Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Interviste
  • christopher prentice: Italia e Regno Unito, aiutarsi per superare la crisi

christopher prentice: Italia e Regno Unito, aiutarsi per superare la crisi

Christopher Prentice, ambasciatore di Gran Bretagna presso la Repubblica Italiana

di
ANNA MARIA BRANCA

Entrato nel 1977 nel Foreign and Commonwealth Office, il dicastero del Regno Unito responsabile per la promozione degli interessi del Paese all’estero, Christopher Prentice ha trascorso gran parte della carriera dedicandosi a questioni medio-orientali, con incarichi svolti nel Kuwait e come ambasciatore ad Amman e a Baghdad. Ha un’ampia conoscenza del contesto europeo, avendo prestato servizio, per tre anni, nel Gabinetto del ministro degli Esteri britannico. Ha studiato lettere classiche all’Università di Oxford. Nel gennaio del 2011 Christopher Prentice è stato nominato ambasciatore britannico presso la Repubblica italiana.
Domanda. Attualmente quali sono i settori chiave per la Gran Bretagna?
Risposta. L’economia britannica si basa da sempre in particolare sui servizi finanziari. In questi ultimi anni il Regno Unito sta cercando di ampliare i propri settori trainanti, tra i quali figurano l’economia verde e a basso tenore di carbonio; il settore delle fonti energetiche rinnovabili nel quale il Regno Unito è leader per vari aspetti; l’hi-tech; la produzione di automobili; le industrie aerospaziale, delle costruzioni e dei farmaci. Si sta lavorando a un nuovo equilibrio per l’economia, precedentemente caratterizzata da uno sviluppo eccessivo dei servizi. Viene incoraggiata in particolare la crescita nei settori della manifattura hi-tech e delle esportazioni.
D. Quali interessi economici legano attualmente la Gran Bretagna e l’Italia? Di quali settori industriali e imprenditoriali i due Paesi sono partner affiatati?
R. Il Regno Unito e l’Italia sono forti partner economici e commerciali, e sono entrambe economie avanzate facenti parte del G8. I dati sulle relazioni commerciali del Regno Unito per i primi 5 mesi del 2013 indicano l’Italia all’ottavo posto tra i Paesi importatori e al nono tra quelli esportatori. Anche se in questo momento si cerca di espandere gli scambi commerciali con le «economie emergenti», va sottolineato quanto sia fondamentale continuare a lavorare con i partner tradizionali, tra cui l’Italia. Per usare una metafora britannica, dico che i rapporti con l’Italia non sono solo il pane e burro ma anche la marmellata, quindi qualcosa di speciale. Una parte importante del mio ruolo di ambasciatore consiste nel ricordare ai colleghi nel Regno Unito l’importanza di questa nostra relazione con l’Italia.
D. Di che si occuperà in dettaglio il forum Gran Bretagna-Italia che, come ogni anno, terrete a Pontignano sul tema «La democrazia e il welfare in Europa»?
R. Abbiamo scelto questo tema in un incontro con i due presidenti del convegno, Enrico Letta succeduto in questa carica a Giuliano Amato, e Chris Patten; e con numerosi delegati. Un tema quanto mai cruciale per le nostre economie, che approfondiremo secondo il concetto ribadito un anno fa da Angela Merkel: in Europa vive il 7 per cento della popolazione mondiale, si produce soltanto il 25 per cento del PIL mondiale, ma di fatto la spesa per il welfare ammonta al 50 per cento di quella globale. Il convegno mira a scoprire quanto siano sostenibili oggi tali modelli di welfare e di economia sociale di mercato, e come adattarli alle attuali esigenze dei cittadini europei.
D. Temi in linea con i programmi dei due Paesi?
R. Si ricollegano all’attenzione che il Governo Letta ha posto a problemi fondamentali come la disoccupazione giovanile e la ripresa della crescita economica mantenendo l’attuale spesa per le pensioni e per quanto ne consegue. Guarderemo in particolare a come il sistema dell’istruzione in Europa debba adattarsi per dotare le nostre economie degli strumenti necessari per competere nel panorama economico mondiale. Questo argomento fa riferimento alle agende politiche condivise dei primi ministri, Enrico Letta e David Cameron, su come favorire le chances europee nella competizione globale. C’è stata una grande condivisione di posizioni in occasione della visita di Letta a Cameron nel luglio scorso.
D. Come il Regno Unito persegue la ricerca e l’innovazione in patria e in Italia?
R. Destinare più risorse in settori chiave come ricerca, sviluppo e innovazione, pur in un momento di generali ristrettezze economiche e di austerità nel quale occorre ridurre la spesa pubblica e il deficit a livello nazionale, è essenziale e va fatto. Il Governo britannico è impegnato, in questa congiuntura, a reintrodurre una percentuale destinata alla ricerca e allo sviluppo pari al 2,5 per cento del bilancio; cerca inoltre di incoraggiare il settore privato attraverso incentivi fiscali, agevolazioni e crediti d’imposta per le imprese che investono in tali settori chiave. Esiste anche un programma specifico, il «Knowledge Transit Partnership» per favorire il trasferimento di conoscenze tra il mondo dell’accademia e della ricerca e il settore privato per favorirne il progresso .
D. Potrebbe essere adottato anche in Italia?
R. In Italia le piccole e medie imprese hanno spesso difficoltà a trovare i fondi necessari per gli investimenti in ricerca e nello sviluppo, indispensabili per l’innovazione. Esistono una serie di progetti che il Governo britannico sta portando avanti per incoraggiare le aziende, soprattutto quelle medie e piccole, ad unire le forze in materia e ad ottenere i finanziamenti necessari per rivolgersi ad apposite società di consulenza. È stato infine costituito un comitato strategico per aiutare il Governo a rimuovere gli ostacoli all’innovazione e a introdurre leggi o specifiche misure fiscali che favoriscano investimenti in ricerca e sviluppo. Da questi dipendono i settori ad alta tecnologia nei quali si registrano tra l’altro crescenti collaborazioni e scambi tra Italia e Regno Unito.
D. Per quale motivo l’Europa e in particolare l’Italia sono arrivate a questa situazione economica? Dove sono stati commessi gli errori?
R. Non sta a me analizzare decenni di storia economica, ma posso dire, per quanto riguarda l’Italia, quello che i nostri investitori vorrebbero vedere per essere incoraggiati a investire in questo Paese ed espandere la partnership. Alcuni ostacoli che si incontrano sono abbastanza noti: il primo che menzionerei è il ritardo nei pagamenti della Pubblica Amministrazione.
D. Come giudicate l’azione del Governo Letta?
R. Per risolvere il problema il Governo italiano ha cominciato a compiere qualche passo importante. Vediamo ciò con favore, perché l’immissione di liquidità può contribuire a far ripartire la domanda in Italia. Con il nostro Consolato Generale a Milano stiamo cercando di proporre alle aziende di impegnarsi a pagare rapidamente tutti i loro creditori; speriamo che la Confindustria accolga la proposta a beneficio di tutto il sistema economico. Gli investitori tengono al rispetto dei contratti e ai tempi della giustizia, problema in Italia ampiamente noto non soltanto agli stranieri ma anche ai cittadini e alle aziende italiane.
D. Pensate che le aziende aderiscano a questa proposta?
R. Molte persone in Italia lavorano in questa direzione e l’auspicio è la formazione di un contesto politico che favorisca l’introduzione di riforme strutturali. Un’idea che il Governo Letta ha in qualche modo acquisito è la riforma istituzionale del Titolo V della Costituzione, essenziale per gli investitori perché l’adozione di decisioni relative ad investimenti è diventata molto complessa, articolata e lunga. Vi è la necessità di stabilire un nuovo equilibrio in merito al ruolo delle Regioni nelle decisioni strategiche riguardanti progetti di interesse nazionale.
D. Che cosa si è fatto nel vostro Paese?
R. Nel Regno Unito diversi Governi hanno cercato di semplificare quanto più possibile i processi legislativi e burocratici che consentono lo sviluppo di nuove infrastrutture e progetti; ma va precisato che resta ancora molto da fare sia da noi che  in Italia.
