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ETTORE MORACE: TIRRENIA, PRIVATIZZAZIONE CON IL VENTO IN POPPA

Ettore Morace, amministratore delegato della CIN, Compagnia Italiana di Navigazione

a cura di
UBALDO PACELLA

Storica società di navigazione pubblica, dopo decenni di sprechi, perdite e disservizi la Tirrenia è stata privatizzata nel luglio del 2012. Separate nel 2008 le attività delle controllate regionali Caremar Siremar, Saremar e Toremar e cedute alle Regioni perché gestissero loro direttamente la privatizzazione delle società di interesse locale che assicurano i collegamenti con le isole minori - Campania, Lazio, Sicilia, Sardegna e Toscana - restava da trovare un acquirente per la Tirrenia. Operazione non facile viste le difficoltà del mercato, le carenze strutturali di una società di navigazione abituata ad un’allegra gestione pubblica, con i disavanzi annuali ripianati a pie’ di lista, praticamente avviata al fallimento e salvata solo con la determinazione di una gestione commissariale diretta ad evitare il naufragio e le ripercussioni sociali ed economiche a carico di territori già molto fragili del Sud, nonché di marittimi per la massima parte meridionali, imbarcati a bordo della flotta.
La navigazione è stata perigliosa, tra le secche di armatori italiani poco inclini a rischiare anche se, in un mercato già in crisi, faceva gola la dotazione della Tirrenia, che garantisce 70 milioni annui per gli otto anni previsti dalla convenzione, per servizi che assicurano la continuità territoriale. E tra gli iceberg dell’Unione Europea, disseminati lungo il percorso di una doppia indagine su presunti aiuti di Stato e gli scogli dell’Antitrust italiana (non è stata l’Autorità antitrust europea ad approvare l’operazione ma quella italiana), che ha imposto un netto cambio di rotta alla compagine azionaria della CIN - Compagnia Italiana di Navigazione -, dapprima costituita da Vincenzo Onorato di Moby, da Gianluigi Aponte di MSC e da Manuel Grimaldi dell’omonima compagnia napoletana. Gli ultimi due hanno dovuto cedere le rispettive quote azionarie, forse senza troppi rimpianti, in favore del fondo Clessidra che ha acquisito il 35 per cento, della GIP di Luigi Negri con il 15 per cento, dello Shipping Investment con il 10 e della Moby con il 40 per cento.
La cessione della Tirrenia alla CIN è quindi andata in porto definitivamente il 19 luglio del 2012 grazie ad un contratto di acquisto per 380 milioni di euro a favore dell’amministrazione straordinaria, 200 milioni dei quali versati subito e gli altri 180 in 8 anni. Condizioni che hanno fatto storcere la bocca a qualche purista, se non fosse che l’offerta della CIN è stata l’unica, che le procedure sono durate a lungo nella massima trasparenza, che l’alternativa era la dissoluzione della Tirrenia con una prevedibile vendita di segmenti operativi di rotte e di navi, con effetti estremamente negativi per la qualità dei servizi, per il trasporto marittimo, per l’occupazione e per le economie locali.
Nocchiero di questa sofferta e impegnativa navigazione è stato dall’inizio Ettore Morace, scelto dagli azionisti come amministratore delegato di CIN per le sue riconosciute qualità nell’ambito armatoriale. Un prestigio accresciuto dalla tenacia dimostrata come dai risultati conseguiti, a sentire autorevoli addetti ai lavori. L’abbiamo incontrato nella sua simbolica tolda di comando, interprete fedele di una sprizzante energia, determinato quanto concreto, affabile ma consapevole della rotta da seguire tra venti e marosi di ogni tipo che non possono lasciare tranquilli comandante ed equipaggio, tutti convinti che si arriverà in porto a pieno carico e con soddisfazione.
Domanda. Può tracciare un primo bilancio dopo appena 8 mesi di nuova gestione? La privatizzazione di quella che molti giornalisti definivano una «carretta dei mari» produce i primi frutti?
