giovanna melandri: maxxi, sempre più strumento di diffusione di cultura e arte
Dal novembre 2012 presidente della Fondazione Maxxi, Giovanna Melandri è stata per lungo tempo un’esponente della politica italiana. Nel 1991 infatti divenne membro della direzione nazionale del PDS; nel 1994 fu eletta per la prima volta alla Camera dei deputati. È stata ministro per i Beni e le Attività culturali vigilante sullo sport nei Governi D’Alema e Amato dal 1998 al 2001, e ministro per le Politiche giovanili e le Attività sportive dal 2006 al 2008 nel Governo Prodi. La carriera politica si interrompe quando rassegna le dimissioni dall’incarico di parlamentare in occasione della nomina alla presidenza del Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo. È anche presidente della fondazione Human Foundation che promuove lo sviluppo di impresa e finanza sociale in Italia.
Domanda. Cosa ha compiuto la nuova amministrazione sotto la sua presidenza?
Risposta. Cercherò di raccontare cosa sta diventando questa istituzione e l’obiettivo che abbiamo intenzione di raggiungere. Vorrei innanzitutto esprimere grande soddisfazione perché, a metà del mandato del nuovo consiglio di amministrazione, insediatosi nel difficile momento creatosi dopo il commissariamento, oggi la situazione è confortante. Il Maxxi è un museo, un centro di ricerca, una piattaforma aperta a tutti i linguaggi della creatività, e siamo in grande crescita, secondo tutti gli indicatori che rivelano lo stato di salute di un’istituzione come questa, a cominciare dall’aumento dei visitatori. L’anno scorso l’incremento è stato del 40 per cento rispetto al 2012, e quest’anno di un ulteriore 20 per cento rispetto lo scorso anno; siamo a un totale di oltre 350 mila visitatori l’anno, a cui vanno aggiunti gli oltre 500 mila visitatori della piazza del Maxxi, dedicata ad Alighiero Boetti. Abbiamo volutamente ampliato l’offerta culturale gratuita del museo, anche grazie a sponsor come Enel che, durante la mostra Open Museum Open City, ci ha consentito di far entrare gratis nei weekend i giovani sotto i 26 anni. Riteniamo infatti che una delle funzioni di un’istituzione come il Maxxi debba essere il sostegno alla domanda di cultura in un momento faticoso per le famiglie e per il reddito degli italiani. Questo tengo a dirlo perché sul tema dei biglietti e degli incassi da biglietteria c’è tanta confusione in Italia: la londinese Tate Gallery, ad esempio, non distingue tra i visitatori che entrano gratuitamente per vedere la collezione e quelli che, a pagamento, visitano le singole mostre. Noi abbiamo la stessa impostazione.
D. La differenza tra le attività interne museali a pagamento e le collaterali esterne nella piazza però va fatta?
R. Certamente, anche se nei mesi estivi l’offerta culturale della piazza è stata ricchissima, a partire dalla versione gigante della mitica poltrona Up 5&6 del designer Gaetano Pesce o dall’installazione YAP, Young Architects Program, il progetto a sostegno della giovane architettura in collaborazione con i musei MoMA/PS1 di New York, Constructo di Santiago del Cile, Mmca di Seul e Istanbul Modern. E proprio l’installazione YAP 2014, una sorta di quinta teatrale gigantesca e luminosa, ha fatto da sfondo a tante attività gratuite quali spettacoli, poesia, musica, gioco, teatro, creatività. Un altro aspetto positivo che inorgoglisce molto è che il Maxxi è in assoluto il museo più «social» d’Italia: già l’anno scorso eravamo intorno ai 100 mila contatti sui social network; quest’anno, con 10 profili ufficiali e oltre 200 mila contatti, abbiamo raddoppiato. Abbiamo 112 mila fans su Facebook e oltre 47 mila follower su Twitter: il Maxxi sempre più interagisce con il proprio pubblico anche sulle piattaforme social.
D. Che può dire dell’internazionalizzazione delle mostre?
R. Nel 2014 abbiamo avuto oltre 30 mostre molto importanti e vorrei sottolineare che molte delle produzioni vengono esportate all’estero. Lo scorso anno l’esposizione di fotografie di Luigi Ghirri «Pensare per immagini» è stata portata in Brasile, così come molti dei progetti in corso in questo momento, per esempio «Bellissima», la mostra sul rapporto tra arte e moda in Italia dal 1945 al 1968, andrà a Bruxelles, Miami, New York e probabilmente negli Emirati e in Cina. La strategia è realizzare progetti di arte, architettura e design che possano essere esportati nel mondo oppure coprodurre con grandi istituzioni internazionali. In questo momento, delle sei mostre in corso, tre sono coproduzioni: «Unedited history. Iran 1969-2014» sulla cultura visuale iraniana, insieme al Musée d’art moderne de la ville de Paris; «The future is now», che descrive la videoarte in Corea, paese con cui la mostra è coprodotta; «Architettura in uniforme» curata da Jean Luis Cohen, sulle modalità di progettazione e costruzione durante la seconda guerra mondiale, insieme al Canadian Centre for Architecture di Montreal e la Cité dell’architecture. Infine, per la prima volta, con «Bâton serpent» abbiamo presentato in Italia il grande artista di origine cinese Huang Yong Ping, famoso per le gigantesche installazioni: esporteremo la mostra in Cina.
