Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Interviste
  • Hubert Puech D’Alissac: Teva Italia, non solo farmaci equivalenti ma soluzioni per la salute

Hubert Puech D’Alissac: Teva Italia, non solo farmaci equivalenti ma soluzioni per la salute

Hubert Puech d’Alissac, amministratore delegato della filiale italiana di Teva

I farmaci equivalenti contengono lo stesso principio attivo e nella stessa quantità del farmaco originale di riferimento, del quale devono avere non solo la stessa forma farmaceutica ma anche la stessa via di somministrazione; devono infatti rispettare il principio di bioequivalenza e possono essere formulati con uno o più principi attivi i cui brevetti siano scaduti. Teva Italia è nata nel 1996, specializzandosi subito nella ricerca e produzione di tale tipo di farmaci, soprattutto gli oncologi ospedalieri. Quest’anno ha celebrato venti anni in Italia e ha commissionato uno studio a The European House-Ambrosetti, attestante investimenti per circa 140 milioni di euro nei siti produttivi negli ultimi 10 anni, esportazioni pari al 95 per cento della produzione, un apporto derivante dal gettito fiscale alle casse dello Stato di circa 14,5 milioni di euro l’anno. Il lavoro dei 1.400 occupati genera un impatto pari a quasi 6 mila occupati tra diretti, indiretti e indotti. Rilevante anche il contributo fornito dai farmaci equivalenti Teva al risparmio del Sistema sanitario nazionale, stimato in circa 200 milioni l’anno. Questo per quanto riguarda il capitale economico. In merito a quello sociale, Teva Italia ha il 38 per cento di donne impiegate rispetto alla media del 31,6 del comparto chimico-farmaceutico; il 35 per cento dei dipendenti è in possesso di un diploma di laurea, rispetto alla media del comparto del 19 per cento. Sono inoltre presenti attività di formazione, ascolto e attenzione per i dipendenti, un sistema di welfare aziendale e attività di responsabilità sociale nei confronti del territorio in cui l’azienda opera, nelle quali è inoltre coinvolto anche il personale.
Specchio Economico ha intervistato Hubert Puech d’Alissac, amministratore delegato della filiale italiana di Teva.
Domanda. Parliamo della strategia italiana di questa multinazionale israeliana, fondata nel 1901.
Risposta. Strategia e obiettivo di Teva in Italia sono totalmente allineati con la strategia globale: diventare il maggiore attore operante nel settore della salute. Non vogliamo solamente fornire dei prodotti farmaceutici ma anche delle soluzioni per la salute, poiché desideriamo andare oltre il prodotto. Una risposta più globale quindi rispetto al solo prodotto, che però naturalmente rimane il centro di tale nostra risposta che vogliamo, però, sia più elaborata e non solamente intesa a fornire un farmaco. La strategia in termini di prodotto si basa su alcuni obiettivi, uno dei quali quello di rispondere a tutti i bisogni della popolazione, nel senso di mettere a punto farmaci derivanti dalla nostra ricerca scientifica per curare patologie per le quali ancora oggi non esistono trattamenti. Aspiriamo a restare leader nel settore dei farmaci generici, così come è oggi, per i quali portiamo avanti una strategia particolare legata al fatto che per noi la qualità della produzione è molto importante: siamo il più grande produttore mondiale con una rete di 87 siti produttivi, la metà in Europa e 6 in Italia, e questo si traduce in una garanzia di qualità. Abbiamo anche farmaci specialistici per coloro che hanno bisogno di nuovi trattamenti, in aggiunta a quelli già sul mercato a prezzi più bassi, per agevolare la sostenibilità del sistema sanitario, e a quelli «over the counter», ossia acquistabili senza bisogno di prescrizione medica. Questa è la nostra strategia globale, la stessa per l’Italia.
D. Ci sono differenze?
R. Rispetto ad altri Paesi, in Italia il settore dei farmaci generici non è ben inquadrato. Teva ha cominciato due anni fa a farsi conoscere sul mercato, presentando l’azienda e i prodotti ai medici prescrittori, che hanno per primi bisogno di sapere chi siamo e cosa offriamo. Teva non è solo un nome, ma anche fiducia, ed oggi è molto positivo per i pazienti, per i medici e anche per noi la circostanza di essere riusciti a farci conoscere da tutta la catena di distribuzione. Non è solo un fatto di immagine: per noi questo è molto importante.
D. Come sta andando questo processo conoscitivo?
R. Per ogni minuto sul mercato al dettaglio ed ospedaliero ci sono più di 200 prodotti venduti, 24 ore su 24; questo per dire che tale approccio al mercato è indispensabile perché Teva non è ancora conosciuta come dovrebbe, e per noi è questo un obiettivo importante; siamo noti nel settore farmaceutico ma il nostro obiettivo per il domani è farci conoscere anche dai pazienti.
