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agostino santoni: assinform, l’italia da fisica si fa digitale ma da sola non puo' farcela

Agostino Santoni, presidente dell’Assinform

Dopo oltre un decennio di costante riduzione degli investimenti, dalla lettura dei dati relativi al mercato delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (conosciute con l’acronimo Ict, che sta per Information and Communication Technology), si colgono finalmente elementi incoraggianti per una ripresa che non tarderà a manifestarsi. «L’anno scorso si è chiuso con i servizi Tlc ancora in rosso, ma con due terzi del mercato che, trainati dalle componenti innovative, hanno registrato risultati positivi–ha dichiarato il presidente di Assinform Agostino Santoni nell’illustrare in anteprima i risultati del Rapporto Assinform 2015 sul mercato digitale italiano nel 2014, redatto in collaborazione con NetConsulting–. Questa è senza dubbio un’ottima notizia per l’economia italiana perché significa che, dietro i segnali di ripresa si inizia a intravedere la spinta dell’innovazione digitale, la quale sta aprendo le nuove opportunità di crescita attraverso un ricorso sempre maggiore alle tecnologie del web, dalle piattaforme di gestione al cloud computing, dall’internet degli oggetti ai software per le nuove soluzioni e applicazioni».
Ciononostante Santoni si dice solo moderatamente soddisfatto di questi risultati, «perché siamo ancora lontani dalla velocità di trasformazione digitale del Paese, che occorrerebbe per produrre quegli effetti di crescita che si stanno verificando nelle economie con le quali ci dobbiamo confrontare. In realtà i dati esprimono ancora la lentezza e la dimensione limitata con cui sta penetrando l’innovazione digitale in Italia. Il ritardo accumulato in questi anni, che riguarda tutti i settori pubblici e privati e che ha generato uno dei più bassi indici di impiego delle tecnologie digitali nell’Ue, è troppo profondo per poterci accontentare di margini di crescita di piccola entità. Per accelerare e rendere la digitalizzazione un processo sistematico in grado di investire l’intera società dobbiamo, e possiamo puntare a incrementi ben maggiori dell’Ict».
L’Assinform è un’associazione nazionale che raccoglie le aziende operanti nel settore IT (Information Technology), aderisce alla Confindustria ed è socio fondatore della Confindustria Digitale, la nuova federazione di rappresentanza industriale incaricata di promuovere lo sviluppo dell’economia digitale a beneficio della concorrenza e dell’innovazione del Paese. Presidente dell’Assinform dal 2014 al 2017, attuale amministratore delegato di Cisco Italia, e negli ultimi tre anni amministratore delegato della Sap in Italia dopo esperienze di rilievo in Compaq Computer e Hp, Agostino Santoni, è anche membro di Giunta della Camera di Commercio di Monza e Brianza e del Consiglio generale di Confindustria Digitale.
Domanda. Quale ruolo svolge attualmente l’Assinform?
Risposta. L’Assinform ha una lunghissima storia di associazionismo e attualmente riunisce buona parte del settore dell’Information Technology in Italia, con tutte le caratteristiche delle aziende sia grandi che piccole e italiane che straniere aventi base in Italia. Svolgiamo una serie di attività tra cui gli studi di settore che confluiscono nel Rapporto Assinform, forse il prodotto più conosciuto dell’associazione da 5 anni, ossia quelli in cui il Rapporto è stato pubblicato. Curiamo un Osservatorio della spesa ICT della Pubblica Amministrazione ed uno sulle competenze digitali, monitorando dati che misurano il mercato e analizzano anche i settori specifici. Un tema a noi molto caro è quello della cultura digitale, argomento basilare per la modernizzazione del Paese.
D. Quanti sono gli associati?
R. La base associativa è costituita da 166 soci effettivi, 355 soci aggregati tramite le associazioni di Ancona, Genova, Modena, Torino, Trento, Venezia, ed oltre mille soci indiretti tramite il Patto globale della Confindustria. In pratica è il punto di riferimento per le aziende italiane del settore, di ogni dimensione e specializzazione: produttori di software, di sistemi e di apparecchiature, fornitori di soluzioni applicative e di reti, fornitori di servizi a valore aggiunto e di contenuti connessi all’uso delle tecnologie informatiche.
D. Quali i principali campi operativi?
R. Sono tre: rappresentanza del settore, servizio operativo, confronto e dialogo fra gli operatori. Nella rappresentanza, l’Assinform è il ponte fra le principali forze economiche, politiche e istituzionali e il mondo dell’Information Technology. Non solo tutela i diritti e divulga le istanze delle imprese del settore, ma alimenta le conoscenze dei problemi della società digitale e il loro impatto sulla qualità della vita, sulla ricerca, la formazione, i servizi al cittadino, le opportunità di impresa, l’occupazione, la collocazione dell’Italia nello scacchiere economico mondiale. Nei servizi l’Assinform fornisce risposte commisurate alle aziende tecnologiche che avanzano richieste ad hoc, di immediato interesse pratico, nei più diversi ambiti. La gamma è amplissima: conoscenza dei mercati, accesso ai fondi pubblici, assistenza legale, confronto con i rappresentanti dell’utenza.
D. In che modo impiegate il web?
R. Con oltre 35 mila utenti registrati, il sito web di Assinform è un nodo significativo delle tecnologie informatiche e della comunicazione italiane, noto agli associati ma anche ad amministratori e ad «opinion leader» che chiedono informazioni aggiornate e risposte puntuali. Tutto questo è possibile perché nell’Assinform tutto ruota intorno alle aziende associate, le quali contribuiscono a un compito che va a vantaggio di tutti.
D. Quali rapporti vi legano alla Confindustria?
R. L’Assinform aderisce direttamente a Confindustria e interviene nell’ambito più ampio dell’ICT attraverso Confidustria Digitale, già presieduta da Elio Catania. Dal punto di vista dell’industria abbiamo realizzato un punto di aggregazione che, oltre a noi, include altre associazioni come l’Assintel, ossia Associazione delle telecomunicazioni, ed Anitec, più concentrata sull’elettronica di consumo. Questa evoluzione dimostra come si sta strutturando il settore delle soluzioni tecnologiche: oggi non ha molto senso parlare solo di informatica o solo di telecomunicazioni, comparti industriali sempre più integrati in base sia all’offerta sia alla richiesta delle istituzioni e delle imprese.
D. Quali sono i settori trainanti il mercato in Italia?
R. Se guardiamo il 2014 e i primi risultati del 2015, è evidente che una parte del Paese, quella in particolare formata dalle imprese che hanno una vocazione più internazionale, va molto meglio rispetto alle imprese concentrate solo nell’offerta di beni e servizi all’Italia. Le aziende fortemente caratterizzate da internazionalizzazione sono quelle che hanno guidato la crescita della nostra industria; viceversa, le aziende nostre clienti che sono più concentrate nei servizi per il Paese offrendo beni e servizi per il consumo interno nel 2014 hanno avuto risultati meno brillanti. La Pubblica Amministrazione ha confermato detto rallentamento nella spesa pubblica per le tecnologie informatiche e della comunicazione derivato dalla «spending review» e da tutti i tagli apportati negli ultimi anni.
D. Quali differenze si riscontrano in Italia rispetto al 2014?
R. È presto per compiere una valutazione ma abbiamo stimato, nel nostro convegno del 23 marzo scorso, una crescita dell’industria dell’IT e delle comunicazioni pari all’1,1 per cento nel 2015. Da dove arriva questa visione di crescita? Vi sono tre cause: la prima è tecnologica, dipende da come si sta evolvendo l’offerta; si assiste a novità molto profonde per il nostro Paese, una su tutte è il cloud, un’opportunità, sia per le imprese sia per le pubbliche amministrazioni, di ridurre il gap tecnologico di buona parte delle nostre piccole e medie imprese che non hanno compiuto investimenti significativi negli ultimi 15 anni. Il fatto che ora vi sia la possibilità di acquisire, in un modo diverso, architetture e tecnologie scalabili e flessibili anche con pagamento mensile, offre a queste aziende opportunità straordinarie, come accedere ad architetture e tecnologie modernissime con diversi modi di pagamento, dettati da quello che noi chiamiamo «cloud provider». È questo un aspetto molto importante, un «driver» tecnologico di crescita.
D. E le altre due cause cui sopra ha accennato?
R. La seconda, grande, è il tema dei dati, anche perché è sempre più evidente che tecnicamente i «big data» costituiscono un’opportunità della quale tutte le imprese e le amministrazioni, in modo diverso, hanno capito l’importanza e il valore, al fine di modificare il modello di attività ed offrire un servizio migliore ai cittadini. Il terzo aspetto, importantissimo per un Paese così propenso all’uso di dispositivi mobili, è quello delle «mobile application», un mondo applicativo che offre una fruizione dell’applicazione in continua evoluzione.
D. Dove porterà lo sviluppo di questi tre fattori tecnologici?
R. Saranno i fattori di crescita del commercio elettronico con un denominatore comune, in particolare per le imprese. Poi ci sono altri aspetti di «sistema». Abbiamo giudicato positivamente il lavoro del Governo volto a creare il Piano integrato, che ha preso in considerazione sia il problema della banda ultralarga che quello della strategia per la crescita digitale. Questo è un Piano che, basato su una visione di digitalizzazione rivolta non solo alla Pubblica Amministrazione ma all’intero Paese, abbiamo apprezzato e condividiamo. Chiediamo che a tutto questo venga data attuazione, perché l’esecuzione del Piano costituirà il grande acceleratore della crescita della nostra industria, ma anche del prodotto interno del Paese e dell’occupazione. È evidente che, se si avviano gli investimenti sulla banda ultralarga e parallelamente si creano i servizi per i cittadini e per le imprese, si darà un impulso all’industria e all’economia. Noi chiediamo adesso al Governo di concentrarsi sulla sua esecuzione, e chiediamo una forte «governance» per fare in modo che diventi la priorità di tutte le istituzioni sin dal 2015.
D. In tema di infrastrutture e di banda larga, quale posizione occupa l’Italia nel contesto europeo?
R. Tutti gli indicatori relativi alle nostre infrastrutture e al grado di digitalizzazione ci vedono in buona parte come il fanalino di coda, ed è evidente che c’è una strada che il Paese deve compiere. C’è anche un altro indicatore, la spesa per le tecnologie ICT; questo mercato in Italia nel 2014 ammontava a circa 64 miliardi di euro, per essere nella media europea avrebbe dovuto raggiungere i 90 miliardi, e questo è il gap. Per evitare di dire sempre che siamo gli ultimi, evidenziamo che abbiamo un’opportunità di recuperare questo gap nell’evoluzione dell’offerta tecnologica, ma per farlo abbiamo bisogno non solo di tecnologia ma anche di «leadership» e «governance». Per colmare questo gap serve la presenza della cultura digitale, tema che non tocca solo la Pubblica Amministrazione ma tutti. Se guardiamo i numeri, paradossalmente abbiamo cittadini che amano la tecnologia, 94 milioni di utenze mobili o di Sim installate, un numero elevato di utenti di Facebook, Linkedin, Twitter, un amplio uso di dispositivi mobili evidenziato dagli indicatori sul numero di utenti. Ed è proprio questa l’area in cui abbiamo bisogno della responsabilità di tutta la leadership manageriale del Paese, dell’aiuto dei media, delle nostre aziende associate, della Pubblica Amministrazione, degli imprenditori, delle associazioni di categoria. Dobbiamo creare un movimento che consenta l’apprendimento della cultura digitale a tutti, e ad ogni fascia di età. Occorrerebbe una nuova era digitale.
D. Come si muove l’Assinform in tema di Codice dell’amministrazione digitale, corpo organico di disposizioni per l’uso dell’informatica nei rapporti Pubblica Amministrazione-cittadini?
