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GIANCARLO LAURINI: IL NOTAIO DI OGGI, GARANTE DI LEGALITÀ AL PASSO CON I TEMPI

Giancarlo Laurini

Sono trascorsi 12 anni dal primo mandato. Il notariato ha seguito la società ed è rimasto assorto, a volte anche chiuso, nel proprio compito di garantire certezza, affidabilità, legalità nei rapporti. Proprio oggi, momento in cui più che prima si parla di un’urbanistica incontrollata, cieca, da condonare, di competenze in bilico al confine tra notai, avvocati e magistrati, di digitalizzazione, per rendere conto a un futuro più semplice e meno burocratizzato, Giancarlo Laurini riprende in mano le redini del Consiglio nazionale del notariato e torna a presiedere la categoria composta da tutti quei colleghi che lavorano per tutelare l’essenza della sicurezza nei rapporti giuridico-economici tra cittadini.

Notaio dal 1970 nel distretto di Napoli, dopo la sua prima esperienza al vertice del Consiglio nazionale italiano dal 1992 al 1998, Laurini nel 1995 ha guidato il CNUE, organo del notariato europeo, e dal 2005 al 2008 l’Unione internazionale del notariato. È stato professore di diritto commerciale nella facoltà di Economia dell’università Federico II di Napoli nonché deputato per il Pdl nel 2006-2008 e membro della Commissione Giustizia della Camera nella XV legislatura.

Di nuovo nella veste di presidente del notariato italiano per il triennio 2010-2013, chiede che si faccia il possibile per accelerare al massimo lo svolgimento dei concorsi notarili; offre la propria disponibilità ad avviare un tavolo di consultazione permanente presso il Ministero della Giustizia per individuare i settori nei quali si può instaurare una collaborazione con i notai sulla giustizia civile; illustra il sistema di informatizzazione della categoria ormai proiettata verso l’atto pubblico informatico; si dichiara pronto ad ogni collaborazione assolutamente non invasiva con le altre professioni e, soprattutto, ricorda lo sforzo per la valorizzazione del notariato nel contesto sociale dinamico delle grandi aree metropolitane, affinché in quelle realtà il notaio torni ad essere ciò che è nei piccoli centri: non solo il garante della stabilità dell’ordinamento, il consulente esperto di problematiche civilistiche e fiscali, ma prima di tutto un confidente dei cittadini.

Domanda. Dopo 12 anni torna a presiedere il Consiglio nazionale del notariato: quali sono le sue impressioni?

Risposta. I ritorni sono sempre traumatici in quanto comportano il rimettersi in discussione. Avendo ricoperto, dopo la mia prima presidenza del notariato italiano, il ruolo di presidente dei notai europei e dell’Unione internazionale del notariato, il mio rientro ha costituito un vero e proprio salto di mentalità e del modo di vedere i problemi, sia pure arricchita dall’esperienza dell’attività internazionale. Questo ritorno mi ha consentito anche di ritrovare la categoria in condizioni molto diverse, in quanto ho lasciato il consiglio nazionale nel 1998 e nei 12 anni trascorsi la società è cambiata. In passato il notariato è sempre stato impermeabile a quanto accadeva al suo esterno, ma negli ultimi anni si è aperto maggiormente divenendo più attento alle istanze della società. In questa prospettiva mi trovo a dirigere una categoria che vive nella società e ne condivide l’evoluzione insieme agli aspetti negativi.

D. Cosa comporta la presenza del notariato in un contesto dinamico quale quello della società civile?

R. Il suo compito maggiore sta nel proiettarsi molto in avanti. Nella tecnologia, per esempio: negli ultimi 10 anni abbiamo investito oltre 14 milioni di euro nell’organizzazione della rete informatica telematica cui sono collegati i 5 mila studi italiani e che consente loro di collegarsi con la pubblica amministrazione, le conservatorie dei registri immobiliari, gli uffici del catasto e dei registri delle imprese. In questo modo diamo ai cittadini un servizio rapido ed efficiente, aggiornato secondo i sistemi e con gli strumenti più moderni. È legata molto al lavoro svolto dal Notariato nello studio della tecnologia informatica e telematica l’approvazione della legge che disciplina l’atto pubblico informatico, che colloca l’Italia al primo posto in Europa, insieme alla Francia, nella realizzazione di uno straordinario strumento che di fatto nulla muta nel contenuto della prestazione professionale: il ruolo del notaio resta quello di consulente delle parti e di controllore della legalità anche mediante l’uso della firma digitale. L’atto telematico offre però alle parti la possibilità di stipulare un accordo dinanzi a notai in due città diverse mantenendo la trasparenza, la certezza delle situazioni giuridiche, la stabilità del contratto in quanto conforme alla legge.

D. Considerati i cambiamenti e le attuali aspettative della società, al Notariato spetta un impegno maggiore del passato?

R. L’impegno era già notevole negli anni 90 e lo è diventato di più perché i problemi sono aumentati; lo sforzo del Notariato di essere presente nella società in misura maggiore comporta maggiore impegno per chi ha la responsabilità della guida politica. Da una parte, lo sforzo è superiore per la presenza di una selva di norme, spesso di difficile interpretazione e applicazione, nonché per la presenza di un tessuto urbanistico disordinato che richiede di assicurare innanzitutto il rispetto della legge e di garantire i diritti degli acquirenti, che legittimamente acquistano beni determinati e devono stipulare atti stabili, non impugnabili. Dall’altra, incide la maggior sofisticatezza della contrattazione, legata anche alle diverse esigenze di cittadini sempre più difficili nei gusti e nelle pretese, e a una legislazione spesso farraginosa e incomprensibile. È pertanto necessario assistere la categoria e i singoli notai nello svolgimento dell’attività professionale, perché si riconoscano nella guida politica della classe dirigente.

D. Avendo presieduto organizzazioni internazionali di notariato, quale contributo può dare a quello italiano?

R. L’esperienza internazionale mi ha portato a constatare come il sistema di Notariato latino, di origine romano-germanica, sia vincente in tutto il mondo. L’usano 77 Paesi tra cui Canada, Argentina e tutto il centro e sud America, Russia, Indonesia, tutta l’Europa continentale, tutta l’area post comunista, Grecia, Turchia, Marocco, 15 Paesi dell’Africa francofona. La Cina, che non ha un sistema di diritto civile, usa una «via cinese» al notariato: nell’organizzazione della contrattazione e, più in generale, del sistema di rapporti giuridico-economici, ha scelto di non seguire il sistema americano del «notary public», ma quello di matrice romana di «civil law». Poche settimane fa 20 notai cinesi, guidati dal vicepresidente della categoria, sono venuti in Italia per uno stage organizzato da Unione internazionale del notariato, Consiglio nazionale del notariato, Ministero degli Esteri, Guardia di Finanza, Governo e Ministero della Giustizia cinese. Per l’occasione abbiamo organizzato corsi per illustrare il nostro diritto civile e mostrato il funzionamento degli studi notarili, del catasto, della conservatoria, dei registri di commercio e di quanto necessario alla comprensione del nostro sistema al quale i cinesi guardano con enorme interesse. La visita ha avuto un successo tale che 20 giorni dopo il viceministro della Giustizia cinese è venuto in Italia per visitare uno studio notarile e uno studio legale e comprenderne le dinamiche. Se il Notariato interessa cinesi, indonesiani e africani, oltre gli europei di derivazione latina, evidentemente costituisce una formula che soddisfa le esigenze del cittadino comune che ha bisogno di rapidità, efficienza, consulenza di un professionista pronto a trovare le soluzioni stabili.

D. In quale modo è possibile una «circolazione notarile» oltre i confini italiani?

R. Naturalmente si pone il problema di come sviluppare e far funzionare il notariato nella prospettiva europea. I liberi professionisti circolano nell’area europea, ma per l’art. 45 del trattato di Maastricht le professioni portatrici di pubbliche funzioni non sono soggette alle norme sulla libera circolazione perché delegatarie di un pubblico potere che deriva loro dallo Stato nel quale operano, funzionalmente diversi da medici, avvocati, ingegneri le cui attività possono essere svolte indistintamente in vari luoghi. La nostra funzione è diretta espressione di potere pubblico, che possiamo esercitare solo laddove colui che ci ha delegato il potere è dotato di sovranità.

