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Gianni Vittorio Armani: Anas, è pronta una nuova autostrada per abbandonare la vecchia

Gianni Vittorio Armani, nuovo presidente e amministratore delegato dell’Anas

Anas è il gestore della rete stradale e autostradale italiana di interesse nazionale. È una società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed è sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Grazie al notevole bagaglio di esperienza accumulato in oltre 80 anni di operatività ed alle conoscenze del proprio personale dirigente e tecnico, l’Anas ha ampliato la gamma dei servizi offerti, potendo svolgere attività di supporto per gli enti pubblici e offrirsi come elemento catalizzatore in Italia e all’estero nei servizi di progettazione, costruzione e manutenzione stradale. La rete di strade e autostrade di interesse nazionale in gestione diretta è costituita da 25.555,078 chilometri, compresi svincoli e complanari, di cui 937.748 chilometri di autostrade. Il personale è costituito da 6.130 unità, di cui 127 a tempo determinato.
Di recente al centro di una vicenda che l’ha appesantita non poco, l’Anas si presenta oggi con molte novità ed un rilevante cambio di gestione. Intanto documenti, registrazione, badge, report della visita, tornelli: già dai rigidi controlli all’ingresso, si capisce che qualcosa è cambiato all’interno dell’Anas. E tali sistemi si applicano anche a Gianni Vittorio Armani, ossia al nuovo presidente e amministratore delegato, che si ripromette di essere un buon modello. Nato a Tradate (Varese), a Roma consegue maturità classica e laurea in ingegneria elettronica. Poi, studi negli Stati Uniti, un passato nella McKinsey ma anche nella Telecom e soprattutto nel gruppo Terna, nel quale è stato anche amministratore delegato di Terna Rete Italia, società del Gruppo che si occupa dell’esercizio, della manutenzione e dello sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale. Dalle reti elettriche alle reti stradali, perché nel maggio del 2015 è stato nominato alla guida dell’Anas in un consiglio di amministrazione della società per il triennio 2015-2017 e che, oltre a lui, è composto da Cristiana Alicata e da Francesca Moraci.
Una nuova Anas tutta «law and order». Rispetto delle leggi e ordine sono i capisaldi, ma servono anche competenza professionale, valorizzazione del merito e dell’equità, potenziamento del servizio e attenzione ai clienti. Certamente i recenti fatti di cronaca giudiziaria legati alla cosiddetta «dama nera» impongono di parlarne. L’opera della magistratura è stata ed è essenziale, solo le Forze di Polizia dispongono di tecniche e strumenti di indagini per consentire l’emersione degli illeciti, come nel caso delle intercettazioni ambientali, unico modo per ottenere un riscontro oggettivo.

Domanda. Lei come ha reagito? 
Risposta. Anzitutto licenziando i corrotti. Poi ho adottato tutti gli strumenti e le azioni necessarie per avviare una svolta gestionale: superamento delle condirezioni; separazione tra settore legale e acquisti; separazione tra strutture tecniche operative e di controllo (Direzione Ingegneria); segregazione degli acquisti e delle gare; rinnovo e nomina dell’organismo di vigilanza e struttura collegiale; accentramento del presidio degli acquisti e delle gare anche tramite la definizione del processo di digitalizzazione (gare telematiche); accentramento del coordinamento della funzione legale; istituzione del «project manager» responsabile per realizzazione delle opere; un nuovo modello di esercizio.

D. Un lavoro consistente. Ma con quali persone? 
R. L’azione di rinnovamento è proseguita con le politiche di «job rotation» dei responsabili, attente valutazioni del management, inserimento delle risorse esterne in posizione chiave, oltre all’avvio di un processo di ricambio generazionale articolato in un piano di esodi triennale per dirigenti e dipendenti.

D. Tutti i controlli all’ingresso fanno parte di questo nuovo corso?
R. Certamente. Abbiamo attivato un piano «sedi sicure» con tornelli per tutti e controllo degli accessi.

