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JOSÉ ANTONIO SOTOMAYOR: TURISTI IN CROCIERA, DALLE AREE DI CRISI ALLA TERRA DEL FUOCO

José Antonio Sotomayor Cruceros Australis

Vista - o, meglio, evocata - dalle carte nautiche che occupano il grande tavolo al centro della stanza, la Terra del Fuoco pare nello stesso tempo lontanissima e a portata di mano. È ciò che accade con i miti e quello della Fin del Mundo, nel punto più meridionale della Patagonia, non fa eccezione. È una di quelle zone di rocce e mare nelle quali non si sa cosa sia più vero: i flutti spinti dai venti polari o la prosa epica di Coloane o Sepulveda? Gli albatros o l’inchiostro?

Del resto è proprio osservando i primi e utilizzando il secondo che Charles Darwin elaborò, proprio in quella regione, i fondamenti della sua teoria più complessa e rivoluzionaria. Fuori, qualche piano sotto, si trovano i marciapiedi immacolati della zona centrale e maggiormente curata di Santiago del Cile. Davanti a me siede Josè Antonio Sotomayor, il giovane «gerente general» di Cruceros Australis, l’unica compagnia al mondo ad avere ideato una navigazione di linea che, giusto per citarne un paio, passa per località come Capo Horn e il Canale di Beagle.

«Cruceros Australis è ormai maggiorenne, compie in questi mesi diciott’anni dall’inizio delle attività–dice José Antonio Sotomayor–. Abbiamo cominciato nel 1994 e in quegli anni il turismo nella Terra Del Fuoco era già presente, certo. Si tratta di aree remote che da sempre esercitano un fascino irresistibile su molti viaggiatori. Un tempo erano avventurieri, non sempre con buone intenzioni. Ora sono naturalisti, turisti in cerca di suggestioni, curiosi e veri appassionati. Ushuaia in Argentina, e Punta Arenas in Cile sono ormai destinazioni turistiche consolidate vere e proprie e non solo punti di imbarco. La navigazione fino a non molto tempo fa era però affidata a piccole imprese private, con rotte limitate e poche garanzie su date certe e itinerari precisi.

Domanda. Poi è arrivato il turismo su larga scala?
Risposta. Non esattamente. O, meglio, non nel senso di turismo di massa cui spesso si pensa. Con riferimento alle nostre crociere, per esempio, è fondamentale considerare che le navi non sono poi così grandi, ci sono pescherecci e altri natanti di dimensioni maggiori. Non è comunque una questione di stazza, va anche ricordato che salpiamo soltanto in certi mesi dell’anno, le nostre crociere sono stagionali. Non siamo sempre in mare: cominciamo a ottobre e terminiamo ad aprile, con il clou che si concentra nel periodo che va da novembre a febbraio.

D. Il settore della navigazione turistica segna un trend crescente ovunque, anche se alti e bassi si alternano in maniera eccentrica. La vostra attività è in linea con questa tendenza?
R. La crisi mondiale l’abbiamo affrontata bene, direi. Anzi: gli anni migliori per noi, in termini di risultati economici e di consolidamento delle attività, sono stati proprio il 2008 e il 2011. Un numero su tutti: il «load factor» medio si aggira sempre intorno al 70 per cento, ed io considero questo un buon risultato.

D. I passeggeri sono però soprattutto europei e degli Stati Uniti, per cui provengono dalle aree maggiormente colpite dalla crisi?
R. È vero, ci saremmo potuti aspettare qualche calo e invece non è successo. Credo che ciò abbia a che fare anche con il clima economico generale del Cile, un Paese che è stato piuttosto ai margini della crisi. Ritengo anche che la nostra offerta sia vincente proprio perché, pur evolvendosi i mezzi e i servizi che offriamo, le rotte cambiano poco nel tempo. Offriamo un prodotto molto particolare che solo in apparenza è sempre lo stesso.

D. Certamente. Sulla carta potreste scegliere un itinerario diverso ogni volta?
R. In teoria sì, ma a che cosa servirebbe? La stragrande maggioranza di coloro che viaggiano sulle nostre navi realizza il sogno di una vita e compie un viaggio unico, in tutti i sensi. Più è collaudato, meglio è. Ciò non esclude comunque che qualcosa cambia in qualche modo negli anni. E poi c’è la questione ambientale.

