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MARIELLA ZEZZA: RILANCIARE IL LAZIO E TUTTI I SUOI RESIDENTI

Mariella Zezza

«Saluto colui che finora è stato il mio avversario ma che, da questo momento, è il mio presidente». È il cuore della notte (romana) del 6 novembre 2008 e Mariella Zezza, caposervizio della redazione interni e conduttrice di Rai News 24, sta percorrendo in auto il lungotevere per andare negli studi Rai di Saxa Rubra, dove per le cinque è prevista un’edizione straordinaria del tg. Dalla radio, ovviamente accesa, esce la voce di George W. Bush che riconosce pubblicamente la propria sconfitta alle elezioni presidenziali Usa, meglio, la vittoria di Barack Obama. «Una frase bellissima», ricorda oggi Zezza seduta dietro la propria scrivania di assessore al Lavoro e alla Formazione della Regione Lazio, al dodicesimo piano dell’enorme palazzo a semicerchio reso celebre da Paolo Villaggio che vi ambientò i film sul ragionier Ugo Fantozzi.
«Bellissima perché spiegava che cos’è la politica in una democrazia: un terreno dove ci si confronta e ci si combatte, anche aspramente, per far vincere le proprie idee e proposte di governo; ma nel quale, nello stesso tempo, si riconoscono le ragioni dell’altro, perché unico e da tutti condiviso è l’obiettivo: il bene del Paese e della sua comunità». L’assessore non lo dice, ma forse quella notte l’idea di fare politica in prima persona prese realmente corpo nella mente di chi, fino ad allora, aveva visto nell’impegno professionale la propria ragione d’indipendenza, anche dalla politica. Un impegno che l’aveva portata ad occuparsi in particolare delle donne e a ideare e condurre, fra l’altro, la rubrica televisiva «È tempo delle donne», dedicata a scenari, successi ed evoluzione della figura femminile in Italia e nel mondo. Probabilmente perciò, quando un anno e mezzo dopo Renata Polverini le propose il ruolo di capolista della giunta civica che portava il suo nome alle elezioni regionali del Lazio, il terreno era fertile anche se, ricorda Zezza, «per due giorni e due notti non chiusi occhio».
Come siano andate quelle elezioni, divenute ben presto «caso di studio» in Italia e non solo, è singolare: al termine di un’asperrima campagna elettorale - «un’esperienza irripetibile», non manca di ripetere Zezza -, il cui esito apparve a un certo punto segnato a causa dell’esclusione dalla provincia di Roma della lista del Popolo delle Libertà per irregolarità al momento della sua presentazione, il 28 e 29 marzo 2010 Renata Polverini ottenne il 51,14 per cento dei voti contro il 48,32 per cento dell’avversaria Emma Bonino. La quale peraltro, a seggi non ancora chiusi, non mancò di telefonarle, proprio come aveva fatto Bush con Obama, «per farle gli auguri e i complimenti, lieta di averne ricevuti altrettanti». Quattro settimane dopo si insediò la Giunta e si avviò l’attività amministrativa. Con quale spirito? Seguendo quali strade? E con quali risultati, se di risultati si può parlare a neppure un anno di distanza?
Secondo dati statisticamente fondati, il Lazio costituisce la media del Paese, non solo geograficamente ma in termini di ricchezza, di reddito, di produzione. E rappresenta quindi un luogo privilegiato per capire le dinamiche economiche e sociali che l’attraversano. È opinione diffusa che il «caso Lazio» possa diventare un modello di politica non nuova ma perlomeno diversa, non solo perché ai vertici delle istituzioni regionali vi sono donne, ma perché la Regione accoglie in misura massiccia persone provenienti da una società in cui tornano a predominare parole come servizio, vicinanza, opportunità per tutti, a cominciare dalle fasce di popolazione più svantaggiate: donne, giovani, poveri, disabili; e nella quale, se comuni sono gli obiettivi da raggiungere, non c’è spazio per divisioni pretestuose o per disconoscimenti reciproci.
