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HASSAN ABOUYOUB: MAROCCO, PONTE TRA EUROPA, AFRICA E IL MONDO ARABO

Dopo aver studiato a Lione in Francia, Hassan Abouyoub fu assunto presso il ministero del Commercio e dell’Industria del Marocco e nel 1980 divenne direttore del Commercio estero. In tale veste ideò e guidò il processo di adesione del Marocco al Gatt (general agreement on tariffs and trade, accordo mondiale sul commercio), condusse i negoziati commerciali con la Comunità Europea e partecipò ai negoziati dell’Uruguay Round. Dal 1990 al 1993 Abouyoub fu ministro del Commercio estero, degli Investimenti esteri e del Turismo. Eletto nel Parlamento nel 1993, l’anno dopo fu nominato ambasciatore in Arabia Saudita. Ministro dell’Agricoltura dal 1995 al 1997, fu il negoziatore dell’accordo con l’Unione Europea sulla pesca e di quello euro-mediterraneo per la creazione di una zona di libero scambio. Nel 1999 fu nominato ambasciatore del Marocco presso lo Stato francese, carica che ricoprì fino al 2004: dopo altri prestigiosi incarichi, nel febbraio del 2010 è stato nominato ambasciatore del re Mohammed VI in Italia; stesso incarico ha presso San Marino e Malta. In questa intervista fa il punto sulla situazione e sulle prospettive economiche del suo Paese e sui rapporti con l’Italia.

Domanda. Qual’è attualmente la situazione politica, economica e sociale del Marocco?

Risposta. È quella di un Paese normale dopo un periodo di transizione durante il quale sono state varate varie riforme. Questo processo cominciò nel 1983 per fronteggiare il crollo dell’economia marocchina e degli investimenti stranieri. Alla fine degli anni 80 e all’inizio degli anni 90, conclusa quasi la prima fase delle riforme economiche, si aprì quella delle riforme politiche e istituzionali adottate tramite un referendum costituzionale del 1996. Un preludio a ciò che costituirà le riforme di prima e seconda generazione. Il re Mohammed VI ha ampliato e accelerato questa riforma dandole un’ambizione e un contenuto epocale che ha interessato tra l’altro il diritto familiare e più generalmente l’assetto politico del Marocco di domani. La creazione dell’IER, Istanza per l’Equità e la Riconciliazione, ha favorito l’emergenza di un consenso nazionale nell’ultima fase delle riforme istituzionali. Questa istituzione, nel gestire gli anni di piombo, ha contribuito a indennizzare le vittime della repressione, ha permesso la riconciliazione dei marocchini con il loro passato e consentito di saldare i conti politici del passato. Dal 1962 al primo luglio 2011, ben otto referendum costituzionali hanno costellato l’itinerario istituzionale del Marocco. L’ultima costituzione adottata dal popolo il primo luglio con un quasi plebiscito per l’iniziativa del re che ha invitato il popolo a una riflessione collettiva su questa cornice istituzionale, ha consacrato il Marocco come una monarchia costituzionale, parlamentare, economica e sociale. Tra le tante novità introdotte dalla nuova carta costituzionale figura la riforma delle regioni, varata per approfondire la regionalizzazione e ispirata ad alcuni modelli vigenti in Italia, Spagna e Germania.

Domanda. Cosa avete tratto dalla ricerca?

Risposta. Anni fa varie delegazioni hanno viaggiato in tutto il mondo per studiare il funzionamento di un sistema regionale avanzato. Dopo il discorso del re nel novembre scorso, la commissione incaricata di elaborare un quadro giuridico per la futura regione ha lavorato su questi riferimenti per produrre una bozza integrata ormai alla nuova costituzione. Questo passo in avanti costituisce, senza dubbio, un progresso rivoluzionario per un Paese emergente arabo, musulmano, africano come il Marocco. Ormai, il popolo marocchino e la sua élite politica hanno in mano uno strumento istituzionale per attuare le riforme della quarta generazione, dirette a lottare contro la povertà e a includere le donne nel processo di sviluppo sociale ed economico, e per attuare il sistema democratico avanzato voluto dal re. Questo processo è agevolato dalla sana situazione macro-economica, caratterizzata da un equilibrio notevole, con un’inflazione inferiore al 2 per cento, un tasso di crescita media di quasi il 5 per cento l’anno negli ultimi 15 anni, una disoccupazione rimasta finora tra il 9 e il 10 per cento, caso atipico nella nostra area.