D. Anche per lei?
R. Sì. Credo molto nella forza dell’esempio. Deve essere una rivoluzione totale, è un impegno che ho adottato anche nei confronti di tutti i dipendenti dell’Anas, perché insieme dobbiamo dimostrare che la nostra non è l’azienda della corruzione né quella dei viadotti crollati o delle gallerie con cemento depotenziato. 

D. Ci parli delle sue nuove strade, abbiamo letto ovunque di grandi svolte e investimenti. Cosa accadrà?
R. Abbiamo presentato un piano pluriennale fino al 2019, con oltre 20 miliardi di euro di investimenti che riguarderanno 3.600 chilometri di strade. Il 41 per cento, pari a più di 8 miliardi, è destinato alla manutenzione straordinaria delle strade.

D. Quindi l’Anas finalmente investe per rimettere a posto le strade?
R. È un Piano in profonda discontinuità con il passato; le sue chiavi di volta si concentrano principalmente su una vasta campagna di manutenzione straordinaria che riguarda non solo il manto stradale, ma anche barriere di sicurezza, ponti, viadotti, gallerie e impianti tecnologici tutto in funzione di maggiore comfort e sicurezza per la guida. È stata una scelta importante che mira alla valorizzazione di strade fondamentali, sulle quali viaggiano ogni giorno i nostri clienti, gli automobilisti. Inoltre abbiamo voluto una programmazione di medio periodo, che non fosse più solo annuale e che tenesse conto delle esigenze del territorio e di congrue analisi tra i costi e i benefici.

D. Fino a ieri però si diceva «Nuove opere per la ripresa economica». La manutenzione ha gli stessi effetti? 
R. Sempre di investimenti si tratta. I vantaggi derivanti dalla vasta campagna di manutenzione non saranno solo per chi guida, ma anche per il Paese. Gli impatti sociali ed economici saranno rilevanti sotto tutti i profili: i tempi di attivazione per questi lavori sono molto rapidi, dai tre ai sei mesi rispetto ad uno o due anni per nuove opere. Saranno quindi anche più rapidi gli effetti sulla crescita economica e sul prodotto interno. Altrettanto vale per l’impiego di risorse umane, forniture e fatturati per cantieri. Hanno poi il pregio di allungare il ciclo di vita dell’infrastruttura e di aumentare la capacità trasportistica senza consumare territorio, quindi annullando l’impatto ambientale.

D. 20 miliardi sono tanti. Cosa altro c’è nel Piano pluriennale?
R. Oltre agli 8 miliardi di euro per la manutenzione straordinaria, altri 8,8 miliardi sono destinati agli interventi di completamento di 520 chilometri di itinerari esistenti. Altri 3,2 miliardi di euro per la realizzazione di nuove opere per 204 chilometri.

D. E come saranno distribuiti nel territorio?
R. 12,8 miliardi sono destinati al Mezzogiorno e alle Isole e 7,4 miliardi di euro finanzieranno interventi nel Centro Nord.

D. Prima ha parlato di congrue analisi costi-benefici. Può dire di più sul processo di selezione degli interventi?
R. La scelta delle arterie su cui intervenire è avvenuta tenendo conto, secondo i più alti standard europei, dei benefici trasportistici direttamente correlati all’infrastruttura, come i risparmi di tempo connessi alla fluidificazione della circolazione rapportati agli oneri di realizzazione dell’intervento, e di fattori quali i livelli di traffico, l’incidentalità e la sicurezza stradale, la connessione con porti, aeroporti, centri logistici e interscambi ferroviari al fine di favorire gli scambi modali di persone e merci, e i benefici derivanti dai servizi di rete determinati dalla presenza, ad esempio, di ospedali, tribunali e università.

D. L’Anas finalmente aggiusta le strade e lo fa con criterio. Ma per quanto voi possiate aggiustare e ammodernare, c’è una criticità a monte che va risolta. Non è un problema di Anas, ma se voi ricostruite su un terreno pervaso dal dissesto idrogeologico, non rischiate di vanificare l’azione di manutenzione?
R. Ha perfettamente ragione ed è per questo che abbiamo affrontato il problema. Per quanto concerne il tema del dissesto idrogeologico, l’Anas e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno siglato il 23 ottobre scorso un protocollo d’intesa finalizzato all’utilizzo dei dati relativi ai fenomeni di dissesto idrogeologico nella disponibilità dell’Ispra stesso, tra cui l’inventario dei fenomeni franosi in Italia, sia per la Regione Sicilia sia per tutto il territorio nazionale, al fine di verificarne e monitorare l’eventuale impatto sulla rete stradale di competenza Anas.

