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LE PROFESSIONI PER L’ITALIA: GLI ESEMPI DI PAPA FRANCESCO E LA SOBRIETa' FELICE

Maurizio De Tilla e Anna Maria Ciuffa, fondatori di «Le Professioni per l’Italia»

L'Italia è un Paese molto strano. Da un lato si mostra apertura e coraggio nell’affermare principi di solidarietà e di accoglienza. Dall’altro non si mostra nessuna indignazione per il respingimento di persone in cerca di asilo e di lavoro in esso. Lo scorso anno, esattamente l’8 luglio, quindi a neppure 4 mesi dalla sua elezione, il nuovo Papa Francesco si è recato a Lampedusa per visitare gli immigrati presenti nel Centro di accoglienza. Il suo arrivo è stato un forte segnale, ribadito dal lancio di una corona di fiori in ricordo delle migliaia di migranti scomparsi in mare. Il mondo è responsabile dell’indifferenza di fronte all’olocausto nel mare, che ha fatto più di 25 mila vittime. In un’omelia vibrante e commossa il Papa ha detto: «Chiediamo perdono per chi si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore».
Ma cosa facciamo noi tutti per reagire? Riferendosi a quel pellegrinaggio all’isola, definita «santuario dell’umanità sofferente», Enzo Bianchi ha scritto: «Un gesto altamente simbolico, ma soprattutto profetico, capace di interrogare le coscienze e, quindi, anche di infastidirne molte che però si dicono ‘pronte a difendere la vita’, e di ridestare non tanto l’attenzione quanto le orecchie e il cuore di ciascuno; un gesto che vuole ricordare a tutti, a cominciare da chi ha responsabilità politiche ed economiche, che nessun essere umano è clandestino su questa terra, che ciascuno ha diritto di vedere riconosciuta e rispettata la propria dignità, che migranti, profughi, esiliati, vittime di guerra e di carestie non si metterebbero in viaggio se trovassero pane e giustizia là dove sono le loro radici e il loro cuore».
Pochi giorni dopo, in occasione della 28esima Giornata Mondiale della Gioventù, il Papa si è recato in Brasile dove ha soggiornato dal 22 al 29 luglio, e dove si è affidato a gesti e ad esempi che dovrebbero essere imitati da tutti. Ma questo non è facile, neanche all’interno della Chiesa. Secondo Enzo Bianchi, «lo stile pastorale di Papa Francesco ha tutti gli elementi per poter essere ripreso e applicato nelle realtà ecclesiali più semplici e normali. Sembra proprio che, quanto abbiamo visto fare e sentito dire da Papa Francesco in quei suoi giorni brasiliani, possa costituire un esempio alla portata di tutti, una possibilità offerta per rendersi conto che la vita cristiana è fondamentalmente semplice: può comportare e comporta fatiche, sofferenze, difficoltà nel rinunciare alla mentalità di questo mondo, nell’aprirsi alla solidarietà, nel bandire l’egoismo e l’interesse personale». Un messaggio di immenso respiro quello di Papa Francesco. Per tutti: all’interno e all’esterno della comunità cattolica.
Nel panorama delle frasi meravigliose di Papa Francesco ve ne è una che deve far molto riflettere: «Il conflitto non risolve i problemi. Esso va risolto e trasformato in una catena, in uno sviluppo». Altro stupendo concetto espresso nelle audizioni periodiche: «Siamo tutti uguali (anche il Papa che intende dimostrarlo). Un uomo è diventato vescovo di Roma». Non vi è alcun dubbio: con Papa Francesco la Chiesa sta uscendo da se stessa.
Nel libro «Il cielo e la terra» Jorge Bergoglio offre al lettore concetti essenziali per individuare i connotati del «Dialo-go», una delle mete di una società cruda e drammatica che vive, invece, di contrasti e di contrapposizioni. «Il dialogo–scrive Papa Francesco– nasce da un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona, dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire; presuppone fare spazio, nel nostro cuore, al suo punto di vista, alla sua opinione e alla sua condanna preventiva. Per dialogare bisogna sapere abbassare le difese, aprire la porta di casa e offrire calore umano».
Proseguiamo ricordando un mirabile scritto del cardinale Carlo Maria Martini nel quale questi dichiarava che non «sognava» sulla Chiesa, ma «pregava» per la Chiesa. La sua preghiera ha colto nel segno con l’elezione di Papa Francesco. La Chiesa sta indubbiamente cambiando. Il mettersi in discussione è la premessa di un cambiamento che sia percepibile, e l’autocritica deve essere ribadita con sincerità e con coerenza. Ed anche lungo un percorso quotidiano che si ispiri all’umiltà. In una lettura più laica possiamo rilevare che la «Sobrietà felice», titolo di un libro che andrebbe letto da tutti, coincide con il senso delle parole di Papa Francesco. La sobrietà coincide con l’onestà e l’integrità morale. È il contrario dell’opacità morale e materiale, dell’opulenza e della vanagloria che ispira l’arroganza del corrotto.
Così Papa Jorge Mario Bergoglio: «Il trionfalismo è il brodo di cultura ideale per gli atteggiamenti corrotti, poiché l’esperienza dice che questi atteggiamenti danno buoni risultati economici. Il corrotto si conferma e contemporaneamente avanza in questo ambiente normale. Una persona corrotta non permette di crescere in libertà. Il corrotto non conosce la fraternità e l’amicizia, ma la complicità». 

Tags: Aprile 2014

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