D. Come superare il problema della derivazione statale del potere notarile che vincola i notai ad esercitare nei propri confini?

R. La nostra proposta si basa sulla libera circolazione degli atti notarili in tutta l’Unione europea, indipendentemente dal Paese nel quale sono stati redatti. Il notaio di un Paese straniero avrà il compito di verificare se un atto stilato in un altro Paese risponda alla normativa di entrambi i luoghi: in questo modo è l’atto, e non il notaio, a circolare in Europa. Il cittadino italiano che deve stipulare un atto in un’altra città europea non ha interesse a portarvi un notaio italiano, e quest’ultimo potrà dare esecuzione dell’atto, rogato da un collega europeo, dopo averne verificato i presupposti.

D. Notariato latino e di stampo anglosassone: quali i vantaggi nella scelta di uno dei due sistemi?

R. Non ci sono due notariati ma solo uno. Quando si parla di «notary public» si fa riferimento a una figura di semplice autenticatore, mentre le altre competenze di «civil law» dei notai sono svolte da altri operatori economico-giuridici che a costi molto elevati non danno certo la garanzia di cui il notariato si fa portatore, assumendosi la responsabilità nei confronti della legge. Ciò implica la necessità di stipulare polizze assicurative che tutelino contro il rischio di invalidità dell’atto e della conseguente perdita del bene acquistato con una semplice e per noi insoddisfacente surroga del valore del bene. In quel sistema «deregolato» si è arrivati, addirittura, alla provocazione giornalistica della vendita dell’Empire State Building.

D. Cosa pensa delle polemiche per l’attribuzione ai notai di nuove competenze? Ultimamente si è parlato anche delle separazioni familiari.

R. In questa e in altre occasioni il notariato è chiamato dalle istituzioni a dare il proprio contributo di professionalità, cultura, terzietà, con il senso del dovere e la dignità che gli sono propri. Non spetta a noi compiere scelte politiche né scendere in valutazioni che non ci competono; è certo che lavoriamo per la distinzione dei ruoli. Le materie di competenza della categoria non sono scelte dal notaio ma dallo Stato il quale individua settori che per importanza, caratteristiche e incidenza su interessi pubblici (si pensi a quelli tutelati dalla pubblicità legale assicurata dai registri immobiliari e dal Registro delle imprese), nei quali gli atti devono essere assistiti da un particolare crisma di affidabilità che solo il pubblico ufficiale, notaio, può dare. Dove lo Stato ritenga che un tipo di atto non ne abbia bisogno, non fissa la riserva notarile; è evidente che i notai sono molto più vicino ai magistrati che agli avvocati e ai commercialisti, e devono pertanto essere collocati nel territorio in funzione delle esigenze della società, della quantità di lavoro, degli abitanti dell’area, dell’attività economica. Da qui l’esigenza di un numero programmato, ma non chiuso, per cui la legge prevede parametri in base ai quali sono stabiliti i posti da ricoprire attraverso un concorso pubblico e severo.

D. Un altro problema molto sentito dalla società è costituito dalla difficoltà di accedere alla professione, riservata a una «casta» ritenuta impenetrabile.

R. In questo momento abbiamo tre concorsi in atto. La gestione non spetta a noi, è interamente affidata al Ministero di Giustizia che offre tutte le garanzie di carattere pubblicistico; il Notariato si limita a fornire i nomi di alcuni commissari. Solo il 18 per cento dei notai italiani in esercizio ha in famiglia un notaio; si crede il contrario per disinformazione e luoghi comuni, di cui ha colpa anche il notariato che non ha saputo opportunamente comunicare all’interno della società. Ciò è dovuto al fatto che la sua attività si svolge essenzialmente all’interno dello studio, a differenza di altri professionisti che lavorano all’esterno e pertanto vengono meglio conosciuti.

D. Che cosa fare allora per aiutare i giovani?

R. I giovani vanno incoraggiati ad entrare nel notariato: abbiamo il dovere, come classe dirigente, di dare loro maggiori certezze per il futuro, di aiutarli ad inserirli nel mondo del lavoro, di farli innamorare di più della professione e dei principi che la caratterizzano al di là dell’evoluzione e dei condizionamenti. Abbiamo il dovere di creare condizioni migliori per loro.