D. Quindi si può dire che abbiate risolto i vostri problemi?

R. Tutto questo non significa che non li abbiamo più. Esiste ancora un divario tra le popolazioni urbane e quelle rurali, che vanno aiutate a raggiungere il tenore di vita delle altre. Altri problemi riguardano l’ambiente, l’acqua, l’energia. Il Marocco non possiede risorse energetiche per cui deve affrontare costi che altri Paesi non hanno. Per questo abbiamo deciso di promuovere l’energia rinnovabile con un progetto nazionale basato sulle caratteristiche naturali del Marocco, la sua posizione geografica, il suo sole e il suo potenziale eolico. Abbiamo sviluppato la rete infrastrutturale, le autostrade e i porti, come quello di TangerMed grazie al quale finalmente il Marocco del nord si è aperto verso il Mediterraneo, mettendo fine all’isolamento della regione del Rif, e contribuendo a inserire il Marocco nel mondo globale con l’apertura della sua economia e delle sue infrastrutture. Il Marocco non ha ancora ultimato il suo programma ambizioso di infrastrutture pubbliche - treno ad alta velocità ecc. - e avrà dunque bisogno di risorse addizionali in questa prospettiva.

D. Non disponendo di fonti energetiche, siete pro o contro il nucleare?

R. Il problema è più complesso. La rete elettrica del Marocco è troppo limitata per giustificare l’introduzione di una centrale elettrica nucleare. In questo momento la priorità è rappresentata dalle fonti di energie rinnovabili. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un salto tecnologico e abbiamo ragione di pensare che non è ancora esaurito il potenziale del solare e dell’eolico. Per questa ragione, il Marocco ha avviato il progetto di Ouarzazate per l’energia solare, termodinamica e fotovoltaica, che rimane a tutt’oggi la più grande opera del mondo. Abbiamo studiato per anni la tecnologia nucleare creando un centro di ricerca e formando ingegneri, senza pregiudizio verso il futuro nel mio Paese per questa forma di energia, ma abbiamo un metodo cauto rispetto al nucleare. Stiamo attenti a tutto ciò che può costituire un’offerta energetica multimodale, e siamo convinti che bisogna usare l’eolico, l’idraulico, il solare e le biomasse prima di cercare soluzioni che sono, oggi, oggetto di un dibattito di pertinenza a livello mondiale.

D. In che cosa si distingue la politica del Marocco rispetto a quella degli altri Paesi arabi?

R. In Europa si ha l’abitudine di ritenere monolitico il mondo arabo. È sbagliato, perché ogni Paese ha la propria individualità, la propria storia, le proprie difficoltà. Il Marocco ha una specificità: è una delle più vecchie nazioni centrali del mondo, ha una continuità politica di governi monarchici musulmani dal 1400. La nostra identità è multipla ed è caratteristica. L’ultima costituzione ha tradotto la metafora del re Hassan II che la paragona a un albero con radici in Africa e fronde in Europa. La Roma di Caracalla e di Giulio Cesare era in Marocco, nella mia lingua berbera si trovano parole romane e latine. Dunque è un Paese con la vocazione di fare da ponte tra l’Europa, l’Africa e il mondo arabo. Questo può spiegare perché ha avuto un’evoluzione lineare, ha sempre attuato le riforme in conformità con le aspettative e senza superare limiti di accettabilità. Questa è la particolarità del Marocco, Paese di grande civiltà, con grandi attrattive di architettura, gastronomia, varietà del paesaggio; ha la neve, il mare, il deserto, requisiti che lo rendono simile all’Italia.

D. Come è nata la rivolta nei Paesi arabi del Nord Africa?

R. La stampa occidentale ed europea è stata pressoché unanime nel definire i recenti avvenimenti la «primavera araba». Appartenendo a quell’area, come osservatore non posso accettare questa interpretazione perché quanto è avvenuto nel Nord Africa non è lo stesso fenomeno verificatosi nel 1968 in Europa. Nel mondo arabo era in atto un sistema di governo al 90 per cento frutto di colpi di Stato; quasi tutti gli Stati della regione araba sono il risultato di un colpo di Stato. Ma un colpo di Stato non ha mai generato democrazia; per definizione, genera solo una dittatura, e una dittatura non è mai durata molto nella storia dell’umanità. Arriva un momento in cui la sua accettabilità si riduce, tende a scomparire ed emerge il bisogno di libertà e di dignità; a un certo punto si verificano avvenimenti di cui è difficile conoscere i motivi. Già dal 2002 con il programma delle Nazioni Unite sullo sviluppo, noi arabi avevamo compiuto uno studio dal titolo «Rapporto sullo sviluppo umano arabo» mettendo in evidenza deficienze, debolezze e problemi che prefiguravano quanto sarebbe accaduto.

D. Quali aspetti, in concreto?

R. La povertà, l’ingiusta ripartizione delle risorse, la mancata attuazione dell’economia del sapere, l’assenza di libertà che ostacola lo sviluppo umano ed economico, il ridotto ruolo della donna nell’economia. L’Europa e in generale il mondo occidentale non hanno tenuto conto di quello studio e, nei rapporti con la sponda sud del Mediterraneo, hanno mantenuto lo status quo, preferendo continuare a trattare con i regimi e le persone che avevano fermato o rallentato il progresso del mondo islamico. Cause di questo comportamento il timore risalente alla crisi petrolifera dal 1973 e la convinzione che stabilità significhi sicurezza dei rifornimenti energetici. Le nuove tecnologie dell’informazione, la tv satellitare, hanno aperto una finestra su un mondo diverso e accentuato il giudizio negativo sui poteri imposti in questi Paesi. Si è giunti così a una forma sofisticata di colpo di Stato, ma non è stato creato un sistema istituzionale alternativo, perché occorrono anni per una transizione nei sistemi di natura dittatoriale.

