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monsignor casolini: da san benedetto ecco l’associazione dei cavalieri di san silvestro

Mons. Luigi Francesco Casolini, presidente del Capitolo cattedrale di Tivoli e rettore dell’Associazione Cavalieri di San Silvestro

Con il titolo aggiuntivo di san Silvestro I papa, l’ordine dello Speron d’Oro o della Milizia Aurata aveva ritrovato sotto il pontificato di Gregorio XVI il proprio antico splendore. Con la riforma degli ordini equestri pontifici avvenuta so­tto il pontificato di San Pio X attraverso la bolla «Multum ad excitandos» del 7 febbraio 1905, venne tratto da esso un nuovo ordine cavalleresco pontificio, quello di san Silvestro I papa. La decorazione dell’ordine silvestriano è quella primitiva e prestigiosa della Milizia Aurata e riporta l’immagine del sommo pontefice san Silvestro I. Al pari degli altri ordini equestri pontifici, l’ordine equestre pontificio di san Silvestro papa dispone di uniforme ed è in particolare conferito ai laici particolarmente benemeriti della Chiesa e delle opere cattoliche. Ad esso è legata l’associazione dei Cavalieri di san Silvestro. Ne parla a Specchio Economico il suo rettore, monsignor Luigi Francesco Casolini, presidente del Capitolo cattedrale di Tivoli, che risiede nella stessa chiesa di san Silvestro nata intorno all’XI secolo fuori di quelle che erano le antiche mure cittadine. Un tempo parrocchia, da alcuni decenni è sede della rettoria vescovile e punto d’incontro e di preghiera dell’associazione dei cavalieri di san Silvestro, che ha fondato sulla base degli insegnamenti di san Benedetto.
Gli associati sono divisi in tre categorie: effettivi, ordinari e onorari, secondo se con la loro opera hanno particolarmente contribuito al perseguimento degli scopi sociali. Sono tutti uniti nell’intenzione di cooperare, secondo le proprie possibilità, alle finalità dell’associazione. La domanda di ammissione è presentata da un associato garante e corredata di curriculum vitae nonché della certificazione di un’autorità ecclesiastica (esclusa per gli insigniti di ordini della Santa Sede, dello S.M.O.M., del Santo Sepolcro, di altri ordini che già richiedono detta certificazione), attestante «una vita religiosa consona allo status di un cavaliere». In casi di eccezionalità, sentito il parere del consiglio di presidenza, il rettore può procedere all’ammissione honoris causa nei ruoli del sodalizio di personalità che, pur non appartenendo al mondo cattolico, si siano particolarmente distinte in opere di umanità e di scienza.
I membri sono divisi in due categorie: ecclesiastici e laici. Nella categoria ecclesiastica confluiscono i chierici che, in relazione al loro status personale, sono denominati prelati o cappellani di San Silvestro. Il loro abito è la mozzetta, dello stesso colore dell’abito da chiesa dei membri laici, ma è data anche facoltà d’indossare l’abito da chiesa proprio degli associati. La seconda categoria è suddivisa in tre classi: gentiluomini o dame, cavalieri, benemeriti o benemerite di san Silvestro. Gentiluomini e dame sono persone di specchiata vita morale, indiscusso profilo sociale ed umano e le cui evidenti qualità intellettuali e professionali contribuiscano, o abbiano contribuito, alla crescita del bene religioso, sociale e comune. Della seconda classe, quella dei cavalieri, possono far parte di diritto tutti gli insigniti delle onorificenze e dell’ordine di san Silvestro papa o degli altri ordini pontifici, indipendentemente dalla residenza nel territorio della diocesi di Tivoli. Della terza classe, la benemerita, sono coloro che, su presentazione della legittima autorità ecclesiastica o di un associato, abbiano dato prova d’impegno religioso e sociale o contribuito sostanzialmente alle finalità benefiche del sodalizio. L’abito previsto per cerimonie o incontri ufficiali è scuro, con cravatta del medesimo colore su camicia bianca, sul quale è apposto il distintivo dell’associazione e la «cocolla da chiesa» che richiama i colori dell’ordine da cui l’associazione prende il nome.
Domanda. Com’è nata l’associazione dei Cavalieri di san Silvestro?
