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giuseppe de lucia lumeno: popolari, banche civiche in cui è essenziale la componente umana

Giuseppe De Lucia Lumeno, segretario generale dell’Associazione Nazionale Banche Popolari

Tutelare l’identità del credito popolare e valorizzarne la missione per lo sviluppo del territorio: questo il ruolo dell’Associazione nazionale fra le banche popolari, rappresentante della categoria nella gestione dei rapporti istituzionali e promotrice di servizi e attività. 85 istituti di credito con più di un milione di soci fanno dell’associazione un punto di riferimento fondamentale nel panorama bancario italiano e nel contesto cooperativo comunitario e internazionale. Giuseppe De Lucia Lumeno dal luglio del 2006 ne è il segretario generale; dallo stesso anno è consigliere e membro del Comitato esecutivo dell’Associazione Europea Banche Cooperative (EACB) e della Confederazione Internazionale Banche Popolari (CIBP).

Domanda. A quali enti il Credito Popolare fornisce i propri servizi?

Risposta. I principali clienti a cui si rivolgono le banche popolari sono le famiglie e le imprese, oltre agli enti locali. Esse intrattengono un rapporto privilegiato con le imprese di piccole dimensioni, rimanendo fedeli a un modello operativo tradizionale di banca retail votata al finanziamento dell’economia reale in un’ottica di costruzione di rapporti di lungo periodo con i territori e le comunità servite.

D. In che modo le banche popolari hanno impiegato le risorse disponibili per arginare la forte spinta recessiva?

R. L’hanno fatto continuando, anche nei momenti più duri della crisi, a finanziare l’economia reale che si è trovata in difficoltà dovendo subire gli effetti di una recessione determinata dal sopravvento della finanza. Gli istituti della categoria si sono quindi fatti carico di una parte dei costi sociali derivanti dalla recessione praticando condizioni più vantaggiose per la propria clientela, dimostrando come sia possibile operare nelle economie locali ed essere parte attiva dello sviluppo sociale ed economico dell’area, assicurando nello stesso tempo i necessari equilibri alla gestione.

D. In questi anni di crisi economica e finanziaria, sotto accusa anche in Italia sono finite le banche, «colpevoli» di aver tagliato i finanziamenti alle imprese, che quindi trovano ulteriori difficoltà a sopravvivere e a contribuire allo sviluppo. Si tratta di un’accusa reale? E riguarda tutti i tipi di banche?

R. Vi è stato un calo dell’offerta di credito, ma è innegabile che vi sia stato nello stesso tempo anche un calo della domanda, determinato da un pesante deterioramento delle condizioni generali dell’economia e da una crisi che è sfociata in recessione. Il calo della fiducia ha riguardato in particolare il modello prevalente di banca universale estremamente finanziarizzato, e non quello delle banche popolari e cooperative. I clienti delle banche popolari, infatti, sono arrivati a superare i 12 milioni di unità, aumentando maggiormente proprio negli anni della crisi.

D. Tuttavia il sistema bancario, sia internazionale che italiano, ha qualche «colpa»? È stata compiuta una riflessione in tal senso?

R. Ritengo che il sistema bancario italiano sia rimasto, nel suo complesso, maggiormente legato a un’operatività bancaria di tipo tradizionale che trae la raccolta dalla clientela per finanziare imprese e famiglie, e questo lo si può notare dalla composizione degli attivi dei suoi bilanci bancari, più orientati sul credito che sulla finanza.

D. Ciclicamente, in Italia, si assiste al tentativo di «attaccare» il sistema delle banche popolari. Anche recentemente Assopopolari è dovuta intervenire duramente per respingere alcune accuse che avrebbero potuto avere conseguenze nefaste per il settore. Come si spiegano questi continui attacchi? Crede che continueranno anche in futuro? Con quali risultati?

R. Le popolari sono banche civiche, di comunità, espressione del tessuto sociale ed economico dei territori, per questo lontane dal modello unico della banca universale SpA, nella quale una conduzione oligarchica articolata fra pochi azionisti e manager lavora totalmente decontestualizzata da realtà e ambienti locali. Da qui la pressione reiterata verso un progetto omologante anche da parte dell’autorità antitrust. Le proposte di riforma di questa Autorità, infatti, snaturerebbero la peculiare disciplina delle banche popolari cooperative, e questo fa comprendere come ciclicamente si ponga in discussione l’essenza storica e la funzione sociale di questi istituti, senza i quali si avrebbe come conseguenza lo snaturamento di una delle componenti più stabili e più vicine all’economia reale del sistema bancario italiano.

D. I dati aggiornati al primo semestre 2012 dimostrano che comunque le banche popolari godono sostanzialmente di buona salute. Come spiega questo fenomeno nonostante la crisi generalizzata e una certa mancanza di fiducia nei confronti del sistema bancario in generale

R. Ci troviamo tutti in una fase storica molto difficile. Ritengo però che il «segreto» delle banche popolari sia quello di non aver scelto i guadagni facili prospettati dalla finanza di breve o brevissimo periodo, mostrandosi capaci di proseguire il loro impegno nei confronti delle comunità servite. La scarsa affezione alle banche non riguarda certo gli istituti della categoria; in questi anni di crisi si è infatti assistito ad aumenti di tutte le principali quote di mercato relative sia alla rete commerciale che ai fondi intermediati.

D. Perché in Italia la diffusione dell’internet banking è tra le più basse d’Europa?

R. Credo che nel nostro Paese sia ancora molto importante il rapporto personale che i clienti intrattengono con la banca, all’interno della quale vogliono trovare un riferimento personale; e gli istituti del credito popolare incarnano in pieno questa filosofia. Esse si mantengono comunque al passo con i tempi riconoscendo nell’internet banking uno strumento utile, efficace e di ausilio per migliorare il rapporto con la clientela.

D. In quale modo e in che misura le banche popolari assistono l’attività delle famiglie italiane?

R. La solidità del legame tra il credito popolare e le famiglie è riassumibile in pochi ma decisivi numeri: nei primi otto mesi del 2012 gli istituti della categoria hanno sostenuto le famiglie con l’erogazione di circa 4 miliardi sotto forma di finanziamenti per l’acquisto dell’abitazione, ed hanno continuato a farlo a tassi che si sono mostrati nell’ultimo anno mediamente più bassi di circa un quarto di punto rispetto al sistema.

D. In che modo le banche popolari continuano a fornire la loro opera di garanzia e sostegno alle economie locali? E per quanto riguarda il rapporto con la pubblica amministrazione?

R. Il credito popolare continua a sostenere i territori attraverso la propria operatività, basata su un modello bancario di tipo tradizionale, oltre che attraverso erogazioni alle comunità che sono previste dagli statuti dei singoli istituti, con una percentuale compresa fra il 5 e l’8 per cento dell’utile. Anche con la pubblica amministrazione il rapporto è più che positivo: i dati più recenti dello scorso maggio mostrano che negli ultimi 12 mesi i finanziamenti erogati agli enti locali e alle istituzioni pubbliche sono cresciuti del 4,9 per cento, arrivando a superare i 2 miliardi di euro. Si è confermato il rapporto privilegiato nei confronti dei Comuni, ossia degli enti locali di minori dimensioni; nell’ultimo anno i prestiti delle Popolari a loro rivolti sono aumentati del 4,4 per cento, pari ad oltre 40 milioni di euro.

D. Come avete incentivato sia l’attività di quelle aziende la cui produzione è essenzialmente rivolta al mercato nazionale, sia i progetti di quelle imprese che esportano gran parte dei propri prodotti?

R. Ciò è stato possibile non interrompendo mai l’erogazione di nuovi finanziamenti in particolare nei confronti dell’imprenditoria minore. Al riguardo basti pensare che nei primi otto mesi dell’anno le banche popolari hanno erogato nuovi prestiti alle piccole e medie imprese per 24 miliardi di euro, circa un quarto di quanto ha messo a disposizione il sistema bancario.

D. Dal suo osservatorio privilegiato pensa che la crisi sia ancora lunga? A quando un’inversione di tendenza?

R. Difficile fare previsioni, ma ancora più difficile è capire il presente, la realtà di questo momento. Basti pensare che illustri economisti non sono stati in grado, con i loro mezzi, di prevedere la crisi, e credo proprio che non saranno in grado di prevederne le evoluzioni ora che vi siamo dentro. Penso tuttavia, valutando alcuni segnali di ripresa piuttosto debole, che il 2013 sarà un anno ancora piuttosto difficile e impegnativo per tutti. Noi comunque ci siamo e restiamo al fianco delle nostre comunità e imprese fino e oltre l’uscita di questa crisi. ■

Tags: Novembre 2012 banca banche imprese credito pubblica amministrazione banche popolari

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