Domanda. Quale bilancio può delineare dei primi dieci mesi di amministrazione regionale?
Risposta. L’economia laziale presenta tuttora evidenti difficoltà. Sul fronte dell’occupazione, in particolare, le più recenti rilevazioni Istat registrano 156 mila disoccupati di cui il 50,6 per cento donne, e altre 64 mila persone in cerca di primo lavoro, e tra esse la percentuale femminile sale a 56,3. Ancora più allarmante è il dato relativo ai giovani: nel Lazio uno su tre è oggi senza lavoro, una percentuale superiore alla già elevata media nazionale che è pari al 25 per cento. Ma premesso questo, il territorio laziale comincia a mostrare incoraggianti segnali di inversione di tendenza.
D. In che cosa consistono?
R. I dati indicano una sensibile riduzione degli ammortizzatori sociali - ossia dei trattamenti di cassa integrazione guadagni e di mobilità - concessi, grazie alla deroga rilasciata dalla Regione Lazio, da imprese escluse dalla vigente normativa generale; nel primo trimestre del 2010 si era registrato un aumento-boom del 600 per cento, ridottosi via via nel corso dell’anno. Questa tendenza è proseguita nei primi mesi del 2011. La giunta regionale e il mio assessorato sono impegnati a consolidarla nei mesi e negli anni a venire, accompagnandola con politiche attive che stanno incontrando la positiva accoglienza degli interessati.
D. A che cosa è dovuta questa positiva accoglienza?
R. Prima di tutto a una forte vicinanza della Regione alle famiglie, alle aziende, alle richieste e alle proposte che da esse provengono. Ho instaurato subito la prassi di recarmi negli insediamenti produttivi delle varie province del Lazio: a Tivoli mi hanno detto che l’assessore regionale al Lavoro non li visitava da 31 anni mentre a Viterbo non l’avevano visto mai. Inoltre c’è un contatto continuo nella sede regionale, dove ci si occupa in prevalenza di vertenze e di istanze che non di rado vengono portate avanti con successo nella Conferenza delle Regioni; a metà dello scorso febbraio la giunta Polverini aveva risolto 730 vertenze che hanno interessato 18 mila lavoratori.
D. Può fare un esempio al riguardo?
R. Lo scorso mese di dicembre il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità il riconoscimento della figura di restauratore e di collaboratore di restauro. Un’ora dopo, il documento è stato approvato anche dalla Conferenza delle Regioni, da dove è stato trasmesso al Governo, precisamente al Ministero dei beni e delle attività culturali, che l’ha accolto modificando il testo che stava elaborando in materia.
D. È possibile amministrare ascoltando le indicazioni che vengono dalla base e ottenendo una convergenza fra tutte le forze politiche?
R. Non solo è possibile ma, nel nostro caso, accade spesso. Ammetto che la materia di competenza di questo Assessorato si presti: chi non condivide infatti, anche dall’opposizione, l’obiettivo di una maggiore e migliore occupazione, in particolare per le categorie in maggiore difficoltà? Si può discutere sui modi per raggiungere gli obiettivi, ma se questi sono ragionevoli il consenso non può non essere ampio.
D. Fra le difficoltà che ostacolano politiche attive ed efficaci a sostegno del lavoro non è particolarmente stringente la mancanza di risorse?
R. Non sono d’accordo, a meno che non s’intenda dire che non vi sono più risorse da sprecare. L’impegno della giunta Polverini e di questo assessorato sta da una parte nel promuovere progetti «a costo zero» ma di grande beneficio per i cittadini; dall’altra nello spendere nel modo più efficace le risorse finanziarie che vi sono, nazionali e comunitarie, a cominciare da quelle messe a disposizione dal Fondo sociale europeo.
D. Che cosa intende dire quando parla di iniziative a costo zero?
R. Un esempio fra molti è costituito dal varo del progetto «La Regione parla la tua lingua». Grazie ad esso, il linguaggio di qualsiasi bando e avviso, in passato di difficile se non di impossibile comprensione, viene tradotto dal servizio Tribù, che significa «traduttore italiano-burocratese», in schede informative chiare, sintetiche e complete, redatte in modo che siano alla portata di tutti, compresi gli stranieri per i quali sono state realizzate traduzioni nelle lingue più presenti nella regione, e i disabili: i bandi rivolti all’inclusione sociale sono stati tradotti anche in alfabeto Braille, ed abbiamo ricevuto il ringraziamento del presidente dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
D. Andrete avanti in questa direzione?
R. Certamente. Conclusa la formazione per il personale del nostro assessorato, il progetto sarà a breve esteso agli altri. I primi risultati sono infatti incoraggianti: non solo sono scomparse dal nostro linguaggio tante parole astruse ma, soprattutto, stanno registrando un’impennata le richieste di finanziamenti da parte della popolazione in risposta ai nostri bandi e avvisi.
D. È solo una questione di linguaggio?
R. Ovviamente no, ma è un aspetto decisivo: se si vuol essere più vicini al cittadino, bisogna prima ascoltare ciò che ha da dire, da chiedere e da proporre sia individualmente che nell’ambito di associazioni, organismi ed enti intermedi; e infine decidere ponendo attenzione alla quotidianità e spesso all’urgenza dei problemi, a un’ispirazione, a un progetto di sviluppo di lungo periodo. Dopodiché occorre far conoscere ai destinatari le opportunità che si aprono loro: ciò si ottiene parlando la stessa lingua della gente normale, usando i loro strumenti di comunicazione. Per questo, ad esempio, tutti i bandi e avvisi aventi come fine l’aumento dell’occupazione giovanile hanno come canali privilegiati di trasmissione i «social network», che oggi rappresentano il primo strumento per entrare in contatto con i giovani, compresi quelli senza lavoro.
D. In quali provvedimenti si è tradotta questa impostazione?
R. Fin dall’inizio, pur in un quadro di perdurante crisi economica, la nostra preoccupazione è stata quella di inquadrare ogni intervento, anche il più piccolo, in un contesto più ampio: famiglia, formazione, pari opportunità e così via. Il 2010 è stato l’anno del lavoro «formato famiglia»: in alcune vertenze sono stati inseriti bonus scuola e bonus bebè per i lavoratori in cassa integrazione; abbiamo finanziato con oltre 9 milioni di euro un bando rivolto alle aziende che favoriscano la conciliazione tra lavoro e famiglia dei dipendenti attraverso l’adozione di modelli organizzativi flessibili e l’attivazione di servizi quali il telelavoro, il part-time, gli asili nido, l’assistenza per malati, disabili e anziani. Nella stessa direzione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro va la firma di un’intesa con il Ministero per le pari opportunità, che ha erogato alla Regione Lazio un contributo di quasi 4 milioni di euro.
D. Non si tratta di risorse insufficienti?
R. Non dobbiamo dimenticare che la comunità laziale, così come quella nazionale, ha già un patrimonio di attività, di esperienze, di disponibilità umane e professionali che possono e debbono tradursi in servizi e in opportunità. La Regione si propone di «mettere in rete» questo patrimonio e di far sì che possa beneficiarne il maggior numero possibile di persone, a partire da quelle che ne hanno maggiore bisogno.
D. Quali sono i programmi in preparazione per l’anno in corso?
R. Il 2011 è l’anno del «Lavoro formato giovani». La Regione Lazio intende mobilitare tutte le attenzioni e le risorse per favorire e strutturare la formazione e il passaggio dei giovani nel mondo del lavoro. Destinatari diretti delle diverse azioni del piano Giovani sono gli studenti che nel corso degli studi necessitano di informazioni e di testimonianze per definire le proprie scelte professionali; in generale tutti i giovani fra i 16 e i 35 anni, particolarmente quelli che presentano maggiori difficoltà economiche e sociali. Ulteriori destinatari sono le aziende in quanto interessate a collaborare, quali interlocutori istituzionali, per sviluppare l’esperienza di lavoro, e i professionisti operanti nelle stesse o esercitanti la libera professione.
D. Quali azioni sono previste?
R. Ne cito solo alcune: l’apprendistato, che rappresenta il principale strumento d’ingresso nel mondo del lavoro specie in settori come l’artigianato, gli antichi mestieri, il florovivaismo nei quali domanda e offerta di lavoro faticano ad incontrarsi; l’avviso precari, che darà la possibilità di stabilizzare i giovani con contratti atipici operanti nelle aziende del Lazio e fornirà contributi per l’autoimpiego; le consulenze junior, che offriranno alle piccole e medie imprese la possibilità di avvalersi di giovani professionisti a costi ridotti.
D. Quali e quante risorse economiche saranno impiegate?
R. Sono disponibili i fondi nazionali per l’occupazione e, soprattutto, il fondo sociale europeo: in tutto, si tratta di molte decine di milioni di euro. Le risorse del fondo comunitario sono state molto utilizzate anche in passato dalla nostra Regione; la novità da noi introdotta consiste nell’avere unificato la formazione con il lavoro: una persona formata è una persona occupata.
D. Qual è il vostro obiettivo di fondo?
R. Tutte le risorse economiche del Fondo sociale europeo saranno finalizzate a introdurre una persona nel mercato del lavoro, o a mantenerla se vi è già, o a reimmettervela qualora ne sia stata espulsa. Vogliamo aumentare il numero di occupati nel Lazio, migliorare lo standard di lavoratrici e lavoratori, incidere in modo positivo nelle vite loro e delle loro famiglie. Il piano Giovani 2011 è, in questo senso, l’anticipazione del piano strategico Lazio 2020 per il rafforzamento del mercato del lavoro, da noi varato nei mesi scorsi e presentato prima a Roma e poi a Bruxelles.
D. La presentazione al Consiglio regionale del Lazio, avvenuta lo scorso dicembre, ha riscosso apprezzamenti pressoché unanimi. Come lo spiega?
R. In questioni centrali per il presente e il futuro della nostra società è doveroso cercare il confronto per arrivare al traguardo non da soli, ma con il più alto numero di compagni di viaggio. Anche in questo, mi sento di dire, la giunta Polverini ha introdotto un forte vento di novità rispetto al passato.
D. Com’era la sua stanza quando ne prese possesso, il 25 aprile 2010?
R. Era molto diversa: davanti alla scrivania c’era un lungo tavolo per l’esame delle vertenze, mentre sulla parete mancavano i simboli delle istituzioni. Ho sostituito il tavolo con divano e poltrone, ho appeso alle mie spalle le bandiere e il ritratto del presidente della Repubblica e ho posto, accanto a me, una copia della costituzione italiana che considero la guida di un amministratore pubblico e sulla quale, peraltro, preparai il mio esame da giornalista. Ho voluto che chiunque entrasse in questa stanza avesse il senso delle istituzioni.
D. E fuori dalla sua stanza?
R. C’era un clima sociale esasperato, teso, che ho voluto rasserenare. Non ho paura del confronto e dello scontro, se servono, ma tendenzialmente preferisco operare in serenità e con spirito costruttivo. Non voglio esprimere soddisfazione, perché la situazione economica rimane difficile e i compiti che ci attendono saranno duri. Tuttavia credo che, dopo quasi un anno di attività della Giunta, qualche risultato significativo sia stato raggiunto, anche in tema di lavoro e di formazione. È il migliore incoraggiamento a continuare in un’azione di cui tutti noi assessori avvertiamo, ogni giorno, la grande responsabilità.

Tags: lavoro formazione Lazio Roma Regione Lazio politica giornalisti marzo 2011

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