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Francesco Bonifazi: il partito democratico sa reggersi su basi economiche sobrie e indipendenti

L’on. Francesco Bonifazi,  tesoriere del Partito Democratico

L'onorevole Francesco Bonifazi ha avuto una veloce e intensa carriera politica che l’ha portato alla Tesoreria del Partito Democratico di Matteo Renzi. Ha iniziato da giovane a fare politica come capogruppo dei DS nel quartiere Tre nel Comune di Firenze, quindi, già avvocato tributarista, ha lasciato l’attività istituzionale per lavorare nell’ambito del partito cittadino, divenendo capogruppo in Palazzo Vecchio con Renzi sindaco nel 2009, quindi deputato, ora tesoriere.
Domanda. In che modo e cosa avete «tagliato» per portare in attivo il bilancio 2014 del PD, soprattutto se si considera che il finanziamento pubblico ai partiti sparirà del tutto nel 2017?
Risposta. Sì, sparirà del tutto nel 2017 e questo accadrà per merito del Partito Democratico. Oggi rimane una parte assolutamente residua di accantonamenti su questi fondi. Il futuro, invece, è quello di un finanziamento privato. Quest’anno c’è stato il grande risultato del 2x1000 che è probabilmente la voce più significativa. Come abbiamo fatto a realizzare un piccolo utile di bilancio? Abbiamo aggredito principalmente tutti i costi per i servizi e forniture con un taglio intorno al 65 per cento. Nel 2012 registrammo 7,3 milioni di perdita mentre nel 2013 furono pari a 10,8 milioni e, nonostante nel 2014 vi sia stata una riduzione di 10 milioni di euro dal finanziamento pubblico, siamo riusciti ad ottenere addirittura un piccolissimo utile di 168 mila euro.
D. Che cosa intende per servizi e forniture?
R. Per esempio spendevamo moltissimo in NCC, mentre siamo passati dai 450 mila nel 2012 ai 260 mila del 2013, ai 18 mila del 2014. Abbiamo tagliato le sedi del PD nazionale che incidevano sui costi per un milione e mezzo di euro. Abbiamo rivisto le spese per l’attività politica intesa come attività della Segreteria: la Segreteria nazionale praticamente funziona in modo autonomo e chi spende non ottiene rimborsi e non ha diritto a stipendi, e questo ha ridotto di moltissimo l’incidenza sui costi.
D. Cosa vuol dire che non hanno diritto a stipendi?
R. Vuol dire che la Segreteria nazionale non percepisce stipendi; faccio l’esempio di Filippo Taddei, che è uno degli esponenti più in vista di essa, non è parlamentare e non riceve, come accadeva nel passato, lo stipendio. Se ti candidi a guidare un Paese e a chiedergli anche dei sacrifici, il primo a compierne devi essere tu, altrimenti perdi credibilità.
D. Per quale motivo «l’altro» PD, quello precedente a voi, non ha fatto questi tagli?
R. Non lo so, e in realtà non credo neppure che sia un altro PD. È il PD.
D. È vero, però diciamo che avete anche delle idee un po’ diverse.
R. Ma questo è legittimo in un partito così complesso, ed è evidente che ci siano posizioni anche diverse nel suo interno. Ad un tratto la politica è cambiata: il PD, a differenza di tutti gli altri partiti, faceva certificare il bilancio da una società di revisione; comportamento che è diventato legge ed obbligo. Prima eravamo gli unici a osservarlo. Uno dei temi fondamentali è come un partito utilizza i propri soldi, soprattutto quelli derivanti dal finanziamento pubblico. Il PD prima costava 38 milioni di euro, ora 21 milioni, e lo abbiamo fatto senza scaricare i costi dell’operazione sulle spalle dei lavoratori. Niente cassa integrazione, niente licenziamenti, nessun contratto di solidarietà. Non so se ciò sarà possibile in eterno ma sicuramente è stato un segnale di serietà.
D. Come potranno sopravvivere i partiti senza finanziamento pubblico?
R. Io direi bene, bisogna rimboccarci le maniche. È vero che le altre esperienze europee prevedono quasi tutte forme di finanziamento pubblico, però da noi i partiti tradizionalmente intesi hanno tradito la fiducia dei cittadini. Ma quando la politica diventa seria e lo fa in modo trasparente e senza sotterfugi esiste la concreta possibilità che i cittadini tornino a premiarla. È il caso del 2x1000 dell’Irpef che si può decidere di destinare ai partiti politici in sede di dichiarazione dei redditi. Il fatto che 549 mila italiani abbiano deciso di optare per il 2x1000 in favore del Partito Democratico, questo è un fatto importante che dà fiducia. Pensavamo che il 2x1000 fosse una sconfitta e invece è stata una vittoria, perché abbiamo raccolto 5,5 milioni di euro.