Risposta. Siamo soddisfatti del lavoro che abbiamo svolto in questi mesi. Abbiamo preso in mano la Tirrenia nel momento peggiore, il 20 luglio 2012, con la stagione estiva ormai compromessa. Tutto era molto agitato, tranne il mare. Abbiamo puntato subito sulla flotta per assicurare servizio ed efficienza in linea con le aspettative del mercato. La prima iniziativa ha riguardato gli investimenti nella flotta, essenziali per competere e per raggiungere gli obiettivi del piano industriale. Abbiamo noleggiato tre nuove navi con standard alberghieri elevati. Ne abbiamo cedute cinque di vecchio tipo. Tre milioni di euro sono stati impiegati per rinnovare soprattutto il settore alberghiero in altre 5 navi della Tirrenia.
D. E a bordo cosa avete cambiato?
R. Abbiamo cambiato il catering, affidandolo a due ditte diverse. Ciò ha consentito di migliorare la qualità e di sviluppare una sana concorrenza. Prima era affidato a una ditta partecipata dalla Tirrenia, cioè a un fornitore in possesso di quote del cliente. Così è cresciuto il gradimento per i servizi di bordo. Terzo intervento, i corsi di formazione per il personale. Pur dotati di ottima professionalità, i marittimi avevano alle spalle anni di gestione pubblica, lontana dagli standard di qualità che noi perseguiamo, e da due anni di indirizzo commissariale che puntava ad obiettivi lontani da quelli di un armatore. I corsi di addestramento sono risultati oltremodo positivi, a vantaggio della professionalità degli equipaggi e dell'ospitalità a bordo.
D. Quali altre azioni avete intrapreso per rafforzare la compagnia?
R. Nel 2012 abbiamo registrato un piccolo utile, mentre i ricavi per l’anno in corso dovrebbero raggiungere i 280 milioni di euro. Abbiamo aperto un ufficio a Cagliari per seguire meglio le esigenze della regione. La continuità territoriale con la Sardegna è per noi prioritaria. Siamo impegnati nel dialogo con tutte le strutture ricettive sarde per allacciare nuovi accordi, rendere il turismo più continuo, superare le barriere stagionali, recuperare quote crescenti di traffico che la crisi economica ha falcidiato.
D. Negli ultimi due anni le rotte sarde sono state al centro di polemiche che hanno visto il presidente della Regione Ugo Cappellacci tentare di mettere in linea navi autonome nel periodo estivo. Qual è il reale interesse della vostra società sulle rotte per la Sardegna?
R. È un mercato per noi primario, sentiamo la responsabilità di garantire la continuità territoriale all’isola. Lo facciamo in concreto con 60 partenze alla settimana, con una flotta moderna, servizi di bordo in linea con i migliori standard di qualità. La vecchia Tirrenia non ha dato il giusto rilievo alle rotte sarde. Noi puntiamo a rafforzare il più possibile l’accesso a un’isola bellissima. Da questi collegamenti viene l’82 per cento del fatturato da traffico della Tirrenia. Dal 20 luglio 2012 la nuova società ha compiuto da e per la Sardegna oltre 3 mila corse, senza una cancellazione. La regolarità del servizio rappresenta per noi la prima garanzia da offrire a tutti gli operatori.
D. Quante sono le navi della compagnia? Sono sufficientemente moderne?
R. La Tirrenia dispone di 16 unità, 15 in servizio più una di riserva. Ritengo che siamo tra le poche compagnie nel mondo a prevedere una nave per garantire in ogni caso i collegamenti. Gli interventi sulla flotta previsti nel piano industriale sono stati realizzati integralmente e ci consentono di avere in linea tutte unità moderne costruite dopo l’anno 2000. È una delle flotte più moderne del Mediterraneo.
D. Quali strategie commerciali seguite per renderla più competitiva?
R. Abbiamo studiato con la Findomestic una formula innovativa, la vendita a rate dei biglietti. Una politica per favorire l’uso delle navi negli spostamenti. La risposta della clientela è stata di assoluto interesse, gli accessi al nostro sito web si sono triplicati. Stiamo mettendo a punto pacchetti integrati con gli albergatori per fasce di viaggiatori, nei quali concediamo sconti e facilitazioni di viaggio. Proponiamo un’articolata gamma di iniziative con altri partner per promuovere nuovi flussi di traffico verso la Sardegna.