Risposta. L’idea me l’ha data san Benedetto. L’associazione nasce da un’esperienza personale circa 8 anni fa nel 2008 e si lega naturalmente a san Silvestro, in quanto la sua sede è nella monumentale chiesa del santo a Tivoli. Come sacerdote per molti anni sono stato il segretario particolare del cardinale Gran Maestro del Santo Sepolcro, accorgendomi in tale circostanza che gli ordini cavallereschi che di fatto svolgono attività associativa, e quindi sono vitali, sono pochissimi. Sono un estimatore di san Benedetto, patrono d’Europa e fondatore dell’ordine dei Benedettini, che fondò un cenobio, facendo confluire in esso tutti quei monaci che, secondo il costume del tempo, vivevano vita eremitica. Nel cenobio, quindi, potevano incontrarsi e vivere alcuni momenti di vita comune; sul suo esempio ho voluto far sì che gli appartenenti all’ordine pontificio di s. Silvestro, ma anche di altri ordini, si ritrovassero. Un intuizione che sembrerebbe aver avuto successo dal momento che, alcuni anni fa è giunta una richiesta di gemellaggio da parte degli ordini pontifici monegaschi. L’associazione ha la sede principale a Tivoli ma è presente in tutte le regioni italiane con delegazioni.
D. Quali finalità persegue?
R. Sono di diversa natura. Promuove attività di carattere religioso, culturale e caritativo, ma svolge anche attività editoriali, in formato cartaceo ed elettronico, con pubblicazioni trimestrali, monografie, periodici, opere multimediali in formato audio, video e dvd. Abbiamo l’impegno di seguire la formazione libera, finalizzata alla crescita e al recupero dei giovani con corsi mirati ad aggiornamenti nelle diverse fasi, attraverso forum, dibattiti, convegni, incontri propedeutici finalizzati al miglioramento delle qualità della vita. Curiamo l’assistenza specialistica socio-sanitaria rivolta alle classi più deboli e meno abbienti, a titolo gratuito e con personale altamente specializzato sia presente nell’associazione che al di fuori della stessa. Cerchiamo di favorire l’integrazione degli immigrati meno abbienti curandone l’insediamento nel tessuto sociale, anche individuando strutture idonee e di supporto atte alla crescita e allo sviluppo psico-culturale e, oltre alla formazione, seguendone il cammino di crescita. Inoltre promuoviamo convegni, conferenze, dibattiti e sosteniamo anche spiritualmente, dove necessario, la chiesa e le chiese in cui ha sede l’associazione nelle sue diverse delegazioni, siano esse regionali o provinciali.
D. Quanti sono gli associati e quali caratteristiche devono avere? Sono accettate anche le donne?
R. Innanzitutto mi piace sottolineare che, naturalmente, sono accettate anche le donne, presenti nella stessa dimensione numerica degli uomini e attive anche nel direttivo, le quali danno un contributo lodevole improntato a impegno e serietà. Per entrare nell’associazione è sufficiente fare domanda; i requisiti sono descritti all’interno dello statuto, ma è fondamentale essere legati da principi verso il bene, e questo è tipico di ogni uomo di buona volontà, avendo come riferimento gli ideali della cavalleria medievale - aiutare gli ultimi, soccorrere i bisognosi, mettersi a disposizione - tutto all’interno delle proprie professionalità.
D. A quanto ammonta, se prevista, la quota di iscrizione?
R. L’associazione ha una peculiarità unica: non ha quote associative annuali, ma ognuno dà secondo le proprie possibilità proprio come era nella chiesa primitiva. In particolare si mettono a disposizione non tanto i soldi, ma soprattutto l’ingegno, le capacità, le energie che il Signore ha donato agli appartenenti e che costituiscono il patrimonio più bello che noi possediamo. E non solo non ha quote associative, quindi non impegna i propri associati come tante altre associazioni e sodalizi, ma nemmeno impone o obbliga alla presenza. È una comunione soprattutto spirituale, eppure gli associati fanno a gara per essere presenti e questo credo che sia in fondo il nostro vero miracolo, sentirsi un’unica, grande famiglia.