D. Si tratta di un vincolo oppure una opportunità?
R. Di entrambe le cose, naturalmente. Seguiamo protocolli rigorosi. Leggo dal nostro sito, confermandola, qual’è la nostra filosofia e l’impegno sui temi ambientali: «La nostra azienda aderisce agli accordi nazionali e internazionali sulla cura e sulla tutela dell’ambiente, sulla conservazione del patrimonio culturale e naturale e sullo sviluppo sostenibile dell’attività turistica. Cruceros Australis ha firmato un accordo di collaborazione con la Corporación Nacional Forestal, per eseguire azioni di manutenzione, conservazione e tutela dei luoghi visitati tanto della loro flora quanto della fauna, mantenendo sempre lo stato naturale e indomito dell’ambiente. Ha firmato anche un accordo di collaborazione scientifica e turistica con il Centro de Estudios del Cuaternario de Fuego-Patagonia y Antártica, per lo sviluppo di un turismo scientifico sostenibile di alto livello, che offra informazioni e funga da guida per i passeggeri, che potranno così prendere parte e apprezzare le procedure delle esplorazioni scientifiche che si svolgono durante i viaggi in crociera».

D. La Terra del Fuoco è in parte cilena e in parte argentina. Non solo: in quelle zone i confini si mischiano continuamente tra fiordi, ghiacci, onde e montagne. Cruceros Australis è cilena al 100 per cento?
R. Sì, tutto è completamente cileno. Le barche le facciamo costruire in un cantiere del Paese, specializzato in soluzioni nautiche per le terre estreme. Per gli ingegneri e la manodopera vale lo stesso, quindi forza lavoro esclusivamente cilena. E, una volta che la nave è varata, il discorso non cambia: tutto il personale di bordo, dai cuochi al capitano, passando per le guide specializzate che accompagnano i viaggiatori negli sbarchi a terra, è cileno.

D. Come la proprietà della compagnia? E come è composta la flotta?
R. I proprietari sono cileni, anzi «magallanici» da generazioni. Abbiamo tre motonavi, su due possono navigare centotrenta passeggeri, sulla terza, la più nuova, la disponibilità di posti sale a 210. Il gruppo al quale Cruceros Australis appartiene è in realtà molto più ampio, il settore della navigazione rappresenta un quinto del complesso delle attività ed è consistente.

D. È una quota marginale o ha un peso significativo?
R. È cruciale, senz’altro. Ma gli standard qui sono diversi perché bisogna comprendere la specificità del Cile: è una terra sottile e lunga, e la navigazione lungo ampi tratti di costa è quasi sempre il mezzo migliore, e a volte l’unico, per spostarsi o per muovere merci. Questo ha garantito al Paese una tradizione marittima di assoluta eccellenza.

D. Sì, ma il turismo in questo che cosa c’entra?
R. Non c’entrava fino a qualche tempo fa, ma ora i tempi sono cambiati. Non c’è solo la Terra del Fuoco, le crociere non sono proibitive, ma non sono alla portata di tutti. Abbiamo quindi diversificato l’offerta. Oltre Cruceros Australis il Gruppo controlla, tra le altre, anche la compagnia Navimar che ha sviluppato un modello interessante: navi a vocazione mercantile sulle quali ospitare passeggeri paganti. Sono soprattutto «mochilleros», ossia backpackers, ai quali le rotte commerciali, i tempi lunghi e il comfort un po’ più spartano non danno fastidio. Al contrario, questa nuova, ennesima frontiera del low cost o basso costo sta riscuotendo successo.

D. Torniamo alla navigazione tra i ghiacciai. Si tratta di crociere di lusso con un gusto per l’avventura, o di navi da esplorazioni con qualche concessione al comfort?
R. La filosofia di Cruceros Australis è senz’altro più vicina alla seconda che alla prima delle due alternative. Le navi costituiscono il mezzo per visitare la Terra del Fuoco, non rappresentano lo scopo intrinseco del viaggio. Niente hotel galleggianti, dunque.

D. Quindi non ci sono piscine sul ponte?
R. Esattamente, niente tuffi e niente schiamazzi. Ma workshop storico-naturalistici a bordo ed escursioni a terra. Gettiamo l’ancora non troppo vicino alla riva e sbarchiamo, se il mare lo consente, con i gommoni. I percorsi sono studiati con attenzione, ogni passeggiata è una vera escursione-immersione nella natura. Leoni marini, pinguini, un’avifauna ricchissima e varia. Non solo natura, comunque: ma storia e antropologia.

D. Non le sembra di parlare di una nave-scuola anziché di una nave da crociera?
R. Sì, ma niente voti per chi non studia. Anche perché, sono convinto, se interrogassimo i passeggeri alla fine della navigazione, sarebbero preparatissimi. La Patagonia turba gli animi romantici ma non impedisce di goderne ogni aspetto, di vivere tutte le meraviglie

Tags: turismo viaggi Federico Geremei giugno 2012

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