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carta o web, oppure carta e web? la domanda c’è, è la risposta che manca

Paolo Culicchi, presidente di Assocarta

«Carta & Web: l’integrazione tra scelte strategiche e tecnologiche». Questo doveva essere il tema dell’attesa conferenza stampa annualmente svolta dalla «Filiera carta, editoria, stampa e trasformazione», in programma quest’anno, il 10 aprile scorso, nell’austera ma fastosa Sala degli Zuccari di Palazzo Giustiniani, a Roma, edificio oggi di pertinenza del dirimpettaio Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica.
Ma più che di una conferenza stampa si è trattato di un convegno che, moderato da Virman Cusenza, direttore del quotidiano romano Il Messaggero, è stato introdotto da Giulio Anselmi, presidente della Fieg che raggruppa gli editori di quotidiani. Avviato da una relazione di Alessandro Nova, docente dell’Università Bocconi di Milano intitolata «I numeri e le proposte per la ripresa», ad esso sono intervenuti il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Paolo Peluffo e i rappresentanti delle forze politiche on. Giorgio Lainati del PDL e sen. Vincenzo Vita del PD.
Il convegno è capitato proprio in un momento di accentuata oltreché prolungata crisi economica che ha colpito più o meno tutta la carta stampata, e la cui gravità è rappresentata dalle difficoltà in cui si dibatte il Corriere della Sera, il più ricco e diffuso quotidiano italiano, costretto a licenziare 110 giornalisti e un numero più alto di poligrafici, a chiudere o cedere 10 settimanali, ad annunciare la vendita addirittura della storica e autorevolissima sede milanese di Via Solferino.
Ed è capitato soprattutto dopo l’annuncio degli editori, proprio del Messaggero e del Corriere della Sera, di ingenti investimenti per ampliare la loro presenza sul web, che andranno ovviamente e automaticamente ad ulteriore discapito del miglioramento e del rilancio della carta stampata. S’era pertanto formata una certa attesa proprio sulla risposta al quesito insito nel tema della conferenza, ossia carta & web, che consentiva una duplice interpretazione: carta e web, oppure carta o web? Ma l’argomento era troppo impegnativo e delicato per cui, anziché fare previsioni o scommettere sulla futura prevalenza di uno dei due settori, si è parlato dei provvedimenti adottati dal Governo Monti nell’ambito dell’operazione «spending review», ossia del drastico taglio delle provvidenza all’editoria.
Taglio rientrante soprattutto nell’azione di riduzione dei costi della politica, dal momento che ingenti somme sono state concesse nel recente passato per finanziare sia grandi giornali sia fittizie testate di gruppi e gruppuscoli politici, di fatto costituenti un finanziamento indiretto dei politici, a danno di una grande quantità di testate minori comunque produttrici di cultura, informazione, posti di lavoro, sostegno per un vasto indotto.
Al termine del convegno, in pratica del tema sul tappeto non si era neppure cominciato a parlare: ossia carta e web o carta o web? Quesito dalla risposta nient’affatto scontata perché ai sinceri o interessati sostenitori di mezzi di informazione e comunicazione digitali che in questi giorni pronosticano magnifici destini per il Web, si oppongono un crescente numero di persone che cominciano ad accorgersi di essere dinanzi ad una nuova, irragionevole bolla, né più né meno della serie delle recenti bolle della «new economy», dei «subprime», dei derivati ecc.
Comunque il convegno è filato via rapido, all’insegna delle positive e caute parole del presidente della Fieg Anselmi, che oltre alle varie direzioni di giornali è stato anche vicedirettore del Corriere della Sera: «Occorre guardare al futuro stando attenti al presente–ha affermato–, nell’ottica dell’integrazione tra carta e web. Chi governerà non dovrà fare regali al settore, ma sostenere la transizione al digitale, privilegiando i progetti rispetto ai soggetti, con grande attenzione alla qualità dell’informazione».
Dopo la conclusione, un comunicato ha riassunto le richieste, da presentare al prossimo Governo, formulate dalle associazioni industriali facenti parte della Filiera della carta, e precisamente: incentivi all’innovazione attraverso il finanziamento del credito agevolato; credito d’imposta; sostegno alla lettura tramite la detassazione dell’acquisto di libri e di giornali; misure anticongiunturali come credito per l’acquisto di carta e credito alle imprese per investimenti pubblicitari sulla stampa.
«Le Associazioni promotrici Acimga, Aie, Anes, Argi, Asig, Assocarta, Assografici e Fieg hanno richiamato l’attenzione sui problemi e sulle difficoltà del settore e sull’esigenza di idonee misure di politica industriale necessarie per superare una crisi economica e produttiva che si iscrive in quella più ampia del Paese–la cronaca dell’evento–. Il sottosegretario Peluffo ha sottolineato l’importanza dei recenti interventi normativi in materia di sostegno all’editoria che moralizzano il settore e aprono la strada all’innovazione e al sostegno della domanda. Paolo Culicchi, presidente di Assocarta, ha evidenziato il rischio che la rincorsa al digitale, non accompagnata da adeguate infrastrutture, comporti solo costi sociali e perdita di posti di lavoro, come avvenuto con il recente decreto Profumo sui libri scolastici. Giorgio Lainati e Vincenzo Vita hanno condiviso le proposte avanzate dalla Filiera impegnandosi a sostenerle nell’attività parlamentare».
In margine al convegno, il presidente dell’Assocarta Culicchi ha illustrato, in questa intervista a Specchio Economico, la reale situazione in cui si trova oggi l’intera filiera.