D. Che cosa manca al Marocco per trovare una situazione ottimale?

R. L’opinione pubblica, in particolare quella giovanile, ha scarsa fiducia nella classe politica. Nelle elezioni del 2007 la partecipazione è stata molto bassa, avviene cioè quello che succede in Europa. Ritengo che la transizione avviata con l’adozione della nuova costituzione comporterà il rinnovamento del personale politico, l’inclusione e l’integrazione di strati sociali diversi e di persone competenti nella gestione degli affari pubblici.

D. Quali rapporti intercorrono con l’Italia e in quali settori?

Come partner commerciale l’Italia è in terza posizione dopo la Francia e la Spagna. Deve ancora lavorare molto per ottenere un ruolo rilevante nel mercato marocchino, e ci aspettiamo un livello di investimenti ancora più alto anche per ragioni di concorrenza con il mondo extra-mediterraneo. Attualmente l’interscambio commerciale con l’Italia supera di molto i 2 miliardi di euro l’anno, con un risultato favorevole per l’Italia. Le esportazioni marocchine sono rimaste al 30-40 per cento. Si tratta di prodotti molto diversificati, per l’industria manifatturiera e tessile, di fosfati, pesce, calzature, artigianato, ma anche di servizi come il turismo che però con la «primavera araba» si è un po’ ridotto. L’Italia è l’unico Paese in Europa in cui si registra una riduzione dei flussi turistici, ma ritengo che dopo l’estate tutto riprenderà.

D. Lei è a favore dell’euro?

R. L’Europa ha bisogno di una politica monetaria comune ma, affinché l’euro svolga a lungo termine il ruolo di moneta di riserva, occorre andare oltre la politica monetaria per attuare una politica di bilancio europeo comune. Secondo alcuni è un sogno o un’utopia. Comunque per la credibilità dell’euro occorrono altri passi verso l’integrazione europea. Nel calcolo della valuta marocchina noi abbiamo introdotto l’euro che rappresenta più o meno l’80 per cento del valore di riferimento del dirham, quindi siamo già nel campo dell’euro. Aspettiamo per vedere come l’Unione Europea affronterà le crisi di Grecia, Portogallo, Irlanda e Italia. L’80 per cento degli scambi del Marocco avvengono con l’Europa, quindi abbiamo un destino comune.

D. Cosa rappresenta per voi l’Unione per il Mediterraneo?

R. I primi passi verso una politica euro-mediterranea furono fatti a Rabat concependo il Processo di Barcellona, uno spazio geografico caratterizzato dai valori comuni di libertà, democrazia, diritti umani. Purtroppo quel progetto è stato rallentato dalla crisi del Medio Oriente e da altri conflitti regionali ancora in atto nel Mediterraneo. Forse l’Europa ha sbagliato nell’accettare lo status quo come soluzione per garantire la stabilità politica, economica e sociale della sponda sud. Adesso la situazione è cambiata, ma il Marocco è convinto che non esistono alternative a un’integrazione dei Paesi del Mediterraneo nell’ambito di una situazione di coerenza, solidarietà, prosperità comune e di democrazia. Non si può immaginare il Mediterraneo senza la democrazia e lo Stato di diritto.

D. Come vede il futuro di quest’area geografica così strategica per il mondo?

R. Il Mediterraneo ha due sponde. Quella a nord ha ostacoli maggiori da affrontare, come il calo demografico e il rallentamento del progresso tecnologico. Il modello del welfare europeo è in pericolo per mancanza di crescita demografica sufficiente; va quindi elaborato un sistema di relazioni con la sponda sud, che invece ha una potenziale capacità di crescita demografica ancora per 20-25 anni, e la necessità di creare quasi 40 milioni di posti di lavoro per affrontare la potenziale disoccupazione futura. La domanda da porre a tutti gli attori del Mediterraneo è questa: è possibile realizzare un progetto comune che garantisca una nuova crescita e ridia al Mediterraneo la sua capacità competitiva?

D. Qual’è la situazione per quanto riguarda l’emigrazione?

R. In Italia vi sono oltre 500 mila marocchini che costituiscono ormai una diaspora, comprendendo varie generazioni. Dobbiamo gestire questa entità favorendo un’integrazione serena tra la cultura e la religione islamica e la società italiana. In Marocco vi sono molti cristiani con le loro chiese, e non si assiste a guerre di religione. Non capisco perché in Italia non vi siano moschee; non è vero che il Vaticano ha timore di perdere il proprio potere, anche perché è un nostro partner e il Marocco è molto aperto al dialogo culturale tra religioni. 

D. Qual è il suo programma?

R. Spiegare il Marocco sconosciuto e sto ottenendo già i primi risultati; 40 anni fa ho girato tutta l’Italia, che rimane nel mio cuore; con questi argomenti in mano, la mia attività prioritaria consiste nel lavorare

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