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domenico casalino: consip, la pubblica amministrazione deve seguire il mercato

Domenico Casalino, amministratore delegato della Consip

La Consip è una società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ne è l’azionista unico, e secondo gli indirizzi strategici del quale opera al servizio esclusivo della Pubblica Amministrazione, svolgendo attività di consulenza, assistenza e supporto nell’ambito degli acquisti di beni e di servizi delle amministrazioni pubbliche. In qualità di centrale di committenza nazionale realizza il Programma di razionalizzazione degli acquisti nella Pubblica Amministrazione. Sulla base di specifiche convenzioni, assiste singole amministrazioni in tutti gli aspetti del processo di approvvigionamento; sulla base di provvedimenti di legge o atti amministrativi sviluppa iniziative che coinvolgono sia le proprie competenze nel «procurement», sia la capacità di gestire progetti complessi. Questi obiettivi sono realizzati secondo un modello organizzativo innovativo nella realtà italiana, che soddisfa le esigenze delle amministrazioni avendo attenzione alle dinamiche del mercato, in un’ottica di massima trasparenza ed efficacia delle iniziative. Presidente della Consip è Luigi Ferrara, amministratore delegato è Domenico Casalino, già vicepresidente della stessa Consip, e in passato membro del Consiglio di amministrazione della banca Coopercredito del Gruppo BNL, del Comitato di sorveglianza sulla liquidazione coatta amministrativa delle società finanziarie Ernesto Breda e Reggiane Omi, del disciolto Efim, del Nucleo di valutazione regionale per gli investimenti sanitari della Regione Lazio quale esperto di sistemi informativi, nonché della Commissione per l’omologazione dei microprocessori della carta d’identità elettronica presso il Ministero dell’Interno.
Domanda. Con la spending review del commissario Carlo Cottarelli e con i «Mille giorni» del presidente del Consiglio Matteo Renzi sarà razionalizzata la spesa della Pubblica Amministrazione?
Risposta. La razionalizzazione della spesa è l’obiettivo di ogni Governo che intenda gestire bene le imposte dei cittadini: nei casi di crisi economiche, cambi di modelli organizzativi, industriali o di produzione di servizi, occorre attuare anche atti di discontinuità. La domanda da cui partire è: «Come spendo?». La più recente azione di spending review svoltasi in Italia è stata quella, appunto, guidata dal commissario Carlo Cottarelli, che ha formulato le relative proposte al Governo. È sempre difficile affrontare le riforme strutturali quando si è chiamati a risolvere problemi contingenti, e per questo motivo il piano dei Mille giorni di Renzi è un’ottima iniziativa, perché offre un tempo sufficiente per pensare alle riforme strutturali della Pubblica Amministrazione, che richiedono più tempo per essere varate e produrre risultati.
D. L’intenzione è quella di ridurre le centrali di acquisto da 32 mila a 35. È possibile realizzare tale operazione?
R. È un obiettivo rilevante certamente. Non è che, per comprare un lucchetto o un blocco di carta, la Pubblica Amministrazione debba rivolgersi alle 35 centrali, ma questo dovrebbe avvenire solo nel caso di acquisti per milioni di euro; a tutte le altre spese provvederanno le altre 31.965 centrali, che continueranno ad acquistare al di sotto di una soglia che sarà fissata in qualche milione di euro. L’idea di fondo è quella già impiegata da altri Paesi, ossia la concentrazione degli acquisti di rilievo in pochi soggetti particolarmente competenti, anche perché l’acquisto aggregato di grandi masse di beni e servizi rappresenta uno strumento di politica industriale del Paese. Non si tratta soltanto di un adempimento: ci si affaccia nel mercato orientando la produzione dei beni e servizi del Paese, e quindi si determina la politica industriale per le imprese nazionali e per le multinazionali che investono in Italia.
D. Gli acquisti «intelligenti» sono essenziali per qualunque Paese. In Italia che cosa accade?
R. Tra i pochi strumenti rimasti nel nostro Paese per attuare una politica industriale figura lo «smart public procurament». Lo sosteneva Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, che ho avuto l’onore di avere come professore di Economia alla Sapienza di Roma, quando era vicesegretario all’Ocse. Di recente gli ho riferito che la Consip sta mettendo in atto quell’insegnamento, perché è diventata una macchina che gestisce strumenti di politica industriale: abbiamo in gestione contratti per 15 miliardi di euro, gare per 16 miliardi di euro e consultazioni del mercato per 20 miliardi, oltre a gestire piattaforme elettroniche nelle quali transitano ogni anno acquisti per 8 miliardi di euro. Il 38 per cento delle procedure di acquisto pubbliche compiute in Italia, vale a dire 430 mila transazioni ogni anno, su 1 milione e 200 mila, sono gestite sulle piattaforme della Consip.
D. Come si stimola l’innovazione e la trasformazione dello Stato?
R. Con vari sistemi che riguardano appunto gli approvvigionamenti pubblici, il mondo dell’energia e dei servizi e, soprattutto, con i temi dell’Agenda digitale, che comporta la trasformazione della Pubblica Amministrazione e la creazione di un nuovo modello di dialogo tra cittadino, impresa e amministrazione pubblica; dialogo che genera, a sua volta, «ricadute digitali».
D. Quali sono i numeri dell’Agenda digitale?
R. Dei 16 miliardi di gare che abbiamo in corso, otto sono proprio nell’Agenda digitale e riguardano una quota molto consistente della domanda pubblica di beni e di servizi informatici, che vale 5,3 miliardi ogni anno. Nel settore digitale abbiamo in corso due gare molto significative, riguardanti l’Spc, ossia il Sistema Pubblico di Connettività, e i Servizi Cloud. La prima gara riguarda un bando per un importo di 2 miliardi 400 milioni di euro, relativo alla dotazione di connessione a larga banda di tutte le Pubbliche Amministrazioni in Italia; il servizio connetterà, fra di essi e con lo Stato, Comuni lontanissimi, oppure costituiti da poche decine di abitanti, mettendoli in grado, ad esempio, di integrare le anagrafi e rilasciare la carta di identità elettronica. Entro quest’anno la gara sarà aggiudicata e dal maggio o dal giugno prossimo tutte le utenze saranno trasferite in questi nuovi sistemi di connessione, nei quali si potrà usufruire di servizi di connettività da 8 megabit in su.
D. E in che consiste la gara relativa ai servizi Cloud?
R. Con l’Agenzia per l’Italia digitale abbiamo avviato la seconda fase della procedura ristretta per la fornitura alle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali di servizi «cloud computing», nonché di gestione delle identità digitali, sicurezza applicativa, interoperabilità per i dati, cooperazione applicativa, realizzazione e gestione di portali e servizi online. Sono state inviate nei giorni scorsi, tramite posta elettronica certificata, le lettere di invito ai 12 raggruppamenti di aziende concorrenti, che hanno risposto al bando dello scorso dicembre e si sono pre-qualificate.
D. Per gli avversari del nuovo sistema lo spostamento dei dati fuori dell’Italia causerebbe una minore sicurezza.
R. Abbiamo lavorato per elaborare regole molto chiare di gestione di questi sistemi affinché chi si aggiudica la gara, oltre ad essere sottoposto al controllo degli organi dello Stato, abbia anche l’obbligo assoluto di comunicare chi, dove e come consulta o tratta i dati; e consenta accessi per verifiche ispettive. Non è possibile né pensabile che questi sistemi si trovino, a nostra insaputa, in qualunque posto del mondo. Non prevediamo quindi rischi nella gestione industriale dei data center.
D. Quali sono i vantaggi che possono derivare da un intervento di razionalizzazione in questo settore?
R. Luca Attias, direttore dei Sistemi informativi automatizzati della Corte dei conti, ha dichiarato di recente che in Italia abbiamo 11 mila Ced, ossia centri di elaborazione dei dati pubblici; ossia più di quelli che esistono nel resto del mondo. Il nostro problema, ha chiarito, è di fare in modo di concentrare questi sistemi in maniera da avere costi sostenibili e livelli qualitativi validi. Polverizzando la gestione dei sistemi, sostiene Attias, non solo non si aumenta l’efficienza ma si deve poi spendere molto per far dialogare i numerosi sistemi. Nei manuali si apprende che la gestione efficiente dei Ced inizia dai 3mila metri quadrati e la strada per arrivare a quella dimensione è ancora molto lunga. Ma tutti gli utenti sono consapevoli che l’informatica non è una professione che si possa improvvisare all’interno delle strutture organizzative. Anziché comprare i grandi sistemi, gli enti potranno acquistare un servizio o associarsi per creare comuni piattaforme di gestione dei sistemi informativi.
D. Vi siete collegati a twitter, come lo state usando?
R. Lo usiamo per comunicare tempestivamente bandi, aggiudicazioni, rettifiche ecc., ossia come piattaforma di servizio per divulgare le informazioni. Abbiamo 260-270 iscritti «follower», soprattutto imprese interessate a conoscere gare, appena sono bandite o quando vengono pubblicati chiarimenti e aggiudicazioni. Stiamo anche esaminando se usarlo anche per altre finalità, come fornire assistenza, ma è un lavoro più complesso perché il modo in cui devono essere richiesti e forniti i chiarimenti è formale, quindi è tutto più difficile.
D. Quali sono state le spese maggiori negli ultimi anni nell’ambito della PA?
R. L’80 per cento delle spese di funzionamento delle pubbliche amministrazioni riguarda 4 grandi e rilevanti voci comuni a tutti: energia, elettricità, combustibili, gas ecc; buoni pasto; «facility management» degli uffici; telefonia fissa e mobile. Queste 4 grandi voci di costo sono presenti in tutti gli enti, poi ad esse si aggiunge il costo del personale. Molto spesso su queste voci, in particolare sull’energia e sulla telefonia, esistono margini di risparmio molto alti, ma è necessario e in realtà sarebbe anche sufficiente programmare gli acquisti per ottenere il miglior prezzo.
