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ALBERTO BERTONE: ACQUA SANT’ANNA, TUTTI I MOTIVI DI UN SUCCESSO

Alberto Bertone acqua Sant'Anna Fonti di Vinadio

Appartenente a una famiglia che opera da metà anni 50 principalmente nel settore immobiliare, in soli 10 anni Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato della Fonti di Vinadio Spa produttrice dell’Acqua Sant’Anna, ha conquistato la leadership del mercato con un marchio italiano al 100 per cento in un settore in cui hanno una consistente presenza le multinazionali. Da Vinadio, comune situato nella Valle Stura in provincia di Cuneo, in pochi anni Acqua Sant’Anna ha varcato i confini regionali e del nord-ovest e oggi è venduta in tutta Italia. Nel 2006 la società ha registrato una crescita strepitosa raggiungendo un fatturato di 120 milioni di euro, in aumento del 20 per cento rispetto al 2005, con una vendita di 500 milioni di bottiglie. Con impianti capaci di produrre 5 milioni e mezzo di bottiglie al giorno in uno stabilimento che si estende su 30 mila metri quadrati, la Fonti di Vinadio Spa, diventata in breve un caso da manuale, continua la propria espansione: nell’anno in corso ha attivato tre nuove linee di imbottigliamento con l’obiettivo di raddoppiare la capacità produttiva. Gestiscono il magazzino, prelevando le bottiglie all’uscita dell’impianto e caricandole sui tir in partenza per tutta Italia, 18 veicoli a guida laser, totalmente autonomi. L’azienda inoltre, prima e unica in Italia e in Europa, sta sperimentando l’impiego di bottiglie prodotte con materiale termoplastico biodegradabile al 100 per cento, derivato dalla fermentazione del mais e smaltibile completamente in 80 giorni con emissioni di anidride carbonica ridotta del 50 per cento rispetto ai materiali normalmente usati per le bottiglie di plastica. In questa intervista Alberto Bertone illustra i motivi del successo e le prospettive di sviluppo dell’azienda.

Domanda. Come spiega il grande successo dell’acqua Sant’Anna? Che cosa avete fatto per ottenerlo?
Risposta. Partimmo dal concetto che eravamo nuovi nel campo delle acque, e proprio questo è stato uno dei principali fattori del successo. Perché tutti gli altri produttori o operano da anni nel settore in quanto gestiscono aziende di famiglia, o sono multinazionali che si dividono il mercato registrando grandi fatturati. Noi eravamo un nuovo concorrente, entravamo in un mercato del quale non conoscevamo assolutamente nulla, per cui non solo per rimanervi, ma per affermarci e addirittura per sfondare dovevamo innanzitutto studiarlo a fondo e successivamente ideare qualche formula completamente nuova.

D. Come avete risolto questo problema?
R. Stabilimmo innanzitutto che chi desidera operare in questo particolare campo deve per prima cosa disporre di un’acqua di un certo tipo per cui, prima di scegliere la Sant’Anna, esaminammo sorgenti e stabilimenti situati in tutta Italia. Decidemmo di investire a Vinadio dopo aver compiuto una comparazione tra le caratteristiche possedute dalle varie acque che ci venivano offerte. Inoltre quel luogo offriva varie possibilità: non solo di disporre di un’acqua di ottima qualità, ma anche di contare su una quantità tale da non avere problemi per un eventuale sviluppo futuro; e soprattutto di poter operare in montagna su un’area di una certa dimensione. Quando si intraprende un’attività nuova, solitamente si pensa a soddisfare i bisogni immediati e non si immagina che l’azienda potrebbe crescere fino a raggiungere addirittura i primi posti nel mercato. Ecco perché, se si è digiuni di un settore, è necessario studiarlo bene e cercare di capirlo.

D. Avevate quindi previsto tutto lo sviluppo successivo?
R. Cominciammo con una produzione limitata ma di qualità, e decidemmo subito di realizzare lo stabilimento il più vicino possibile alla sorgente, precisamente a 25 chilometri da essa, in una pianura facilmente raggiungibile dai mezzi di trasporto e che presentava la possibilità di un eventuale ampliamento, senza alcuna necessità di spostamento in caso di crescita; e vi installammo impianti di grandi dimensioni. Dieci anni fa il numero dei consumatori di acque naturali era molto ristretto per cui erano sufficienti tubazioni limitate, tuttavia ne realizzammo ben 90 chilometri, raddoppiandone anche la portata. Insomma, anche se eravamo piccoli, partimmo in grande, con progetti ambiziosi; pensammo subito al futuro e non solo al presente; così pure abbiamo fatto ricorso per primi alla pubblicità comparativa. Quella politica oggi premia tutti gli investimenti che abbiamo fatto dall’inizio.

