Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

CORSERA STORY. LE MILLE STRADE DELLA PROVVIDENZA PER SCOPRIRE GLI SCANDALI

L'opinione del Corrierista

 

«Loro rubano e noi, se lo scriviamo, andiamo in galera», è la frase che abbiamo sentito pronunciare da molti giornalisti riferendosi alla legge tenacemente propugnata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sul divieto per la magistratura di compiere intercettazioni telefoniche e, conseguentemente, di comunicarne il contenuto ai giornalisti che, diffondendolo, finirebbero addirittura in manette. Gli appelli, le suppliche, le proteste, le assemblee, le manifestazioni dei giornalisti di ogni colore politico attuate in questi lunghi mesi di attesa non sono valse a nulla.
A loro si sono uniti gli editori, colpiti anch’essi da questo e da un altro provvedimento-bavaglio consistente nella triplicazione delle tariffe postali per la spedizione di giornali, riviste e libri agli abbonati, il che ha comportato l’esigenza, per le aziende editoriali, di un immediato riequilibrio nei già non prosperi bilanci, con tagli di spesa sia nelle spedizioni postali sia in altri settori. In primo luogo nell’occupazione: così tanti giovani aspiranti giornalisti, grafici e amministrativi resteranno o finiranno in strada, e dovranno ringraziare chi ruba denari pubblici e non vuole rischiare di essere scoperto, per cui legifera: «Meno giornali in giro, meno giornalisti nelle redazioni e mani libere, altro che mani pulite».
I giornalisti perderanno la libertà di stampa ma hanno guadagnato una pregevole santa protettrice, bella, avvenente, disinvolta, non una delle solite smorte, slavate, esangui icone contro ogni tentazione. Inoltre doppiamente santa: santa Santanchè. Assunta non solo tra gli angeli del Paradiso - il Parlamento -, ma addirittura nella seconda categoria del potere celeste ovvero «azzurro», quella dei cherubini detti anche sottosegretari. Alla prima appartengono i serafini, detti ministri; più su oggi in Italia c’è solo lo Spirito Santo, che crede di essere «Uno e Trono».
Santa Santanchè è stata assunta in cielo non si sa per quali miracoli compiuti e a chi. Però ora tutti i giornalisti debbono ricordarla nelle loro devozioni quotidiane. Perché anche a loro ha fatto un piccolo miracolo. Il 18 maggio scorso, nella trasmissione tv «Mattino 5», della rete più azzurra che esista, «ha difeso–ha riportato il giorno dopo Il Messaggero–, la privacy dei criminali chiedendosi che senso ha intercettare un mafioso mentre parla con la madre». «È un abuso», ha predicato santa Santanchè.
Ma anziché spezzare una lancia a favore di quanti vogliono mettere bavagli, paraocchi e paraorecchie a magistrati e giornalisti come intendeva fare, santa Santanché gli ha fatto un grande favore dimostrando dove si andrebbe a finire approvando tale legge: ad assimilare, anzi a scambiare politici ladri per mafiosi e mafiosi per politici ladri. Del resto non sono mancati in passato clamorosi esempi di mafiosi onorevoli e di onorevoli mafiosi.
Ma, restando nel campo dei miracoli e dei miracolati, ossia dei politici anti-intercettazione, è poi così vero che la legge-bavaglio riesca a coprire anche gli occhi e le orecchie dei giornalisti? Cioè a non fargli scoprire comportamenti illeciti o semplicemente sconvenienti di politici e burocrati corruttori e corrotti? Come facevano prima i giornalisti a fare appunto i giornalisti senza tecnologie, telefoni, cellulari, registratori, telecamere, fotocamere ecc.? C’è proprio bisogno delle registrazioni ordinate dalle Procure per conoscere gli scandali?
Ne potremmo elencare una serie scoperti e pubblicati dai giornalisti senza alcuna intercettazione telefonica e senza alcuna confidenza o «soffiata» dei magistrati. Anzi talvolta avendo i magistrati contro. Esemplare il caso Montesi, venuto alla ribalta nel 1953 non certo per le confidenze degli inquirenti che cercarono subito di depistare e insabbiare tutto attribuendo la morte della giovane Wilma Montesi a un pediluvio dalla stessa volontariamente compiuto nel mare di Ostia. L’imputato Piero Piccioni fu ritenuto dai giudici estraneo al caso dopo una serie di processi, ma nessuna Corte smentì lo svolgimento a Capocotta di festini a base di droga con personaggi altolocati, dive, aspiranti tali e ragazze del popolo. E potremmo continuare all’infinito.
Forse i giornalisti hanno dimenticato come attingere notizie fuori dalle Procure, come scoprire fatti e fattacci precedendole e addirittura aiutandole, anche senza nascondere microspie o effettuare registrazioni non autorizzate. C’è una norma infatti, nella legge, che trasforma questa in una farsa: si potrebbe finire in galera perfino solo «registrando» il messaggio di Capodanno del Capo dello Stato senza una sua preventiva autorizzazione. La frontiera del ridicolo non poteva spingersi oltre.
Comunque ecco una specie di vademecum per ricordare ai giornalisti alcuni sistemi da attuare per conoscere gli «interna corporis» della casta politica senza alcun bisogno di frequentare le Procure: chiedere notizie alle opposizioni politico-parlamentari e a quelle interne dei partiti; agli aspiranti politici esclusi dal potere, insoddisfatti o trombati; agli invidiosi; ai dipendenti infedeli; alle lettere più o meno anonime.
Ascoltare le vociferazioni, le allusioni, le metafore degli addetti ai lavori, dei salotti, degli ambienti interessati; accertare i comportamenti e le situazioni patrimoniali dei politici, dei loro congiunti e di eventuali prestanome e «sottopanza»; frequentare e saper leggere i documenti negli studi notarili, nelle Conservatorie dei Registri immobiliari, nell’Agenzia del Territorio cioè negli uffici del Catasto, per conoscere intestazioni e passaggi di proprietà; diffondere non atti giudiziari ma canzoni, parodie, barzellette sulla casta; affollare cinema, teatri, spettacoli di satira politica; vagliare attentamente discorsi e comunicati in difesa e propaganda dei politici «chiacchierati». Basta o occorre altro? Le strade della Provvidenza sono infinite.

Victor Ciuffa

Tags: quotidiani Corsera story Victor Ciuffa Corriere della Sera Corrierista giornalisti editori Giugno 2010 caso Montesi

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa