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Carmelo Cosentino: il lombardia aerospace cluster non prende pesci, ma aiuta le pmi a costruire reti

Carmelo Cosentino, presidente del Lombardia Aerospace Cluster

Una delle culle italiane del volo, capace di integrare molteplici competenze dall’ala fissa all’ala rotante, dal satellite all’avionica, dai materiali agli equipaggiamenti e ai sistemi più qualificati per volare», così si definisce il Lombardia Aerospace Cluster, sistema integrato di imprese, università e centri di ricerca, dotato di competenze tecnologiche e capacità scientifiche d’avanguardia nel settore aerospaziale, guidato dall’ingegnere Carmelo Cosentino, un uomo di volo: ha iniziato la propria carriera industriale presso Aeritalia, la sua intera evoluzione professionale si è svolta nell’ambito del business aerospaziale partecipando alle trasformazioni di Aeritalia che hanno condotto prima alla creazione di Alenia, di Alenia Aeronautica e infine di Alenia Aermacchi, con una lunga carriera al vertice.
È stato amministratore delegato di Aermacchi e, fino a giugno 2014 presidente di Superjet International, la joint venture italo-russa produttrice di velivoli civili. Nel consiglio direttivo del distretto aerospaziale della Lombardia dal 2009, ne è diventato presidente nel 2013. È stato presidente della sezione metalmeccanica, metallurgica e cantieristica della Confindustria di Venezia, nonché membro della giunta di Federmeccanica. Nel 2012, in seguito alla fusione di Alenia e Aermacchi, è nominato membro del consiglio di amministrazione e vicepresidente. Alle sue varie responsabilità ha affiancato incarichi di rilievo nell’ambito dell’industria aeronautica internazionale: consigliere d’amministrazione di Eurofighter Ltd e di Panavia GmbH, membro del comitato esecutivo e aggiunto nel consiglio di amministrazione di Eurofighter GmbH, vicepresidente di Magnaghi, consigliere di amministrazione di Sicamb e di Atr, presidente di Airbus Industrie Asia; ha fatto parte del comitato direttivo dell’Istituto Affari internazionali.
Oggi guida il sistema aerospaziale lombardo, rappresentato dal Lombardia Aerospace Cluster che, con più di 100 anni di storia alle spalle, concentra in un unico territorio la conoscenza completa di integratori di sistemi aeronautici sia di ala fissa che di ala rotante e volo verticale, imprese produttrici di satelliti completi, parti per l’impiego spaziale e payload scientifici per l’osservazione della terra e l’esplorazione dello spazio. «La nostra attività si può riassumere in poche parole: far collaborare le grandi imprese con le pmi, a vantaggio di tutto il sistema produttivo–spiega il presidente Cosentino–. L’obiettivo è aumentare la competitività dei ‘prime contractor’ e del loro indotto con azioni concrete, come quelle portate avanti attraverso i nostri focus group, il cui scopo non è quello di spingere i grandi a fare contratti con i piccoli e i medi del territorio, bensì quello di lavorare per il coordinamento di uno sviluppo comune verso quelle tecnologie abilitanti, necessarie per la creazione di nuovi prodotti. È così che si cresce insieme. Il Lombardia Aerospace Cluster non prende pesci, ma aiuta le pmi a costruire le reti necessarie a prenderli».
Per la Regione quello aerospaziale è un comparto industriale altamente strategico, caratterizzato da una forte dinamicità e da un ciclo di crescita particolarmente favorevole e duraturo. L’intera filiera produttiva aerospaziale lombarda, sulla base dei dati rilevati dal censimento effettuato dal cluster nel settembre del 2014, conta un totale di oltre 215 imprese operanti nel settore, 15 mila e 800 addetti e un fatturato complessivo di 4,9 miliardi di euro (dati 2013). Il panorama produttivo, altamente concentrato, presenta una grande maggioranza di pmi (88 per cento delle imprese del sistema aerospaziale lombardo, di cui circa il 50 per cento con meno di 50 addetti) a fronte di un numero inferiore di grandi imprese (il 12 per cento). Una comunità produttiva in crescita che si accompagna ad una comunità scientifica «brain intensive» che, tra ricercatori pubblici, professori legati a università specializzate nell’aerospazio ed esponenti di centri di ricerca, può contare su 500 esperti. Senza considerare gli studenti.