D. Quali oneri incidono sui costi di esercizio e fanno lievitare le tariffe?
R. Occorre distinguere tra le tariffe del periodo invernale stabilite dal Governo tramite la convenzione e quelle estive. Le prime assicurano introiti per 70 milioni di euro l’anno per 8 anni, un elemento di stabilità, ma vorrei ricordare come alla vecchia società veniva concesso il ripianamento delle perdite per l’importo di 120 milioni di euro l’anno. Le nostre navi in questi mesi hanno trasportato il 10 per cento in più rispetto all’anno precedente. Analogo incremento abbiamo registrato per le merci nei primi due mesi del 2013. Sono dati confortanti che ci impegnano a lavorare ancor più alacremente per il futuro. I fattori che più incidono sulle tariffe sono gli effetti depressivi della crisi che investe duramente l’intera economia quindi ogni tipo di trasporto, e soprattutto l’impennata dei costi del combustibile che incide per il 52 per cento sui costi generali della società. Nel 2009 il combustibile per le navi costava 190 euro a tonnellata, ora 600 euro. E le ultime norme sul suo uso spingono verso una lievitazione dei prezzi.
D. Quali altre rotte sono di grande interesse per la Tirrenia?
R. L’indirizzo della compagnia è quello di presidiare tutto il mercato in maniera efficace. Alcuni collegamenti che potremmo definire storici, come Napoli-Palermo, sono costantemente controllati per verificare se vi siano prospettive di crescita e di ulteriori miglioramenti nella qualità dei servizi. Cerchiamo di recuperare il traffico della vecchia Tirrenia che assicurava il collegamento tutto merci Ravenna-Catania, oggi in sofferenza anche per la concorrenza dei traghetti della Grimaldi; è un servizio molto interessante per il traffico industriale, e sarà potenziato. Siamo anche impegnati ad elevare lo standard dei collegamenti con le isole Tremiti.
D. Quali sono i più forti concorrenti?
R. Mentre la convenzione garantisce alla Tirrenia tariffe e collegamenti per il periodo invernale, per l’estate tutti gli armatori possono misurarsi con il mercato; sono concorrenti Grimaldi, Grandi Navi Veloci, Moby, tutti in un bacino di traffico che negli ultimi due anni ha perduto oltre 2 milioni di passeggeri. Cerchiamo di recuperare quanti più clienti possibile.
D. Come sono i vostri rapporti con i sindacati e i marittimi?
R. Gli equipaggi della Tirrenia sono composti da personale di altissima professionalità. Tutti hanno capito le estreme difficoltà del momento, si sono prodigati per mantenere «in linea di galleggiamento» la società, per garantire il lavoro attraverso i servizi. Un esempio illuminante: il passaggio della Tirrenia è avvenuto il 19 luglio scorso, il giorno dopo abbiamo noleggiato due navi, una delle quali con bandiera greca e in disarmo; la nostra struttura in soli sette giorni è stata capace di cambiarle bandiera, di armarle, sistemarle e metterle in linea sulla Cagliari-Civitavecchia. Un risultato eccezionale. Questo indica la professionalità e la voglia di fare di tutti i marittimi per dimostrare che la Tirrenia non è più quella del passato, ma ha grandi obiettivi e potenzialità. I rapporti con i sindacati sono buoni. Non abbiamo licenziato neppure un lavoratore, stiamo trattando in modo proficuo per riordinare l’intera gestione, per adottare un turno unico, un unico schema contrattuale al posto dei precedenti 4 o 5, in base ai quali sulla stessa nave erano imbarcati marinai con diverse tipologie contrattuali per svolgere identici servizi.
D. Desta preoccupazioni il contenzioso con l’Unione Europea? E come sono i rapporti tra gli azionisti?
R. L’Antitrust europea ha approvato l’acquisto della Tirrenia da parte della CIN, condizione essenziale per concludere la trattativa. L’attenzione della Comunità riguarda vecchi contributi, precedenti al nostro acquisto, non riguardanti la CIN. Il commissario per la cessione ha svolto una gara trasparente, la nostra offerta è stata «on line» per varie settimane, senza osservazioni di alcuno. Con la nuova Tirrenia lo Stato italiano risparmia circa 50 milioni di euro l’anno per gli stessi collegamenti in convenzione, mentre la qualità dei servizi è oltremodo migliorata. Si legge da più parti che i rapporti tra gli azionisti sarebbero tesi soprattutto per l’eventuale fusione con la Moby. Non è mio costume né mi compete in alcun modo un commento. Ho ricevuto un mandato preciso dal Consiglio di amministrazione: presentare un piano industriale efficace e sostenibile. È quanto sto facendo con il massimo impegno, insieme a tutti i collaboratori.
D. Ritiene possibile uno sviluppo del cabotaggio che più vi riguarda?
R. Sono pessimista. Abbiamo moltissimo lavoro da svolgere per migliorare le rotte in convenzione. Solo dopo aver raggiunto gli obiettivi che ci poniamo potremmo pensare ad un eventuale incremento del cabotaggio, ma questo dipenderà dagli sviluppi dell’economia e del mercato. Non apriremo nuove rotte nei prossimi due anni. Si deve fare qualcosa di importante in favore della Sardegna: la regione vive di turismo, per questo non possiamo consentirci di restare passivi di fronte alla perdita di un milione di viaggiatori l’anno. L’Italia ha bisogno di uscire dalla tempesta e di ricominciare a crescere. Una filiera di sviluppo per i traffici marittimi è rappresentata dalle autostrade del mare, delle quali si è molto parlato ma nulla di concreto si è fatto. Ritengo che una politica di incentivi mirati, coinvolgendo gli autotrasportatori in un generale riequilibrio modale, potrebbe garantire grandi sviluppi al cabotaggio, un contenimento complessivo dei costi per le imprese, un’efficace riduzione dell’inquinamento ambientale.
D. Lo scorso anno il presidente della Regione Sardegna ha tentato di calmierare le tariffe e portare più persone nell’isola vestendo i panni dell’armatore. Risultato, una perdita di vari milioni di euro. Prevede una possibile collaborazione per il futuro?
R. Non abbiamo rapporti con la politica sarda. Andiamo per la nostra strada in modo prudente, sereno e convinto. Cerchiamo di dimostrare con i fatti che la nuova Tirrenia è molto diversa dalla vecchia società di Stato. L’esperimento dello scorso anno non ha prodotto alcun vantaggio, non si sono calmierate le tariffe, i passeggeri sono stati molto pochi, si sono persi 10 milioni di euro su 10 milioni di fatturato. La Sardegna necessita di una politica integrata di ampio respiro, mi auguro che si realizzi, noi faremo del nostro meglio.
D. La Tirrenia lascerà la sua sede storica di Napoli?
R. La sede è e resterà Napoli. Ci sposteremo in una nuova sede, molto più efficiente, all’interno del porto di Napoli, dal primo dicembre prossimo. Lasciamo la sede storica che è molto bella ma che, non essendo di proprietà, presenta oneri di gestione troppo elevati. Genova è una sede strategica, vi passa molto del nostro traffico, per cui vi manterremo una sede operativa.
D. Quale sogno spera di realizzare per la sua società?
R. Non amo sognare quando si parla di cose concrete che riguardano molte persone. Diciamo che coltivo l’ambizione di guidare una compagnia con i conti sempre in ordine, dotata di una flotta efficiente, competitiva, capace di crescere nel momento giusto. Spero nella ripresa dell’Italia e, come molti, ho una convinzione radicata: quella di dover trasformare il Paese per renderlo moderno, civile, fuori da quella palude che risucchia da troppo tempo le energie migliori, le speranze, le attese e i sogni, senza i quali non si costruisce la storia.    

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