D. Come commenta la nascita dell’UK Space Agency che si curerà dell’industria spaziale presente nel territorio britannico? Come collaborerà con le imprese italiane ?
R. Si tratta di un settore già di notevole collaborazione tra l’Italia e il Regno Unito. L’UK Space Agency, fondata due anni fa, ha permesso di mettere insieme per la prima volta tutti gli attori del settore aerospaziale operanti nel Regno Unito ed è la protagonista delle relazioni internazionali tra l’industria aerospaziale britannica e l’estero; per l’Italia l’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana. Ero presente lo scorso ottobre all’International Astronautical Congress di Napoli. Varie aziende britanniche vi hanno preso parte e i nostri uffici commerciali di Napoli hanno concorso al successo dell’iniziativa volta a promuovere il business tra Italia e Regno Unito nel settore aerospaziale.
D. Qual’è la consistenza di questo vostro settore?
R. Tra il 2009 e il 2011 l’economia aerospaziale britannica è cresciuta di oltre il 15,6 per cento in un periodo non facile, e nel 2011 il valore complessivo si elevava oltre i 9,1 miliardi di sterline. Visto che anche per l’Italia questo è un campo in espansione, la collaborazione può ancora crescere, essendo legata alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione.
D. Il Regno Unito ha registrato un afflusso di 10 miliardi di sterline dai Giochi olimpici e paraolimpici. Come giudica la candidatura dell’Italia per i Giochi del 2024? Ce la può fare?
R. L’eredità dei Giochi di Londra 2012 è positiva sia in termini finanziari sia anche nell’impulso dato alla pratica sportiva dei giovani del Regno Unito, oltre che nella visibilità, nel prestigio e nella reputazione internazionale del nostro Paese. Ospitare le Olimpiadi è stata una scelta convinta e fortunata. Il precedente Governo italiano aveva deciso di escludere Roma dalle città candidate ad ospitare i Giochi olimpici del 2020, ma quello attuale ha invitato varie città a presentare le loro candidature. Forse dietro questa nuova decisione è il desiderio di mostrare al mondo che per l’Italia il peggio è passato, che si guarda alla ripresa e alla crescita anche per dare un’immagine di prosperità. Comunque è una decisione che spetta agli italiani, e la scelta di Tokyo per il 2020 da parte del Comitato Olimpico Internazionale ha forse aumentato le chance per una città europea per i Giochi del 2024.
D. I temi centrali del G8 in Irlanda del Nord dello scorso giugno erano le tre T: Trade, Tax e Transparency,: stimolare il commercio, migliorare i sistemi di riscossione delle tasse, promuovere maggiore trasparenza, oltre alla lotta alla disoccupazione giovanile. Cosa si farà in merito?
R. Al G8 non abbiamo solo fatto passi avanti sulle tre T, ma il Presidente Letta ha anche ottenuto la possibilità di un sostegno a livello internazionale sulle sue priorità. È stata un’occasione vincente e proficua per entrambi i nostri presidenti del Consiglio. Delle tre T vorrei richiamare l’iniziativa che ha avuto successo in ambito commerciale con la presentazione al G8 dei negoziati per un’area di libero scambio tra Europa e Stati Uniti. Ci auguriamo che il Governo italiano, durante il suo prossimo semestre di presidenza dell’Unione Europea nella seconda metà del 2014, prosegua il lavoro annunciato al G8 e ottenga, se non risultati finali, progressi sostanziali.
D. Come attrarre investimenti? Qualche suggerimento per l’Italia e il Governo italiano?
R. Regno Unito e Italia sono tra loro partner ma anche competitor nell’attrazione di investimenti dall’estero. Noi stiamo cercando di creare le condizioni affinché sempre più imprese e aziende scelgano il Regno Unito, ma anche l’Italia ha un ampio spazio di manovra per incrementare l’afflusso di investimenti stranieri. Ognuno deve saper creare i presupposti e le condizioni ideali a tal fine.
D. Come commenta i casi di Medoilgas e di British gas, la cui attività in Italia è stata lungamente ostacolata fino alla rinuncia nel caso della BP? Come si trovano le aziende britanniche in Italia, ritenuta forse incapace di attrarre investimenti esteri?
R. La British gas ha atteso decenni per ottenere l’autorizzazione per costruire un impianto di rigassificazione in Puglia. È una triste storia di aspettative deluse, ma anche di occasioni perdute dall’Italia di attrarre un investimento strategico, con conseguenze negative sull’immagine di questo Paese come destinazione di investimenti. Credo che sia il precedente che l’attuale Governo ne abbiano tratto spunto per proporre modifiche al Titolo V della Costituzione, dirette a trovare un nuovo equilibrio tra poteri locali e centrali e a semplificare i processi decisionali. Ciò è essenziale sia per le aziende britanniche che potrebbero investire, sia per il Governo britannico perché la prosperità e il benessere economico dell’Italia sono fondamentali non soltanto per essa, ma anche per il Regno Unito e il resto d’Europa.
D. A che punto è l’iter burocratico nel caso Medoilgas?
R. Il caso è ancora aperto e pertanto non vorrei fare commenti. Ma devo riconoscere che tutti gli investitori devono operare in un Paese con il rispetto delle sensibilità e realtà locali; il mio ruolo in qualità di ambasciatore è infatti quello di aiutare le aziende britanniche non soltanto a capire la realtà locale, ma anche ad operare in maniera tale che l’intervento abbia successo per loro e per il territorio che le ospita. Oltre a fare in modo che i diritti legali di tali aziende vengano rispettati in Italia. È chiaro che esistono punti sensibili e che sono necessarie pazienza e collaborazione reciproca per ottenere i risultati.
D. Quale ambiente professionale trovano gli italiani in Gran Bretagna, considerando che le eccellenze italiane presenti nel mercato britannico vengono premiate nella manifestazione UK-Italy Business Awards?
R. Favorire il più possibile investimenti da parte di aziende italiane nel Regno Unito è un obiettivo essenziale per noi, ma anche e soprattutto per i nostri uffici commerciali di Milano, nei quali la maggior parte del personale proviene dallo UK Trade & Investment. Fortunatamente riscontriamo un crescente interesse da parte di uomini d’affari ma anche di giovani imprenditori che scelgono il Regno Unito non soltanto per stabilirvisi, ma anche per espandervi le proprie attività.
D. Non è una fuga dall’Italia?
R. Visto dall’Italia, spesso questo fenomeno è considerato una fuga dei cervelli, ma io lo ritengo un aspetto essenziale dell’integrazione tra i due Paesi, che non deve necessariamente escludere anche il fenomeno inverso. Ciò che attrae gli investitori stranieri nel Regno Unito, e lo dico sapendo che nulla è perfetto, è stata la definizione di uno scenario stabile e prevedibile per quanto riguarda la politica e il sistema di tassazione. Nel Regno Unito il mercato è aperto, ma lo è anche il mercato del lavoro e vige maggiore certezza nei contratti e nelle garanzie legali sul loro rispetto. C’è inoltre, e questo vale per le aziende che guardano ad aspetti più culturali, la possibilità di attingere a personale altamente qualificato. E anche se non è l’unica destinazione di questo fenomeno, Londra è una città internazionale; abbiamo riscontrato che attrae in particolare giovani imprenditori e quanti desiderino avviare nuove imprese in settori molto innovativi, come ad esempio la Tech City.
D. In che cosa consiste?
R. Fa parte dell’eredità dei Giochi olimpici essendo una zona della città che sorge dove essi si sono svolti ed è destinata ad attrarre progetti di eccellenza nel settore dell’hi-tech e delle nuove tecnologie. Esiste uno specifico programma globale per gli imprenditori laureati, un’iniziativa che riguarda tutti i giovani, non solo italiani, affinché possano trovare opportunità e condizioni vantaggiose per avviare la propria attività nel Regno Unito. È un settore nel quale esiste una collaborazione con l’Italia e in particolare con il responsabile dell’Istituto per il Commercio Estero Riccardo Monti, con il quale, nell’ambito dei rapporti commerciali tra Italia e Regno Unito, collaboriamo nella promozione di nuove opportunità per i due Paesi a livello globale.
