Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Interviste
  • #ANALFABETISTRADALI: COSA PENSA MARIO VALDUCCI, PADRE DEL CODICE DELLA STRADA

#ANALFABETISTRADALI: COSA PENSA MARIO VALDUCCI, PADRE DEL CODICE DELLA STRADA

17-Valducci.jpg

«Analfabetismo stradale»: la locuzione è più affine a coloro che vivono la strada come se fosse una prateria, seguendo i segnali solo per evitare l’incidente ma, per il resto, viva la libertà.

 

a cura di Giorgio Sebastiano

C'era una volta un incrocio di periferia; un incrocio piccolo, per la viabilità locale. Un bel giorno causa lavori fu necessario modificare la viabilità per far girare i bus a quell’incrocio: una manovra difficile, possibile solo in assenza di auto parcheggiate. Il Comune fece le cose per bene: segnaletica orizzontale, cartelli chiari (e anche minacciosi), vigili a spiegare la novità. Per un po’ le cose funzionarono, poi quegli spazi diventarono preda fin troppo ambita per gli automobilisti che «mi fermo un minuto, vuoi che il bus arriva proprio ora?». Invece il bus arrivava, inevitabilmente suonava e - anche quando l’automobilista si precipitava a togliere il disturbo - quei tre, cinque minuti venivano persi. Fino al giorno in cui qualcuno decise semplicemente di parcheggiare e andarsene, per cui al conducente del bus non restò altro da fare che segnalare il disservizio e aspettare.
Delle attese a volte anche di 30 minuti e più, con i bus che si accodavano fino a formare code interminabili mentre i mezzi privati erano obbligati a commettere una gravissima infrazione dovendo percorrere un lungo tratto di strada contromano per superare il serpentone dei bus. Nel frattempo centinaia di passeggeri vedevano la loro quotidianità sconvolta, tra ritardi sul lavoro e appuntamenti saltati, mentre altre centinaia attendevano del tutto ignare alle fermate successive, imprecando contro l’azienda dei trasporti perché «i bus non passano mai, ma i soldi dell’abbonamento li vogliono sempre puntuali».
Non dell’azienda dei trasporti fu la colpa del disservizio ma di un unico automobilista il cui orizzonte della società in cui vive era limitato alla soddisfazione delle personali esigenze. L’orizzonte più ampio, fino alle persone che dovevano interagire con chi perse il bus, era fuori dalle sue capacità di comprensione. Sue e dei tanti come lui: il fatto si ripeté più volte al giorno per tutta la durata dei lavori, ogni volta generando un piccolo frattale che coinvolgeva migliaia, forse decine di migliaia di persone con tutte le conseguenze economiche che questo ha comportato.
Il comportamento dell’automobilista, il suo essere «fuori delle sue capacità di comprensione» il vivere in una società complessa, riconduce allo spin-off dei cosiddetti «analfabeti funzionali», quella parte della popolazione che, per usare le parole di Tullio De Mauro, massimo esperto di analfabetismo funzionale, «non ha le competenze minime indispensabili per orientarsi nelle informazioni e nella vita di una società contemporanea». Uno spin-off che, provocatoriamente, si può provare a riassumere in «analfabeti stradali»: persone incapaci «di usare in modo efficiente le abilità di lettura della segnaletica stradale», in particolare quella orizzontale.
Sia chiaro: non c’è alcuna relazione diretta tra analfabeta «funzionale» e «stradale». Inoltre, il termine «analfabeta stradale» non vuole definire chiunque commetta una infrazione stradale; quelle le commettiamo più o meno tutti, qualcuno anche più volte al giorno. La differenza è nel rapporto con l’infrazione: capita anche ai più corretti - perché distratti o perché di fretta, o quando non trovano parcheggio dopo ripetuti tentativi - di commettere l’infrazione. Ma sono perfettamente consapevoli di commettere una infrazione e, se raggiunti dalla sanzione, se ne fanno una ragione e pagano.