D. Parliamo della Salerno-Reggio Calabria. Ma è vero che è finita? 
R. Ad oggi l’unico cantiere attivo sull’A3 Salerno-Reggio Calabria è tra Laino Borgo e Campotenese proprio al confine tra Calabria e Basilicata, dove stiamo lavorando sul viadotto Italia, un cantiere di circa 2 chilometri. Il 25 luglio scorso abbiamo riaperto al traffico, a doppio senso di circolazione, la carreggiata nord del Viadotto Italia e ciò ha permesso di agevolare l’intensa mobilità dei flussi di esodo e controesodo estivo. L’obiettivo che ci ha posto il Governo è di completare quest’ultimo cantiere entro il 2016, rendendo la nuova autostrada completamente fruibile. Poi proseguiranno le attività di manutenzione straordinaria, come per qualsiasi altra infrastruttura autostradale a pedaggio e non.

D. Sta cercando di ridare credibilità ed efficienza all’Anas, a partire dal fornire ai clienti strade migliori, ed ha previsto un meccanismo di verifica stringente sulla qualità del servizio che l’Anas offre. Spiega come funziona?
R. È un’altra importante svolta e il segnale che l’Anas è attenta alle proprie responsabilità e rivolge un grande impegno nell’offrire un servizio di qualità. Per la prima volta con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti abbiamo introdotto indicatori di risultati che misurano la qualità dei servizi offerti ai nostri clienti, prevedendo anche penali specifiche. È l’inizio di un metodo che prevede un miglioramento dei servizi e, già nel 2016, l’evoluzione e il miglioramento degli indicatori stessi, in riferimento a servizi quali la pavimentazione, la segnaletica verticale, l’illuminazione ecc. In relazione ai servizi misurabili, gli indicatori permetteranno di verificare i risultati della nostra società.

D. Una svolta epocale è vedere un’Anas «market oriented» come  qualcosa che fa cambiare pelle all’azienda: è l’autonomia finanziaria?
R. Nel nuovo corso intrapreso, tra le proposte di rilievo si trova l’autonomia finanziaria della spa. Una sfida complessa che muove dall’esigenza di programmare investimenti con risorse certe, senza incidere sulle casse dello Stato, e dunque «deconsolidare» l’Anas dalla Pubblica Amministrazione e dal debito pubblico.

D. Come vi state muovendo?
R. L’Anas ha proposto un modello di tariffa, come avviene per altri servizi di rete regolamentati quali elettricità, gas, acqua, telecomunicazioni e aeroporti. Un aspetto importante a questo riguardo è che l’Autorità dei Trasporti avrebbe il compito di definire la tariffa, quindi lo farà un soggetto autonomo.

D. E come funzionerebbe?
R. In sostanza verrebbe girata dallo Stato all’Anas una quota del valore del carburante pagato dal cliente stradale quando fa rifornimento: una tariffa dunque esclusivamente legata all’effettivo uso delle strade, che non rappresenta una spesa aggiuntiva per l’automobilista. Inoltre lo Stato, rinunciando alla quota sul valore del carburante, ne trae comunque vantaggio dal momento che, con questa partita di giro, non dovrebbe più finanziare direttamente gli investimenti dell’Anas, pari ad un valore medio di oltre due miliardi di euro all’anno. In parallelo a questa operazione saranno introdotti gli indicatori di risultati che misurano la qualità dei servizi offerti dall’Anas, corrispondenti ai parametri tariffari sul valore del carburante. Di fronte a questo introito certo, l’Anas potrebbe ulteriormente finanziarsi rivolgendosi al mercato dei capitali tramite istituti bancari e obbligazioni.   

Tags: Gennaio 2016 Terna infrastrutture Anas

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