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DING WEI (CINA): crisi non solo da debito, anche da mancato controllo sulla finanza

Ding Wei, ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese a Roma

È vero che negli ultimi vent’anni i Governi hanno preferito nominare ambasciatori all’estero e ricevere ambasciatori dall’estero, se non proprio economisti, quantomeno personaggi sensibili alle relazioni economiche, fenomeno questo acuitosi con lo sviluppo dei traffici, dei trasporti, delle comunicazioni, di internet e in generale del commercio mondiale. In una parola, con la globalizzazione. Ma dal momento che gli affari tra i Paesi sono stati curati anche in passato da appositi diplomatici, gli addetti commerciali, se in un Paese di antichissima cultura e civiltà come l’Italia viene accreditato, da un altro Paese di analoga cultura, un ambasciatore esperto in tale campo, il risultato sarà lo sviluppo degli scambi economici parallelamente a quelli culturali. È il caso di Ding Wei, da circa tre anni ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia e a San Marino. Il suo curriculum è estremamente qualificato ed eloquente: laureato e master in lettere, esordì come vicedirettore di sezione nel Ministero della Cultura cinese per poi svolgere gli incarichi di console culturale ad Huston e a New York, di direttore generale aggiunto nel Ministero della Cultura, di consigliere culturale nell’Ambasciata cinese di Londra, di direttore generale nel Ministero della Cultura cinese e di sottosegretario alla Cultura nel proprio Governo.
Domanda. In questa crisi economica mondiale, anche se non si dice esplicitamente, si nutre molta speranza, più da parte della popolazione che dei governanti, nella Repubblica Popolare Cinese, perché il poderoso sviluppo di questo grande Paese e del suo laborioso popolo è in grado di determinare anche una ripresa dell’economia mondiale e di quella italiana in particolare. Un po’ tutto il mondo dipende dall’economia cinese, che ha ancora rilevanti prospettive di sviluppo e che avanza con passi molto rapidi. Pur nelle debite proporzioni demografiche, l’Italia ha conosciuto una fase simile a quella attuale della Cina nel secondo dopoguerra, negli anni 50, in cui registrò un grande sviluppo economico con un aumento del prodotto interno intorno al 10 per cento l’anno, analogo agli attuali tassi del prodotto interno cinese.
Risposta. Negli ultimi 35 anni l’economia cinese ha conosciuto uno sviluppo costante con un tasso relativamente alto, una crescita media annua intorno al 10 per cento. Il volume dell’economia è notevolmente aumentato e la crescita economica si è tradotta in consistenti benefici per la popolazione. I cinesi hanno continuamente migliorato il loro tenore di vita, il livello di istruzione, educazione, preparazione culturale. La Cina ha subito questo processo grazie soprattutto alla sua politica interna e alla riforma operata nella politica estera, caratterizzata dall’apertura ai mercati esteri.
D. Ne hanno beneficiato però tutti i Paesi del mondo.
R. Come lei giustamente osserva, lo sviluppo dell’economia cinese ha portato benefici non solo ai nostri cittadini, ma allo sviluppo dell’economia mondiale. Oggi la Cina intrattiene un intenso interscambio con i Paesi stranieri, è il più grande esportatore e il secondo maggiore importatore del mondo. La domanda interna della Cina registra un continuo aumento, prevediamo che fra 5-10 anni il tasso di crescita delle importazioni cinesi sarà più alto di quello delle esportazioni.
D. Quali sono i Paesi più interessati?
R. Operano in Cina molte imprese di Paesi occidentali come Germania, Giappone, Stati Uniti ed Europa in generale. Sono entrate nel mercato cinese che, per alcune, è essenziale per il loro sviluppo. Vi investono, vi lavorano e la maggior parte vi registrano notevoli risultati. In ambito europeo l’Italia è il quinto partner commerciale della Cina, mentre questa per l’Italia costituisce il più grande mercato nell’area asiatica. Quindi condivido molto la sua osservazione secondo la quale la Cina, con il proprio sviluppo economico, ha portato benefici ai propri cittadini ma nello stesso tempo collabora con il mondo esterno, e del suo sviluppo beneficiano anche molti altri Paesi.
D. Come giudica la situazione economica europea e mondiale?
R. Ormai la crisi finanziaria internazionale e la crisi del debito europea hanno compiuto tre anni caratterizzati da tensioni e agitazioni, ed hanno posto l’Europa in una grande difficoltà, mai vista dopo la seconda guerra mondiale. Considerandola in modo superficiale, questa fase potrebbe spiegarsi come una conseguenza dell’eccesso di debito pubblico; ma, se si compie un’analisi più approfondita, si comprende come in pratica si tratti più di una crisi dovuta all’irrazionalità delle strutture economiche, allo squilibrio dello sviluppo economico dovuto alla mancata sorveglianza sulle istituzioni finanziarie, all’incapacità di gestire la politica sociale.
D. Qual è pertanto, in tale situazione, l’atteggiamento del Governo cinese?
R. Nonostante tutto, la Cina guarda con interesse l’Europa e la sua crisi del debito con più fiducia e ottimismo rispetto a molti altri Paesi. Personalmente ritengo che nel mondo, soprattutto in Europa, sia stato posto un po’ troppo l’accento sulla gravità di questa crisi, per cui si è diffuso un pessimismo esagerato. Vorrei fornire tre argomenti a sostegno di questa mia tesi. In primo luogo attualmente l’Europa è ancora l’area del mondo a più elevato sviluppo scientifico e più dotata di tecnologia. La sua economia in sostanza non ha perduto o ridotto quella capacità di innovazione. Questo per quanto riguarda l’aspetto economico; per quanto riguarda l’aspetto sociale, possiamo constatare come l’Europa sia l’area del mondo in cui funzionano meglio le leggi, e in cui anche esistono una società più matura e una capacità di gestire e di coordinare.
D. E qual è il terzo aspetto?
R. Come terzo aspetto non possiamo trascurare la popolazione. Sicuramente l’Europa è un’area del mondo in cui si registra il più alto livello di educazione; culturalmente i suoi abitanti sono molto più preparati rispetto alle altre aree del mondo; quindi noi, tutto sommato, crediamo che abbia la capacità di superare la crisi attuale. In questo processo è auspicabile però che il sistema sociale in Europa conosca un nuovo salto di qualità. La Cina, insomma, è sicura che l’Europa uscirà dalla crisi e che diventerà ancora più forte. Nei 3-4 anni passati il Governo cinese ha manifestato di continuo questa fiducia nei confronti dell’Europa. Io sono pienamente d’accordo con questa analisi del nostro Governo, quindi abbiamo piena fiducia nell’Europa e nelle sue capacità.
D. Anche se alcune impostazioni di carattere politico non coincidano del tutto?
R. Le nostre opinioni possono essere anche diverse, ma questo è dovuto forse più alla diversità della cultura occidentale rispetto a quella orientale. Io so che i cinesi hanno l’abitudine di guardare sempre le situazioni dal punto di vista più lungimirante, e quindi di valutare un evento da un punto di vista complessivo, anche perché i fatti sono in continua evoluzione, e questo vale sia per quanto riguarda noi, sia per quanto riguarda gli altri. Le difficoltà attuali non possono modificare il nostro giudizio sul futuro dell’Europa, ed è per questo che i cinesi guardano l’Europa con più ottimismo rispetto agli altri Paesi.
D. Di regola lo sviluppo economico investe prima una fascia della popolazione, più ristretta e dislocata nelle grandi città; poi, quando i redditi familiari aumentano, il benessere si diffonde in tutto il Paese, anche nelle province più remote e agricole. Quanto potrebbe impiegare questo processo, nel rendere un po’ più uniforme il reddito familiare pro capite e far sì che una larga fascia della popolazione possa usufruire dei benefici?
R. È una domanda molto importante questa, perché per molti altri che non vivono in Cina è facile pensare che lo sviluppo cinese sia una meraviglia, poi si accorgono che adesso in Cina è sul tappeto una questione molto sentita, consistente nel diverso tenore di vita esistente tra i ricchi e i poveri. Questa situazione è dovuta anche all’irrazionale distruzione di risorse a livello sociale. Infatti 30 anni fa l’obiettivo della riforma dell’economia cinese consisté nel fare arricchire le persone, poche per iniziare, per poi arrivare, grazie al loro traino, ad arricchire tutta la popolazione. Ma devo dire che ad oggi non abbiamo raggiunto quell’obiettivo.
D. E attualmente qual è l’obiettivo della politica cinese?
R. Forse lei sa che poco tempo fa a Pechino si è concluso il 18esimo Congresso del partito, un evento politico molto importante per la Cina perché stabilisce l’orientamento dello sviluppo cinese nei successivi 5-10 anni. Durante il congresso abbiamo lanciato un obiettivo, quello di raddoppiare il reddito pro capite delle famiglie entro il 2020. Un altro traguardo molto significativo, definito in questo Congresso, è quello di creare una società più imparziale ed equa, quindi di ridurre la differenza tra i ricchi e i poveri e di usufruire in modo più diffuso del frutto ottenuto nello sviluppo economico.
D. E come, più in pratica?
R. Ogni anno dobbiamo ottenere un tasso di aumento del reddito pro capite intorno al 7 per cento. Da parte sua lo Stato deve investire risorse finanziarie nelle aree più povere e remote della Cina, e soprattutto in quelle rurali. Con il trasferimento di finanze pubbliche deve, quindi, aiutare lo sviluppo delle Province, dei Comuni e delle città più povere e rurali. Vogliamo impegnarci nei prossimi 5-10 anni nel razionalizzare la ridistribuzione della ricchezza sociale per creare una società più equa.
D. Un fenomeno analogo si verificò in Italia 50 anni fa, dopo la seconda guerra mondiale, quando era un Paese molto operoso, laborioso, lavoratore, e con molti principi morali, che però in questi 50 anni di sviluppo economico si sono un po’ diluiti. Noi ammiriamo la popolazione cinese per la sua laboriosità, la serietà, per l’impegno nel lavoro e nei principi. Però l’uomo è uomo in tutte le parti del mondo. Man mano che si diffonderà il benessere, sarà possibile alla Cina mantenere i valori morali della massa? In Italia e in Europa questi valori morali non ci sono quasi più.
R. La domanda è molto interessante e io penso che su questa questione la Cina debba riflettere seriamente, perché la laboriosità della popolazione cinese è fondamentale per lo sviluppo dell’economia. Da un lato dobbiamo considerare che la Cina, per diventare un Paese benestante, deve percorrere ancora molta strada perché ha un’immensa popolazione ma risorse naturali relativamente scarse. Dall’altro, va considerato che alla Cina, per raggiungere il livello di agiatezza dell’Europa e degli Stati Uniti a livello totale della società, non bastano 20 anni, ma come minimo ne occorrono il doppio. Per esempio, mentre come entità economica la Cina è il numero 2 del mondo, il reddito pro capite cinese è al 100esimo posto del mondo. Vi è pertanto ancora molto da fare, perché la differenza tra noi e i Paesi occidentali è ancora molto elevata. La popolazione cinese è un quarto della popolazione mondiale, ma noi abbiamo soltanto un ottavo dei terreni coltivabili a livello mondiale, e questo vale anche per le risorse idriche come i fiumi e i laghi: le risorse di acqua dolce sono soltanto un quarto del livello medio del mondo.
D. Come è divisa oggi la popolazione in base al reddito?
R. La popolazione povera, e cioè le persone che guadagnano meno di un dollaro al giorno, sono 120 milioni, il doppio della popolazione italiana, ma la soglia di povertà è molto più bassa rispetto all’Italia. Queste sono le realtà cinesi, e sono così difficili da cambiare che penso necessario, anche per questo motivo, un lungo periodo essere laboriosi e operosi, perché soltanto con il lavoro e con l’impegno possiamo migliorare la nostra vita. Quindi la pigrizia non nascerà prima che la Cina diventi completamente ricca. Nel frattempo stiamo molto attenti a sviluppare l’economia in modo scientifico, razionale e sostenibile, per mantenere una buona tendenza nella crescita economica.
D. Vi è utile l’esperienza di altri Paesi?
R. Stiamo molto attenti alle vicende della crisi del debito in Europa, e nel compiere questa analisi abbiamo constatato che vi sono stati insostenibili modelli di sviluppo di alcune popolazioni, che si sono indebitate troppo per godere di un livello di benessere elevato. Pertanto abbiamo adottato in Cina un modello previdenziale e sociale consistente in un sistema che copre tutto il territorio ma con un livello più basso, per cui occorre concedere più incentivi alle persone che lavorano. Penso che questo valga anche per i Paesi europei. È importante godersi la vita, ma nel frattempo è necessario anche creare la ricchezza
D. Due punti essenziali in qualunque società sono l’educazione della gioventù e lo sviluppo della cultura, per evitare il degrado in atto nei Paesi occidentali anche nel costume. Li consiglierebbe all’Italia e all’Europa per uscire dalla crisi economica ma anche morale?
R. Certo, sono d’accordo con lei, perché sono i giovani a determinare la ripresa economica, quindi anche etica.
D. A quanto ammontano attualmente gli scambi commerciali tra i due Paesi?
R. La Cina è un grande Paese e ama molto l’Italia; i rapporti tra i nostri due Paesi hanno conosciuto un costante e rapido sviluppo, sono buoni in ogni settore, politico, economico, culturale. In ogni campo abbiamo buoni scambi e realizzato concreti risultati. La Cina e l’Italia hanno stabilito rapporti diplomatici nell’anno 1970. In quell’anno lo scambio commerciale ammontava a 120 milioni di dollari americani, ma nel 2010, quindi 40 anni dopo i primi rapporti diplomatici, l’interscambio ammontava a 50 milioni di dollari americani al giorno. Questo vuol dire che oggi il volume di interscambio di ogni giorno è più elevato di quello di un anno intero di 40 anni fa. All’epoca tra cinesi che venivano in Italia e italiani che andavano in Cina non superavano le mille persone; oggi più di un milione di cinesi vengono ogni anno in Italia e dei nostri scambi e relazioni beneficiano sia i cinesi che gli italiani. È un vantaggio reciproco. Penso che abbiamo ancora una grande potenzialità di cooperazione, che abbiamo un’opinione pubblica favorevole e che, quindi, nei prossimi 5-10 anni vi sarà un continuo ed elevato sviluppo dei nostri rapporti.
D. Che cosa alimenta la simpatia tra le due popolazioni?
R. È la prima volta che lavoro in Italia e sono a Roma da 3 anni. Amo molto questo Paese, penso che vi sono molti motivi per spiegare perché abbiamo verso di esso un’amicizia salda. Ai cinesi piace molto l’Italia perché molti suoi elementi meritano l’ammirazione dell’umanità. Noi rispettiamo molto la lunga storia, la tradizione culturale italiana, il contributo essenziale che l’Italia ha dato per trasformare la cultura del mondo. In Cina è molto noto che l’impero romano ha saputo non solo ereditare la cultura della Magna Grecia, ma sviluppare ulteriormente la cultura; sappiamo che nel periodo rinascimentale l’Italia ha creato opere d’arte non paragonabili con qualsiasi altra opera nel mondo. Ammiriamo il made in Italy per la sua capacità di innovarsi continuamente, di creare meravigliosi prototipi. Ai cinesi piace molto la gastronomia e la cucina italiana e, come gli italiani, prestano molta attenzione e importanza al valore della famiglia, della parentela, dell’amicizia. C’è rispetto per le diversità, l’Italia vuole trattare gli altri Paesi e le altre popolazioni sempre su un piano paritario.
D. Ha fiducia nella stampa italiana?
R. Specchio Economico ha una storia di oltre trent’anni; spero che in futuro possa ospitare sempre più frequentemente le notizie sui rapporti tra la Cina e l’Italia, anche per favorire migliori sentimenti dei lettori italiani verso il mio Paese. Lo scorso mese abbiamo celebrato il Capodanno cinese, la festa più grande e più importante in Cina; vorrei esprimere i miei sinceri auspici ai lettori e augurare il benessere nell’anno del Serpente. Nella cultura cinese il Serpente ha varie virtù, prime delle quali l’intelligenza, il coraggio e la pazienza. Spero che con queste virtù l’anno prossimo l’Italia possa intraprendere una ripresa economica migliore del previsto.
   

Tags: Marzo 2013 Cina ambasciate in Italia

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