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Maurizio Primanni: le banche devono puntare sulle capacità relazionali

Maurizio Primanni, fondatore  e amministratore delegato  della Excellence Consulting

Il caso del decreto salva-banche ha posto la questione della gestione degli istituti di credito anche sotto l’aspetto organizzativo e tecnologico. Una questione decisiva. I dati della Banca d’Italia indicano che la ricchezza finanziaria degli italiani ha recuperato terreno dopo la crisi e a settembre 2015 si attestava a 1.778 miliardi di euro. Da qualche anno la dimensione del mercato del risparmio gestito è stabilmente in crescita. Le banche rischiano di non cogliere appieno tali opportunità poiché il paradigma tecnologico, che pure rimane strategico per lo sviluppo degli operatori finanziari, è applicato troppo spesso in modo standardizzato e poco critico. Esperta in consulenza è Excellence Consulting, società con sede a Milano e a Roma, fondata nel 2007 da Renato Ferri Pacini e da Maurizio Primanni, anche attuale amministratore delegato, che spiega quanto segue.
Domanda. Come la tecnologia ha permeato il settore bancario?
Risposta. Nel «retail banking» la parola d’ordine dell’ultimo decennio, e forse più, è stata automazione. Sono stati sviluppati prima nuovi canali di interazione con la clientela internet e mobile, poi nuovi prodotti e servizi digitali, da ultimo si è agito per ottenere maggiore efficienza in tutte le fasi della filiera operativa.
D. Ricercare l’efficienza attraverso l’utilizzo ragionato e proprio della tecnologia è un principio sano di qualsiasi settore industriale. Cosa ne pensa?
R. Certamente sì. Anche i cosiddetti «robot advisor», tema caldo del momento nel settore finanziario, ovvero quelle piattaforme che in base ad algoritmi di «risk management» e «asset allocation» offrono ai risparmiatori soluzioni di investimento fai da te, possono essere utili. Tuttavia l’utilizzo fine a se stesso della tecnologia, non inquadrato in una visione olistica del sistema azienda e del rapporto con la clientela, ha esposto la banca a rischi notevoli.
D. Quali rischi?
R. Innanzitutto la deresponsabilizzazione delle risorse umane, primo fattore produttivo di qualsiasi azienda di servizi: le risorse di filiale che si relazionano con risparmiatori e imprenditori si sono burocratizzate, gli operatori si limitano a fare il loro compito, a rispettare la correttezza dei parametri, a inserire dati nei programmi, a comunicare ai clienti i risultati prodotti dalle macchine. Il focus gestionale sembra essersi spostato sugli aspetti operativi più che sulle opportunità di business. Una volta la direzione commerciale di una banca, attraverso i direttori delle filiali, aveva un ruolo chiave nel leggere le dinamiche economiche del territorio e supportare le comunità locali. Con le loro decisioni le banche riuscivano ad essere volano dell’economia. Di tutto ciò le risorse di filiale erano consapevoli e orgogliose, avevano un valore sociale concreto e palpabile a tutti i livelli. Ora tale potere sembra essersi spostato alle macchine operative e ai back office.
D. Le banche sembrano essersi trasformate da macchine con trazione anteriore a posteriore: può essere corretta questa metafora?
R. Esattamente. Un assurdo, è come se nel settore dei beni di largo consumo la capacità di indirizzo e controllo, di declinazione della strategia aziendale e le scelte di marketing fossero delegate al direttore di stabilimento. A tutto ciò si aggiunga la spersonalizzazione del rapporto col cliente. Oggi le banche non sembrano più in grado di comprendere il cliente, di analizzarne le esigenze e soddisfarle considerando anche gli aspetti relazionali, di fare una valutazione umana delle sue necessità e preferenze.
D. Che cosa fare? Quale la soluzione?
R. La soluzione la sta dando il mercato: le banche che utilizzano come paradigma di riferimento il focus relazionale e la consulenza stanno ottenendo i migliori riscontri. Si pensi alle banche reti di promotori finanziari quali Fideuram Intesa Sanpaolo Private, Mediolanum, Fineco, Banca Generali, e alle banche e divisioni bancarie dedicate ai clienti privati. I dati di Magstat, società di ricerca specializzata nel «private banking», evidenziano che le banche reti di promotori finanziari hanno più che raddoppiato la loro quota di mercato nel segmento di clientela private in solo quattro anni, dal 7 per cento del 2010 al 15 per cento del 2014, mentre l’ultima indagine dell’Aipb, associazione italiana del private banking, evidenzia come l’84 per cento dei clienti private si dichiara soddisfatto o molto soddisfatto della propria banca.
D. Che cosa deducete dalle vostre ricerche ed esperienze progettuali?
R. Che i modelli di business bancari maggiormente efficaci nel creare valore sono quelli fondati sul paradigma relazionale. La banca va reinventata investendo nella tecnologia, ma con il fine di metterla nelle mani di risorse umane preparate e motivate ad usarla con spirito imprenditoriale. La banca deve imparare a utilizzare la tecnologia in modo nuovo per rilanciare il suo ruolo sociale di difesa nel tempo della ricchezza dei piccoli risparmiatori e di supporto allo sviluppo industriale delle comunità locali.
D. La tecnologia va usata prendendo esempio dai leader dell’IT Industry?
R. Assolutamente sì. Pensiamo a una società come Apple, capace di sfruttarla per evolvere comportamenti e stile di vita della società. La banca deve da ultimo tornare ad investire in formazione, facendolo in modo nuovo, con l’obiettivo di certificare nel tempo il progressivo incremento delle competenze relazionali e consulenziali delle risorse umane.
D. Excellence Consulting, una fast growing company, è capace di crescere in modo sostenibile in un mercato maturo come quello del managenent consulting?
R. Siamo tra le maggiori società di consulenza sul mercato, anche per dimensioni, appena dopo le grandi multinazionali. Abbiamo knowledge e modello esclusivi, che fondono l’approccio delle migliori «management company» internazionali con la creatività e l’imprenditività dei consulenti, che individuano soluzione e strumenti concreti per massimizzare il valore e terminare l’incarico con soddisfazione del cliente. Verso l’interno la scommessa è sui giovani e la scelta etica di fidelizzare i collaboratori con contratti cogenti così da determinare un elevatissimo livello di «retention». Gli interventi di consulenza sono così distribuiti: strategia per il 10 per cento, finance & risk management per il 5 per cento, IT per il 25 per cento, marketing e vendite per il 40 per cento, operational improvement per il 10 per cento, formazione per il 10 per cento.
D. La crescita è stata costante e sostenuta, anche negli anni della crisi: dai due soci fondatori degli inizi ai dieci collaboratori del 2009, ai 30 del 2011 agli oltre cinquanta attuali. Il fatturato 2015 è stato di circa 5 milioni di euro.
R. Esatto, e aggiungo anche la costituzione, nel 2014, delle società Excellence Education per la formazione e Excellence Innovation per il settore IT. I risultati sono stati possibili grazie alla disponibilità di alcuni manager bancari che hanno dato fiducia a una realtà italiana che punta sull’eccellenza intesa come qualità del lavoro, creatività dei contenuti e concretezza dei risultati.        

Tags: Febbraio 2016 banca banche Excellence Consulting

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