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DIEGO PORTA: DIRIGERE LA POLIZIA LOCALE A ROMA SENZA SE E SENZA MA

Diego Porta,  comandante del  Corpo di Polizia locale  di Roma Capitale

Più conosciuti come «vigili urbani», oggi fanno parte del Corpo di Polizia locale di Roma Capitale (già Polizia municipale di Roma), con circa 6 mila unità tra istruttori, funzionari e dirigenti. Lui, Diego Porta, è stato nominato a firma Raggi come nuovo numero uno; già capo ad interim fino al 31 ottobre 2016, l’11 novembre veniva ufficializzato. E lui dichiarava: «La conferma del mio incarico per i prossimi tre anni è per me fonte di orgoglio e assunzione di grande responsabilità». E parlava della necessità ingente di effettuare un recupero di credibilità.
Le recenti dinamiche provenienti dalla politica (e magistratura) romana non aiutano di certo la Polizia locale, che deve lottare non solo con la credibilità del proprio Corpo, ma con le difficoltà inconcepibili di Roma, ombelico del mondo eppur malato, e la gestione che della Capitale viene fatta dal Comune e dal sindaco. L’intolleranza, a Roma, è ormai il frutto non più solo dello stress per l’inattuazione di semplici regole civiche, ma anche dell’incredulità, quando non rabbia, che i cittadini hanno maturato verso le istituzioni e verso gli stessi Romolo e Remo. Mentre la politica parla di «patate bollenti» (e le passa) e di stadi da realizzare, romani e passanti cadono nelle buche, subiscono estorsioni e minacce da parcheggiatori abusivi, sono multati «chi sì chi no», e non v’è certezza di una Polizia presente e di istituzioni coerenti quando, va sottolineato, sono soprattutto queste che sfrecciano ad alta velocità per il centro storico e non rispettano le regole.
«Per affrontarle è condizione assolutamente necessaria il recupero di quel rapporto di credibilità con i cittadini che forse, nel corso degli anni, si è un po’ attenuato. È pertanto necessario–prosegue Porta–uno sforzo di tutti noi, dai dirigenti ai funzionari, agli istruttori, per dimostrare che nel semplice rapporto con la comunità sociale la Polizia locale è al servizio del cittadino senza se e senza ma. Questo cambio di passo da percorrere insieme dovrà poi essere calato in una complessiva riorganizzazione del Corpo finalizzata al raggiungimento degli obiettivi condivisi con l’amministrazione capitolina». Per l’appunto. Ne parliamo con lui, il comandante del Corpo di Polizia locale di Roma Capitale, che occupa la grande poltrona di responsabilità di Via della Consolazione. Sperando proprio che, per i cittadini, lui sia una consolazione.
Domanda. Quali servizi e attività competono alla Polizia locale? Quali sono le differenze con il vecchio vigile urbano e come si inserisce il ruolo dell’operatore di Polizia locale tra le altre Forze dell’Ordine?
Risposta. La Polizia locale, come tutte le polizie locali d’Italia, ha compiti ben definiti previsti dalla legge. Gli appartenenti alle Polizie locali d’Italia sono circa 60 mila, e il corpo di Roma Capitale ne ha 5.800, purtroppo con una grossa sofferenza d’organico che dovrebbe essere, come da previsione, di circa 8.300 unità. Per quanto riguarda le attività svolte, queste sono previste dalla legge che disciplina la nostra attività, la vecchia legge n. 65 del 1986, la quale attribuisce alla Polizia locale le note qualifiche di agente e/o ufficiale di Polizia giudiziaria, agente ausiliario di Pubblica sicurezza. Siamo anche agenti di Polizia stradale, svolgiamo attività soprattutto nell’ambito della sicurezza stradale, nel controllo degli esercizi commerciali e nella tutela ambientale. I nostri compiti non si vanno a sovrapporre a quelli delle altre Forze di polizia che svolgono compiti diversi più che altro in materia di ordine e sicurezza pubblica, noi invece andiamo a svolgere una funzione che integra in qualche modo le attività svolte dalle altre Forze di polizia che, come è noto, ora sono 4 e non più 5: Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri (che ha inglobato il Corpo Forestale dello Stato), Guardia di Finanza e Corpo di Polizia penitenziaria.
D. Oltre alle «solite» multe, non crede che serva maggior presidio sul territorio per contrastare le molteplici criticità di Roma, come il fenomeno dilagante dei parcheggiatori abusivi, della lotta alla sosta selvaggia e alla cura del manto stradale?
R. Per quanto riguarda le criticità di Roma, certamente ci sono fenomeni odiosi: il primo è quello dei parcheggiatori abusivi per il quale noi stiamo svolgendo, anche su indicazione del sindaco, un grosso lavoro di contrasto. Circa 2-3 volte alla settimana organizziamo controlli «anti-parcheggiatori abusivi» soprattutto nei luoghi dove il fenomeno è più evidente e a seconda degli orari. Di mattina e di pomeriggio siamo di fronte gli ospedali, oppure davanti a luoghi ove vi è una forte concentrazione di veicoli come i centri commerciali, mentre la sera ci organizziamo soprattutto negli orari della cosiddetta movida in luoghi come Trastevere, Campo de Fiori, Testaccio. Purtroppo il Codice della strada non ci aiuta, perché prevede soltanto una sanzione di carattere amministrativo di circa 760 euro che, tuttavia, difficilmente viene pagata, soprattutto se l’attività è condotta da stranieri. Stiamo invitando i cittadini a denunciare direttamente il fenomeno perché, se adeguatamente motivata, la denuncia può essere presupposto affinché il fatto rivesta rilevanza penale.
D. Cosa deve fare un cittadino?
R. Deve chiamarci immediatamente, e se fa la denuncia in loco e al momento riferendo di essere stata taglieggiata, possiamo oltre che elevare il verbale comminando una sanzione amministrativa, anche denunciare il parcheggiatore abusivo all’autorità giudiziaria per estorsione.
D. E cosa cambia poi?
R. L’estorsione o la tentata estorsione ha una rilevanza penale, quindi è un fatto più grave rispetto alla semplice sanzione amministrativa. Del resto il fenomeno dei parcheggiatori abusivi è stato preso in considerazione, anche se ancora non conosciamo il testo, dall’ultimo decreto legge in materia di sicurezza che conferisce più potere ai sindaci, approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri sebbene ancora non pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, da convertirsi poi in legge entro i 60 giorni successivi.
D. Per quanto riguarda la sosta selvaggia, invece, che provvedimenti state adottando?
R. Considerato l’organico assolutamente insufficiente e la mancanza di più di 2 mila agenti, stiamo ricorrendo a strumenti tecnologici e informatici che ci vengono messi a disposizione; uno strumento molto importante, usato da molte le polizie locali d’Italia, è lo «street control», una telecamera omologata montata sul tettino delle nostre auto. In precedenza erano sorti problemi di legittimità sull’uso di questo strumento, finché il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non lo ha definito «taccuino elettronico», dandone il via libera: in poche parole si cambia la modalità operativa, cioè il vigile non ha più carta e penna, ma lo street che, essendo geolocalizzato, individua la via e il numero civico che verranno trascritti sul verbale. Così abbiamo avuto addirittura un 40 per cento in più delle contravvenzioni che si facevano una volta. È ovvio che è un’attività da effettuarsi dove necessario.
D. Tutte le macchine della Polizia locale ne sono munite?
R. No, è una telecamera che non è fissa sul tettino dell’auto, ma viene montata appositamente sull’autovettura che sta per uscire in servizio. Si tratta di strumenti costosi. Gli «street control» di ultima generazione riescono anche a controllare se la macchina individuata è stata sottoposta alla revisione ed è assicurata.
D. Spesso si sente parlare di mancanza di personale specialmente per quel che riguarda il suo Corpo. Conferma questo dato? È stato sbloccato il concorso bandito nel 2010 per l’assunzione di 300 vigili?
R. Purtroppo si sta sbloccando solo in questi giorni questo vecchio concorso del 2010, ed è in via di costituzione la relativa commissione. Speriamo di avere presto questi 300 vigili, cui faremo fare un corso di formazione veloce della durata di circa un mese per poterli poi impiegare su strada entro la fine dell’anno. Per ora sono solo 300, ma in base alla disponibilità economica di Roma Capitale potrebbe esserci uno scorrimento della graduatoria, e contiamo di assumerne altri: ma questa possibilità è legata alla capacità finanziaria del Comune.
D. Tra le sfide non meno impegnative che la Polizia locale deve affrontare v’è il recupero del rapporto di credibilità con i cittadini. Che cosa vorrebbe che cambiasse nell’opinione pubblica?
R. È molto importante dire che il recupero della credibilità è un grande sforzo che noi vogliamo fare. Sicuramente si tratta di un aspetto molto importante perché noi abbiamo questo compito «ingrato», di fronte all’opinione pubblica, di fare solo multe o sanzioni, mentre le altre Forze di Polizia sono meglio considerate nell’immaginario collettivo.
D. I vostri vigili sono armati?
R. Lo sono al 50 per cento. Il nostro regolamento prevede che chi voglia un’arma la possa avere, ma essa non può essere imposta proprio perché siamo diversi dalle altre Forze di polizia: non siamo nel comparto sicurezza. Ma in percentuale il 40-45 per cento dei vigili ha l’arma.
