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NACEUR MESTIRI: TUNISIA E ITALIA INSIEME PER LA RIPRESA ECONOMICA E PER LA SICUREZZA

Naceur Mestiri, ambasciatore della Tunisia in Italia

a cura di ANNA MARIA BRANCA

Diplomatosi nel 1979 in Giornalismo e Scienza dell’Informazione nell’Istituto della Stampa e delle Scienze dell’Informazione di Tunisi, e ricevuto il Premio del Presidente tunisino, Naceur Mestiri si specializzò a Parigi alla Sorbona, quindi entrò nella Direzione della Cooperazione internazionale del Ministero tunisino dell’Informazione. Poi divenne Segretario degli Affari quindi Incaricato d’Affari e Consigliere economico nell’Ambasciata tunisina di Giacarta. Dopo aver ricoperto altri posti, nel 2002 fu nominato Incaricato d’Affari e Consigliere economico nell’Ambasciata di Tunisia a Roma. Promosso ministro plenipotenziario, è stato successivamente Ambasciatore di Tunisia a Malta, in Grecia e in Albania con residenza ad Atene. Dal 12 settembre del 2011 è Ambasciatore di Tunisia in Italia nonché rappresentante permanente del suo Paese presso la FAO e le Organizzazioni delle Nazioni Unite in Italia. Parla arabo, francese, inglese e italiano. In questa intervista fa il punto sugli attuali rapporti tra la Tunisia e l’Italia.
Domanda. Quale ruolo svolge la Tunisia nello scenario mondiale e in particolare nel Mar Mediterraneo?
Risposta. La sua politica estera è imperniata su un insieme di principi significativi di un Paese appassionato della pace, legato alla legalità internazionale, desideroso di rafforzare le intese, la tolleranza, la solidarietà tra gli Stati e i popoli, di improntare a maggiore giustizia, democrazia ed equilibrio le relazioni internazionali, di diffondere sicurezza, stabilità, benessere e progresso a beneficio dell’intera umanità. Tali principi costituiscono le fondamenta della nostra politica estera nonché il quadro generale nel quale si inserisce l’azione svolta dalla diplomazia in campo sia bilaterale sia multilaterale, per consolidare le relazioni con i Paesi fratelli e amici, e per rafforzare la sua presenza e la sua credibilità in ambito regionale e internazionale. Trattandosi del ruolo svolto nello spazio mediterraneo, va ricordato che nel dicembre 2003 la Tunisia ha ospitato il primo Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del Mediterraneo occidentale. Un vertice che ha segnato l’inizio di un nuovo processo sulla via della coesistenza, della comprensione reciproca, della cooperazione e della solidarietà euromediterranea.

D. Quanto tiene conto, la Tunisia, dei rapidi mutamenti della situazione?
R. È consapevole che, in seguito ai cambiamenti che si registrano di continuo nel mondo e ai nuovi impegni e poste in gioco, l’area mediterranea non ha altra scelta che svolgere un’azione collettiva, coerente e solidale nell’ambito degli impegni regionali a favore del dialogo, anche in considerazione degli obblighi che il futuro del bacino occidentale del Mediterraneo impone sul piano strategico e di civiltà, nonché dello sviluppo e dell’ambiente. La Tunisia punta a valorizzare il dialogo tra i Paesi delle due sponde, per garantire un avvenire migliore ai popoli della regione, ribadendo la volontà di sostenere gli sforzi per instaurare un partenariato proficuo per tutti e assicurare un futuro migliore per il Mediterraneo sul piano politico, economico, sociale e culturale.

D. Qual’è la situazione politica, economica e sociale?
R. L’Assemblea costituente nata dalle elezioni del 23 ottobre 2011 lavora incessantemente per completare, nell’estate, la redazione della nuova Costituzione al fine di far svolgere le elezioni prima della fine del 2013, e di consentire alla Tunisia di iniziare una nuova era ricca di prospettive. L’Assemblea costituente sta anche completando i testi giuridici che consentiranno l’istituzione dell’ISIE, l’Istanza Superiore Indipendente per le Elezioni, insieme alle altre istanze necessarie per il successo della transizione democratica. Sono da aggiungere le varie iniziative della Presidenza della Repubblica e della principale organizzazione dei lavoratori, l’«Unione Generale dei Lavoratori Tunisini», per un dibattito nazionale sulle varie questioni di ordine politico, economico e sociale. Questo dibattito ha già visto la partecipazione dei partiti politici e dei rappresentanti della società civile tunisina, e ha favorito un esame approfondito di vari temi e il raggiungimento di compromessi destinati ad agevolare il lavoro dell’Assemblea costituente.

D. Qual è l’andamento dell’economia?
R. La Tunisia ha registrato una ripresa nel 2012 con una crescita del 3,2 per cento. La buona stagione agricola, un relativo riavvio dell’attività turistica e degli investimenti diretti esteri, la produzione di idrocarburi e fosfati quasi ferma nel 2011, hanno contribuito a questo risultato. La crisi europea e la diminuzione della domanda estera hanno avuto un effetto negativo sulle esportazioni, in particolare per i settori tessile, metalmeccanico ed elettrico. Nell’insieme, un clima sociale più stabile che nel 2011 e il mantenimento della domanda interna hanno giovato alle attività produttive. Tuttavia, benché la situazione economica nel suo insieme abbia registrato un certo miglioramento, il Governo è chiamato a fronteggiare numerosi problemi tra cui un elevato tasso di disoccupazione, rivendicazioni sociali, scioperi e manifestazioni, tutto ciò nell’assenza di una solida ripresa economica in Europa, principale partner economico della Tunisia. Le riforme avviate dal Governo di transizione per migliorare la crescita e ridurre le disparità regionali puntano a favorire un clima di stabilità e a restaurare la fiducia degli investitori e dei cittadini.

D. In che modo la Tunisia affronta la crisi economica mondiale in atto?
R. Alla crisi cominciata nel 2008 con il crollo del mercato americano dei crediti ipotecari a rischio, i famosi subprimes, si è aggiunta quella del debito sovrano che si è tradotta in un declino dell’attività economica nella zona euro. Pur avendo risentito in modo relativamente moderato degli effetti della crisi, la Tunisia ne avverte sempre di più gli effetti reali. La situazione attuale non può non avere conseguenze sull’economia tunisina, le cui prestazioni dipendono in parte dalla ripresa dell’Europa, suo primo partner economico con quasi il 75 per cento dei suoi scambi economici. È soprattutto attraverso i flussi commerciali - ma gli scambi sono ormai compromessi dalla debole domanda europea -, l’attività turistica, il trasferimento degli stipendi dei lavoratori tunisini residenti all’estero e gli investimenti diretti esteri, che la crisi potrebbe avere effetti negativi. Tuttavia, tenendo conto degli avvenimenti sopraggiunti all’indomani del 14 gennaio 2011 che hanno retroagito sull’economia tunisina, sarebbe difficile stimare gli effetti della crisi del debito nella zona euro sull’economia tunisina.

D. Che cosa esporta e importa prevalentemente il suo Paese?
R. Gli scambi commerciali tra la Tunisia e il resto del mondo hanno registrato nel 2012 un incremento del 10,1 per cento, rispetto al 6,2 a fine 2011 e del 22 a fine 2010, passando da 58.793,8 milioni a 64.730,4 milioni di dinari tunisini. Le entrate dalle esportazioni di beni hanno registrato un incremento del 5,8 per cento rispetto al 6,7 a fine 2011, passando da 25.091,9 a 26.547,7 milioni di dinari, attribuibili alle migliorate entrate dei settori «Energia e Lubrificanti» e «Industrie meccaniche ed elettriche». Quanto alle importazioni, la Tunisia ha registrato un incremento del 13,3 per cento rispetto al 5,9 a fine 2011, passando da 33.695,4 a 38.182,7 milioni di dinari.

D. Come va la bilancia commerciale?
R. Al termine del 2012 si è chiusa con un deficit di 11.635 milioni di dinari rispetto agli 8.603,5 del 2011. I settori dei prodotti tunisini più esportati sono: industrie meccaniche, elettriche ed elettroniche con il 36,6 per cento del totale; industrie tessili, dell’abbigliamento e del cuoio con il 22,3; prodotti energetici con il 16,8; agricoltura e industrie agroalimentari, con il 9,7; altre industrie manifatturiere con l’8,4; mine, fosfati e derivati, con il 6,2 per cento. I prodotti importati sono: manifatturieri, per il 75 per cento; agricoli, 10; energetici e minerari, 15 per cento. I principali partner commerciali della Tunisia sono Francia, Italia, Germania e Cina.

D. Quali sono i rapporti bilaterali tra l’Italia e la Tunisia?
R. Nel 2012 gli scambi commerciali hanno registrato una leggera flessione del 3,2 per cento, da 10.772 milioni di dinari nel 2011 a 10.428. Questi dati fanno dell’Italia il secondo partner commerciale della Tunisia con quasi il 19 per cento del totale delle esportazioni tunisine e più del 14 per cento delle importazioni. I prodotti tunisini più esportati verso l’Italia sono tessuti e abbigliamento, prodotti energetici, industrie meccaniche, elettriche ed elettroniche, prodotti agricoli e industria agroalimentare, cuoio e calzature, industrie diverse. Tra i principali prodotti importati dall’Italia figurano attrezzature e apparecchi elettrici, cotone e tessuti, cuoio e calzature.

D. E la situazione degli investimenti?
R. L’Italia è il secondo Paese investitore in Tunisia dopo la Francia. Gli investimenti italiani hanno permesso di creare oltre 700 aziende a capitale parzialmente o totalmente italiano, operanti in industrie manifatturiere, agricoltura, servizi e turismo. Queste società, per un investimento globale di 1,264 miliardi di dinari tunisini, hanno creato più di 57 mila posti di lavoro diretti. L’Italia nel 2012 è stato il primo Paese investitore in Tunisia nel settore degli idrocarburi e il secondo negli IDE, investimenti diretti stranieri, con 104,95 milioni. Per la potenziale creazione di posti di lavoro, gli investimenti italiani sono al primo posto. Esprimo apprezzamento per gli investitori italiani in Tunisia, che hanno dimostrato un’ammirevole capacità di adattamento al contesto sociale ed economico.

D. E per quanto riguarda il turismo?
R. Dall’inizio della rivoluzione tunisina, più di 12 milioni di turisti hanno visitato la Tunisia senza nessun grave incidente. Più di 216 mila turisti italiani vi si sono recati nel 2012, il 79,1 per cento più del 2011. L’Italia si colloca al quinto posto dei Paesi europei nei flussi turistici verso la Tunisia. Quest’anno già un milione 364 mila turisti, di cui più di 35 mila italiani, si sono recati in Tunisia. Dall’inizio dell’anno al 10 maggio 2013 le prenotazioni alberghiere sono state il 2 per cento in più dello stesso periodo del 2012. Grazie alla migliorata sicurezza, alla qualità dei servizi e all’ambiente si prevedono 7 milioni di turisti nel 2013.

D. Quali sono i progetti di collaborazione economica in atto tra i due Paesi?
R. Nel 2010 Tunisia e Italia hanno ribadito l’impegno per la costruzione in concessione di una centrale elettrica per la produzione di energia, a partire da fonti rinnovabili, della capacità di 1.200 megawatt di cui 800 da esportare in Italia. Una joint-venture tra la tunisina Steg e l’italiana Terna per l’Italia realizzerà anche un collegamento elettrico tra i due Paesi dal Capo Bon alla Sicilia. Una gara d’appalto a livello internazionale ha portato alla preselezione di 7 operatori tra cui 3 italiani; una seconda gara per la scelta dell’impresa sarà indetta presto.

D. Quali sono le dimensioni dell’immigrazione verso l’Italia?
R. Anzitutto vorrei insistere sull’importanza dell’immigrazione come fattore di avvicinamento tra i popoli, indipendentemente dal fatto che avvenga per motivi sociali, economici o demografici; il fenomeno caratterizza le relazioni tra i due popoli dall’inizio dell’era cristiana con una presenza romana protratta per lunghi secoli. All’inizio del 20esimo secolo 100 mila italiani vivevano in Tunisia in perfetta simbiosi con le popolazioni locali. La prossimità geografica è importante nel processo migratorio verso l’Italia, in crescita costante dall’inizio degli anni 90. Il primo gennaio 2011 la comunità tunisina era all’ottavo posto in Italia con 116.651 unità, di cui il 63 per cento nel Nord del Paese.

D. Com’è la vostra comunità in Italia?
R. È più giovane rispetto alle altre extra comunitarie: il 36 per cento del totale ha dai 35 ai 49 anni di età; il 26 dai 18 ai 34 anni. Più del 60 per cento dei tunisini dai 15 anni in poi hanno un impiego. Tuttavia, i tunisini residenti in Italia non sono al riparo dalla crisi che ha travolto l’economia mondiale e ne ha costretti migliaia a tornare in patria. È in atto un’eccellente collaborazione tra le Autorità dei due Paesi per facilitare l’integrazione nella popolazione italiana della comunità tunisina che conta più di 18.600 studenti nell’anno scolastico 2011-2012 e 792 universitari. All’indomani della rivoluzione tunisina i due Paesi sono riusciti a contenere l’immigrazione irregolare con un accordo in virtù del quale l’Italia si è impegnata a rilasciare qualche migliaio di visti Schengen validi per sei mesi e rinnovabili, che hanno permesso a molti tunisini di regolarizzare la loro situazione. L’Italia si è inoltre impegnata a fornire materiali e attrezzature e ad organizzare stages di formazione per ufficiali della Guardia Nazionale Tunisina. In cambio la Tunisia si è impegnata a rimpatriare gli immigrati sbarcati clandestinamente in Italia dopo il 5 aprile 2011.

D. Gran parte della popolazione è di religione musulmana, una minoranza di fede ebraica, un’altra è cristiana. Come gestite tale società multietnica?
R. L’identità tunisina tiene conto anche dei valori occidentali, addirittura giudeo-cristiani. Questa identità è moderna ed emancipata pur conservando un fondo conservatore. Lo spirito di tolleranza e di coesistenza ha sempre caratterizzato la società tunisina. Le minoranze, in particolare cristiane ed ebree, non hanno mai temuto per la loro esistenza. Gli ebrei di Gerba celebrano ogni anno il pellegrinaggio alla grande sinagoga dell’isola. Ciò contribuisce a fare della Tunisia un Paese ospitale e turistico. Al di là di un gruppo minoritario di tunisini che vuole instaurare uno Stato religioso, la stragrande maggioranza del popolo e delle forze politiche è attaccata al consolidamento di uno Stato civile e moderno.

D. Quale futuro aspetta la Tunisia?
R. Per la sua posizione geografica ad uguale distanza tra il Sahara e il Mediterraneo, rappresenta dall’antichità un ponte tra mondo arabo, Africa ed Europa. Con i Paesi e i popoli africani ha avviato una battaglia contro il colonialismo e la segregazione razziale, e offre assistenza ai movimenti di liberazione del Continente; situata al crocevia delle aree mediterranea, araba e africana, lavora al consolidamento delle relazioni politiche ed economiche.

D. La Tunisia è consapevole che la regione mediterranea non ha altra scelta che un’azione comune per il dialogo?
R. L’Italia svolge un ruolo molto positivo nel Mediterraneo, nell’ambito del forum «5 più 5» organizzato a Roma l’anno scorso sulle preoccupazioni comuni tra Tunisia, Algeria, Marocco, Libia e Mauritania, e Portogallo, Spagna, Malta, Francia e Italia. Ogni anno i ministri degli Esteri esaminano i problemi della sicurezza e dello sviluppo economico. L’iniziativa è stata estesa ai ministri del Turismo, Difesa, Interno, Salute dei Paesi citati. Riteniamo che questo dialogo vada allargato, come aveva fatto l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy con l’Unione per il Mediterraneo, tentativo non riuscito perché si è voluta basare la cooperazione sull’economia anziché sulla politica. L’invasione di Gaza ha riproposto l’esigenza di una soluzione politica. Non si può evitare il problema centrale della regione, il conflitto israelo-palestinese; va trovata una soluzione dando al popolo palestinese uno Stato in cui vivere in pace e stabilità e allo Stato israeliano la sicurezza.

D. Come pensate di risolvere la disoccupazione in Tunisia?
R. Il prossimo Governo deve affrontare con priorità la disoccupazione giovanile con nuovi investimenti, ma anche incoraggiare investimenti esteri diretti. C’è il rischio di vedere giovani tunisini emigrare in Paesi come la Libia; il Governo deve invitare i giovani a pazientare perché non possono farsi miracoli per gli oltre 200 mila giovani diplomati che non hanno lavoro.

D. Cercano lavori qualificati o si accontentano di lavori considerati umili?
R. La mentalità è la stessa esistente in Italia. Chiedono un posto nella pubblica amministrazione o in banca, una parte si accontenterebbe di mestieri umili perché non ha scelta. Il vecchio regime ha esteso l’istruzione a tutti, il risultato sono tanti diplomati dalla formazione inadeguata ai bisogni dell’economia. Gli italiani devono considerare l’immigrazione un apporto positivo all’economia ma devono contrastare quella clandestina. Non è giusto che i tunisini arrivino in Europa in maniera clandestina, perché prima o poi cadranno nella rete della droga o di altri traffici illegali.  

Tags: Luglio Agosto 2013 Anna Maria Branca Tunisia ambasciate in Italia

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