La locuzione è più affine a coloro che vivono la strada come se fosse una prateria, seguendo i segnali solo per evitare l’incidente ma, per il resto, viva la libertà propria. Gli altri non esistono e le esigenze private vengono prima del Codice. Se lo si viene fatto loro notare, non capiscono, non si sentono in colpa, avvertono un sopruso. E qualcuno reagisce con violenza, anche se solo verbale. Il risultato? Parcheggiano in doppia anche dove non rimane più alcuno spazio per la circolazione, anche se a dieci metri c’è posto, o sulle strisce dove non rimane più uno spiraglio per passare, o in curva oscurando gli attraversamenti pedonali, o alle fermate dei bus, o direttamente sui binari dei tram. Ancora accelerano agli attraversamenti pedonali per evitare di doversi fermare, percorrono la corsia in senso opposto per saltare le code a rischio della vita; cellulare in mano se in auto, dentro il casco se sullo scooter. Senza curarsi degli effetti dannosi, vivono nella loro bolla e tutto il resto non conta. Il vigile è il nemico e le multe un esempio del Comune «che fa bancomat».
Mario Valducci è il «padre» politico dell’attuale Codice della strada i cui risultati si sono tradotti in un dimezzamento in dieci anni dei morti sulle nostre strade. È con lui, oggi Commissario per l’Autorità Trasporti e già presidente della Commissione Trasporti alla Camera dei Deputati nella scorsa legislatura, che Specchio Economico prova ad introdurre il tema degli «analfabeti stradali».
D. Provocazioni a parte, si può definire «analfabeta stradale» chi vive la strada ignorando totalmente il codice o vivendo con un codice personale?
R. Se intendiamo «analfabeta» come lo si intende dal punto di vista ordinario, sicuramente tutti coloro che guidano hanno alcune cognizioni delle regole da seguire per chi circola sulla strada. Poi, non c’è dubbio che la conoscenza di tutte le norme sia difficile, anche perché alcune variano da Comune a Comune. Ci sono però persone che si disinteressano anche delle poche regole stradali che conoscono e vivono la strada come fosse casa propria, parcheggiando l’auto in mezzo alla strada e impedendo la circolazione a mezzi di servizio pubblico o di soccorso, così come ai privati di uscire da un passo carrabile etc. Questo comportamento lo definirei più da «delinquente stradale» o da bullo, che da uno che non conosce le regole della strada.
D. Nonostante l’inasprimento recente delle sanzioni, pare che gli italiani alla guida non riescano a rinunciare all’uso dello smartphone sebbene la tecnologia oggi metta a disposizione auricolari e vivavoce bluetooth. Che ne pensa?
R. Il Codice della strada prevede la sottrazione di cinque punti dalla patente di chi guida telefonando senza avvalersi di appositi strumenti, ma la telefonata oggi è forse il minore dei mali, perché lo smartphone viene usato per mail, chat e tanto altro. Molti incidenti, soprattutto nelle aree urbane, sono dovuti all’uso di smartphone durante la guida. È necessaria una maggiore attenzione da parte delle forze di Polizia per sanzionare comportamenti che provocano incidenti anche gravi. Non aiuta - questo lo dobbiamo dire visto che ormai è diventata una consuetudine - la rottamazione delle cartelle esattoriali relative alle multe, perché si spinge a non pagare le sanzioni sperando in un forte sconto in futuro, nonostante, è giusto ricordarlo, si possa pagare entro 5 giorni dalla notifica della contravvenzione con uno sconto del 30 per cento.
D. Altro problema, quello degli scooter. È vero che nel caos delle città consentono una mobilità altrimenti impossibile, ma è altrettanto vero che molti si sono fatti un Codice della strada tutto loro anche a scapito della propria incolumità.
R. Gli incidenti più gravi spesso accadono nelle grandi aree metropolitane tra mezzi a quattro ruote e mezzi a due ruote. Chi usa il motorino ritiene un proprio diritto «zigzagare» tra le auto, irritandosi se le auto in coda a un semaforo lasciano poco spazio per potersi «infilare». Tutta una serie di comportamenti assolutamente non consoni al codice della strada. Ricordo che il Codice vuole che i motorini si incolonnino come fossero un’autovettura. Molti incidenti accadono perché il motorino nel suo «zigzagare» inevitabilmente incontra un automobilista che deve girare o cambiare corsia. Incidenti le cui conseguenze per chi è sulle due ruote spesso comportano lesioni alla persona.
D. Alcune infrazioni sono palesemente autolesioniste, una su tutte il «contromano» sulla corsia riservata al senso di marcia opposto per saltare le lunghe file.