D. Il Maxxi è stato molto atteso, 10 anni di cantiere. Perché?
R. In Italia guardiamo sempre gli aspetti critici, che senz’altro ci sono stati, ma sarebbe bello ora raccontarne il successo che altri dati testimoniano. Tra questi, le nuove acquisizioni che hanno arricchito la collezione permanente, elemento fondante dell’identità del museo. Nel 2014 sono stati acquisiti 28 nuovi lavori, tra cui il video «San Siro» di Yuri Ancarani e la grande tela «Dive into criticism» di Mark Bradford, acquisite rispettivamente grazie al contributo degli Amici del Maxxi e alla generosa donazione di Pilar Crespi e Stephen Robert. Un altro dato importante è il rapporto tra finanziamento pubblico e autofinanziamento: in quest’ultima voce ci sono i biglietti ma anche le sponsorizzazioni, gli affitti degli spazi, il bookshop e la caffetteria, la vendita delle mostre, il programma di membership. Il rapporto tra le risorse pubbliche e l’autofinanziamento tre anni fa era 73 per cento a 27 per cento; oggi è 56 a 44. L’obiettivo è arrivare al 50-50 entro i cinque anni dell’incarico, grazie a una gestione che ha raccolto la sfida di un modello pubblico-privato. Il museo è una fondazione di diritto privato vigilata dal ministero dei Beni e Attività culturali e l’attuale consiglio d’amministrazione vuole mostrare che tale modello si può realizzare.
D. Come raggiungere l’obiettivo?
R. Bisogna lavorare sodo e non affidarsi esclusivamente alla disponibilità di risorse pubbliche, che sono giusto quelle necessarie per coprire i costi di gestione; l’affitto degli spazi, durante il giorno di chiusura settimanale, è un’altra importante fonte di autofinanziamento. Infine, abbiamo partnership strategiche con aziende quali Enel, Eni, Bnl, Lottomatica, Bulgari, Alcantara: non si tratta di semplici sponsorizzazioni, ma di condivisione di progetti, anche di ricerca. Altro elemento importante è l’offerta didattica, che abbiamo internalizzato un anno fa. Stiamo studiando un’offerta ad hoc per i più piccoli, i ragazzi, gli studenti, le famiglie; i risultati già si vedono: nel 2014 abbiamo tenuto 400 laboratori didattici con quasi 20 mila partecipanti.
D. C’è ancora altro a proposito della politica di sviluppo e promozione?
R. Il pubblico, non mi stancherò mai di ripeterlo, è la nostra stella polare. E al pubblico vorremmo offrire, nel 2015, la possibilità di visitare gratuitamente la galleria del museo dove sarà esposta in modo stabile la collezione permanente, come avviene nei principali musei internazionali. Riuscirci sarebbe un altro traguardo raggiunto.
D. Il Maxxi è un ideale seguito della Galleria nazionale d’arte moderna?
R. Esatto, ed è importante che a Roma si trovino entrambe le collezioni, che raccontano l’arte dall’Ottocento a oggi. Per il Maxxi le stratificazioni millenarie di Roma sono di grande interesse. Abbiamo voluto indicarlo anche nel nuovo logo, che esprime sia il legame con la città storica sia uno sguardo all’oggi e al futuro. L’acronimo iniziale MA, infatti, è fisso ed è scritto nel tipico carattere lapidario romano, pertanto rimanda a Roma, alla posizione istituzionale di un museo nazionale ed è un modo per essere radicati non solo a Roma ma nella storia secolare di tutta l’Italia. Le lettere XXI, numeri romani per «ventunesimo», sono inscritte in un frame e rappresentano una finestra sul contemporaneo a indicare l’identità in divenire del Maxxi. Quindi si ha una cucitura tra un’offerta culturale sempre più ricca e in trasformazione costante, che spazia dall’arte all’architettura, alla fotografia, dal design, alla performance, al cinema, e la riconoscibilità dell’istituzione, anche attraverso le sue radici antiche. A tal proposito, il Maxxi invita tutti a partecipare alla call to action #yourXXI. Fino al 25 marzo, su Instagram, tutti potranno mettere in gioco il proprio estro e creare la propria versione del frame che rappresenti il ventunesimo secolo; i contributi verranno raccolti per tracciare poi un percorso dedicato nella hall del museo.
D. L’arte contemporanea non viene compresa o è provocatoria. Cosa pensa delle polemiche suscitate da opere quali quelle dei fratelli Chapman?
R. Spesso, ma non sempre, l’arte contemporanea ha in sé carattere di denuncia e riflessione critica; l’opera dei Chapman è nella collezione del Maxxi da molti anni e altri loro lavori altrettanto duri sono stati esposti in quasi tutti i grandi musei. È naturalmente un’opera molto dura che avevamo esposto nell’allestimento della collezione per qualche mese, segnalandone la crudezza soprattutto per un pubblico di minorenni. Adesso non è più esposta. È un’opera di denuncia contro la falsità e l’ipocrisia e accetto che possa suscitare polemiche, accetto però meno quando si discute di taluni argomenti senza cognizione di causa e senza disponibilità al dialogo. Anche Huang Yong Ping, artista ora in mostra, usa animali impagliati, gli stessi che si trovano nei musei di storia naturale. E anche in questo caso abbiamo segnalato che un pubblico sensibile potrebbe irritarsi. Ma le sue installazioni giganti fanno molto riflettere sul potere, la religione e le grandi sfide dell’umanità di oggi. È sempre difficile stabilire il confine, ma l’arte è il teatro della libertà e della ricerca. In questo momento poi, il Maxxi con le sue sei grandi mostre offre una tale varietà di esperienze, di percorsi e di riflessioni sull’oggi e sulla nostra contemporaneità che ce n’è davvero per tutti i gusti.
D. Parlando del rapporto tra il settore privato e quello pubblico, la normativa italiana agevola le donazioni?
R. Con l’art bonus passi in avanti si sono fatti, speriamo che la norma sia intensamente utilizzata così che si possa spingere ancora più in avanti la fiscalità di vantaggio. Negli ultimi due anni abbiamo molto lavorato per far crescere attorno al Maxxi una comunità di donatori attivi e abbiamo molto rafforzato il programma «Amici del Maxxi». Abbiamo inoltre concluso una procedura per poter raccogliere donazioni negli Stati Uniti grazie alla quale viene garantita la detraibilità ai fini fiscali della donazione. Così è avvenuto per l’opera di Mark Bradford, donata da Amici del Maxxi italo-americani.
D. Qual è il valore dell’opera?
R. Grandissimo, perché è un artista che non era in collezione ed è un’opera di molto pregio.
D. Come fate quindi fund raising?
R. Sono già due anni che organizziamo una serata di gala per raccogliere fondi per l’istituzione; il ricavato viene destinato a nuove acquisizioni che vanno ad arricchire la collezione permanente. Nel 2014 è stato un successo straordinario, la cena si è tenuta lo scorso novembre in occasione della mostra «Bellissima», abbiamo raccolto un importo per l’istituzione di 600 mila euro e siamo stati onoratissimi della presenza di tutto il mondo della moda italiana che ha riconosciuto il valore del nostro lavoro. L’«acquisition gala dinner» sarà un appuntamento annuale molto importante: ovviamente più la reputazione e la credibilità dell’istituzione aumenteranno anche a livello internazionale, più riusciremo a costruire attorno una rete di amici, sostenitori, imprese e individui che affiancano un «progetto pubblico» aperto alla collaborazione con i privati.
D. Quali altri progetti sono in programma per il futuro?
R. Nell’immediato futuro, le mostre di prossima apertura sono varie: in occasione di Expo 2015 ci saranno una mostra sul tema del cibo, «From spoon to space», una riflessione critica sull’architettura e lo spazio sociale del cibo e l’impatto delle questioni legate alla nutrizione, dall’ambito domestico all’equilibrio ecologico del pianeta, ai progetti architettonici di produzione, trasporto, distribuzione e smaltimento. Poi le grandi mostre dedicate a Olivo Barbieri, Lara Favaretto, Maurizio Nannucci. A cura di Hou Hanru ci sarà inoltre «Transformers», mostra dedicata alla contaminazione tra arte e design che presenterà i lavori di quattro creatori-trasformatori. E infine una grande mostra dedicata alla straordinaria scena creativa di Istanbul. Il Maxxi vuole essere un avamposto della ricerca sull’arte del Mediterraneo e del Medioriente. Dopo la grande mostra sull’Iran proposta in questi mesi, toccherà alla Turchia. Siamo ossessionati dall’idea che debbano esservi molti più giovani e ragazzi che usino il viaggio nel Maxxi come riflessione sui grandi temi della contemporaneità. Queste sono le piste strategiche sulle quali stiamo lavorando con il direttore artistico Hou Hanru e con tutto il team. Per accreditarci sempre di più in Italia, e ovviamente nel mondo, come luogo di ricerca, di pensiero e di sguardo aperto al futuro.
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