D. Consiglia la frequentazione delle scuole notarili? Cosa pensa di quelle private?

R. In genere le scuole organizzate dai consigli notarili e dai comitati regionali rispondono alle esigenze di preparazione e di formazione. Per quanto riguarda le numerose scuole private, devo dare atto a molti colleghi della loro bravura nel formare le nuove leve. Uno dei punti cardine di questo Consiglio nazionale è quello di ripensare il sistema complessivo dell’accesso alla professione, affinché giovani molto bravi, culturalmente e tecnicamente dotati, che superano il concorso, possano recuperare i valori della nostra professione che spesso non mostrano di comprendere: il notaio è un professionista di fiducia delle parti, e tale caratteristica è resa ancor più necessaria nei centri lontani, nelle realtà più piccole in cui il notaio diviene un confidente e deve porsi nella società facendo avvertire una vicinanza anche umana. Purtroppo, oggi registriamo una minore capacità, da parte di giovani professionisti anche validissimi, di collocarsi vicino alla gente.

D. In quali rapporti si colloca il notariato con l’avvocatura e la magistratura?

R. Siamo «cugini» degli avvocati, lavoriamo fianco a fianco e rappresentiamo le professioni legali per eccellenza insieme alla magistratura, pur nella differenza delle competenze. Gli avvocati hanno l’insostituibile funzione di assistere i cittadini nel contenzioso, tanto che si tratta di un’attività costituzionalmente garantita e protetta in uno Stato che assicura il diritto alla difesa. Noi svolgiamo un ruolo diverso, che ci colloca in posizione di terzietà rispetto alle parti; collaboriamo al raggiungimento di accordi che rispondono agli interessi dei cittadini rispettosi della legge, e redigiamo atti affidabili. Sono due attività complementari l’una all’altra, ma profondamente diverse. In Italia si tende sempre più spesso a fare confusione, mentre fra le nostre categorie non sono ammesse invasioni di campo. Le vicende politiche, decisioni al di fuori del Notariato e dell’Avvocatura, possono invece portare a malintesi: nessuno potrebbe pensare di sostituire nelle funzioni il notaio all’avvocato e viceversa. L’eventuale chiamata in causa della nostra categoria, ove ci fosse, ci avvicinerà - come in passato - più al ruolo del giudice che non a quello dell’avvocato.

D. Il notaio potrebbe svolgere funzioni di ausiliario del giudice, agevolando lo snellimento del processo civile?

R. Per determinate attività, essenzialmente connesse alla giurisdizione volontaria com’è ad esempio la tutela degli incapaci, l’intervento del notaio può dar luogo a utili forme di snellimento com’è avvenuto per l’omologazione degli atti societari. Si tratta, infatti, di situazioni in cui il giudice in realtà non svolge attività giurisdizionale, ma un’attività sostanzialmente amministrativa, in cui il giudice può essere opportunamente sostituito dal notaio per le sue caratteristiche di terzietà. E l’essere titolare di una pubblica funzione porta spesso le istituzioni a pensare al notaio come un’alternativa al giudice, sgravandolo di una parte della enorme mole di lavoro.

D. Altra vexata quaestio quella della inderogabilità degli onorari dei notai: qual è il suo parere?

R. Un buon sistema tariffario deve essere inderogabile soprattutto nei minimi e nei massimi, a garanzia dei cittadini che hanno diritto a conoscere in anticipo i costi della prestazione di carattere pubblico per la quale devono necessariamente rivolgersi al notaio. I minimi inderogabili sono, al tempo stesso, garanzia della qualità di una prestazione sempre più complessa e sofisticata che il notaio è tenuto a dare. Inoltre, sono proposti dalla categoria ma sono oggetto di un ampio e approfondito procedimento amministrativo che sfocia in un decreto del Ministero della Giustizia secondo le indicazioni della normativa europea. Certamente le liberalizzazioni sono utili in certi settori, ma non dove rechino danno, come bene dice il ministro Alfano.

Tags: avvocatura magistratura Settembre 2010 notariato

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