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GIOVANNI NISTRI: SEMPRE PIÙ TUTELATO IL PATRIMONIO CULTURALE

L’Italia possiede il più vasto patrimonio culturale del mondo e siamo ai primi posti nella lotta al traffico di arte rubata», ricorda il generale Giovanni Nistri. Dal gennaio scorso è alla guida del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, struttura investigativa specializzata istituita il 3 maggio 1969, un anno prima che nella convenzione di Parigi l’Unesco raccomandasse agli Stati membri di dotarsi di un adeguato servizio. «Abbiamo anticipato l’Unesco: siamo stati il primo Paese a dotarsi di uno specifico strumento», sottolinea il generale ripercorrendo le varie tappe, dalla creazione di quel primo Nucleo presso il Ministero della Pubblica Istruzione al suo passaggio alle dipendenze del Ministero dei Beni Culturali quando questo fu istituito nel 1975. E che lo dotò di una sede ricca di memorie storiche: un palazzetto nella più rara e preziosa piazza rococò di Roma, di fronte alla chiesa di Sant’Ignazio eretta a metà Seicento a ridosso del Collegio Romano per celebrare la canonizzazione di Ignazio di Loyola, che nel 1551 aveva istituito una scuola gratuita di «grammatica d’humanità e dottrina cristiana» per studenti poveri. In epoca imperiale quell’area ospitava il quartiere egizio, con il tempio di Iside dove oggi sorge la chiesa, la cui facciata ha preso il posto della Mostra dell’Acqua Vergine che ancora scorre nel sottosuolo. Una sede funzionale alla collaborazione con il contiguo Ministero per i Beni e le Attività culturali, insediato nel Collegio Romano, edificio che ospita anche il liceo Visconti, tradizionalmente frequentato dai rampolli della buona borghesia romana. Edifici illustri sono anche le sedi dei nuclei territoriali Carabinieri Patrimonio Culturale, a ulteriore testimonianza della ricchezza dei beni da tutelare: Palazzo Reale a Torino, Palazzo Pitti a Firenze, Palazzo San Marco a Venezia, Villa Reale a Monza, Castello Svevo a Bari, Castel Sant’Elmo a Napoli.

Il generale Nistri è stato nominato da soli nove mesi ma il senso della continuità dell’istituzione e l’orgoglio di appartenervi trapelano dalle sue parole, testimoniando una dedizione tale dell’intero Comando da consentire recuperi rilevanti per la qualità e la quantità dei reperti trafugati che probabilmente non basterebbe l’intero Louvre a contenere. Meraviglie in parte conservate e recentemente esposte nella sede del reparto operativo del comando di Via Anicia nel rione Trastevere, a Roma.

Domanda. Prima del Ministero dei Beni Culturali chi provvedeva alla tutela?

Risposta. Precedentemente questa funzione era svolta dalla Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione. Il Ministero per i Beni Culturali, di cui fu primo titolare Giovanni Spadolini, nacque nel novembre 1974 con il IV governo Moro. La nostra sede si trasferì nel nuovo ministero determinando un proficuo collegamento, sotto il profilo operativo e preventivo, che costituisce la nostra forza, e probabilmente uno dei motivi per cui siamo considerati nel mondo un esempio nel campo della tutela culturale. Poi un decreto legislativo del 1992 delineò compiutamente la funzione del Comando, ampliandone l’organico e assicurandone la diffusione nel territorio, caratteristica principale dell’Arma dei Carabinieri. I nostri «sensori» principali sono le stazioni dei Carabinieri, spina dorsale di un sistema di ordine pubblico e di sicurezza.

D. Com’è strutturato oggi il corpo?

R. Abbiamo un Comando centrale, con una propria area di staff, e un vicecomandante responsabile delle operazioni dei 12 nuclei territoriali con competenza regionale e in alcuni casi interregionale. Presto apriremo una sezione in Sicilia, dove già opera un nucleo di tutela. Altro braccio del Comando è il reparto operativo diviso in tre sezioni, competenti per archeologia, antiquariato, falsificazione e arte contemporanea, che ha anche competenza territoriale su Lazio e Abruzzo, e sulle indagini di più ampio respiro che interessano il territorio nazionale e l’estero. Nell’ambito dell’area di staff è inserita la sezione elaborazioni dati, che gestisce la banca-dati dei beni culturali illecitamente sottratti.

D. Quando è nata questa banca-dati?

R. Agli inizi degli anni 80 e va, via via, perfezionandosi. Oggi oltre ai reparti operanti nel territorio sono collegate direttamente anche le singole pattuglie, che sono in grado di rivolgere interrogazioni e compilare atti in rete rendendo l’azione più efficace, immediata, economica e attenta alle esigenze del cittadino. In caso di sequestro di materiali, anche solo cautelativo, una consultazione immediata può consentire una soluzione rapida. Per dare maggiore trasparenza al settore, aumentare la collaborazione e migliorare le capacità complessive del sistema, stiamo per consentire l’accesso privilegiato alla banca dati alle associazioni di categoria.

