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CORSERA STORY. TRANSATLANTICO CON SUITE O SUPERMERCATO CON BOUTIQUE

L'opinione del Corrierista

di Victor Ciuffa

Fondato nel 1968 da Achille Cardini, il Centro di Documentazione giornalistica di Roma continua a pubblicare annualmente l’Agenda del Giornalista, costituita inizialmente da poco più di un elenco dei giornali e giornalisti, ma diventata via via, soprattutto in questi ultimi anni, una miniera di notizie su tutto il panorama della comunicazione italiana, oltreché sullo specifico settore dell’informazione. Sotto la direzione di Marcella Cardini, subentrata allo scomparso e compianto fondatore, l’Agenda si è arricchita spaziando anche nel campo dei nuovi mezzi di comunicazione e del marketing.

Ed è proprio da quest’opera, della quale nei giorni scorsi è stato pubblicato il primo, ponderoso volume di quasi 1.100 pagine, che si può avere un’idea del peso dei giornali italiani. Qual è la prima impressione, o meglio la prima constatazione che può trarsi sulla consistenza, funzione e influenza della stampa italiana? Basta scorrere la sezione riguardante l’organico del Corriere della Sera, che occupa ben 5 pagine, per capire, o meglio per avere la conferma che quest’ultimo è sempre il primo quotidiano italiano, il più autorevole, scrupoloso, efficiente, che soddisfa di più le esigenze e le aspirazioni di una massa di lettori.

È vero che, poco oltre, anche l’organico di Repubblica occupa un pari spazio, ma un particolare non indifferente distingue le due testate: precisamente il fatto che per condensare la storia del Corriere della Sera sono state necessarie circa 75 righe, per quella di Repubblica ne sono bastate appena una quindicina. È vero che un racconto può allargarsi o restringersi a fisarmonica, ma è anche vero che la storia del Corriere si estende per ben 135 anni di vita, quella di Repubblica per soli 35, un intero secolo quindi in meno.
Non intendo con ciò affatto sminuire il merito, il valore e l’influenza di quest’ultima testata; riconosco anzi che è stato l’unico quotidiano, tra i tanti nati nel dopoguerra, che sia riuscito ad affermarsi in maniera così solida e diffusa; Il Giorno ad esempio, nato vent’anni prima, nonostante fosse abbondantemente finanziato dall’Eni ossia dallo Stato, dopo uno smagliante sprint iniziale è finito in seconda o terza linea.

L’Agenda del Giornalista 2010, pertanto, non fa che confermare la definizione che ho sempre dato del Corriere della Sera: che nella stampa italiana è un transatlantico rispetto alla miriade di imbarcazioni che gli navigano intorno; è una portaerei dalla potenza di fuoco eccezionale nei riguardi dell’opinione pubblica. Più commercialmente l’ho definito anche il più ricco e attrezzato supermercato in cui tutti possono trovare tutto: dai prodotti, ossia dalle notizie su Milano a quelle sui più sperduti villaggi della foresta amazzonica o equatoriale.

Non raramente negli ultimi anni mi sono rammaricato, però, che il gigantesco transatlantico non avesse più le lussuosissime suite di un tempo, che nel fornitissimo supermercato non si trovassero più le raffinatissime boutique di allora, ossia le firme di grandissimi giornalisti come quelli di un tempo. Ma in questi ultimi mesi ho dovuto ricredermi. Certamente non soltanto sono cambiati i gusti dei lettori, ma ha subito mutamenti epocali l’organizzazione stessa dei mezzi di informazione con l’introduzione di nuove tecnologie, informatica, telematica, internet, computer, telefonini, telefoni satellitari, e non è certamente finita.

Pur non essendo nato nell’800, quando cominciai a fare il giornalista con l’Olivetti Lettera 22 da 30 mila lire pagate in 10 rate mensili di 3 mila, i testi nei giornali si componevano con la linotype, ma i titoli venivano ancora composti a mano, lettera per lettera. Nel 1954 entrò in tipografia la titolatrice, che fondeva in piombo titoli interi, come la linotype; le immagini si trasmettevano per telefoto; e, meraviglia, i testi si inviavano per telescrivente: battendo un tasto a Roma si stampava la relativa lettera a Milano; addio «trombettiere», mitico personaggio che leggeva gli articoli agli stenografi.

Nel pomeriggio di un Primo Maggio al largo di Marsala si rovesciò una barca diretta all’isola di Mozia e perirono 17 studenti. Vi arrivai alle 10 del 2 maggio, mi impadronii dell’unico telefono esistente nella zona, ma per cercare parenti e testimoni, affidai la cornetta a un ragazzo del luogo, impegnandolo a non cederla a nessun costo. Riuscii a trasmettere il servizio a Milano in tempo per il Corriere d’Informazione di mezzogiorno. Qualche mese dopo mi ritrovai nella redazione romana del Corriere quel ragazzo; voleva diventare e lo diventò, giornalista: Roberto Tumbarello.

Oggi siamo nel boom della tecnologia, è difficile anche per i giovani aggiornarsi su tutti i ritrovati, anche a causa del numero e della rapidità con la quale si susseguono novità, invenzioni, applicazioni. Molti si chiedono se è più possibile il giornalismo di un tempo, ossia le suite nel transatlantico, le boutique nel supermercato; in pratica se è possibile ospitare ancora grandi firme o se, come si è visto in alcuni giornali, al posto dei grandi inviati che un tempo viaggiavano e conoscevano tutto il mondo - Luigi Barzini, Vittorio G. Rossi, Max David, Virgilio Lilli, Egisto Corradi, Indro Montanelli, Gian Gaspare Napolitano ecc. -, opereranno in redazione oscuri assemblatori di notizie prelevate da internet.

Oltre alla scarsità di giornalisti preparati, indipendenti e coraggiosi, un direttore deve subire oggi troppi condizionamenti impostigli da proprietà, management, budget, pubblicità e politica; lo sforzo e la capacità richiestigli per fare un buon giornale è immenso, spesso insostenibile. Per questo c’è da meravigliarsi nel veder apparire ogni mattina in edicola un giornale come il Corriere, spesso perfino a 72 pagine di grande formato, ricchissimo di articoli, servizi, cronache, corrispondenze da tutto il mondo, commenti ecc.

Ma non per questo mi stupisco, mi rallegro e mi compiaccio; come non mi infastidisco per l’estremo carico di pubblicità, che dimostra quanto i committenti lo ritengano largamente diffuso, seguito e approvato. La mia soddisfazione, che penso comune alla massa dei lettori, si basa sul coraggio del suo attuale direttore Ferruccio de Bortoli e del suo staff di dire la verità, di scrivere tutto, di non nascondere né alterare niente, di andare contro poteri, lobby e interessi, perfino contro Governi e uomini di Governo, Di costituire, di nuovo, un imbattibile baluardo della libertà.

Tags: marketing Corsera story Victor Ciuffa Corriere della Sera Corrierista giornalisti Marzo 2010

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