Domanda. È giusto che, per ridimensionare il costo della politica, oltre alle testate fittizie finanziate con fondi pubblici in aggiunta agli altri benefici, siano state penalizzate dal Governo Monti centinaia di altre testate che, stampando su carta, danno lavoro ad industrie tipografiche, cartarie ed altre aziende in cui oltre ai giornalisti lavorano migliaia di grafici, poligrafici e addetti?
Risposta. Scendiamo con i piedi per terra. Prima di tutto perché i voli astratti servono ai politici i quali normalmente parlano tanto, ma poi non concludono nulla o, se concludono qualche cosa, causano solo danni, come abbiamo visto chiaramente. L’industria cartaria va preservata, ma non soltanto questa, bensì tutte le attività che sono a valle di essa, come soprattutto l’editoria.
D. Qual’è la vera situazione odierna dell’intero settore?
R. Assistiamo a un calo di consumi notevole, in parte dovuto alla situazione economica generale. Ad esempio, nella carta per imballaggio il calo è fisiologico, in quanto il suo consumo diminuisce quando la domanda in generale diminuisce, per cui molti prodotti non si fabbricano più, si trasporta di meno e così via. Diverso è il processo per quello che riguarda le carte grafiche.
D. Che cosa avviene in questo comparto?
R. Sta soffrendo notevolmente. La crisi è iniziata nell’agosto del 2008. Ho osservato attentamente il periodo che va dalla fine del 2007, quando in seguito alla bancarotta, si videro gli impiegati della Lehman Brother’s uscire dalla sede americana con scatoloni contenenti i loro effetti personali, al 31 dicembre del 2012. Non posso dire che la crisi sia finita, perché il 2013 è un anno in cui le difficoltà ancora permangono, né posso predire il futuro. Posso dire quello che è realmente avvenuto in questo periodo.
D. Che cosa, appunto, è avvenuto?
R. La produzione nazionale di carta è calata di un milione e mezzo di tonnellate, da 10,1 milioni di tonnellate a 8,6 milioni. Se analizziamo i vari comparti, al primo posto è quello dell’imballaggio, che ha perso 600 mila tonnellate. Il comparto delle carte grafiche, che comprende sia le carte per la stampa dei giornali sia quelle di lusso per le edizioni di libri ed altro, ha perduto circa 500 mila tonnellate. Della carta per i giornali in Italia se ne produceva già poca, tanto che hanno chiuso due cartiere, la Burgo di Mantova e la cartiera Romanello di Udine, con una sostanziosa perdita. Ma produrre in Italia carta da giornale non è economico, e il discorso è chiuso.
D. E per gli altri comparti?
R. Se analizziamo gli altri usi delle carte grafiche, vediamo che la sofferenza comincia ad essere marcata nel comparto delle carte naturali, prodotte con il legno o senza il legno, e che sono proprio quelle dedicate alla stampa e all’editoria, ossia le carte editoriali classiche. Questo uno dei motivi: la stampa dei libri scolastici rappresenta una percentuale notevole nei consumi della carta; improvvisamente un giorno il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del Governo Monti, Francesco Profumo, ha comunicato l’intenzione del Governo di far fuori tutti i libri scolastici, per sostituirli con i tablet per gli studenti.
D. Perché avrebbe fatto questo?
R. Non so se e da chi sia stato spinto, ma si è trattato di una decisione a vantaggio dei produttori di tablet e di dispositivi simili. Si sa benissimo che nulla avviene spontaneamente, e che c’è sempre qualche spinta lobbistica dietro.
D. Come avete reagito a quest’annuncio?
R. Abbiamo reagito non come Assocarta, non come produttori di carta, ma come «filiera» della carta, comprendente cioè i vari settori in essa coinvolti, quindi le fabbriche di macchine tipografiche, le cartiere, l’editoria, gli stampatori di libri e di giornali, insomma quanti svolgono queste attività. Abbiamo eccepito, abbiamo scritto, abbiamo avuto contatti con il Ministero dell’Istruzione, poi a un certo momento è venuto fuori un decreto che impone l’adozione dei tablet, neppure gradualmente ma immediatamente. Senonché i tablet e gli altri terminali telematici funzionano se esistono le relative infrastrutture, ad esempio la banda larga, il wi-fi, la predisposizione logistica.
D. Allora che cosa è avvenuto?
R. È avvenuto che, se il decreto dovesse essere attuato, le famiglie dovrebbero pagare tutti i conseguenti costi. Se leggiamo il Rapporto elaborato in proposito dell’Ocse, che analizza le modalità di transizione dal sistema cartaceo a quello digitale, scopriamo che in tutti i Paesi, sia dell’Occidente che dell’Oriente europeo, i Governi sono intervenuti e hanno disposto il finanziamento dei costi per la realizzazione delle infrastrutture, che sono notevoli. In Italia invece questi costi dovrebbero pagarli le famiglie.
D. Come si concluderà la vicenda?
R. Se vogliono spostare il problema dal contenuto al contenitore, ossia se vogliono favorire e sviluppare il settore informatico e telematico a danno del libro, e se si aspettano che sia la filiera della carta a pagare, i consorzi della carta e l’intera filiera si opporranno decisamente. Diremo: mettete a tacere questo decreto, oppure disponetene l’attuazione graduale. Noi non siamo contro una transizione, ma deve essere graduale. Non intendiamo penalizzare ulteriormente le famiglie, che sono state già duramente colpite, e lo sono tuttora, dalla crisi economica.   

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