D. In relazione al tema energia, la Consip ha vinto il Premio «European Energy Service». Di che cosa si tratta?
R. È stata una grande soddisfazione ricevere un Premio dalla Commissione europea. Costituisce un evento il fatto che un vicepresidente tedesco abbia premiato un italiano per un’iniziativa di risparmio. Si tratta del Premio principale della Commissione europea per i progetti di efficienza energetica. Il nostro obiettivo è elaborare grandi progetti con grandi contratti per diffondere il risparmio su larga scala; abbiamo sviluppato un modo del tutto originale per aumentare efficienza energetica: non facciamo acquistare al Comune soltanto l’energia elettrica, il combustibile o la manutenzione della caldaia. Con il contratto da noi messo a punto il Comune acquista un risultato, cioè compra i 20 gradi di temperatura all’interno dell’ufficio, in estate e in inverno. E il fornitore di energia sostituisce caldaie e condizionatori con altri sistemi a basso consumo, e ciò già rappresenta un’efficienza notevole, e garantisce la manutenzione degli stessi per gli anni di durata del contratto. L’amministrazione paga un canone di almeno il 20 per cento inferiore alla somma dei costi storici di tutte le altre voci. Utilizzando la convenzione Consip Servizio integrato energia, anche chi è incaricato di programmare gli acquisti, non dovendo predisporre una gara, può svolgere in maniera più efficace il proprio lavoro di programmazione e controllo. In generale, infatti, quando si gestiscono uffici complessi, il direttore degli acquisti non deve sedersi e attendere che scada il contratto, ma deve svolgere una gestione attiva e un piano delle scadenze; altrimenti si troverà a far fronte ad emergenze nel corso delle quali non si compra mai nel modo migliore. Questo è il problema più diffuso oggi nella PA.
D. In che cosa consiste il bando per la valorizzazione della cultura?
R. È un nuovo modo di gestire efficientemente e valorizzare i beni culturali in Italia. Oggi questa gestione è polverizzata in tanti uffici, imprese, strutture, ma nessuna in grado di realizzare un piano di valorizzazione di tali beni, tanto meno di ottenerne ricavi che permettano di assicurare manutenzione, ristrutturazione e promozione. Per finanziare ciò storicamente il Paese si è affidato al bilancio dello Stato, ma la crisi pone il problema della mancanza di fondi. Occorrono altri sistemi, ma non c’è nulla da inventare, qualcosa già esiste nel mondo: con un contratto dalle regole molto chiare, si impegna il settore privato nella gestione, promozione e valorizzazione dei beni culturali. In questo modo si può passare dai circa 380 milioni di euro ricavati ogni anno in Italia dalla gestione dei beni culturali ad almeno 2 miliardi annui necessari a finanziare manutenzione e ristrutturazione. E la valorizzazione crea attività indotte molto superiori rispetto alle spese, perché stimola l’attrazione e la creatività dei siti di cultura e con esse il turismo. È come se tutti coloro che si occupano dei beni culturali avessero, ciascuno, in tasca alcune tessere di un mosaico: tessere che non valgono nulla da sole, fino a quando il mosaico non è ricostruito ed ammirabile da tutti nel suo splendore. La trasformazione in atto nel Ministero dei Beni culturali sotto la guida del ministro Dario Franceschini punta a dare fiducia ai direttori dei musei, a conferirgli gli strumenti per realizzare progetti di valorizzazione culturale affiancati alla gestione quotidiana.
D. State lavorando anche sul fronte dei fondi comunitari?
R. Stiamo cercando di accorciare i tempi di accesso ad essi. L’Italia ha 700 mila progetti, un numero ingestibile. Per ciascuno l’ente amministrativo deve svolgere una gara per individuare un soggetto che gli fornisca assistenza tecnica; poi indire la gara per progettare l’intervento, con tempi fino a 18 mesi, e aggiudicatala, realizzare quanto previsto. Trascorrono anni e si arriva alla fine della programmazione dei fondi spesso senza terminare i progetti. Lo Stato, che ha già speso enormi risorse, ha il dilemma: spendere ancora, senza avere le risorse necessarie, rischiando che l’Unione Europea ritiri i fondi perché il progetto non è realizzato, o fermarsi perdendo anche l’investimento iniziale.
D. Come interviene la Consip?
R. Per indire la gara per l’assistenza tecnica, con il Governo abbiamo progettato di azzerare i primi 18 mesi con grandi contratti-quadro grazie ai quali gli enti in due ore potranno acquistare servizi standard di assistenza della migliore qualità, al miglior prezzo, con una gara europea per imprese piccole e medio-grandi. L’assistenza tecnica è così immediatamente fornita, per 7 anni alle autorità di gestione del progetto.
D. Perché non è stata proposto prima?
R. Nella scorsa programmazione la Consip non aveva questo compito, che ora è previsto da una legg e siamo consapevoli e onorati della fiducia che il Governo ripone nella sua centrale acquisti nazionale. L’assistenza tecnica in un programma del valore di 60 miliardi di euro vale 2 miliardi 400 milioni; noi indiremo gare per 500 milioni per fornire rapidamente elevati livelli di assistenza e servizi acquistabili in due ore e non in due anni. Alcuni la chiamano già «la gara «salva-ritardi».    

Tags: Novembre 2014

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