D. E in questo 40-45 per cento ci sono più giovani o anziani?
R. C’è una divisione abbastanza equa; il nostro problema è l’età media dei vigili, 53 anni. È un corpo molto vecchio ed il personale deve fare un lavoro usurante, quello della viabilità. È molto duro stare al semaforo per 5-6 ore.
D. Come mai multate i venditori ambulanti o fate sgombrare le aree del tavolino selvaggio, ma dopo due giorni ritorna tutto come prima?
R. Sul contrasto all’abusivismo commerciale stiamo cercando di spostare la nostra attenzione dal semplice venditore finale, che è la persona che vende la merce per strada e sul marciapiede, a chi invece distribuisce quella merce agli ambulanti abusivi, quindi stiamo andando in molti magazzini nella zona a Sud di Roma per cercare di bloccare, nei limiti delle nostre possibilità, questo fenomeno alla fonte, risalendo alla filiera.
D. Qual’è a differenza tra voi e il «bobby» inglese?
R. In Inghilterra il «bobby» è visto come il vigile di quartiere, che conosce ed è conosciuto dalla cittadinanza di quell’area ed ha le capacità di dare consigli e risolvere problematiche, quindi non svolge solo un’attività repressiva. La possibilità del vigile di quartiere è ancorata ad un presupposto fondamentale, e cioè dal numero del personale: in una città come Roma, che ha 4 milioni di abitanti e dei 5.800 vigili un terzo ci occorre per esigenze di ufficio e due terzi sta fuori, purtroppo non ci sono i numeri per istituire, soprattutto nei municipi periferici, il vigile di quartiere. Spero, in questo mio mandato triennale, di avere un supporto di personale per il fondamentale controllo del territorio. Non servono persone in ufficio, bensì persone che stiano per strada, motivate, e svolgano attività soprattutto di polizia stradale e di viabilità in una città difficile come Roma, che sconta il fatto di non avere una metropolitana capillare come nelle altre capitali europee.
D. Cosa chiede all’Amministrazione Locale di «Caos Capitale»?
R. Chiediamo più personale e, possibilmente, anche un maggior investimento sulle sedi dei nostri gruppi territoriali che, molto spesso, hanno problemi con la sicurezza sui luoghi di lavoro, per una legge molto rigida che prevede sanzioni, anche di natura penale, per il datore di lavoro. Purtroppo il personale della Polizia locale di Roma, che dirigo da pochi mesi, è allocato in stabili molto vecchi, talvolta container, e questo non rende certamente agevole l’attività lavorativa.
D. Il suo obiettivo per i prossimi tre anni?
R. L’obiettivo primario è quello di recuperare, nei confronti di tutta la cittadinanza, una fiducia che nel tempo è venuta a mancare, curando a livello di immagine ed efficacia la figura del poliziotto locale.
D. Cosa pensa delle donne in servizio?
R. Assolutamente non c’è alcuna distinzione. Molte donne sono addirittura in gruppi più rischiosi di altri, come nella sicurezza sociale urbana o nella sicurezza pubblica emergenziale. Purtroppo abbiamo un’alta incidentalità in servizio, non passa settimana in cui non veniamo aggrediti, e non abbiamo le garanzie che hanno le altre Forze di polizia perché il decreto legge Monti del 2011 ci ha tolto l’istituto dell’«equo indennizzo», legato all’attività di servizio. Ovvero: chi si fa male in servizio non sarà indennizzato. L’equo indennizzo è stato lasciato alle Forze di polizia a Vigili del Fuoco, e tolto alla Polizia locale. Per tale ragione un forte movimento sindacale e di categoria chiede insistentemente di ripristinarlo a nostro favore, ma purtroppo nell’ultimo decreto legge sulla sicurezza urbana, che incrementa i poteri dei sindaci, non ve ne è ombra.
D. Come siete rappresentati?
R. Dalle organizzazioni sindacali ovvero dalle Associazioni di categoria. Io sono Presidente dell’Associazione Nazionale Comandanti e Ufficiali delle Polizie municipali (ANCUPM), che venne fondata da Francesco Andreotti nell’aprile del 1974 a Viareggio, il fratello più grande del più noto Giulio, già comandante storico dei Vigili urbani di Roma negli anni ‘70. Tre anni fa abbiamo festeggiato in Campidoglio il trentennale della fondazione dell’Associazione. Siamo circa 800 iscritti, tra comandanti e ufficiali delle polizie locali di tutta Italia. Sono stato sentito dalla Commissione Affari Costituzionali per la riforma della nostra legge e, in questa veste, chiedo di riformare la vecchia legge del 1986 per dare maggiori strumenti alla Polizia locale, come l’accesso allo SDI, e restituire agli appartenenti alla stessa quegli istituti che, ingiustamente e inopportunamente, sono stati tolti.       

Tags: Marzo 2017 Roma polizia

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