R. Ciò avviene perché si dà la priorità alla fretta, una cosa fuori dalla realtà. Sono questi comportamenti irrazionali a determinare azioni dove chi ci rimette è sicuramente il motociclista. La soluzione è quella di creare corsie preferenziali per motorini e biciclette; qui spetta alle amministrazioni locali studiare minuziosamente la realtà stradale del proprio territorio per individuare selettivamente dove creare questi percorsi agevolati.
D. Quanto influiscono le carenze delle amministrazioni sulla segnaletica, quella verticale con il grave problema dei cartelli obsoleti ma non rimossi, e quella orizzontale spesso semplicemente illeggibile?
R. Qui rientriamo nel grande tema della carenza di risorse finanziarie che, in teoria, ci dovrebbero essere perché il 50 per cento dei proventi delle multe dovrebbe essere dedicato alla manutenzione delle strade. C’è la presenza di una cartellonistica esorbitante e spesso in contraddizione, cartelli stradali la cui rimozione costa e che vengono lasciati creando stratificazioni di segnaletica spesso in contraddizione. Poche risorse, quindi aste al massimo ribasso con il risultato di segnaletiche sbiadite o manti stradali sgretolati, anche se fatti da poco, perché realizzati in modi o con materiale scadente. O scavi che vengono ricoperti non ricreando il manto stradale originario ma con rattoppi che rendono difficile la circolazione.
D. Un’amministrazione che non scrive bene la segnaletica stradale può pretendere che il cittadino la rispetti?
R. Non dobbiamo mai dare l’alea per consentire al cittadino di non rispettare le regole, ma non c’è dubbio che le amministrazioni locali dovrebbero fare del loro meglio per dare al cittadino indicazioni chiare e inappellabili in caso di infrazione. Anche perché questo induce a fare ricorso sperando che il giudice di pace possa dare ragione ai conducenti.
D. Tutto questo, peraltro, è in contraddizione con un grande esempio di civiltà stradale. La campagna di informazione a seguito del nuovo Codice della strada fu ben recepita dai cittadini che modificarono profondamente alcuni comportamenti, riducendo significativamente il numero dei morti.
R. All’epoca furono realizzati dei messaggi semplici ma molto efficaci: «Chi beve non guida», con sanzioni importanti che hanno drasticamente ridotto la guida in stato di ebbrezza. La pressione mediatica sui temi della sicurezza stradale è fondamentale e ha prodotto risultati: siamo partiti dai 20 morti al giorno del 2000, agli 8 di oggi, che comunque sono ancora tantissimi.
D. Quanto può influire insegnare ai bambini fin dalle elementari il Codice della strada per avere guidatori migliori domani e «vigili» per i genitori oggi?
R. Questo sarebbe un passo importante. Ci sono state iniziative per le scuole medie superiori, qualcosa anche alle elementari, ma personalmente ritengo più corretto insegnare stabilmente l’educazione stradale fin da bambini, perché fin da piccoli noi frequentiamo le strade anche se solo come pedoni e va detto che, mentre si è ridotto il numero dei morti sulle quattro ruote, nel corso degli ultimi anni è aumentato quello dei pedoni e di chi circola in bicicletta. Iniziamo a girare per le strade con i nostri genitori fin da piccoli. Un’altra grande inciviltà nel nostro Paese è quella di attraversare fuori dalle strisce pedonali, anche con i nostri figli, solo per risparmiare una ventina di metri. L’educazione civica stradale deve essere anche di chi non guida un mezzo, rispettando quegli articoli del Codice della strada che riguardano i non patentati. I pedoni debbono attraversare sulle strisce, gli automobilisti si debbono fermare quando un pedone impegna le strisce, i vigili debbono sanzionare chi non rispetta queste semplici ma fondamentali regole del Codice della strada. Tre comportamenti virtuosi di chi guida, di chi cammina e di chi controlla il rispetto del Codice consentiranno alla nostra società di ridurre il numero di morti, feriti ed incidenti sulle nostre strade. Questa la mia speranza, questo il mio augurio.

Tags: trasporti Camera dei Deputati Dicembre 2017 Mario Valducci codice della strada trasporto pubblico locale

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa