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Alessandro Azzi (Federcasse): le BCC protagoniste del loro futuro

Alessandro Azzi, presidente di Federcasse

La recente riforma delle Banche di Credito Cooperativo (la n. 49/2016) apre una nuova fase di sviluppo per l’intero sistema, inaugurando il cosiddetto «terzo tempo» delle BCC. Il tempo di un processo di integrazione a gruppo che è stato reso necessario dall’Unione Bancaria e dai nuovi scenari economico-finanziari. O, forse, sarebbe più corretto parlare di «quarto tempo», che coincide con la quarta rivoluzione industriale che permea, con i suoi assetti produttivi e con l’ingresso di tecnologie sempre più avanzate e sofisticate, anche il nostro vivere quotidiano. Adesso, non in un futuro lontano ed incerto.
Parlavo dunque di quarto tempo, quarto dopo il primo, da collocare in quella lunga e straordinaria stagione che va dalla fondazione della prima Cassa Rurale, nel 1882 a Loreggia, in provincia di Padova, fino al TUCRA (Testo Unico Cassa Rurale Artigiana del 1937); dopo il secondo, dal 1937 al Testo Unico Bancario del 1993, e dopo il terzo, dal 1993 ad oggi. Una curiosità: il TUCRA a «rurale» aggiunge «artigiana», ampliando così la composizione della base sociale alla nuova categoria, rispetto a quella originaria rurale. Nel 1993 la Cassa Rurale e Artigiana diventa Banca di Credito Cooperativo. Un passaggio che segna l’identità della cooperazione di credito, con una denominazione che ne caratterizza, in termini espliciti, i connotati distintivi, come cooperativa e come azienda di credito delle comunità locali. Una vera quanto splendida anomalia nel più ampio scenario del panorama creditizio italiano. Anomalia che viene riconfermata anche nella recente legge.
Protagonista di oggi, Alessandro Azzi, presidente di Federcasse, l’Associazione nazionale delle BCC e quelle che hanno mantenuto la vecchia denominazione di Cassa Rurale. Nel 1991, Alessandro Azzi, allora poco più che quarantenne, era stato eletto presidente dell’Associazione, il cui Statuto le assegnava il ruolo di direzione strategica della cooperazione di credito, dovendo subito affrontare il disegno di riforma che confluirà nel Testo Unico Bancario del 1993. Esattamente come è avvenuto in questi ultimi mesi. Con quali prospettive? La parola al presidente Azzi.
Domanda. Vogliamo partire dal Testo Unico Bancario del 1993?
Risposta. I risultati ottenuti all’epoca sono ormai assegnati alla storia, a partire dal pieno riconoscimento della cooperazione mutualistica di credito. Al Convegno Nazionale di Sanremo, che si svolse poi in settembre, oltre che un’ampia discussione sulla nuova normativa, avanzammo la proposta di dare vita ad una capogruppo del sistema imprenditoriale. Con un obiettivo: rafforzare e rendere più efficace il nostro sistema imprenditoriale, in una logica che avrebbe poi rafforzato la rete. La holding divenne operativa nel 1995.
D. Presidente, Lei usa il noi.
R. Guardi che non è il ricorso alla figura retorica del plurale «maiestatis». Da noi si lavora solo in gruppo, con dirigenti espressi dalla volontà della nostra base associativa, le BCC. Al nostro interno non vi sono gruppi precostituiti o contrapposti ed il metodo democratico resta sempre la stella polare che guida ogni fase del nostro percorso. Siamo cooperative. Certo si discute molto, ma chi è chiamato a «governare», pur in una realtà molto complessa, deve sempre trovare il punto giusto ed alto di mediazione.
D. Questo è avvenuto anche nei momenti più impegnativi della riforma?
R. Pur in un percorso lungo, tortuoso e non sempre facile, il nostro sistema non solo ha retto, ma è stato capace di portare a casa un risultato finale che rispecchia, quasi nella sua totalità, il progetto di riforma che avevamo messo a punto e condiviso con Governo e Banca d’Italia. Non a caso, più che di riforma, si parla di autoriforma. E non è una questione solo lessicale. Abbiamo contribuito decisamente, infatti, a definire l’impianto della profonda riorganizzazione del Credito Cooperativo per adeguarlo al complesso scenario dell’Unione Bancaria europea. In un orizzonte, che spingeva decisamente all’omologazione, abbiamo salvaguardato, in primo luogo, il principio-valore del credito cooperativo mutualistico, che trova riscontro puntuale nella stessa qualificazione distintiva del Gruppo Bancario Cooperativo che costituiremo.
D. Cosa cambia per le BCC?
R. Cambia molto sotto il profilo organizzativo, in una logica di maggiore integrazione tra BCC nell’ambito di un Gruppo Bancario Cooperativo, mentre restano intatte le caratteristiche distintive - che per noi non erano negoziabili - della cooperazione mutualistica di credito incarnata in ogni singola BCC: titolarità di licenza bancaria; autonomia, anche se adesso modulata in ragione della propria meritevolezza; piena capacità dei consigli di amministrazione di eleggere i propri amministratori, del principio «una testa un voto», per citarne alcune. Con un impianto, così come lo abbiamo configurato, nell’autoriforma, che salvaguardasse la nostra storia ultracentenaria, e che ci consentisse, al tempo stesso, di non rinunciare, anzi di rafforzare il nostro ruolo di motore di crescita economica e sociale delle comunità.
D. Come?
R. Attraverso appunto la costituzione di un Gruppo Bancario Cooperativo, in una logica che andasse oltre la fase originaria della totale autonomia e quella della rete, fondata sulla adesione volontaria ma non più compatibile con l’evoluzione normativa dell’Unione Bancaria, per realizzare un sistema davvero coeso ed integrato. Una integrazione molto originale, anche perché non esisteva alcuna esperienza precedente, cui potessimo fare riferimento, che si estrinseca attraverso un contratto di coesione. Un contratto, quindi, che scaturisce dall’incontro e dall’accordo fra i due contraenti, capogruppo e BCC. Con una clausola di salvaguardia: il grado di autonomia della BCC viene dosato in ragione, come dicevo, della propria «meritevolezza».
D. Non si intacca, in questo modo, l’autonomia della BCC?
R. No, perché, come prima ho sottolineato, l’autonomia delle BCC, anche se modulata, resta un principio basico. Ma vorrei sottolineare che questo modello organizzativo tende a rispondere alle sollecitazioni sia del mercato, sia dell’evoluzione normativa europea. Andiamo, a livello globale, verso una progressiva riduzione del numero delle banche e al tempo stesso della loro crescita dimensionale. In questo contesto la «vecchia» BCC atomistica, non inserita in un sistema, non avrà alcuna garanzia di sopravvivenza. Il concetto è il passaggio dall’autonomia, che può sconfinare nell’anarchia, alla consapevolezza di far parte di un gruppo davvero integrato, che vogliamo sia una casa accogliente, nella quale ogni BCC trovi convenienza a stare. Ogni BCC avrà livelli di autonomia che dipendono esclusivamente dalla sua capacità di osservare le regole, a partire dal rigoroso rispetto del criterio della sana e prudente gestione.
D. E i soci?
R. Sono il nostro vero patrimonio. La nuova normativa riconferma che essi sono l’architrave portante della cooperativa di credito. Sono certo gli azionisti, pur tuttavia atipici rispetto ad altre realtà bancarie. La loro adesione non scaturisce e non risponde a logiche di investimento finanziario, quanto alla logica, propria della cooperazione: contribuire appunto fattivamente alla crescita delle comunità locali, impegnando la banca, con la loro attiva partecipazione, a rispondere alle sue finalità istituzionali. Fin dalla scelta della elezione, attraverso il criterio di «una testa un voto», dei componenti del Consiglio di Amministrazione. Anche sotto questo profilo, il metodo democratico è pienamente riconfermato. La riforma, in particolare, prevede che il numero minimo dei soci di una BCC passi da 200 a 500; viene anche innalzato il livello del capitale sociale detenibile da ciascun socio, da 50 a 100 mila euro.
D. La nuova normativa prevede entro «18 mesi»….
R. Non aspetteremo il passare del tempo. Abbiamo già aperto la fase della costruzione concreta del Gruppo Bancario Cooperativo. Un preciso segnale, sotto questo profilo, è l’avvio del «Fondo di sostegno», con una disponibilità di oltre 400 milioni di euro per accompagnare e favorire processi di consolidamento e concentrazione delle BCC. Verso la metà del prossimo luglio, inoltre, abbiamo convocato un Congresso Nazionale straordinario. Sarà l’occasione anche per mettere a fuoco gli aspetti relativi al progetto industriale, sulla cui realizzazione impegnare il nostro nuovo sistema. Prosegue poi, con particolare intensità, il confronto con le BCC e le nostre federazioni territoriali, con la BCE e con la Banca d’Italia.
D. Presidente, come vede il futuro delle BCC?
R. Sicuramente come una realtà molto dinamica e protagonista nell’ambito dell’industria bancaria, dell’economia reale e delle comunità locali. Un gruppo molto importante e tutto italiano, solido e capace di rispondere, con crescente efficacia ed efficienza, alle nuove esigenze dei soci e della nostra ampia e molto variegata clientela. Con l’autoriforma abbiamo aperto una nuova stagione. Con il legittimo orgoglio avvertiamo le grandi sfide che siamo chiamati ad affrontare, consapevoli che il percorso verso la compiuta realizzazione della riforma non sarà facile. Ma abbiamo anche una certezza: che il futuro del credito cooperativo sta saldamente, soprattutto, nelle nostre mani.   

Tags: Giugno 2016 banca banche credito bcc cooperazione Giovanni Contena

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