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OPERAZIONE RIFUGIO PONTI: IL COBAT COMPIE UN RECUPERO IN ALTA QUOTA

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Il Cobat ancora una volta è il protagonista di un intervento particolarmente complesso e delicato di raccolta e avvio al riciclo di accumulatori al piombo esausti. Lo scorso settembre in Lombardia, nella Valle di Predarossa in Valtellina, al cospetto della mole maestosa del Monte Disgrazia e dei Corni Bruciati, per tre volte nel corso di una giornata prima tersa poi sempre più chiusa da nuvole, il silenzio è stato rotto dal rumore di un elicottero. A quota 2.559 metri, nel piccolo spiazzo antistante il rifugio Cesare Ponti, sovrastati dal rumore e dal turbinio dell’aria uomini in blu Cobat controllavano l’assetto del carico e la chiusura del gancio del verricello che scendeva dal cielo prima di allontanarsi e dare l’ok al pilota. Quando il secondo cassone a tenuta stagna ben ingabbiato nella rete si è alzato in volo un applauso ha sottolineato il termine della parte più delicata dell’operazione.
Cosa stava accadendo? Il rifugio Ponti, di proprietà del Cai di Milano, è raggiungibile solo a piedi (elicottero a parte) e costituisce la base delle ascensioni ai 3.678 metri del Monte Disgrazia. Le fondamenta del rifugio risalgono al 1881 e a quell’epoca il suo nome era Capanna Disgrazia. La costruzione fu prima ampliata e poi, con ulteriore intervento, ricollocata qualche decina di metri più in alto. Al nuovo rifugio, inaugurato nel 1928, il Cai Milano volle dare il nome «Cesare Ponti», a ringraziamento e memoria del banchiere milanese che aveva contribuito in modo significativo al finanziamento dell’opera.
Da decenni la gestione del Ponti fa capo ad Ezio Cassina e alla moglie Amedea: una vita spesa a mandare avanti il rifugio, a migliorarne di anno in anno l’ospitalità, a fare da angeli custodi agli escursionisti e agli alpinisti aggrappati al Disgrazia. Negli occhi della coppia si legge l’orgoglio per tutti quei sacrifici fatti e un amore sconfinato per la natura che li circonda.
Erano stati loro a lanciare l’Sos al Cai Milano: nella cantina del rifugio «stazionavano», ormai fuori uso, 12 grandi batterie al piombo, ciascuna del peso di un’ottantina di chili. Gli involucri si stavano deteriorando. Che fare? Come portare a valle quei rifiuti così pericolosi e pesanti? Impensabile un trasporto a spalla su un sentiero che, di buon passo in discesa, richiede quasi due ore.
Il presidente del Consorzio, Giancarlo Morandi, racconta: «Il Cobat, ancora una volta, è stato chiamato a un difficile lavoro ambientale, un recupero che ha visto impegnate le migliori qualità dei nostri raccoglitori, perché non ci troviamo nel centro di una città o in un comodo magazzino industriale, ci troviamo in un rifugio d’alta quota a quasi 2.600 metri. Come sempre, abbiamo risposto in modo positivo a questa sfida. È motivo d’orgoglio per noi sapere che, quando un’organizzazione nazionale come quella del Cai deve affrontare un problema delicato sul fronte ambientale, per risolverlo pensa al nostro Consorzio».
A lasciare la cantina del rifugio con non poche difficoltà sono stati 12 accumulatori al piombo portati sin lassù trent’anni fa da Enel per alimentare il primo impianto sperimentale di pannelli fotovoltaici sulle Alpi. Ora l’impianto è dismesso e per la verità anche i vecchi pannelli fotovoltaici collocati appena dietro il rifugio - su una struttura attaccata dalla ruggine - necessiterebbero di un recupero. «Il nostro consorzio si occupa anche del recupero dei moduli fotovoltaici a fine vita­–sottolinea Morandi–, ma in questo caso non abbiamo potuto intervenire perché mancava una richiesta della proprietà».
Per l’operazione batterie, che ha visto il recupero e il trasporto a valle dei 12 accumulatori per un peso complessivo di una tonnellata, il Cobat si è avvalso della collaborazione della società Ro. Bi Servizi Ecologici e di un elicottero della società Eliwork. Punto Cobat a Treviolo in provincia di Bergamo. Ro. Bi Servizi Ecologici è un’azienda certificata Emas che si occupa del trasporto, dello stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali, pericolosi e non.
«Io e un mio operatore specializzato siamo intervenuti in elicottero e abbiamo provveduto al recupero delle 12 batterie poste in un seminterrato–racconta Roberto Rampello titolare della Ro.Bi–; dopo aver scollegato gli elementi, abbiamo penato non poco per farli uscire uno ad uno da una piccola finestrella in corrispondenza del piazzale. Gli accumulatori erano molto vecchi, l’involucro esterno particolarmente fragile e il rischio di una rottura era veramente alto. L’elicottero aveva posizionato sul piazzale i due cassoni a tenuta stagna e lì abbiamo depositato questi rifiuti pericolosi da avviare al riciclo. Ad operazioni concluse sono stati necessari due voli per trasportare a valle i cassoni. Abbiamo lavorato in un ambiente straordinariamente bello, appena sotto il Monte Disgrazia innevato. Insomma, una soddisfazione notevole, una grande gratificazione. Questo è possibile soltanto grazie a Cobat».   

Tags: Marzo 2014 Cobat

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