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Corsera Story. Una capitale controvoglia che ha sempre subìto, invece di promuovere, la storia del paese

di Victor Ciuffa

Nichols: qui si vive come un astronauta sulla luna
Sui mali di Roma il parere, oggi, di Peter Nichols, corrispondente del prestigioso «The Times» di Londra. Attento osservatore delle abitudini della città, Nichols, che vi vive da vent’anni, è anche studioso dei risvolti storici, politici, sociali. Questa profonda conoscenza gli ha permesso di scrivere documentate opere: «Italia Italia», libro dell’anno 1976; «La scelta italiana», sulle elezioni politiche di due anni fa; «Ruffo in Calabria», pubblicato in Gran Bretagna, non ancora in Italia.
Domanda. Che pensa di Roma?
Risposta. Professionalmente un deserto, una città totalmente irreale.
D. Cioè?
R. Quando arrivai avevo qualche indirizzo. Telefonai a un frate irlandese. Gentilmente rispose: sto poco bene, sentiamoci la prossima settimana. Telefonai a un altro. Mi disse che il frate irlandese era morto un mese prima.
D. Che significa?
R. Che a Roma è più facile parlare con i morti che con i vivi.
D. Quali vivi?
R. Le autorità, i portavoce del governo. Impossibile trovarli per moltissime ore.
D. Oberati dal lavoro?
R. No. Non concepiscono il dovere di essere a disposizione del pubblico.
D. O dei giornalisti stranieri?
R. L’Italia in generale e Roma in particolare sono le prime in Europa ad aver bisogno di migliorare i rapporti con gli altri Paesi.
D. All’estero è diverso?
R. A Parigi, Bonn, Londra si trova sempre qualcuno.
D. Non si è abituato a vivere a Roma?
R. Son qui da vent’anni ma non posso dire che vi ho vissuto.
D. Che ha fatto?
R. Dicono che Roma è una città eterna. Per me è di una provvisorietà spettacolare.
D. Non le piace?
R. Molto ma per il lavoro è assurda. Un giorno è più corto, uno più lungo, si parla con i morti, non si incontrano i vivi.
D. Come lavora?
R. Ho una casetta a Bracciano. Ci vado spesso di sera, lavoro dall’alba a mezzogiorno, poi torno.
D. Cosa la disturba di più?
R. L’uso massacrante del telefono, l’appuntamento che ti fa sempre perdere l’intera mattinata.
D. Nel suo Paese no?
R. A Londra si combina tre volte di più. Qui tutto è difficile, ci si muove come gli astronauti sulla luna, per mancanza di gravità.
D. Le cause?
R. Il tipo di lavoro che si fa o si cerca di fare. Ministeri, uffici, negozi, attività non produttive. Mancano risultati visibili, tangibili.
D. Nei ministeri che si fa?
R. Si gira a cercare di fare qualcosa.
D. Esistono capitali senza ministeri?
R. Londra è il cuore dell’Inghilterra, Parigi ha dei limiti, ma è una capitale, così lo era Berlino. Roma non è il centro del Paese, ha mali più gravi rispetto al resto.
D. Anche rispetto al sud?
R. A Napoli c’è chi si alza al mattino non sapendo cosa la famiglia mangerà a mezzogiorno. A Roma manca il lavoro ma aumenta la periferia, oggi incalzano le generazioni cresciute nelle borgate.
D. Che succederà?
R. Non troveranno lavoro né sono abituate alla disciplina imposta dal lavoro. È un pericolo serio.
D. Come ci si è arrivati?
R. Per due errori, accentramento e insistenza sul ruolo di capitale. Roma è una grande città storica ma non ha i requisiti per essere capitale.
D. Chi li ha?
R. Gli italiani sono stati geni nel creare le città ma non hanno saputo creare una capitale. Roma lo è per altri motivi.
D. C’è una città più adatta?
R. Firenze, ma avrebbe altri difetti. Milano, ma è così poco italiana. Torino e Napoli danno ancora l’impressione di ospitare una corte; neppure esse una buona scelta.
D. La soluzione?
R. Costruirla da zero, vicino al mare in un’imponente posizione naturale, ricca di vie di comunicazione. Ma non è possibile.
D. Dobbiamo accontentarci di questa?
R. Si può ripensare il suo ruolo nella vita nazionale. Roma è un peso per la nazione ma bisogna usarlo come nei lampadari, per sollevarla.
D. Non vede progressi?
R. Vent’anni fa ai concerti solo vecchiette con bracciali d’oro tintinnanti. Una ricca americana esclusa per la ressa a New York da un concerto di Oistrack venne a sentirlo appositamente a Roma. Trovò la sala semivuota. Oggi masse di giovani ci vanno ma mancano gli auditori.
D. Si sta un po’ meglio?
R. Roma si sopporta lasciandola un paio di giorni a settimana.
D. Sono mali di tutte le grandi città?
R. Non dipende da ciò. Londra è più grande ma ha atmosfera serena, vita più ordinata.
D. Di chi la colpa?
R. Non si può pretendere, senza aiutarla con piani e finanziamenti, di usare Roma come capitale, imposta, anzi doppia, perché c’è anche il Vaticano.
D. È una capitale controvoglia?
R. Ha sempre subìto, invece di promuoverla, la storia del paese. Tutto è venuto dal nord o dal sud, cristiani, barbari, stranieri, piemontesi, fascisti, americani.
D. Allora non conta niente?
R. Moltissimo. Il papa è prima vescovo di Roma, è eletto dal clero e dal popolo di Roma. Attraverso il papa Roma condiziona la storia, non solo l’Italia.   

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