D. È bastata questa vostra intuizione o sono stati necessari anche ingenti investimenti?
R. Per realizzare lo stabilimento e apprestare subito una linea produttiva, 10 anni fa investimmo una considerevole somma ma oggi lo stesso impianto costerebbe enormemente di più. Ed essendo partiti da zero, dovemmo spendere moltissimo anche in pubblicità. Inoltre cercammo di organizzare subito l’azienda come è attualmente, ossia creando una serie di figure interne che si occupavano dei vari settori: del marketing, della parte commerciale, del lavoro nello stabilimento ecc. Per far decollare le piccole imprese è necessario un mix di fattori, a cominciare dal prodotto di qualità, ma occorre del tempo prima che ci si accorga di eventuali errori compiuti. Se non avessi avuto a disposizione tutti i requisiti richiesti, non avrei creduto nella riuscita dell’iniziativa e pertanto non vi avrei investito, né avrei convinto i collaboratori a fare quello che abbiamo fatto.

D. Ritenete di avere battuto le multinazionali grazie all’intuito e alla fiducia nell’iniziativa?
R. Ritengo che chi non sa può diventare più bravo di colui che sa perché, se è cosciente di non sapere, studia per imparare. Comunque, anche adesso che siamo diventati i primi in Italia nella produzione di acqua naturale, cerchiamo di evitare errori perché un domani potrebbe nascere un’altra azienda come la nostra e farci concorrenza; per questo puntiamo sempre a migliorare.

D. Questo significa che dovete avere dei progetti e programmi precisi per il futuro?
R. Innanzitutto in questo momento dobbiamo pensare solo a lavorare. Quest’anno abbiamo installato tre nuove linee di produzione, le più grandi esistenti nel mondo; due di esse sono già in produzione e stiamo montando la terza proprio per permettere di raddoppiare la capacità produttiva, guardare al futuro e crescere ancora in Italia. Puntiamo quanto meno a un raddoppio, che riteniamo di poter raggiungere tranquillamente.

D. E come ha assistito al vostro exploit la concorrenza?
R. Nei primi anni i concorrenti non credevano a noi, per cui ci consideravano un fuoco di paglia e mormoravano «Vedrete che tra un po’ falliranno, investono troppo, sbagliano». Ma noi abbiamo continuato a fare quello che gli altri non facevano. Per esempio, quando tutti realizzavano un’unica logistica, ossia un unico sistema di distribuzione e di trasporti, noi abbiamo insistito su una logistica differenziata, ossia sulla presenza di magazzini più vicini al nostro cliente; abbiamo installato macchinari e adottato sistemi di vendita diversi affrontando costi maggiori ma aumentando la qualità. Abbiamo compiuto investimenti che oggi ci consentono di triplicare la produzione e adottato un’organizzazione del lavoro e un’automazione delle operazioni che ci assicurano un vantaggio di almeno 20 anni rispetto agli altri. È vero che anche i nostri concorrenti possono compiere investimenti, ma difficilmente possono agire sul personale perché trovano difficoltà e ostacoli da parte dei sindacati. Noi abbiamo investito 250 milioni di euro nelle nuove tecnologie e ritengo che grazie a queste otteniamo risultati più che soddisfacenti.

D. Ritiene che questo settore vada inevitabilmente incontro a una maggiore concentrazione?
R. Sì, anche se ogni anno cercano di entrare nel mercato una ventina di nuove aziende. Oggi bisogna raggiungere una vendita di almeno 200-250 milioni di bottiglie l’anno per restare in piedi; inoltre deve trattarsi di bottiglie ben vendute, per cui l’obiettivo è duplice: aumentare il volume delle vendite ma anche il margine che se ne ricava. Spesso si assiste a iniziative di imprenditori che, dopo aver compiuto ingenti investimenti, sono costretti a cedere l’azienda.