D. Quanti sono gli associati e come sono distribuiti in Italia e nel mondo?
R. Circa un migliaio presenti in tutte le regioni d’Italia e in almeno 10 nazioni all’estero. È molto vivace la delegazione in Australia. C’è la possibilità di aprire delegazioni in tanti altri luoghi, ma vogliamo la certezza che i componenti siano persone di trasparente moralità umana e di solida formazione cristiana fermo restando la possibilità di ammettere persone di altre culture e religioni. L’associazione nasce come punto d’incontro per gli insigniti pontifici, ma anche per tutti coloro che amano sentirsi vicini alla Chiesa.
D. Perché una delle delegazioni più forti è in Australia?
R. L’associazione è un piccolo ponte che idealmente conduce a Roma. La maggiore vivacità australiana è forse legata all’attaccamento a Roma da parte degli associati, molti aventi origine italiana che ricoprono all’interno della società australiana incarichi di particolare rilievo. Tanto più si è lontani tanto più si sente il bisogno di essere vicini a una realtà che si ama e nella quale si crede.
D. Con quale frequenza si incontrano gli associati?
R. Due incontri l’anno sono statutariamente previsti il primo sabato di dicembre e l’ultimo sabato o domenica di maggio. Questi incontri corrispondono anche alle assemblee degli associati, ma nell’esperienza ormai consolidata si effettuano almeno altri 4 incontri, in media circa un incontro ogni due mesi, per motivi vari quali la presentazione di un libro, un concerto, un momento di solidarietà nei confronti di chi ha bisogno. Per quanto riguarda il numero degli associati l’associazione è presente in tutto il territorio italiano e, anche se tutti sono invitati alle riunioni, non sempre si ha la possibilità di accoglierli: una volta raggiunte le 200 presenze ci risulta difficile fare spazio a tutti e dobbiamo porre un limite, proprio perché l’associazione deve essere un momento di incontro e confronto e in tantissimi non si riuscirebbe ad approfondire nulla. Agli incontri partecipano sempre persone diverse, quindi si riesce, nel corso di un anno, a vedere quasi tutti secondo le disponibilità. Il nostro problema è proprio quello di avere un numero superiore di partecipanti rispetto a quello che possiamo ospitare.
D. C’è una caratteristica comune tra gli associati?
R. Come lo statuto ricorda, l’associazione vuole raccogliere principalmente gli insigniti pontifici, ossia coloro che hanno ricevuto dalla chiesa cattolica dei riconoscimenti che passano attraverso le chiese locali e previa la segnalazione dei vescovi diocesani. Non molti all’interno delle diocesi si conoscono, lo spirito che ne deriva è, quindi, quello di ritrovarsi come una famiglia. Oltre a ciò, ci si associa per spirito di conoscenza e di specifica appartenenza lieti di sperimentare quanto ancora sia vasto il numero di persone perbene, indipendentemente dalla professione o dai ruoli istituzionali ricoperti. Infine, è bene ricordare che, oltre gli ordini cavallereschi pontifici, sono presenti anche i membri di altri storici ordini come l’ordine di Malta, l’ordine equestre del Santo Sepolcro, l’ordine costantiniano nonché di ordini non riconosciuti ma di altissimo profilo storico-familiare.
D. Siete mai stati ricevuti dal Sommo Pontefice?
R. Non ne abbiamo mai fatto richiesta, ma in realtà è un pensiero che è in animo dal momento che fra due anni faremo un anniversario, e cioè in ragione dell’approssimarsi del decimo anno della fondazione.
D. Per partecipare a questi incontri c’è bisogno di un vestito particolare, la «cocolla», per quale motivo?
R. In realtà la cocolla, o abito da chiesa, è un abito che distingue e dà un’idea e un’immagine, è come dire appartenere all’arma dei Carabinieri e indossarne la divisa. Ma noi sappiamo che non è la cosa più importante, perché il carabiniere può sventare i crimini in borghese, per cui non obblighiamo all’uso dell’abito, ma diamo la possibilità a chi lo desideri di averne uno, come avviene nella maggior parte delle associazioni, congregazioni o confraternite. Il nostro richiama i colori dell’ordine di san Silvestro, il nero e il rosso, e la maggior parte delle persone che aderiscono all’associazione ha il piacere di indossarlo.