D. Cosa contiene la banca-dati?

R. Disciplinata dal codice Urbani del 2004, è una risorsa per noi, per il ministero, per gli uffici esportazione e per tutte le forze di polizia. Un decreto del Ministero dell’Interno del 28 aprile 2006 ha ribadito la preminenza dell’Arma nel settore dei beni culturali, per cui il Comando funziona da centro informativo per tutti. Siamo primi nel mondo per consistenza numerica e per livello di specializzazione, con circa due milioni e mezzo di oggetti d’arte catalogati, rubati e scomparsi, e circa 300 mila immagini. Uno strumento inestimabile sotto il profilo investigativo, potenziato attraverso software sempre più sofisticati, e che ci mette in grado di tenere costantemente aggiornata la situazione in ambito nazionale e internazionale, attraverso efficaci misure di prevenzione, tutela e contrasto della criminalità. Nel Forum P.A. del maggio scorso abbiamo dedicato un convegno all’innovazione dei sistemi informativi per la tutela del patrimonio culturale diretti a incrementare l’operatività, la potenzialità di analisi, l’interoperabilità e l’uso della banca dati.

D. In quale direzione?

R. Maggiore operatività significa possibilità per ogni operatore di essere collegato in rete con la banca dati, ma anche sviluppare la comparazione di immagine. La nostra attività è basata essenzialmente sul riconoscimento delle opere provento di furto; se esse sono documentate con foto, anche di famiglia, con cataloghi d’asta, certificati di autenticità, riproduzioni, i nostri militari possono svolgere più proficuamente le comparazioni in caso di rinvenimento. Una ricerca tematica, ad esempio, su «Madonna con Bambino» produce un numero enorme di items, mentre un sistema di comparazione che tenga conto del colore o dell’orientamento della figura facilita enormemente il lavoro, anche se occorrono sempre abilità, capacità ed esperienza di operatori appositamente addestrati. Una tecnologia in grado di produrre verifiche automatiche e selettive riduce i tempi di ricerca e rende più efficiente il personale sia in ufficio che nel territorio.

D. Quali sviluppi si prevedono per la sicurezza?

R. In futuro è ipotizzabile l’installazione di un sistema di registrazione notturna automatica di tutti i siti web di interesse cosicché al mattino l’operatore possa avere una selezione di immagini e una traccia probante di pagine web prima che vengano modificate. Una rafforzata collaborazione innanzitutto con le altre forze di polizia mira a sviluppare la rete di osservazione e di allarme nell’intero territorio. Già esistono collegamenti diretti con l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione e con gli uffici esportazione delle Soprintendenze i quali, grazie alla struttura a moduli della banca dati, possono compiere verifiche prima del rilascio di un’autorizzazione. Siamo collegati direttamente con i dati Cei, mentre con l’Interpol abbiamo al momento collegamenti indiretti attraverso lo scambio di compact disk. Premesso che già oggi la banca-dati è accessibile in maniera indiretta da chiunque chiamando il numero verde o il nostro Comando, ai fini di una sua maggiore fruibilità vorremmo consentire un accesso agevolato almeno alle associazioni di categoria, ferma restando la sicurezza, la riservatezza e l’integrità dei dati. Comunque è già possibile verificare se un oggetto è rubato, evitando un incauto acquisto o di trasformarsi in ricettatori dilettanti.

D. A che serve aumentare la potenzialità di analisi?

R. Non è fine a sé stessa, ma aumenta l’operatività e si basa soprattutto sulla georeferenziazione delle attività. La banca-dati è strutturata in tre grandi aree - eventi, persone e oggetti -, e riuscire a georeferenziare in maniera automatica furti, sequestri, scavi clandestini significa avere immediata percezione dell’andamento dei fenomeni. Individuare geograficamente lo sviluppo di un fenomeno consente di analizzare dati coerenti, effettuare connessioni logiche e visualizzarle graficamente, individuando zone a rischio o percorsi criminali privilegiati. Mettere in relazione numeri telefonici, persone, oggetti e materializzare su una cartina la zona in cui un tipo di oggetti viene sottratto o ritrovato rende più veloce e precisa un’analisi che oggi richiede tempi e mezzi assai maggiori.

D. Qual è il vostro organico e come viene selezionato e addestrato?

R. Requisito indispensabile per il personale, composto di circa 300 unità, è essere carabiniere e aver operato nel territorio per un tempo sufficiente ad acquisire mentalità e tecnica di base. La selezione è effettuata dal comando generale senza concorso ma l’immissione in servizio avviene dopo aver conseguito la qualifica di specialista in Beni culturali al termine di un periodo di addestramento di quattro settimane e mezza. Poi il militare viene assegnato ai reparti e la competenza che si forma sul campo viene spesso integrata, con la frequenza di corsi universitari.

D. Quanto e dove si ruba di più?

R. Nelle chiese per il 39 e presso privati per il 53 per cento dei casi; i furti nei musei, 11 nel primo semestre 2007, non superano il 2 per cento del totale. Ma ci sono anche i fenomeni dei falsi e degli scavi clandestini. Più complesso è il problema della sicurezza degli archivi e delle biblioteche perché in un museo si osserva, in un archivio o biblioteca si tocca. Tendenzialmente possiamo parlare di riduzione dei furti e aumento dei recuperi. Solo il 5-6 per cento dei beni culturali sottratti nelle chiese viene recuperato, ma il totale è composto anche di beni che sono culturali per disposizione di legge, ma il cui valore artistico o storico può essere poco rilevante. Non si rubano solo i Caravaggio. Raccomandiamo a chiunque detenga un bene culturale di approntare un modulo prelevabile dal sito dell’Arma nel quale riportare i dati identificativi essenziali.

D. Si possono trovare pezzi di grande pregio nei mercatini?

R. È sempre più raro. Il 4 giugno scorso i Carabinieri hanno ritrovato su una bancarella di Pordenone una tela di Giandomenico Tiepolo del 1765, sottratta a Roma l’anno scorso; valutata un milione di euro, stava per essere venduta per 15 mila. Assai più frequente il caso di opere sezionate e messe in commercio a pezzi o riassemblate anche molti anni dopo il furto. Un grosso problema è la contraffazione che interessa soprattutto l’arte contemporanea; materiali e tecniche pittoriche sono facilmente riproducibili e vi sono sistemi di fotoriproduzione che rendono semplice l’operazione. Circa 250mila sono stati i sequestri di falsi tra il 1970 e il 2006 e 1.253 solo nel primo semestre di quest’anno. Ma se una litografia viene tirata in 200 copie e se ne mettono in circolazione 1.000, non si può parlare di vera e propria falsificazione poiché l’autore è autentico; si è più vicini alla truffa. Il valore dei beni trafugati nel nostro Paese nel 2006 ha superato i 110 milioni di euro e nel primo semestre 2007 ne abbiamo recuperati per circa 33 milioni.

D. Ritiene che un aumento di pene possa costituire un deterrente adeguato?

R. Attualmente si può rischiare di più rubando una mela al supermercato che compiendo uno scavo clandestino. Talvolta l’aumento di pena consente di arricchire anche gli strumenti investigativi, utilizzare intercettazioni, effettuare operazioni sotto copertura. Anche la confisca del bene, in caso di esportazione clandestina, costituisce un deterrente abbastanza efficace. In proposito è all’esame del Parlamento un disegno di legge proposto dal Governo.

D. Come svolgete l’attività?

R. Attraverso un’intensa collaborazione tra forze di polizia, Soprintendenze e CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche. La vigilanza sui siti archeologici viene effettuata con tutti i mezzi disponibili. Il monitoraggio consente di creare le mappe dei siti, di individuare prontamente gli scavi clandestini e di registrare anche i periodi più a rischio. Nel primo semestre 2007 abbiamo effettuato controlli in 744 musei, in 378 aree archeologiche, in 128 mercati e fiere antiquarie, in 712 esercizi commerciali, inserendo oltre 12 mila immagini nella banca dati. Gli arresti sono stati 44 e 492 i deferimenti all’autorità giudiziaria. La nostra attività si svolge generalmente in borghese; spesso collaboriamo con l’Arma territoriale. La Commissione per la restituzione delle opere illecitamente sottratte ed esportate si avvale di azioni diplomatiche, del supporto scientifico di esperti e della nostra attività di acquisizione probatoria. Abbiamo recuperato beni librari in Lombardia grazie all’intervento dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro. Stiamo cercando di qualificare ulteriormente la nostra attività nella tutela del paesaggio, che costituisce per legge parte del patrimonio culturale, e in questo campo nel primo semestre di quest’anno abbiamo deferito all’Autorità giudiziaria 48 persone ed effettuato 103 controlli.

D. La vostra attività si svolge anche all’estero?

R. Molti Governi ci hanno chiesto assistenza per formare propri nuclei. Nel 2007 abbiamo effettuato corsi per polizia e dogane cinesi, in Paraguay, Guatemala, Ecuador, e per l’Accademia di polizia europea Interforze. Cooperiamo attivamente con l’Istituto latino-americano. In Iraq siamo arrivati prima del nostro contingente di pace, per il recupero e la classificazione dei beni del museo di Baghdad. Abbiamo censito insieme alla Polizia irachena i siti archeologici della zona e organizzato corsi per il personale locale.

D. Nel 2006 sono stati recuperati quasi 700 mila reperti archeologici; di che cosa si tratta?
R. La cifra non comprende pezzetti o sassolini ma pezzi interi e frammenti di valore scientifico e funzionali al commercio, perché un frammento mancante può valere quanto il pezzo principale. Siamo passati dal migliaio di scavi clandestini scoperti ogni anno in passato ai 47 dello scorso anno e riteniamo di avere interrotto buona parte dei flussi criminali grazie anche ad accordi con gli Usa e la Svizzera. Per il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, al Quirinale è stato esposto un cratere del IV secolo a. C., rappresentante il ratto di Europa, opera di Asteas, famoso pittore di Pesto di cui si conoscono solo 11 opere. Ci era stato restituito dal Getty Museum qualche anno fa grazie anche all’attività investigativa del Comando che, attraverso una foto dello scopritore abbracciato al cratere al momento del rinvenimento, ha fornito la prova della sua provenienza illecita. La cultura non può fondarsi sull’illegittimità.

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