D. In quale percentuale è italiana e in quale è straniera la proprietà delle fonti e degli stabilimenti in Italia?
R. Gli stabilimenti sono in maggior parte di proprietà di aziende italiane, ma se guardiamo il volume complessivo delle bottiglie vendute, la quota maggiore appartiene alle multinazionali. Questo dimostra l’inutilità della presenza di 350 marchi di acque minerali se solo 7 o 8 aziende vendono l’80 per cento del totale. Assistiamo pertanto al progressivo restringimento e all’inevitabile aggregazione di queste aziende, ma nello stesso tempo all’entrata nel mercato di nuovi e potentissimi operatori internazionali. Dinanzi a questo fenomeno noi siamo decisi a combattere il potere delle multinazionali, ovviamente non ponendoci sullo stesso piano dal punto di vista finanziario perché non potremmo farcela.

D. In che modo allora pensate di contrastarle?
R. Con il coraggio di decidere e di investire. Per continuare a vivere noi non esitiamo a sostituire gli impianti vecchi. Io li ho sostituiti tre volte in tre anni, non appena ne ho avuto la possibilità, perché ho capito che i costi dovuti all’invecchiamento della tecnologia sono superiori ai vantaggi che danno i vecchi impianti. Spesso mi sono sentito dire «Ti sei montato la testa, è assurdo non ammortizzare gli impianti». Ma se a fini fiscali il legislatore prevede un ammortamento degli impianti in cinque anni, in realtà nel settore delle acque la tecnologia e il mercato procedono a un ritmo talmente più rapido da imporre la sostituzione molto prima, e per restare sul mercato occorre produrre sempre di più.

D. Ma il settore non produce naturalmente pingui profitti?
R. A differenza di quello che si legge nei giornali, l’acqua minerale è stato un grande affare dagli anni 70 ai primi anni 90. Dopo, il numero degli stabilimenti è esploso perché è aumentato il consumo. Ma il risultato è che dobbiamo riuscire a produrre una bottiglia al minor costo possibile, inferiore a quello degli altri e al prezzo che ci paga la grande distribuzione. Tutto ciò è difficilissimo.

D. Vi sono altre aziende in Italia che abbiano avuto un iter e risultati simili ai vostri?
R. Provenendo dal settore immobiliare, noi abbiamo una mentalità diversa da quella dei nostri concorrenti: in campo edilizio, infatti, offriamo pochi prodotti e registriamo alti margini; in quello delle acque, invece, bisogna vendere milioni di bottiglie ottenendone per ognuna un margine esiguo. Gli altri marchi esistenti in Italia sono storici e negli ultimi 20-30 anni possono aver avuto delle crescite, ma sorgenti completamente nuove siamo solamente noi. Altri soggetti stanno cercando di nascere. Alcuni investono molto in pubblicità, ma bisogna vedere i risultati economici, perché non basta spendere per l’immagine se non si ottiene un adeguato ritorno del capitale. Ma non si ottiene un ritorno se, oltre al marchio, l’azienda non possiede tutti quei fattori che ho illustrato, e tra i quali il più importante è una sana e oculata amministrazione.

D. In che senso?
R. Si può fare pubblicità, si può far girare il prodotto nel mondo, ma se non si controlla la parte finanziaria e se non si ricavano margini adeguati, i conti non tornano. Bisogna essere bravi a 360 gradi: nella scelta della sorgente, nell’amministrazione, nel marketing, nella parte commerciale; bisogna saper vendere ma anche incassare, perché vendere per vendere non vale la pena. Se spendo più di quello che guadagno, una montagna di debiti mi travolgerà; negli ultimi anni abbiamo assistito alla fine di imprenditori bravi nel gestire l’attività e nel creare nuovi prodotti, ma che hanno trascurato la parte finanziaria.

D. Quanto è utile la pubblicità comparativa?
R. Abbastanza, ma a certe condizioni. Noi siamo stati i primi a farla, ma bisogna avere il prodotto adeguato e inoltre spiegare alla massa che cosa significano alcune caratteristiche dell’acqua. Per esempio, è inutile parlare di durezza o di residuo fisso se non si spiega al consumatore che cosa sono, ma con parole molto semplici che tutti possano comprendere, perché chi compra non sono i professori ma le massaie. Noi abbiamo realizzato presenze pubblicitarie in televisione ma il meno scenografiche possibile, presentando tabelle semplicissime grazie alle quali chiunque può scegliere il tipo di acqua più adatto per lui.

Tags: acqua acqua Sant'Anna Piemonte Giugno 2007

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