Domanda. Perché è stato inserito il termine «cluster», ossia raggruppamento, nel nome già impiegato di distretto aerospaziale lombardo?
Risposta. Con un’iniziativa della Regione Lombardia sono stati costituiti e riconosciuti come associazioni 9 cluster tematici, tra i quali quello dell’aerospazio, dell’energia, dell’agroalimentare. Abbiamo avviato un’operazione di riconoscimento e ciò ha introdotto nel nostro nome il termine «cluster», che ci rende più europei in quanto i cluster sono molto riconosciuti come elementi di eccellenza dei territori.
D. In pochi anni già un’innovazione nel nome e nello Statuto?
R. Noi siamo nati solo nel 2009, è un’iniziativa giovane attuata solo da soggetti industriali, che hanno sentito molto la necessità di riunirsi in un’associazione di imprese operative nel settore dell’aerospazio. Possiamo definirla un’iniziativa «bottom-up», a differenza di altri distretti, come la Campania, il Piemonte, la Puglia, in cui c’è stata una volontà dall’alto, delle istituzioni e della politica, con tutto quello che comportava anche in termini di risorse rese disponibili. In Lombardia gli imprenditori hanno sentito in autonomia il bisogno di unirsi.
D. Chi ha guidato in questi primi anni l’associazione e com’è composto il cluster?
R. Io sono il terzo presidente, eletto un anno e mezzo fa. Il primo è stato Giuseppe Orsi, seguito da Giorgio Brazzelli. Oggi abbiamo una partecipazione proveniente soprattutto dall’industria, con circa 80 soci attivi e paganti, ma anche dalle università e dai centri di ricerca.
D. Cosa e chi rappresentate?
R. Rappresentiamo tutte le imprese del territorio lombardo del settore, ossia parliamo per nome e per conto delle 220 aziende aerospaziali in Lombardia che impiegano oggi 15 mila e 800 persone e che generano un fatturato di 4,9 miliardi di euro (record storico), somma tutta realizzata in Lombardia. Di queste 220 aziende, noi ne abbiamo cinque che sono grandi imprese, quattro delle quali facenti parte del gruppo Finmeccanica: Alenia Aermacchi, AgustaWestland, Selex e Thales Alenia Space, la quinta invece è la privata Compagnia Generale dello Spazio. Oltre a queste cinque grandi, le altre sono piccole e medie imprese e questa fusione è estremamente importante perché dà la risposta al quesito: «A cosa serve questo distretto?». Il distretto serve alle grandi e alle piccole e medie imprese perché le costringe a collaborare insieme. Le grandi imprese sono tali se hanno un indotto rilevante ma devono mantenere i prodotti, le società e i programmi competitivi; per raggiungere tale obiettivo, esse devono non solo rendere efficienti se stessi, ma curare anche la catena di fornitura, che pesa molto di più. In questa catena ci sono le piccole e le medie imprese, fornitrici delle grandi. L’interesse delle piccole e medie imprese, invece, è quello di stare accanto alle grandi che fanno da battistrada nei programmi internazionali. Così in tali programmi le piccole e le medie imprese, impossibilitate a gestire l’intero progetto, possono prendervi parte partecipando in alcune fasi.
D. Riassumendo, il vostro cluster giova alle grandi e alle piccole e medie imprese del territorio?
R. Con la mia presidenza sto «cavalcando» molto questo aspetto. Nella mia carriera aziendale ho guidato grandi imprese di 2-3 mila persone, e ho sempre guardato solo ed esclusivamente al bene dell’impresa, quindi all’efficienza e al bilancio. Il mio azionista mi ha chiesto sempre questo, e io questo gli ho sempre dato. Nel momento in cui dovevo scegliere un fornitore, sceglievo il migliore, in Lombardia o in Corea, perché dovevo badare ai conti. Come italiano e come uomo del territorio preferisco dar lavoro all’Italia e al territorio, ma per farlo devo rendere competitive le nostre imprese e metterle nella posizione di poter partecipare a tali selezioni senza favori o discriminazioni. Semplicemente cerchiamo di mettere le imprese del territorio nella condizione di diventare competitive in modo da farle lavorare. Per contemperare queste due esigenze, quella del buon amministratore della grande azienda e quella del buon cittadino appartenente al territorio italiano, ho adottato una struttura interna nel cluster, una struttura aziendalista essendo io sempre stato un uomo d’azienda, in cui tutto è messo gratuitamente a disposizione dei soci: nessuno è pagato nel cluster, tantomeno il presidente.
D. Non essendo pagato, chi lavora nel cluster può ritenersi una sorta di volontario? Quali benefici ha?
R. Volontariato perché tutte le persone che lavorano nel cluster, che in maniera diretta o indiretta sono circa 160, appartengono a varie imprese, e quindi il loro tempo viene dato in maniera gratuita, essendoci una volontà di partecipare a questo tipo di attività. L’organizzazione invece è un’organizzazione a matrice, struttura che io ho sempre adottato nelle mie aziende, ossia è composta da cinque gruppi di lavoro tematici dove lavorano insieme i rappresentanti di piccole e medie imprese: si occupano rispettivamente di formazione e addestramento, di contrattualistica, di export, di accesso al credito e di ricerca. Prendiamo ad esempio la formazione e l’addestramento: supportiamo le pmi che hanno necessità di formare e addestrare i propri quadri ma non hanno grandi disponibilità economiche chiedendo alle grandi aziende di riservare dei posti a titolo gratuito ai dipendenti di queste ultime nei corsi di formazione che tengono comunque per i propri dirigenti. Così diamo accesso alle piccole e medie imprese nei processi formativi delle grandi.
D. Non prevedendo retribuzioni, come viene mantenuta tutta questa struttura?
R. I finanziamenti giungono dalla contribuzione dei soci e quindi dalle aziende, c’è una quota d’ingresso e una quota annuale che è direttamente proporzionale alle dimensioni dell’azienda. Molto rilevante è il fatto che uno dei nostri 80 soci è l’Unione industriale di Varese, e la Confindustria varesina è stata uno dei promotori, divenendo così il braccio operativo del cluster. Lo stesso mio ufficio come presidente è a Varese.
D. Non c’è un ufficio specifico?
R. La sede legale è a Milano, ed è anche la sede di Assolombarda; questo proprio perché, avendo come socio la Confindustria di Varese, siamo supportati da Confindustria Lombardia che ha sede presso l’Assolombarda. La nostra sede operativa è sempre stata e rimane a Varese presso l’Unione degli industriali di Varese, e le segreterie sono quelle che loro gentilmente mettono a disposizione.
D. In tutto quante aziende avete e cosa fate con i contributi versati dalle associate?
R. Oggi abbiamo 87 soci ma i contributi non ci bastano. Facciamo ricorso ad altre due fonti di finanziamento: la prima, che finora è stata sempre la più importante, è la camera di commercio di Varese, la quale ogni anno ci dà dei finanziamenti significativi per la partecipazione ai saloni internazionali, quindi per l’export e per l’internazionalizzazione. Da quando siamo cluster, e quindi associazione legalmente riconosciuta, abbiamo anche un contributo attivo della Regione Lombardia di 50 mila euro l’anno, la quale fa lo stesso con gli altri otto cluster. In tutto gestiamo un bilancio che si aggira intorno ai 400 mila euro. Li spendiamo per la maggior parte nei saloni internazionali, come Parigi o Londra, ma soprattutto in un’attività internazionale molto gradita dai soci, in particolar modo quelli piccoli. Si tratta dei cosiddetti «b2b, business to business», manifestazioni ed eventi che facilitano l’incontro tra potenziali fornitori e potenziali clienti; ne facciamo due o tre l’anno.
D. Quali altri distretti sono rilevanti in Italia?
R. Di questi cluster aerospaziali sicuramente il lombardo è il più importante, anche perché l’aeronautica è nata in Lombardia dove è presente una grande rete di imprese che fa tutto di un aeroplano e di un elicottero a partire da Aermacchi, prima storica, fino alle altre, che fanno sistemi di alimentazione per il carburante, impianti elettrici, avionica e via dicendo, con autonomia: questa è una peculiarità della Lombardia. Altre regioni d’Italia, che pur hanno dei fatturati notevoli, non hanno questa completezza. Dopo il nostro distretto troviamo quelli del Piemonte, della Campania, della Puglia, e tanti altri che stanno venendo fuori, come l’Umbria, l’Emilia Romagna, la Liguria; ma nessuno è ai nostri livelli.