D. Se già ora siete conosciuti da farmacisti e medici, anche il paziente di conseguenza vi conoscerà?
R. Infatti, il lavoro della farmacia e del medico di base è essenziale per presentare la nostra azienda e creare fiducia nei pazienti. La vendita di un nostro prodotto assicura costi più bassi per il sistema sanitario e per chi ne usufruisce, perché il prodotto generico è identico a quello di riferimento. In Italia abbiamo riscontrato, a livello di prescrittori, la peculiarità di dover portare avanti attività per far conoscere il nostro operato non necessarie in altri Paesi. Il sistema italiano è migliore per i pazienti, i quali possono quindi avere la certezza che i prodotti sono disponibili sul mercato, diversamente con un sistema di gara che si aggiudica la vendita di un medicinale per tutto un mercato non sarebbe più così.
D. Israele cosa potrebbe insegnare in fatto di innovazione?
R. In Israele c’è di importante il mondo delle università, similarmente a quanto avviene negli Stati Uniti. Gli studenti hanno come obiettivo la creazione di attività imprenditoriali. Non frequentano l’università solo per imparare ma anche come training per cominciare a ragionare in termini di progetti professionale. In Europa c’è molta distanza tra l’università e il mondo del lavoro.
D. Sul tema del risparmio quali sono gli obiettivi?
R. Il primo è garantire l’accesso dei pazienti ai trattamenti. Inoltre, poiché Teva non è solo un’azienda che vende prodotti equivalenti ma fa anche ricerca, abbiamo la necessità di gestire il budget della salute controllando le spese, e un modo di diminuire i costi è l’impiego di farmaci equivalenti. L’altra soluzione è l’innovazione. È il caso dell’epatite C: qual è il costo globale per la società e il suo mancato contributo al Paese, impossibilitato dalla malattia ad avere una vita normale? La ricerca contro le malattie ha un costo, ma sarà ammortizzato dalla qualità della vita del paziente. In Italia si parla molto del costo della salute, ma esso è uno dei più bassi in Europa. In Francia o in Germania è più elevato. Noi lo teniamo sotto controllo perché il sistema è efficace e funziona.
D. Una sua opinione sulla vexata quaestio dei vaccini?
R. La vaccinazione è molto importante. È però un tema istituzionale ed è il Ministero della Salute a dover dimostrare che è importante e utile per la popolazione, perché il rischio è proporzionalmente inverso rispetto ai benefici. Per noi promuovere campagne informative per il buon uso dei prodotti è molto importante, è il caso di quelle sugli antibiotici o sui corretti stili di vita.
D. Ritiene ci voglia più informazione sui farmaci equivalenti?
R. Questo è il nostro ruolo. È difficile per l’Autorità fare un certo tipo di promozione sui vari prodotti.
D. E per quanto riguarda i farmaci non accessibili?
R. Oggi in Italia tutti i trattamenti essenziali sono accessibili e rimborsabili al 100 per cento, che richiedono la prescrizione. Le benzodiazepine, invece, non sono rimborsabili, ma questa è una scelta politica per il rischio di abuso correlato a tali sostanze. Forse in Italia i medicinali prodotti all’estero arrivano in un secondo momento rispetto ad altri Paesi europei, ma l’importante è che arrivino.
D. Quali progetti di ricerca Teva sta portando avanti?
R. Attualmente abbiamo due progetti importanti per i nostri pazienti: uno riguarda l’emicrania, per la quale per quindici anni non si sono avuti nuovi prodotti pur essendo ancora presenti nella popolazione problemi di emicrania molto gravi e tuttora non gestibili. Per questa patologia abbiamo tre prodotti che sono in fase di sviluppo, che fra tre anni potrebbero essere immessi nel mercato. L’altro progetto riguarda la malattia di Huntington, i pazienti della cui comunità italiana sono numerosi, e Teva sta sviluppando due prodotti perché ancora non ci sono trattamenti. La ricerca viene portata avanti da Teva a livello globale, ma in Italia abbiamo un piano di sviluppo clinico.
D. Caso Avastin-Lucentis, la denuncia di un accordo fra due società allo scopo di favorire la vendita di un farmaco costoso a discapito di uno più economico: alla fine è il paziente che ci rimette e spesso non sa come comportarsi. Cosa ne pensa?
R. Dico solamente che per me è importante la ricerca, anche su prodotti che si trovano già sul mercato.   

Tags: Dicembre 2016 sanità Giosetta Ciuffa sostanze farmaceutiche industria farmaceutica Assogenerici Teva Italia

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa