. I principi operativi: cooperazione come rete fondamentale dell’azione sociale, produttiva e politica, nel rispetto degli interessi generali e delle imprese del Paese; efficienza nell’azione produttiva; innovazione in tutte le direzioni; creatività, stimolo alla progettazione, revisione del passato e proiezione nel futuro; parsimonia nei consumi e superamento dello spreco come stile di vita. Ma il Paese deve rinascere in ogni senso, per cui il movimento delle «Professioni per l’Italia» rivolge una particolare attenzione anche alle Istituzioni. Questo il programma relativo: modifica della struttura dello Stato e della Pubblica Amministrazione; riduzione del numero dei parlamentari; istituzione del Senato delle Regioni; limite di due mandati per parlamentari e consiglieri; nessun finanziamento ai partiti; pari importanza per le proposte di legge popolari, regionali, governative e parlamentari; leggi semplici e comprensibili; obbligo di non chiedere ai cittadini più di tre documenti per il rilascio di certificati; obbligo per la Pubblica Amministrazione di valutare le conseguenze di ogni provvedimento anche sulle prospettive delle nuove generazioni; centralità dei Comuni e superamento delle Regioni quali centro di spesa e loro limitazione alle funzioni d’indirizzo; nuovo assetto delle Forze di sicurezza, militari e di protezione civile. Per quanto riguarda le relazioni industriali e sindacali, «Le Professioni per l’Italia» propone la verifica dei settori che rappresentano gli interessi del Paese; la rivalutazione dell’artigianato, delle piccole e medie imprese attraverso incentivi alla cooperazione, accesso al credito e a fondi per la ricerca; la promozione della cooperazione e degli investimenti per sviluppare servizi, turismo, infrastrutture, agricoltura, ambiente; nuove forme di produttività, di rappresentanza aziendale e di gestione sociale d’impresa. Nel settore del lavoro il movimento punta a una nuova cultura e alla riconsiderazione delle forme di prestazione superando le degenerazioni della precarietà; rispetto per l’identità delle professioni e abrogazione delle norme di falsa e selvaggia liberalizzazione; sviluppo del lavoro autonomo; progetto straordinario per la creazione di 1.500.000 di posti di lavoro nei settori agricoltura, agro-industria, ambiente, artigianato, beni culturali, energie rinnovabili, formazione e ricerca, imprese giovanili, innovazione tecnologica, integrazione del salario dei cassintegrati, tecnologie dell’informazione, produzione di beni e servizi, turismo, zootecnia, prodotti tipici. Al turismo va riconosciuto un ruolo primario e vanno favorite cooperazioni con le popolazioni rivierasche del Mediterraneo (650 milioni di persone); sviluppo di turismo integrato, piani turistici internazionali, infrastrutture, cura del territorio e delle acque marine, politica dei prezzi, servizi adeguati, cultura dell’accoglienza, rivalutazione delle risorse locali, culturali, artistiche, paesaggistiche e ambientali. Ed inoltre potenziamento del trasporto pubblico ferroviario e marittimo, nuove rotte fra Nord e Sud d’Italia, sistemazione delle reti interne e montane, valorizzazione di siti storici, beni forestali, architettonici, archeologici, artistici e culturali, nuovi impianti di accoglienza turistica e sostegno per quelli esistenti. Quanto alla formazione: innovazione tecnologica, ripristino del «pensiero», accesso al settore per le imprese, per la Pubblica Amministrazione, per famiglie e singoli; praticantato in tutte le facoltà per anticipare l’inserimento dei giovani nel lavoro, quinquennio per i corsi di laurea, revisione degli ordini professionali, rilancio della cultura in ambito scolastico, rivalutazione dei docenti. E, infine, la Giustizia: puntualità, controllo delle risorse; rispetto della dignità e dell’equa retribuzione di avvocati, magistrati, dirigenti e dipendenti; rigorosa applicazione del giusto processo; riforma della giustizia civile; rispetto dei diritti dei cittadini; accelerazione dei tempi, incremento degli organici, individuazione del giudice laico; coinvolgimento dei cittadini; istituzione di una magistratura non togata rigorosamente selezionata, adeguato trattamento retributivo e previdenziale, capillare informatizzazione e processo telematico completo. È poco, è tanto, è troppo? Sono progetti e programmi realizzabili? Certamente sono animati da una ferrea volontà di attuarli. Non certo nello stile della passata, smemorata politica che dopo le elezioni sistematicamente dimenticava tutto. ■

Tags: Novembre 2012

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