D. Gli altri distretti sono finanziati come quello lombardo?
R. Non esattamente, possono anche cambiare le modalità perché può cambiare la forma giuridica. Noi siamo un’associazione riconosciuta, altre sono società a responsabilità limitata consortili, scarl, giuridicamente molto diverse perché hanno quote, possono fare attività in proprio e possono fatturare. Noi non fatturiamo, non possiamo partecipare a bandi di gare o fare ricerche in proprio, ma i nostri associati possono farlo singolarmente o insieme come rete d’impresa. È stata una nostra specifica volontà per non spezzettare gare europee tra imprese associate.
D. Come curate l’accesso al credito?
R. Dal nostro osservatorio vedo segnali buoni da tutti i punti di vista e l’accesso al credito sta diventando meno difficile di com’era un anno fa. Molte piccole e medie imprese erano strozzate anche perché il cliente grande le pagava in ritardo, ciononostante dovevano versare l’iva e le varie tasse e così non avevano accesso al credito; con il gruppo di lavoro dell’accesso al credito abbiamo cercato di costituire delle situazioni privilegiate in maniera che le banche potessero essere di aiuto e abbiamo svolto un grande lavoro come far intervenire Finlombarda, finanziaria della Lombardia.
D. Quali sono in Lombardia i progetti sostenuti dall’Unione europea?
R. Questo è un piccolo punto dolente perché la Lombardia, essendo una regione del Nord, non ha accesso ai fondi strutturali europei come anche il Piemonte e diversamente da regioni quali Campania e Puglia. È più difficile per le nostre aziende entrare in quei sistemi ma è ovviamente facile partecipare ai bandi di ricerca e sviluppo.
D. Quali sono state le cifre del distretto nel 2014 in termini di export?
R. Quando ho detto che noi siamo il miglior distretto italiano non l’ho fatto perché ne sono il presidente, ma perché ci sono dei dati significativi: non solo siamo i primi in cifre d’affari, e quindi di fatturato, ma anche i primi italiani nell’export, perché ben il 34 per cento di quello nazionale dell’aerospazio viene dalla Lombardia. Questo primato ha consentito alle nostre aziende di risentire meno della crisi economica di questi anni, anche perché tale crisi nasce soprattutto nell’ambito del mercato interno. In Italia ci sono nicchie tecnologiche importantissime che rappresentano valori mondiali di qualità, e i cui maggiori problemi sono stati proprio nelle dimensioni, piccole per affrontare i mercati internazionali. Piccole e medie imprese devono aggregarsi, ma il problema è che il proprietario di una piccola impresa che ha il 100 per cento, ha difficoltà ad accettare di avere il 20 per cento del grande: si tratta di un problema psicologico anche di carattere generazionale, anche perché i fondatori delle aziende sono anche i più anziani, e ad essi si accompagna l’inerzia nel fatto di aumentare le dimensioni. L’aggregazione porta molti benefici.
D. Siete più utili alle piccole e medie aziende o alle grandi aziende?
R. Ai tre tipi. Ho istituito una struttura a matrice con i gruppi di lavoro già citati ma ci sono anche quattro focus group: ala fissa, ala rotante, elettronica avanzata e spazio. Ognuno di essi ha un leader nell’azienda che eccelle in quel settore: per l’ala fissa Alenia Aermacchi, per l’ala rotante AgustaWestland, per l’elettronica avanzata Selex, per lo spazio l’insieme di Thales Alenia Space e Compagnia Generale dello Spazio. In questo modo le piccole e medie imprese seguono i filoni tecnologici che serviranno alla grande impresa nel grande progetto, e si preparano in modo che, quando la grande impresa debba fare le gare, si trovino in condizioni migliori di competitività. Questo è un beneficio delle piccole ma anche delle grandi, perché si trovano via via ad avere un indotto sempre più qualificato. Ecco allora il valore aggiunto qual è: una crescita qualitativa per tutto il sistema, che diventa più competitivo sia per la parte grande, sia per la parte media e piccola.

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