D. Le signore sono «dame»?
R. Le signore associate ottengono il titolo di dama se hanno particolati meriti, a livello internazionale, com’è stato nel caso di Rita Levi Montalcini, o di mogli di personaggi particolarmente importanti da un punto di vista istituzionale. Ma dal punto di vista pratico si tratta solo di un nominalismo, perché siamo una grande famiglia in cui tutti quanti sono allo stesso livello. Non ci sono precedenze, e quando accade all’interno di una cerimonia ciò dipende più dall’incarico istituzionale che la dama o l’associato ricopre.
D. L’agnostico Benedetto Croce affermava che «non possiamo non dirci cristiani», eppure oggi l’Occidente non sembra avere un’impronta cristiana. Ritiene che certi valori siano in pericolo, che sia in atto uno scontro di civiltà e di religione? Come dovrebbe reagire la Chiesa?
R. Ascoltando l’intervento del nunzio apostolico in Tunisia in seguito agli accadimenti terroristici che sono sotto gli occhi di tutti, posso rispondere che oggi non è più come un tempo: le guerre ci sono sempre state, ci sono e ci saranno, soltanto che adesso non possono nemmeno essere definite guerre di religione nel vero senso della parola. Il mondo cristiano sicuramente è attaccato e, come diceva qualcuno, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce; io ritengo che siano poche le persone che sanno fare più male che bene, ma stiamo avendo momenti di grande difficoltà. Speriamo solo che queste difficoltà non le proveremo direttamente anche in Italia, nei posti più sensibili.
D. Come si muove l’associazione in un momento come questo?
R. Non ha queste finalità, è fatta di persone che vivono in Italia, sono professionisti, imprenditori, diplomatici, militari; l’impegno di ognuno è lavorare bene e seriamente con coscienza e coerenza testimoniando innanzitutto i valori cristiani, ma mi piace sottolineare che l’associazione, benché si rifaccia ai principi della chiesa, è aperta a tutti, anche ai non cristiani. Ci sono stati e ci sono anche all’interno dell’associazione ebrei e islamici, non abbiamo un programma ma abbiamo animi che operano insieme, facendo innanzitutto fraternità, perché i valori umani sono alla base di tutto, appartengono ad ogni fede e possono attivare un cammino comune.
D. Nel rapporto tra fede e politica, soprattutto in questo periodo, si giocano molte questioni d’ordine culturale, etico e morale. Il suo punto di vista?
R. L’associazione è fatta anche di politici o persone che hanno iniziato come semplici associati e poi si sono impegnati nella vita pubblica riuscendo a ricoprire incarichi di un certo rilievo. I nostri associati sono uomini di responsabilità e si impegnano nel mondo che li circonda, in particolare attraverso una politica sana e cristallina.
D. C’è conflitto tra scienza e fede? Come possono convivere?
R. Hanno sempre convissuto perché, se crediamo che l’uomo è stato creato da Dio, dobbiamo anche credere che Dio ha dato all’uomo l’intelligenza ed è attraverso la ragione che l’uomo può arrivare a Dio. Se in passato, e la storia l’insegna, ci sono stati dei conflitti, attualmente credo che queste siano due strade percorribili, non solo parallele ma anche intersecantesi. Quanti uomini di scienza sono uomini di fede, e quanti uomini di fede sono uomini di scienza? Gli ultimi papi, cominciando da Giovanni Paolo II, hanno voluto proprio riportare questa dimensione di serenità rivedendo addirittura alcune importanti posizioni ufficiali della chiesa.
D. Cosa pensa della decisione del Papa di indire un Giubileo straordinario dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016? Che cambierà in quest’arco di tempo e che potrà fare l’associazione?
R. Sebbene possa sembrare che la presentazione del Giubileo sia stata un’azione improvvisata, essa è stata meditata da un papa che ha voluto un Giubileo della misericordia. In queste iniziative di carattere mondiale si è chiamati soprattutto ad operare. Noi ci metteremo a disposizione anche con un corpo di soccorso internazionale, una sorta di braccio operativo dell’associazione fatto di volontari con specifiche esperienze nel settore.    

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