D. Com’è possibile che il nostro ex sindaco Ignazio Marino si sia aumentato di 50 mila euro a settimana la spesa? Chi gli ha dato il permesso? In fondo è del PD.
R. Non ho aperto bocca sul tema di Roma, ho già tanti problemi da tesoriere. In pochissimo tempo l’utilizzo del denaro pubblico è diventato giustamente un elemento di scontro politico, io non so se è vero quello che lei mi dice, ma io non l’avrei fatto.
D. I nuova media come internet o i social potrebbero essere un rimedio per risparmiare sulle campagne elettorali? Come si muove il PD in questo nuovo contesto?
R. Lo si è fatto con le europee 2013 spendendo 3,2 milioni di euro contro i 13 e mezzo delle europee 2009. Abbiamo usato strumenti più innovativi e meno costosi. I social, ad esempio , sono diventati sicuramente uno strumento gratuito di propaganda politica; ma non solo.
D. Quali sono i canali principali di raccolta dei fondi per il Partito e quali iniziative state promuovendo per l’autofinanziamento?
R. Abbiamo una componente significativa di contribuzione da parte dei nostri deputati e senatori che incide positivamente sul nostro bilancio. E in più non dimenticherei tutta la parte collegata alle vituperate cene, che l’anno scorso portarono in solo due giornate un milione 600 mila euro. Mi auguro di poterle rifare a breve, dovrebbe divenire un’abitudine, perché se da un lato aboliamo il finanziamento pubblico dall’altro dobbiamo disporre di tutti gli strumenti per reperire le risorse necessarie. È chiaro che così ci si espone anche a rischi ma di certo nessuno di noi poteva immaginare che due mesi dopo quella cena due o tre persone fossero indagate per poi ritrovarsi sotto processo. D’ora in poi faremo verifiche ancora più minuziose.
D. Di cosa si occupa e che scopo ha la Fondazione costituita dal PD, la Eyu ossia la Europa YouDem Unità, che mette insieme i giornali «Europa» e L’Unità» e il canale «YouDem»?
R. È una «forma di rispetto» ai marchi della comunicazione del centro-sinistra italiano; era giusto preservare queste tre parti della nostra storia della comunicazione e dell’informazione. «Europa» è stato un giornale di approfondimento e di qualità che però si è mal adattato alle esigenze del mercato rimanendo in una tiratura di nicchia. «L’Unità» è un pezzo di storia della cultura e dell’informazione italiana, ed è necessario non soltanto preservarla riaprendola ma anche darle un contenitore come quello di una fondazione. «YouDem» è una creatura più collegata al PD ma che comunque ha dato un messaggio innovativo, perché per la prima volta un partito si è dotato di una tv che poi ha continuato sul web e che oggi prosegue in qualche modo l’esperienza di Unità TV.
D. Quindi quali sono le finalità?
R. Si tratta di tre canali d’informazione con diversi gradi d’importanza, tre marchi, tre immagini del centro-sinistra italiano che dovevano in qualche modo essere rispettati. La fondazione ha carattere filantropico, a noi piace svolgere prevalentemente attività di approfondimento su temi specifici proposti da privati o sviluppati spontaneamente da noi, c’è tutta un’opera di formazione anche attraverso collaborazioni con università.
D. Il 30 giugno scorso l’Unità ha ripreso le pubblicazioni su carta e online. È stato merito anche del PD, dato che ne è socio?
R. Credo che ci siano due meriti: noi avevamo trovato un giornale in grande difficoltà, il tema dell’editoria è complessissimo, il PD di Renzi, che è il PD di tutti, voleva riaprirlo e l’ha fatto. C’è stata una volontà fortissima espressa addirittura con un’assemblea nazionale a Roma. Questa promessa l’abbiamo mantenuta. Devo ringraziare indubbiamente anche chi nella parte privata ci ha creduto per davvero, partner decisivi per la riapertura del giornale.
D. Per il futuro cosa ci dobbiamo attendere?
R. Le strategie le scoprirete, di sicuro posso dirvi che si tratta di un approccio diverso al passato. I tempi sono cambiati.    

Tags: Novembre 2015

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