R. Nell’Assinform e nella Confindustria Digitale abbiamo creato gruppi di lavoro su grandi processi di trasformazione della P.A., e abbiamo avviato una collaborazione con l’Agid per avere una comunicazione bidirezionale su come trasformare insieme la digitalizzazione: uno per tutti è Italia Login, progetto straordinario che consente la creazione dello strato applicativo di un’interfaccia unica dei servizi della P.A. verso il cittadino. Grazie ad esso il cittadino si collega con le applicazioni e i servizi della P.A. in un unico punto d’ingresso dall’applicazione, evitando al cittadino di muoversi fisicamente tra un ufficio e l’altro, divenendone il collante. Sono vari i progetti cui abbiamo aderito che consentiranno lo «switch off» da fisico a digitale nei principali processi della P.A. Anche l’Anagrafe unica è un altro passaggio fondamentale da gestire su un’applicazione, nel medesimo cammino di efficienza della Pubblica Amministrazione. Su tutti questi temi come Associazione abbiamo posto un grande impegno propositivo. In alcuni casi siamo nella fase dell’attuazione, come nella fatturazione elettronica, in altri diciamo: «Bene, caro Governo, adesso andiamo all’attuazione di questi piani il più velocemente possibile».
D. Come migliorerà l’attività delle imprese con la fattura elettronica?
R. La fatturazione elettronica è già attiva nella P.A. centrale da circa un anno, e con il decreto attuativo da parte del Governo anche le pubbliche amministrazioni locali devono utilizzarla a partire dal 31 marzo 2015. Il beneficio consisterà in una maggiore trasparenza e nella possibilità di avere pagamenti più efficaci migliorando i tempi.
D. Lei guiderà l’Associazione fino al 2017. Cosa vorrebbe che venisse attuato in questi due anni?
R. La mia ambizione è dare una voce digitale al nostro Paese, il che vuol dire contribuire, attraverso la digitalizzazione, alla crescita economica del Paese e dell’occupazione, sviluppando il mercato dell’IT.
D. Al Governo cosa chiede?
R. Tre adempimenti; innanzitutto grande attenzione all’attuazione dei due Piani della banda larga e della crescita digitale. Come seconda, una governance forte sotto la regia della Presidenza del Consiglio dei ministri, che deve guidare questo processo di trasformazione per l’intero Paese. Il terzo punto è creare, attraverso il nuovo codice degli appalti pubblici e il nuovo Codice per l’amministrazione digitale (CAD), una modalità di acquisizione delle tecnologie e dei servizi della nostra industria e le pubbliche amministrazioni molto più veloce, digitale e trasparente rispetto a quella attuale.
D. Il vostro ultimo rapporto mostra la crescita del digitale nei Paesi emergenti, specie l’Asia. Quali le potenzialità di quel mercato?
R. I Paesi emergenti non hanno un passato d’innovazione tecnologica storico e sviluppato come i Paesi maturi, ed è evidente che possono attingere a tutta questa innovazione tecnologica accedendo a una ragionevole crescita e all’innovazione senza essere legati al passato. Ma questi Paesi hanno meno opportunità di impiegare le «best practices» esistenti, per esempio nel nostro Paese nel manifatturiero, nel design, nella moda, nell’agroalimentare. Non avendo tali competenze, traggono beneficio dall’adozione immediata dell’innovazione, senza poter compiere lo «switch off» fisico-digitale di cui si diceva poco fa.
D. Per il futuro, quali saranno i nuovi orientamenti?
R. Abbiamo detto del cloud, ma un altro fenomeno importantissimo è quello chiamato «internet of things», ovvero internet delle cose: è ragionevole pensare che nel corso dei prossimi anni, per via della sensoristica, della creazione di città intelligenti, della disponibilità di dati, aumenterà ulteriormente la pervasività e saranno messe in connessione ulteriori componenti fisiche oggi non collegate all’ITC, ed entro il 2020 esisteranno più di 50 miliardi di collegamenti alla rete nel mondo. Adesso si parte da 10 miliardi; vi sarà un’accelerazione straordinaria nei dispositivi e nell’innovazione per le imprese, per il cittadino, la Pubblica Amministrazione. Far sì che ciò accada costituirà una delle responsabilità della classe dirigente.   

Tags: Aprile 2015

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