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DEPENALIZZAZIONE E PENE DOMICILIARI. SVUOTARE LE CARCERI SOVRAFFOLLATE

Il Carcere di Regina Coeli a Roma

Due sono i rimedi varati per ridurre in materia penale il carico giudiziario e il numero dei detenuti: l’incremento delle pene domiciliari e la depenalizzazione. I tempi sono ravvicinati. Fra 18 mesi saranno approvati i decreti delegati tesi a deflazionare l’eccessivo numero dei processi e consentire modifiche al sistema sanzionatorio con l’introduzione di una nuova tipologia di pena principale - la pena domiciliare - così da riservare alla pena detentiva carceraria il ruolo di rimedio estremo dell’ordinamento.
Nella depenalizzazione, tra le novità più significative figura la trasformazione in illecito amministrativo di tutti i reati per i quali è prevista la sola pena della multa e dell’ammenda, ad eccezione di alcune fattispecie ad esempio in materia di edilizia e di urbanistica. Diventano, inoltre, illeciti amministrativi alcuni reati quali atti osceni, omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, reato di clandestinità. In alcuni casi - ingiuria e danneggiamenti punibile a querela - si ha una vera «abolitio criminis».
È un’ossessione quella di abbreviare i tempi della Giustizia. A Napoli in un processo penale si è deciso che la parola alla difesa non può durare più di 5 minuti. È accaduto in un’udienza preliminare nei confronti di 75 imputati che si celebra davanti alla 23esima Sezione dell’Ufficio Gip. L’avvicinarsi della prescrizione e il numero delle persone coinvolte hanno indotto ad emanare l’ordinanza che concede agli avvocati appena 300 secondi di tempo per la discussione.
Vi sono state fondate critiche. Il Giudice si è difeso affermando che è stata concessa la possibilità di depositare memorie scritte. La scelta si è resa necessaria per l’incombente prescrizione, dopo mesi e mesi di ritardo per le notifiche e il conseguimento dell’attività giudiziaria. Al punto che il presidente del Tribunale Carlo Alemi ha diramato la direttiva che riorganizza le udienze penali. Il provvedimento individua come processi «a trattazione prioritaria» quelli per reati caratterizzati da «particolare allarme sociale». Dovranno essere trattati con precedenza i procedimenti con detenuti, poi quelli con parti civili costituite.
Quindi i procedimenti per violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, stalking, bancarotta con danno patrimoniale di rilevante gravità, procedimenti per delitti in materia di risparmio e credito sanzionati con almeno 4 anni di reclusione, estorsioni e rapine, procedimenti in cui sia imputato un pubblico ufficiale, quelli per reati legati a colpa medica, infortuni sul lavoro, omicidi colposi derivanti da violazione delle norme sulla circolazione stradale, procedimenti in materia di ambiente e paesaggio. I processi relativi a reati di minore impatto sociale e riguardanti casi diversi da quelli indicati come prioritari potranno essere fissati oltre la maturazione della prescrizione se, al momento dell’udienza di smistamento, il termine si compirà entro due anni e mezzo, o se la prescrizione massima maturerà entro 15 mesi dalla «presumibile» assunzione della decisione.
Intanto l’Europa sta per promuovere l’Italia nel sovraffollamento carcerario che è diminuito e si avvia alla normalizzazione. Il risultato è stato raggiunto con una serie di leggi volte ad escludere forme di detenzione inutilmente afflittive, preservando però la sicurezza sociale da un indiscriminato svuotamento degli istituti carcerari. Altri provvedimenti deflattivi: abolizione del fenomeno delle cosiddette porte-girevoli (entrate-uscite dal carcere nell’arco di 1-3 giorni), innalzamento dei termini per godere dei domiciliari da 12 a 17 mesi, estensione dei limiti per l’affidamento in prova ai servizi sociali, ampliamento della scarcerazione anticipata, introduzione della messa in prova per i maggiorenni. A ciò si aggiungeranno depenalizzazione e pene detentive non carcerarie.
Si afferma in un articolo di Donatella Stasio e Daniele Terlizzese che «il carcere aperto aumenta la sicurezza», l’asserzione è importante ma non va equivocata. Si riferisce infatti a una ricerca dell’Università di Essex e dell’Einaudi Institute for Economics Finance, secondo cui a parità di pena da scontare nelle galere, chi ha trascorso più tempo in un carcere aperto ha una recidiva inferiore di chi invece è stato detenuto più a lungo in un carcere chiuso. Il modello individuato è il carcere di Milano Bollate, prototipo di carcere aperto inaugurato nel 2000: celle aperte tutto il giorno, nessun sovraffollamento, giornate di lavoro, studio, formazione professionale, attività ricreative e sportive, affettività e progressivo reinserimento nella società attraverso benefici carcerari e misure alternative. Il discorso è valido, ma bisogna fare i conti con la natura dei reati commessi, isolando i detenuti più pericolosi che non possono usufruire del carcere aperto.
Come svuotare le carceri italiane? Con la messa alla prova e gli arresti domiciliari. È stato presentato il disegno di legge che delega il Governo a depenalizzare una nutrita serie di contravvenzioni tra cui l’immigrazione clandestina, introdurre la detenzione presso l’abitazione come pena principale per i reati puniti al massimo con 3 anni e come pena facoltativa per quelli tra i 3 e i 5 anni, estendendo agli adulti, nei delitti puniti fino a 4 anni, la sospensione del processo con messa alla prova. Se l’esito del programma, che prevede anche lavoro di pubblica utilità, è positivo, il reato si estingue.
Provvedimenti particolarmente significativi che presuppongono però una giustizia celere. Si è scritto che per i domiciliari e per i braccialetti elettronici i controlli sono inesistenti. Pochi agenti e verifiche ogni 17 giorni. Dopo la riforma del 2010, 14.039 detenuti hanno lasciato il carcere per i domiciliari. Alcuni detenuti ai domiciliari hanno compiuto furti e rapine. Il fenomeno è increscioso, ma non numericamente rilevante. Se la politica legislativa tende a diminuire la presenza in carcere e ad aumentare le pene domiciliari, bisogna attrezzarsi sulla vigilanza. Il rimedio dei «braccialetti» si è rivelato insufficiente.

Tags: Settembre 2014 Maurizio de Tilla carceri

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