D. Quanti sono gli investitori che dal Regno Unito vengono in Italia? E quanti gli italiani in Gran Bretagna?
R. Non abbiamo a disposizione statistiche precise su questo fenomeno. Il mio ruolo è incoraggiare le aziende italiane ad approfittare delle opportunità di lavoro esistenti nel Regno Unito. In termini prettamente commerciali e di scambi tra i due Paesi, il bilancio è di poco favorevole all’Italia.
D. In Italia la TAV è fortemente osteggiata mentre le infrastrutture sono necessarie per lo sviluppo. Come giudica il parere contrario del Public Accounts Committee, la Commissione per la spesa pubblica, in merito all’High Speed 2, l’Alta Velocità inglese, che viene addirittura accusata di togliere lavoratori al Nord e di ostacolare l’economia regionale?
R. I due progetti citati, come tutti quelli di questa portata, sono spesso oggetto di controversie anche nell’opinione pubblica e riflettono non soltanto la portata degli investimenti finanziari, ma anche l’impatto sull’ambiente e sulle collettività locali. È una situazione sempre difficile, perché questo genere di progetti e di investimenti riguardano strutture, lavori e processi che vanno al di là della vita di ogni singolo Governo, con conseguenze difficili da prevedere considerando la lunga prospettiva in cui si inseriscono. Ma è giusto che i Governi pensino a progetti riguardanti interessi di lungo termine nei loro Paesi, ed è anche giusto che le Commissioni parlamentari, incaricate di controllare spese così ingenti, analizzino attentamente ogni progetto specifico e il relativo effetto a lungo termine.
D. Come è la situazione nel Regno Unito sulla realizzazione della linea ferroviaria HS2?
R. Il dibattito è tutt’altro che concluso: la KPMG ha recentemente pubblicato uno studio in cui evidenzia l’impatto e gli effetti benefici del progetto non soltanto sull’economia britannica nel suo complesso ma anche a livello locale; il messaggio conclusivo dello studio è che il beneficio per l’economia britannica derivante da quella realizzazione è di 15 miliardi di sterline all’anno. Localmente invece, se prendiamo ad esempio Birmingham, tra le città collegate dalla nuova linea, si prevede che il prodotto interno della regione metropolitana possa registrare una crescita annua dal 2,1 al 4,2 per cento. Ma questa non è l’ultima parola.
D. A che punto è l’iter?
R. Il Parlamento dovrà ancora affrontare un iter legislativo che fornisca il quadro entro cui l’HS2 dovrà svilupparsi in futuro, e il Governo è impegnato in questo progetto. Non conosco nel dettaglio il caso della TAV, ma sicuramente riscontro dei paralleli e delle continuità nell’impegno di successivi Governi italiani e britannici per dotarsi di infrastrutture così strategiche. Trattandosi di un argomento che localmente desta reazioni molto veementi, va cercato un equilibrio con l’interesse nazionale.
D. Quali altri progetti intendete realizzare in Italia?
R. Sono quasi al giro di boa del mio mandato ma non è ancora stabilita una data per la mia partenza. Spero che nei prossimi due mesi mi si presenti l’opportunità di raggiungere nuovi risultati, in particolare rispetto alle priorità per i nostri Paesi in materia di prosperità e crescita economica. L’attuazione del programma del Governo italiano nel campo delle riforme strutturali sta particolarmente a cuore a me e al Regno Unito, quindi potremo scambiarci le esperienze maturate in campi analoghi. Continuerò a fungere da canale di informazione tra aziende italiane e britanniche per favorire il più possibile gli scambi economici e commerciali tra i due Paesi.
D. Cosa le è piaciuto di più di questo soggiorno in Italia?
R. È difficile sintetizzare una valutazione, posso dire che mia moglie è per metà italiana e che ho trascorso per molti anni le vacanze in Italia. Per cui, prima ancora di arrivarvi, ho cominciato il mio lavoro con un bagaglio di grande amore per questo Paese.  

Tags: Ottobre 2013 Anna Maria Branca Gran Bretagna ambasciate in Italia

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa